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Da Cernusco Lombardone a Olgiate Molgora

Dal parcheggio della stazione di Cernusco Lombardone seguire la ciclopedonabile alla palina con segnavia n. 2 Butto sede del Parco del Curone. Sulla sinistra campeggiano i resti del Castello di Cernusco Lombardone. Fondato su una fortificazione romana, visse il suo splendore dal Mille fino al Cinquecento, quando venne convertito a cascina.Il percorso attraversa la provinciale arrivando al parcheggio in località Molinazzo, il cui toponimo è riferito al molino per la macinazione dei cereali. Seguire il segnavia n.1 per Cà Soldato. Il sentiero costeggia il torrente Curone, compiendo una curva attorno alle falde più basse della collina di Montevecchia. La denominazione del torrente Curone è prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio. Curone deriverebbe, infatti, dal nome di una tribù, i Curuni, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente. Seguire il segnavia n. 11 Butto. A destra della mulattiera una radura mantenuta a prato stabile, mentre a sinistra le coltivazioni sono quasi sempre a granoturco o altri cereali. Salendo si notano terrazzamenti coltivati a vite, alberi da frutta e ortaggi. Al bivio, prendere il sentiero che conduce al centro abitato. Tenere la sinistra per arrivare alla frazione Passone: una sequenza di numerosi terrazzamenti coltivati a ulivi, alberi da frutta e vite scandisce la verticalità del pendio.Prendere la gradinatura che sale verso l’uliveto. Da qui è possibile godere di un panorama che spazia dal Santuario a un paesaggio terrazzato. L’ esposizione a sud ha permesso la crescita dell’ulivo, della vite e della coltivazione del rosmarino, ancora oggi presente nelle ultime terrazze che salgono fino a Cascina Butto, sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone. Dal parcheggio sotto Cascina Butto, scendere lungo via Valfredda. La strada sterrata si snoda in un bosco di latifoglie, con la presenza di querce, nocciolo, sambuco e carpini bianchi. Poco prima del centro abitato di Cascina Gaidana, il bosco si apre offrendo un panorama sulla Valle del Curone, in particolar modo sul nucleo rurale di Bagaggera, risalente al Seicento. La località si trova all’inizio del corso superiore del torrente Curone, le cui colline circostanti furono un tempo estese opere di difesa. Il complesso è coronato da campi coltivati, oltre i quali si estendono boscaglie. Dopo circa 500 m si giunge a Cascina Valfredda, che deve nome alle caratteristiche climatiche della zona. Oggi è circondata da prati utilizzati per il pascolo e per lo sfalcio. Un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive.Seguire le indicazioni superando lo stagno per Cà Soldato. La cascina è adibita a centro Parco e dispone di un museo dedicato agli ambienti e alla fauna che caratterizzano il Parco, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina utilizzati.L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie e la fortificazione romana a salvaguardia di una fornace. Da qui prendere la sterrata che scende e si inoltra nel bosco, come indica il segnavia n. 11 Cipressi – Galbusera Bianca. Attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio proseguire a sinistra.Si cammina lungo la strada immersi tra grandi prati, mantenuti per la produzione di foraggio da sfalcio.Dopo circa 400 m si arriva a Cascina Malnido. In tempi remoti, tale località fu il centro di una fornace per la produzione di laterizi. Lo sfruttamento estrattivo ha lasciato ancora tracce visibili della fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un complesso, forse il più grande dell’Italia transpadana per la produzione di embrici e materiale da costruzione. Prendendo la carrareccia con segnavia n. 1 Pianello che risale la valle, si giunge ai ruderi di Cascina Ospedaletto, il cui nome evoca il ruolo svolto dal fabbricato durante la peste seicentesca, dove venivano ricoverati gli infermi. Secondo alcuni l’edificio potrebbe anche aver svolto funzione di accoglienza per i pellegrini di passaggio. Seguendo il segnavia n.2, il sentiero si inoltra nella vegetazione boschiva salendo per la collina fino a Cascina Scarpada, caratterizzata da una loggia chiusa. Insieme a Cascina Costa sorge in posizione panoramica sulla Valle del Curone. Oggi ospitano un’azienda vitivinicola e sono sede di un agriturismo.Attorno alle due cascine, i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Il percorso continua a mezzacosta con saliscendi, tra vigneti, campi adibiti al pascolo e prati. L’ anfiteatro che da Cascina Scarpada si estende fino a Galbusera Bianca costituisce l’habitat dei prati magri. I prati e i terrazzamenti sono ricchi di specie vegetali termofile. Fra le molte specie che compaiono in questi ambienti spiccano diverse orchidee. La ricchezza floristica ha significato faunistico, soprattutto per gli Insetti. La conservazione di questi ambienti è dipendente dalle modalità di gestione.La cessazione dell'attività agricola riavvia la trasformazione verso il bosco, con la scomparsa di specie di importanza naturalistica la cui presenza è legata allo sfalcio. La Galbusera Nera è costituita da due edifici orientati ad est-ovest. I muri ospitano affreschi ottocenteschi raffiguranti una Madonna e il beato Giobbe. La devozione popolare per San Giobbe è legata alla tradizione religiosa della Brianza e in particolare alla bachicoltura. Attorno alla cascina i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Più avanti, collegata a mezzacosta sul pendio, sorge Galbusera Bianca. Il complesso rurale è composto da una casa padronale, tre cascine, una stalla e una chiesetta: insieme formano un borgo noto nel Trecento con il nome di Valbissera.La presenza di un edificio di culto dedicato a San Francesco conferma che in passato era un nucleo insediativo. La spiegazione più plausibile sulla divisione delle due cascine tra bianca e nera si rifà al colore delle uve che vi venivano coltivate.Da qui prendere la mulattiera che sale dopo la Chiesa di San Francesco (segnavia n.11 Cipressi – Pianello) e, arrivati di fronte alla scalinata, salire tra i filari di cipressi, architetture vegetali che caratterizzano il paesaggio della Valle del Curone. La loro originaria funzione era quella di individuare i confini di alcuni possedimenti terrieri dell'area lungo il crinale ed i pendii delle colline. Dai Cipressi, percorrere la mulattiera per una decina di metri e scendere nel centro abitato della frazione di Monte. A fianco del cimitero prendere la mulattiera che si inoltra nel bosco verso la frazione Sara.All’orizzonte si trova il cordone morenico dove sorge la frazione di Alduno; dietro si staglia il versante sud del Monte di Brianza, che con la sua dorsale verde crea una importante connessione ecologica tra il Parco e il Parco Regionale del Monte Barro. All’incrocio il percorso prosegue fino a uno degli affluenti del torrente Molgora. Svoltando a sinistra si costeggia il torrente in una piana che in tempi primordiali fu un lago creato dalle acque di fusione del ghiacciaio che da Occidente scendeva da Valmadrera e da Oriente scendeva con la colata di ghiaccio della Valle dell’Adda. Attraversato il ponte di legno, il percorso si avvicina al centro abitato della Valletta Brianza e incrocia la strada provinciale Como-Bergamo. Dirigersi verso il centro del paese, svoltare in via Traversa della Pesa e salire verso la Chiesa Parrocchiale percorrendo via Giovanni XXIII. Il panorama si affaccia su una piana che da Santa Maria Hoè arriva fino a Castello di Brianza, parte della Valle di Rovagnate. Su alcuni terrazzamenti, orti si alternano a alberi da frutta e vigne, coltivazioni tradizionali che ancora testimoniano l’economia agricola a livello famigliare tipica dell’Alta Brianza. La piana è invece coltivata a cereali, dove è praticata un’agricoltura intensiva. Alla rotonda salire la sterrata Via Roccolo (segnavia n.27, Roccolo/Tremonte) tra filari di conifere e terrazzamenti coltivati a vite. Giunti sul crinale il panorama mostra la Valle di Rovagnate tra i versanti del Monte di Brianza e i rilievi del Parco con il paese di Perego arroccato sulla collina. Il percorso prosegue poi nel bosco scendendo fino al centro abitato. All’incrocio svoltare lungo via Trento e proseguire fino alla località Tremonte. Questa frazione risale all’epoca dei romani che per primi si stabilirono in questa zona, fu importante per i traffici commerciali nella Valle di Rovagnate e nel Monte di Brianza. Proseguendo lungo la via del Ponte si arriva alla chiesa di Santa Veronica, situata all'interno di quello che un tempo era probabilmente una rocca dei Capitani di Hoè. Al suo interno è presente un affresco che rappresenta Veronica recante il santo telo con il Volto di Cristo, databile attorno al 1280. Dalla chiesa, una mulattiera sale verso il centro abitato di Tremonte. Si scorgono le rovine di una torre di avvistamento, risalente al X-XI secolo. In passato il complesso architettonico era imponente ed aveva un’importante funzione per il controllo del traffico stradale, che nell’antichità passava nella Valle di Rovagnate.La mulattiera prosegue tra terrazzamenti abbandonati e inselvatichiti alternati a terrazzamenti ben tenuti a ortaggi e frutta antica, fino a giungere al suggestivo ponte del Bordea.Attraversare il ponte, sospeso sopra il torrente Molgora e seguire le indicazioni della palina con segnavia n.25 Mirabella/Paù.La mulattiera si snoda nel bosco in mezzo a notevoli muri a secco, recentemente recuperati, e ad un certo punto un lavatoio in arenaria preannuncia l’arrivo alla località Mirabella.Dalla cascina Mirabella proseguire l’itinerario salendo la strada a tornanti che arriva all’abitato di Paù. Un uliveto occupa la maggior parte dei terrazzamenti che salgono fino al borgo, tra ronchi ancora coltivati a ortaggi e alberi da frutta antica e terrazzamenti pressoché abbandonati e inselvatichiti.Sul limitare della strada si trova il primo edificio, un oratorio di campagna dedicato a San Bernardo. Attraversare il centro abitato percorrendo via Piave e proseguire per la mulattiera che offre un punto panoramico sulla bergamasca, i rilievi di Montevecchia e la dorsale degli Appennini.La mulattiera scende in un bosco di castagni e querce fino alla valle dove scorre il torrente Alto Molgora, uno dei principali affluenti del Molgora. Proseguire per il borgo di Mondonico, attraversare il torrente e mantenersi sulla via Emilio Gola, lungo la quale sono allestiti una serie di pannelli recanti le opere del pittore.In passato Mondonico rappresentò un richiamo artistico per pittori come Emilio Gola, Aldo Carpi e Ennio Morlotti. Il borgo, oggi nel comune di Olgiate Molgora, ha la sua origine intorno all’anno mille, con la costruzione di un castello di proprietà della nobile famiglia Vimercati, di origine longobarda. In località la Squadra, la villa patrizia Villa Maria (risalente al quindicesimo secolo) fu l’abitazione della famiglia dei Bonfanti, poi feudatari Erba, dei nobili Rho e infine dei marchesi Secco d’Aragona.Più avanti si trova la chiesa di San Biagio, al cui interno si possono ammirare gli affreschi dell’abside e risalenti alla seconda metà del Cinquecento. L’itinerario prosegue a fianco delle mura di Villa Maria, per percorrere via Mondonico fino ad arrivare ad un bivio, dove a sinistra si incontra prima Villa Gola e poi Villa Sommi Piccenardi, un complesso architettonico risalente al 1700. Da Villa Sommi Picenardi proseguire lungo la via Sommi Picenardi fino a giungere alla stazione di Olgiate Molgora.
Da Cernusco Lombardone a Olgiate Molgora

Itinerario ad anello da Lomaniga

Dal parcheggio di Lomaniga, si segue la strada provinciale fino alla Chiesa. Prendere a destra la via che parte da Piazza Pio XII e che corre parallela al provinciale e camminare fino a incrociare via Cascina Palazzina, dove una palina indica il segnavia n. 8 per Montevecchia Alta. Si svoltare a sinistra e si percorre la sterrata che salendo si inoltra in un bel bosco di querce e arriva alla Cascina Verteggera. Il nome della frazione Verteggera (nel passato chiamata Varteggera, come riportato sulla vecchia cascina), deriva da versus agger che significa aggirare la fortificazione. In epoca romana qui passava la strada (oggi confine tra Missaglia e Montevecchia) che aggirava una fortificazione e conduceva alle cave a cielo aperto, ora frazione Cappona. Il paesaggio terrazzato di Verteggera si presenta come era anticamente: la coltivazione, effettuata secondo gli antichi metodi non è mai cessata. Si coltivano rosmarino, erbe aromatiche, alberi da frutta e vite. Da notare la presenza di terrazzamenti accessibili solo a piedi, per mezzo di ripide scalinate: vere e proprie opere di ingegneria contadina. Il sentiero prosegue in piano in uno scenario in cui il paesaggio terrazzato è attore indiscusso. Interessante il lavatoio in pietra di Verteggera, che rappresenta uno dei più bei manufatti del Parco. Si trova sulla destra del sentiero, prima di inoltrarsi nuovamente nel bosco. Tra le pareti del lavatoio, cresce una piccola e graziosa felce capelvenere, che trova l’habitat ideale nelle fessure delle rocce soggette a stillicidio, come le pareti umide di roccia calcarea di vecchi lavatoi. Nel Parco è rarissima e localizzata in poche stazioni. L’itinerario prosegue pianeggiante in un bosco fino ad incrociare una stretta strada e salire fino ad arrivare a Cascina Casarigo, struttura di origini antiche. Il toponimo di questa località, stando alle fonti catastali, deriva da Castrago e quindi da castrum che significa “sede di un accampamento”. Ciò induce a ritenere che la zona era abitata già in epoca romana. La cascina sorge arroccata sopra un poggio, coronata da una teoria di vigneti. Di sotto si allunga la pianura, poco sopra fanno da contrasto i verdi boschi del Parco.Da Casarigo scendendo fino ad Ostizza, si dispiegano ordinati terrazzamenti coltivati a vite. La mulattiera continua in salita. A sinistra, nelle vicinanze di una cappelletta in rovina, una palina indica di seguire il segnavia n. 8 per l’Alta Collina. Tra affioramenti di arenaria, una mulattiera con gradinature in molera, sale decisa guadagnando dislivello fino a giungere alla frazione Galeazzino. Salendo fuori dal bosco, si apre uno scenario spettacolare di architettura rurale: un complesso sistema di terrazzamenti scolpisce il ripido versante, frenando la verticalità del pendio e lunghi filari di vite ne tracciano simmetriche le curve di livello. I versanti meridionali della collina di Montevecchia non hanno mai cessato di essere intensamente sfruttati per uso agricolo. Percorrendo i sentieri e le strade che si snodano lungo i versanti soleggiati del colle, si osservano le sistemazioni dei versanti tipiche del Parco: i ronchi (i terrazzamenti) sostenuti dalle murature in pietra a secco. Qui le piane dei terrazzi ospitano ancora oggi, nella maggior parte dei casi, filari di vite associate alle piante aromatiche tipiche di Montevecchia: la salvia e il rosmarino. Dalla frazione Galeazzino si gode il panorama sulla pianura e fino agli Appennini e al termine della mulattiera si arriva nella raccolta piazzetta di Montevecchia Alta da cui si gode di una vista stupenda. Merita una visita il Santuario Beata Vergine del Carmelo, una delle chiese più suggestive della Brianza per via della sua posizione in cima al colle. Sulla destra della piazza la strada sale in una breve salita per arrivare di fronte ai 180 gradini della celebre scalinata. Grazie alla sua posizione emergente ha ricoperto nel corso dei secoli una funzione di richiamo per gli abitanti di tutte le zone vicine ed è a diventata un’icona per tutta la Brianza collinare. Nei primi anni del Seicento il preesistente edificio di culto fu abbattuto e in suo luogo fu costruito l’attuale santuario in stile barocco, ad unica navata, di 5 campate rettangolari con volte a crociera. Ritornando alla piazzetta e seguendo le indicazioni della palina del Parco si procede sul sentiero n.10 fino all’incrocio con Via Alta Collina, dove si gode del panorama della DOL Dorsale Orobica Lecchese con l’iconica sagoma del Resegone e il gruppo delle Grigne. Dall’Alta Collina, la Valle del Curone si rivela in tutta la sua bellezza, facendo mostra del suo caratteristico paesaggio terrazzato, in particolare dello spettacolare versante della Valle delle Galbusere. All’incrocio con la strada, seguire le indicazioni della palina con segnavia n. 9 Strada del Malveggio; quindi attraversare e svoltare a sinistra, camminando sul marciapiede per attraversare la frazione Livello ed arrivare salendo fino alla frazione di Ghisalba. Il toponimo della frazione è legato alla presenza di un santuario esistente dal colore bianco, ecclesia alba, chiesa bianca. A circa metà della salita, prendere a destra la direzione del segnavia n. 9 Strada del Malveggio, un’ampia carrareccia procede in piano tra filari di vite, dove i terrazzamenti seguono l’andamento ondulato della morfologia del pendio, creando curve armoniche. Si cammina sempre in piano fino ad arrivare alla frazione Vigna, dove in mezzo al bosco, sul limitare della carrareccia si trova il lavatoio di San Bernardo.Più avanti, il bosco, con formazione in prevalenza di castagno e querce, lascia spazio a un’ampia radura. Durante l’itinerario, si incontra una deviazione che scende verso il fondovalle. In questo caso mantenere sempre il segnavia n. 9, prendendo il sentiero che prosegue pianeggiante.La carrareccia termina quando incontra la strada sterrata (Strada Panoramica). Seguire le indicazioni del segnavia n. 9 Valle Santa Croce – Missaglia svoltando a destra. Più avanti, in prossimità di una stanga sulla sinistra, seguire sempre le indicazioni per Valle Santa Croce e scendere per la sterrata che si snoda nel bosco con ampi tornanti fino al fondovalle.Nella valle sono ben distinguibili le diverse localizzazioni delle attività agricole e forestali: sulle pendici troppo scoscese per le attività agricole e soggette a rischio di dissesti idrogeologici, domina il bosco visto come sussidio all’attività agricola tradizionale (legna da ardere e paleria ad uso agricolo) laddove la pendenza si riduce, l’attività umana ha creato una serie di terrazzamenti. Nel fondovalle dominano campi coltivati anche se la presenza di boschetti e siepi creano un ambiente molto variegato di elevato valore paesaggistico e naturalistico.Il nome della valle deriva dall’antica chiesa più volte rimaneggiata e menzionata già in un documento del 1289 come ecclesia. Il borgo ha origini antichissime. Il muro di cinta della cappella conserva un’incisione pre-romana, testimonianza degli antichissimi abitanti di questa valle. Per visitare Valle Santa Croce camminare fino alla strada del fondovalle e poi salire a sinistra per il centro abitato. Per proseguire l’itinerario ad anello, salire di nuovo per la stessa sterrata e prendere a sinistra il sentiero sui campi terrazzati. Guadare il torrente e inoltrarsi nel bosco camminando fino ad arrivare al nucleo di antica formazione di Cascina Novelè, ancora oggi abitata da più famiglie. L’abitazione a pianta quadrata consta di due piani più un sottotetto colombaio-fienile. I piani sono collegati da una scala posta in un piccolo porticato contenuto entro il perimetro della casa e che al primo piano diventa ballatoio aperto con balaustre in legno Sulla facciata vi è una edicola votiva scavata nel muro che contiene una piccola statua votiva di Sant’Antonio di Padova (protettore dei bambini). La carrareccia arriva pianeggiante nei pressi di Cascina Bellesina Inferiore, la sola superstite delle due originarie (inferiore e superiore) che è tuttora abitata. Questa i trova in una posizione da cui si domina quasi tutta la parte a sud della Valle Santa Croce ed è costituita da un unico corpo di dimensioni contenute. Disposta su due piani, più un colombaio, è caratterizzata dalla presenza di un portico a due arcate al piano terra, con sovrastante loggia. La struttura è completamente in pietra molera e gli spigoli dell’edificio sono rinforzati da grossi conci squadrati. La pavimentazione del portico era originariamente in ciottoli. Il portico protegge un’icona dedicata alla Madonna del Bosco. A Cascina Bellesina ha sede un’azienda agricola che alleva pecore della razza brianzola.Subito dopo aver superato alcuni terrazzamenti coltivati a vite, svoltare a sinistra per prendere la carrareccia che scende fino al fondovalle e che lambisce l’abitato di Cascina Fornace, oggi completamente ristrutturata. Sulla testata nord della cascina si trovava la parte rustica, con stalla al piano terra e fienile al primo piano schermato da un grigliato in laterizio. Siamo in presenza di una cascina “povera” infatti i muri sono realizzati con pietra molera ma con conci piccoli e irregolari. All’incrocio con la strada, prendere il segnavia n. 6 Lomaniga. Attraversare la strada e svoltare a destra. In prossimità della cascina dall’altro lato della strada, si trova una croce votiva scolpita nella pietra molera, recante i motivi della morte: il teschio e le ossa femorali incrociate ed i simboli della passione: il martello, la tenaglia, la scala. Il manufatto risale quasi sicuramente ai tempi della peste e con ogni probabilità indica la presenza di luoghi di sepoltura. La strada sterrata percorre pianeggiante il fondovalle, costeggiando il torrente Molgoretta e inoltrandosi in un bosco igrofilo, tipico delle zone vicine alle sponde dei corsi d’acqua, con la presenza di formazioni in prevalenza di ontani neri e frassini. Al bivio con la strada asfaltata, seguire il segnavia 6A Lomaniga e salire dall’abitato di Pianetta Bassa a Pianetta Alta. Attorno all’abitato i terrazzamenti sono ancora coltivati e ben tenuti.Giunti alle ultime abitazioni, lasciare la strada e prendere la mulattiera a destra che si inoltra pianeggiante nel bosco, per poi lasciare spazio a terrazzamenti ancora oggi coltivati a ortaggi, verdura e alberi da frutto. La mulattiera prosegue in piano fino a alla località Oliva, da cui con un breve tratto su strada in discesa breve, si torna sulla strada provinciale e quindi al parcheggio di Lomaniga.
Itinerario ad anello da Lomaniga

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