- Arte e Cultura
Le torri di Predore
Gli edifici fortificati di Predore furono costruiti sia nella zona collinare del borgo, sia a ridosso del lago, delineando in questo modo diverse postazioni di controllo in paese: tale distribuzione è analoga a quella di altri paesi rivieraschi (Riva di Solto, Lovere e Sarnico).
Le fonti della fine del Trecento tramandano la presenza di una porta de Predorio, che faceva parte dell’antica cinta muraria atta a difendere l’intero abitato su tre lati (lasciando libero il fronte lago).
L’edificio di difesa dislocato sul lago, che ancora oggi costituisce il simbolo del borgo medievale, è la cosiddetta Torre dimezzata dei Foresti: conservata solo metà per tutta l’altezza originaria (26 m) è ben visibile pur essendo all’interno di Villa Lanza (di proprietà privata) edificata nel Quattrocento come dimora signorile. La torre fu costruita con conci calcarei e ceppo in fondazione (6,40 m per lato). L’alzato è in blocchi in calcarei bianchi e grigi; nelle murature si aprono feritoie per le armi. All’ultimo piano la torre è dotata di finestre ad arco per l’avvistamento, e alla sommità conserva due dei quattro merli su cui si impostava il tetto ligneo di copertura. La presenza di un’alternanza cromatica grazie ai conci bianchi e grigi e le tipologie di aperture conservate consentono di datare l’edificio al XIII secolo.
Inizialmente identificata con la torre di Omicidemo Foresti distrutta dai Ghibellini nel 1404, la Torre dimezzata porta con sé la leggenda della comproprietà di due fratelli Foresti, uno guelfo e l’altro ghibellino: secondo la tradizione, l’edificio sarebbe stato smontato da uno dei due per fare dispetto all’altro. La conservazione della metà dell’edificio originario fa escludere l’ipotesi di cedimento delle fondazioni, ma è da ricondurre, piuttosto, ad un’opera di smontaggio intenzionale da parte di maestranze specializzate per palesare, a tutto il borgo e a chi giungeva via lago, la sconfitta dei proprietari. Casi analoghi sono attestati anche a Sarnico, a Cividate Camuno e a Grone (in Val Cavallina).
Spostandosi nella parte alta di Predore, lungo il pendio della collina, in località Montelina sorgeva il castello (di cui rimane traccia nel toponimo via Castello), citato nelle notizie ottocentesche di “Castello Castelli” per la distruzione di una torre (nel 1404). Il complesso fu eretto nella parte sommitale dell’abitato con finalità di controllo del borgo e come rifugio per i signori e la popolazione in caso di pericolo. Ne restano oggi visibili (entro proprietà privata in via Anfossi), i resti di una torre sopra un poggio spianato artificialmente: la struttura, realizzata nel XIII secolo in bozze calcaree riquadrate, fu parzialmente ricostruita come si vede dal differente materiale impiegato nell’alzato.
All’inizio del secolo scorso era attestato anche l’accesso di una cinta muraria (oggi non più visibile) che circondava l’abitato: le mura seguivano a ovest il corso del torrente Rino impiegato come fossato, e si estendevano a est fino alla contrada Carrobbio. Qui si trova la cosiddetta “Torre Polveriera” (in via Carrobbio): la casa-torre, successivamente adibita a polveriera, si conserva per oltre 7 m di altezza, ed è realizzata in grossi blocchi calcarei disposti in corsi orizzontali. Al piano terra si apre una porta archivoltata con conci pentagonali, ai lati della quale si trovano una stretta finestra rettangolare e una feritoia, mentre al secondo piano una finestra archivoltata e un’altra feritoia. L’edificio fu distrutto in altezza e fu affiancato da un muro di cinta che oggi circonda la proprietà, per poi essere successivamente ricostruito nella parte alta, riutilizzando le pietre originarie e blocchi di travertino.
Federica Matteoni