- Arte e Cultura
San Giorgio e il drago
La celebre tavola proviene dalla chiesa bresciana di San Giorgio: la prima menzione da parte delle fonti risale alla metà del Settecento e la descrive collocata nella sacrestia, sopra un “finto altare”.
Non vi sono notizie circa la sua destinazione originaria, ma si può supporre che essa si trovasse sull’altare maggiore, al centro di un ricco e complesso tabernacolo ligneo, intagliato e dorato, che è attestato da documenti antichi. È verosimile che tale apparato sia stato smantellato quando, nel 1639, si mise mano al rinnovamento architettonico della chiesa: a quella fase dovrebbe risalire anche la ricca e ampia cornice entro la quale la tavola si presenta oggi.
Già la guida settecentesca di Francesco Maccarinelli, in grande anticipo sulla diffusione di un autentico apprezzamento estetico per la pittura cosiddetta dei primitivi (ovvero degli artisti che fiorirono prima di Raffaello e del pieno affermarsi del Rinascimento), lodava la bellezza del dipinto, la dolcezza della scena e la finezza dell’esecuzione.
La sottolineatura di tali caratteristiche ha poi ceduto il passo, nella critica del Novecento, alle indagini relative all’attribuzione, un vero e proprio rebus a tutt’oggi irrisolto. Le varie ipotesi hanno visto chiamati in causa artisti più o meno noti della pittura gotica bresciana (fino a includere Paolo da Caylina il Vecchio), ma anche maestri di ambito milanese (per esempio Giovanni Montorfano) o più genericamente lombardo. Un altro filone di lettura tende invece a collocare l’ignoto autore nel contesto di un’area veneto-adriatica che va da Ferrara a Padova a Venezia, e che vede avanzare tra gli altri i nomi di Marco Zoppo e Jacopo Bellini, attivo quest’ultimo a Brescia nel 1444 con l’Annunciazione per la chiesa di Sant’Alessandro. Di fatto, le letture più recenti propendono per un ignoto artista che, lavorando a Brescia, ebbe modo di intercettare diverse influenze, da quelle milanesi a quella appunto di Jacopo Bellini, senza dimenticare - e anzi spesso sottolineando - l’esempio lasciato a Brescia da Gentile da Fabriano, che nel Broletto di Brescia aveva dipinto su commissione di Pandolfo Malatesta, alcune scene della leggenda di san Giorgio.
Nel valutare la tavola bresciana dal punto di vista stilistico, non si può prescindere dal considerare che essa fu oggetto nel tempo di numerosi rifacimenti, dovuti probabilmente alla delicatezza e singolarità delle tecniche esecutive. Su questi aspetti si è soffermato con particolare attenzione il recente intervento di restauro, effettuato nel 2014 in occasione del prestito a una mostra internazionale.
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