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Basilica di San Salvatore
Una delle testimonianze più importanti e meglio conservate di architettura religiosa alto-medievale
La Basilica longobarda di San Salvatore, all’interno del complesso monastico di San Salvatore – Santa Giulia, rappresenta una delle testimonianze più importanti e meglio conservate di architettura religiosa alto-medievale.
La Basilica di San Salvatore fu fondata alla metà dell’VIII secolo d.C. da Desiderio, ultimo re dei Longobardi, e dalla moglie Ansa. Femminile, di regola benedettina, accolse tra le sue mura vedove, sorelle e figlie di personaggi di rango che garantirono doti cospicue nel tempo.
La Basilica fu costruita sui resti di un luogo di culto precedente, costruito a sua volta su un’area occupata da abitazioni di età romana, come testimonierebbero gli scavi archeologici condotti all’interno dell’edificio. Desiderio ne ordinò la demolizione a favore della costruzione di una nuova Basilica, di dimensioni maggiori, dedicata a San Salvatore e divisa internamente in tre navate da due file di colonne, alcune provenienti da edifici di età romana. Gli archi conservano ancora oggi la decorazione in stucco e gli inserti in vetro. Un capitello, di matrice bizantina, proviene forse da Ravenna, città conquistata dai Longobardi nel 540.
Nel 761 d.C., in occasione dell’arrivo delle reliquie della martire Santa Giulia, Desiderio dotò la Basilica di una cripta.
Le navate erano decorate con un ricco affresco articolato su tre fasce, oggi andato perduto: su un registro erano rappresentati gli episodi della vita di Cristo mentre negli altri due prendevano posto le vicende delle Sante martiri Giulia, Pistis, Elpis e Agape, le cui reliquie erano state deposte all’interno della cripta. Al di sotto dei riquadri nei quali era scandita la parete correva un’iscrizione che ricorda il nome del fondatore, re Desiderio.
Fra i ricchi arredi scultorei della Basilica di San Salvatore, simbolo di un gusto e una perizia artistica che in età lombarda aveva raggiunto apici inaspettati, si stagliano per raffinatezza e precisione due lastre a forma di trapezio in marmo proconnesio, raffiguranti due pavoni e facenti parte del parapetto di un ambone collocato all’interno della chiesa. Mentre una lastra è giunta a noi integra, dell’altra si possiedono solo alcuni frammenti. Il pavone, reso con ricchezza di dettagli, secondo un’iconografia ricorrente nell’altomedioevo e di origine paleocristina, era simbolo della resurrezione e dell’immortalità dell’anima, mentre le viti che lo circondano erano simbolo della Passione di Cristo.
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