- Arte e Cultura
Ritratto di Eleonora d'Este
Nel 1819, per tramite dell’amico Luigi Basiletti – pittore bresciano che in quell’epoca risiedeva a Roma – Paolo Tosio chiese ad Antonio Canova di eseguire per lui una scultura a figura intera raffigurante Psiche.
Si sarebbe dovuto trattare di una replica della celebre statua eseguita dal celebre artista tra il 1789 e il 1792, ma da Roma Basiletti scriveva: egli mi disse di non poter assumere alcuna commissione, perché ha più lavori commessi di quelli che può eseguire in sua vita”. Per non deludere le aspettative del colto e raffinato collezionista, tuttavia, Canova si diceva disponibile a eseguire un busto di Saffo o di una Vestale.
Successivamente, la proposta fu modificata e si concretizzò in questo busto raffigurante Eleonora d’Este, eseguito “dietro le tracce suggerite in parte da alcune descrizioni” alle quali lo scultore aggiunse “qualche cosa d’ideale”: si trattava di restituire non solo la fisionomia ma anche lo spirito della principessa amata dal poeta Torquato Tasso, che ne fece la propria musa e- secondo un’interpretazione corrente nell’Ottocento – la rappresentò sotto le spoglie di Sofronia: Vergine era fra lor di già matura verginità, d'alti pensieri e regi, d'alta beltà; ma sua beltà non cura, o tanto sol quant'onestà se 'n fregi.
È il suo pregio maggior che tra le mura d'angusta casa asconde i suoi gran pregi, e de' vagheggiatori ella s'invola a le lodi, a gli sguardi, inculta e sola. Il volto bellissimo e nobile è rivolto verso l’osservatore, ma distoglie lo sguardo con modestia, con un gesto che richiama il “raccoglier gli occhi” altrove descritto dal poeta.
Nei bei riccioli che incorniciano il viso, solo apparentemente disposti con simmetrica armonia, si notano piccole variazioni e leggeri scarti dai quali si capisce come l’acconciatura sia quasi naturale, costruita con la nonchalance tipica di chi “sua beltà non cura”.
La scultura fa parte di un gruppo di opere realizzate da Canova nella fase tarda della sua attività e dedicate alle muse ispiratrici dei grandi poeti italiani. Raffigurando Beatrice, Laura ed Eleonora lo scultore entrava in competizione con Dante, Petrarca e Tasso: prendeva corpo così l’adagio oraziano “ut pictura poesis”.
Nel classico paragone tra le arti, la scultura – che pure ha un solo istante da rappresentare, e che diversamente dalla poesia non può contare su una sequenza di pensieri e di versi in successione – si prefigge di risvegliare la fantasia e i sentimenti dell’osservatore.
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