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Le Meraviglie Sacre di Canzo
Un filo che si tende tra borgo e montagna, tra sampietrini, ciottoli di vecchie mulattiere e sassi levigati dalla Ravella.
Iniziamo il nostro cammino visitando la Basilica di Santo Stefano, detta anche Gésa granda, in centro al paese.
La Gésa Grande: la Basilica di Santo Stefano
Il Cardinale Pozzobonomelli consacrando la chiesa nel 1752 rimase sorpreso dalla sua magnificenza titolandola “Basilica”. Questo termine passo poi di generazione in generazione fino al giorno d’oggi.
Una cappella dedicata a Santo Stefano esisteva già a Canzo sul finire del 1200, nel 1697 il parroco Pellizzoni iniziò la raccolta dei fondi da investire in una più grande costruzione: intervennero le nobili famiglie dei Tentorio, produttori di pezzi di lana richieste in tutto il contado milanese, dei Masciadri, dei Meda, dei Pellizzoni, dei Della Torre e dei Sacchi. La prima pietra venne posata nel 1728 e l’opera fu costruita in stile barocco, con un’unica navata, ricca ed elegante, con marmi e dorature. La facciata è caratterizzata da un bellissimo portale con decorazioni in pietra; le entrate laterali sono fiancheggiate da semicolonne corinzie. Le due nicchie, a metà altezza, contengono le statue dei Santi Stefano e Miro, particolarmente devoti a Canzo: San Miro, in particolare, è il beato di Canzo che, soprattutto, i Paredi sentono come un parente, essendo Miro Paredi, nato al Secondo Alpe.
La basilica ha all’interno quattro altari laterali oltre all’altare maggiore posto all’estremità della costruzione. Nelle nicchie degli altari laterali sono disposte le statue dedicata alla Vergine Maria, a Sant’Antonio Abate e a San Bernardo realizzate dallo scultore Elia Vincenzo Bussi, che lavorò attivamente anche nel Duomo di Milano. Il quarto altare è dedicato a Gesù Crocifisso e il Crocifisso ligneo, splendidamente scolpito, dipinto e dotato di capelli veri (esempio di arte spagnola) contenuto è quello ammirato dal cardinale Borromeo nella sua visita pastorale del 1779 e definito dalle parole: “Habet ecclesia crocifixum valde magnum sculptum” (la chiesa ha un crocifisso scolpito molto grande). La volta dell’altare maggiore è consacrata con affreschi della Trinità e la gloria di Santo Stefano e è circondata da vele raffiguranti i quattro evangelisti. L’organo è un pregiato Serassi di Bergamo a 1510 canne risalente al 1828, alla sua tastiera sedettero maestri come Spinelli, Bassi, Tagliavini e Parodi.
Il tesoro in Gèsa Granda: la "tasca" di San Carlo Borromeo
Nel cuore della Parrocchia di Canzo, c'è una "tasca" intrisa di storia, un prezioso scrigno legato al grande San Carlo Borromeo, vescovo di Milano. Questo tesoro è stato riportato alla luce un decennio fa da un giovane sacerdote milanese, don Cristian Pina, il cui impegno ha riguardato anche il restauro dell'urna di San Miro. Grazie al suo meticoloso lavoro, le reliquie di San Carlo Borromeo sono tornate alla luce, collegando Canzo a uno dei più grandi vescovi della storia della Chiesa. Quattro preziose reliquie, tra cui un cilicio, una camicia indossata dal vescovo e la misteriosa "tasca" contenente una pergamena del '600.
La "tasca" di San Carlo Borromeo è una storia che va raccontata. Essa testimonia la grandezza del vescovo non solo nella dottrina e nell'apostolato, ma soprattutto nella carità e nella devozione. Durante la terribile peste del 1576, San Carlo si immerse tra gli appestati, riempiendo la sua "tasca" di soldi per i poveri e ricevendo lettere e testamenti dai benestanti. Questo gesto di amore e sacrificio ha reso la "tasca" non solo una reliquia, ma un simbolo della grandezza di San Carlo Borromeo.
La Gésa da San Mirett: la Chiesa di San Francesco
Dopo aver lasciato la piazza, attraversiamo intricati vicoli e viuzze, superando infine l'antico ponticello sul torrente Ravella, per giungere nella suggestiva piazza San Francesco. Qui sorge l'omonima chiesa, fondata negli ultimi decenni del 1330 come parte di un complesso conventuale. Originariamente dedicata alla Vergine, la chiesa divenne successivamente devota a San Miro, anche se la data esatta di tale consacrazione non è nota. Tuttavia, si ha conferma che tale dedica risale sicuramente a un periodo precedente al 1532, anno in cui un atto di donazione menziona esplicitamente la Gésa da San Mirett.
Verso il 1778, la presenza dei frati Minori conventuali a Canzo non fu più registrata, e il privilegio del Perdono d'Assisi, l'indulgenza concessa, passò alla Basilica di Santo Stefano. Il convento, a quel punto, fu trasformato prima in un Ospedale Civile e successivamente, dopo la Grande Guerra, in una casa di riposo per anziani, fino al 1979. Nel frattempo, la chiesa cambiò la sua intitolazione, assumendo il nome di San Francesco.
Ul Lazzarett: l’oratorio di San Michele
Continuiamo il nostro percorso e, giunti all'inizio del Senterún per la Val Pesora, ci troviamo di fronte a un ampio prato sovrastato dal piccolo oratorio dedicato a San Michele, noto anche come il Lazzaretto. Durante l'epidemia di peste del 1836, questo luogo fu testimone di sofferenza e sepoltura per coloro che furono colpiti dalla crudezza della malattia.
La Gésa da San Mir: l’Eremo di San Miro
Continuando la nostra passeggiata e oltrepassando la località Gajum, prendiamo il Sentiero Geologico per raggiungere l'Eremo di San Miro al Monte: santo legato all'elemento dell'acqua, al quale i residenti di Canzo si rivolgono per invocare la pioggia durante periodi di siccità. Nato a Canzo nel 1336 con il nome di Miro Paredi, San Miro ha condotto una vita di meditazione e altruismo in una grotta di fronte alla chiesa sul versante sinistro della Val Ravella, sotto i Corni di Canzo. Secondo la tradizione, è stato lui a far sorgere una fonte, l'acqua di San Miro.
Il piccolo convento adiacente alla chiesa ha ospitato i frati del Convento di San Francesco in paese, i quali garantivano il supporto per le attività dell'eremo. Sul ripido pendio dall'altro lato del torrente, si possono ancora osservare i muretti a secco che sostenevano i terrazzamenti noti come “Giardini di Fraà”, dove i frati coltivavano verdure per il proprio sostentamento. Questi religiosi rimasero nel luogo fino alla fine del Settecento. Successivamente, con la chiusura del convento di San Francesco, abbandonarono il sito di culto.
Nel corso dei decenni successivi si è proceduto prima al mantenimento e poi al restauro dell'intero complesso. Questo lavoro ha portato al completo restauro della chiesetta nel 2005, preservando così questo importante patrimonio storico fino ai nostri giorni.