- Arte e Cultura
Psiax, anfora attica a figure nere, detta di Vulci
L’anfora attica a figure nere fu rinvenuta nelle necropoli etrusche di Vulci, nella Maremma laziale, durante una serie di fortunate campagne di scavo effettuate a partire dal 1828 da Luciano Bonaparte, principe di Canino, che videro anche la collaborazione del religioso bresciano Maurizio Malvestiti.
Quando l’anfora fu acquistata dal conte Paolo Tosio nel 1838, era destinata a decorare la sala ovale al secondo piano del palazzo in contrada della Pace: in quegli anni, la ricca abitazione, oggi sede dell’Ateneo, veniva sistemata dall’architetto Rodolfo Vantini per accogliere le ricche collezioni di famiglia.
Alla morte del conte, la moglie Paolina Bergonzi la affidò con un legato al Museo Patrio. L’opera fu ricomposta da frammenti dopo il rinvenimento e restaurata nel 1948 dall’Istituto Centrale del Restauro. L’anfora, rivestita da una ‘vernice’ nera lucente, è decorata con la tecnica delle figure nere e appartiene alla tipologia delle anfore a profilo continuo; due scene appartenenti all’immaginario mitologico greco decorano le due metope.
Sul lato A è rappresentata la prima fatica compiuta da Eracle per espiare l’uccisione dei tre figli: l’eroe greco è impegnato nella lotta con il leone di Nemea ed è facilmente riconoscibile per il fisico possente, per la folta barba, realizzata in colore rosso acceso, e per la faretra, sospesa insieme al mantello dell’eroe ad un ulivo, unico elemento del paesaggio. Assiste alla scena la dea guerriera Atena, protettrice dell’eroe, il cui incarnato è reso con una sovradipintura bianca: la dea impugna una lunga lancia e imbraccia uno scudo tondo su cui campeggia una civetta. Una figura maschile custodisce le lance dell’eroe: viene identificato con Iolao, auriga e nipote di Eracle. Grazie a questa impresa l’eroe riuscirà a impadronirsi della pelle invulnerabile del leone che diventerà uno dei suoi attributi.
Il lato B presenta una scena affollata e complessa, ma più statica e dal tono più intimo: i Dioscuri, Castore e Polluce, riconoscibili dalle lance e dal pileo (copricapo), in procinto di partire, salutano i genitori Leda e Tindaro. La decorazione dell’anfora è stata attribuita a Psiax, un raffinato ceramografo operante ad Atene nell’ultimo quarto del VI secolo che decora vasi sia nella più antica tecnica a figure nere sia nella nuova tecnica a figure rosse: è noto per la sua abilità calligrafica nel realizzare motivi ad incisione e sceglie manieristicamente di decorare la sua opera, datata intorno al 510 a.C., secondo la tecnica più antica, in un periodo in cui la tecnica a figure rosse è ormai dominante.
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