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Monte Poieto

CABINOVIA E RIFUGIO TEMPORANEAMENTE CHIUSI  Secondo me se Heidi avesse in mente di cambiare casa è proprio qui, in cima al Monte Poieto, che si trasferirebbe. Non prendetemi per matta ma questa è esattamente la cosa che ho pensato quando sono scesa dalla piccola cabinovia che porta ad Aviatico, sull’Altopiano di Selvino, e mi sono guardata intorno. Infatti, una volta scesa dalla cabinovia del Monte Poieto, che col suo rosso brillante e le sue minuscole cabine trasporta i turisti fino in cima all’Altopiano di Selvino, la prima cosa che mi ha colpita è stato il verde brillante dell’erba e un meraviglioso parco giochi affacciato sulla vallata sottostante. Completavano il quadro una baita – che in realtà ospita un ristorante e il Monte Poieto Resort – un enorme cane San Bernardo sdraiato per terra e le caprette, che saltellavano allegre nel grande prato di fronte al rifugio. Vi giuro che mancava solo lei, Heidi, la bimba dalle guance rosse amica della mia infanzia per farmi fare un tuffo nelle pagine di un libro! Eppure Aviatico non si trova tra le leggendarie montagne svizzere, bensì appena sopra Selvino, a pochi chilometri da Bergamo ed è facilmente raggiungibile anche da Milano con poco più di un’ora di viaggio. La sensazione di pace però è quella che si assapora in alta montagna, forse perché Aviatico non si può raggiungere in macchina ma solo a piedi (o in cabinovia come abbiamo fatto noi!). Quando poi si arriva in cima al Monte Poieto il panorama è davvero di quelli che meritano una sosta per scattare fotografie, anche se non avete il “pallino” di instagram come nel mio caso. Una volta finito di immortalare il panorama però ci si guarda intorno e si nota anche il resto: davanti al Rifugio c’è un recinto con le caprette e alcuni daini, che curiosi si sporgono per cercare un po’ di cibo che – questo è evidente – i turisti non gli fanno mai mancare. Accanto invece trova posto un bellissimo quando panoramico parco giochi, per la gioia di tutti i bimbi e dei loro genitori. E infatti il Patato si è lanciato di corsa verso i giochi appena sceso dalla cabinovia! Quando ci siamo saliti noi era maggio e una parte del ristorante era riservato e allestito per una cerimonia. Come ci hanno spiegato i proprietari infatti sono parecchie le coppie che scelgono Aviatico e l’Altopiano di Selvino come località dove organizzare il proprio rinfresco nuziale, salendo, insieme a tutti gli invitati, fino in cima con la cabinovia. A me è venuto da sorridere pensando a quella novella sposa che, magari con un abito bianco spumoso come una meringa, si sarebbe stipata, con tanto di strascico e velo, all’interno della microscopica cabina rossa per salire fino in cima. Chissà a cosa avrebbe pensato durante quella solitaria salita fino alla cima? Forse alla nuova vita che l’aspettava alla fine di quella giornata? Dal canto nostro noi ci siamo goduti la meravigliosa vista sulla valle, i giochi e ovviamente quell’erba così brillante che invitava a sdraiarsi almeno un pochino per riprendere contatto con la terra. Quando siamo scesi io ho pensato che Aviatico è davvero un posto da fiaba e sarebbe bello tornare e vederlo il prossimo inverno con la neve! - Fonte: patatpfrindly.com
Monte Poieto

Il sentiero recuperato monte Foldone

Un itinerario selvaggio e spettacolare della bergamasca
Il sentiero recuperato monte Foldone

Tour del monte Legnoncino

Itinerari in Mountain Bike intorno al Lago di Como
bici tramonto cicloturismo

Da Valgreghentino intorno al Monte di Brianza

Il territorio di Valgreghentino è attraversato da numerosi torrenti e ruscelli che nascono dal monte per poi confluire nel torrente Greghentino, diretto affluente del fiume Adda. Il nome del paese deriva proprio dal torrente Greghentino, il cui toponimo fa riferimento ai sui gorghi d’acqua e attesta la ricchezza d’acqua del suo territorio. Parcheggiata l’auto in via Monsignor Gilardi, un cartello indica la frazione di Molinello Superiore, il cui toponimo suggerisce la funzione avuta in passato da questo antico nucleo insieme al sottostante Molinello Inferiore. Dopo aver attraversato il ponte che sovrasta il torrente Greghentino, si sale seguendo un acciottolato fino al vicino nucleo rurale di Molinello Superiore e sul lato sinistro imbocchiamo la vecchia mulattiera. Lungo il percorso che sale alla frazione di Dozio, una serie di lapidi ripercorre la vita della Beata Vergine Maria. Arrivati al cippo IX mantenere l’acciottolato sulla sinistra e continuare a salire. In località Ganzola, si esce dal bosco per incontrare alcuni terrazzamenti recentemente recuperati, un tempo coltivati a foraggio e vigneto, ora coltivati a frutteto misto e piccoli frutti dall’Azienda Agricola Sella Mauro di Valgreghentino. Un ampio panorama si apre sulla valle dell’Adda e le Prealpi Lecchesi. Proseguendo si arriva dopo qualche centinaio di metri al piazzale antistante (sulla destra) del Santuario della Madonna di Częstochowa, un tempo Chiesa di San Martino di antiche origini medievali. È possibile visitare ogni giorno il giardino attorno al Santuario, mentre per l’apertura della chiesa è necessario contattare la Parrocchia di Valgreghentino. Proseguendo sulla sinistra si arriva all’abitato di Dozio, citato già nel 1300 da Goffredo da Bussero, come “Locus Docio”, prima comune autonomo e ora frazione di Valgreghentino. I terrazzamenti di Dozio erano un tempo coltivati a ortaggi, soprattutto piselli e taccole, frutta e vite per conseguire l’autosufficienza alimentare. Piselli, taccole e altri prodotti del campo erano poi venduti ai grossisti o scambiati con altri prodotti al mercato agricolo che si teneva a Valgreghentino. All’incrocio con la strada asfaltata svoltare a sinistra e fiancheggiare l’abitato. Degno di nota è il grande lavatoio (recentemente ristrutturato dal Parco di Montevecchia e della Valle del Curone) che si trova nel cuore del nucleo rurale, lo scolmatore della vasca è un coperchio di sarcofago di epoca tardo antica. Mantenere l’acciottolato che sale fino all’incrocio con il bivio, dove una palina sulla destra indica la direzione per Consonno, segnavia n. 9. Un’ampia radura dove pascolano cavalli si affaccia sul panorama montano dove si staglia il Monte Resegone, il Monte Ocone, il Monte Tesoro e la Val Cava. Il sentiero prosegue ora in costa lungo una strada agro-silvo-pastorale per circa un paio di chilometri attraversando la Val De’ Vai, dove nasce uno dei più importanti affluenti del Greghentino. La fitta copertura boschiva di questa zona è costituita in prevalenza da castagno e robinia, anche se non mancano acero montano, frassino maggiore, carpino nero e quercia. L’itinerario arriva di fronte alle prime rovine di Consonno, l’Hotel Plaza e sulla destra i resti del trenino panoramico che conduceva i visitatori per un giro turistico di quella che avrebbe dovuto essere la LasVegas della Brianza. All’incrocio con la strada asfaltata piegare a destra verso la Canonica di San Maurizio, ora adibita a edificio rurale, sulle cui mura campeggiano affreschi raffiguranti stemmi cardinalizi. Il borgo di Consonno ha un’origine antica. Il toponimo “Consonnum” è citato in una pergamena già nell’anno 1085. Consonno era un tempo un tipico paese dell’Alta Brianza, il cui abitato era costituito da cascine, stalle e fienili. I suoi terrazzamenti erano coltivati per la produzione di ortaggi, soprattutto porri e taccole, che venivano poi venduti nei mercati di Milano; mentre i marroni venivano coltivati nelle selve castanili lì intorno, come attesta la presenza di un importante essiccatoio, andato distrutto insieme al borgo. Negli anni ’60 un eccentrico imprenditore milanese, Conte Mario Bagno acquistò Consonno pensando che fosse il luogo ideale in cui costruire una "città dei balocchi". Il borgo fu così demolito per fare spazio a ristoranti, una balera, un albergo di lusso, diverse costruzioni con richiami alle più variegate culture e stili architettonici, un castello medievale e il celeberrimo minareto, un campo di golf, un tiro assegno, una pista per il pattinaggio, un luna park e un giardino zoologico. Nell’ottobre 1976 continue piogge provocarono una frana che interruppe la strada che saliva a Consonno. Fu l’inizio del declino della città fantasma. Anche gli ultimi abitanti di Consonno, che avevano visto una opportunità per vendere i propri prodotti agricoli ai turisti lo abbondarono. Oggi Consonno si presenta in uno stato di totale abbandono e degrado. Molti degli edifici rimasti sono pericolanti e ne è vietato l'accesso perché è proprietà privata e in secondo luogo per motivi di sicurezza. I suoi terrazzamenti e le sue selve castanili sono oggi avvolti dai rovi e assorbiti dal bosco che avanza. Dal minareto si deve camminare seguendo la strada asfaltata che scende fino ad incrociare la strada che sale alla Canonica di San Maurizio. Svoltare quindi a destra per visitare la Chiesa di San Maurizio e la canonica, ora utilizzata come edificio rurale e le rovine di Consonno, come l’Hotel Plaza. Dalla Chiesa di Consonno, l’itinerario prosegue a sinistra sulla strada che accoglie i visitatori con imponenti insegne arrugginite che recitano "A Consonno è sempre festa" oppure "A Consonno tutto è meraviglioso", fino ad arrivare ad una grande costruzione in rovina che sovrasta la strada, un tempo hotel chiamato “Pavesino”. Il panorama che si gode sulla Valle dell’Adda è magnifico e richiama paesaggi leonardeschi. Superato l’edificio svoltare subito a destra lambendolo, percorrendo per circa un paio di chilometri unsentiero che, incrocia più volte il taglio per la pulizia delle linee elettriche e lungo il quale infestanti di varia natura banalizzano dal punto di vista della vegetazione l’ambiente boschivo. Scendendo il percorso offre una bellissima vista sul versante bergamasco e il paese di Carenno.Prima di arrivare alle prime case del piccolo borgo di Serigola, si può osservare la presenza di boschi terrazzati con la prevalenza di formazione di ciliegi. Il piccolo nucleo rurale, chiamato in dialetto "Serigula" si trova nel comune di Olginate. Il suo toponimo è legato all’acqua e il suo significato deriverebbe da roggia, acqua corrente; come il torrente che scorre proprio al limitare delle prime abitazioni. Il paesaggio attorno all’abitato è caratterizzato da numerosi terrazzamenti in buona parte ancora coltivati a frutta e ortaggi, con la presenza di molti ronchi (i tipici orti della civiltà contadina). Superato l’abitato di Serigola, all’altezza della cappella mariana, prendere l’acciottolato che corre parallelo alla strada e proseguire fino ad arrivare alla frazione di Bornedo. I terrazzamenti sopra Bornedo sono a terra riportata senza l’utilizzo di muretti a secco e sorgono su un pendio che colpisce per la sua verticalità. Si nota la presenza di boschi terrazzati su tutto questo versante. Arrivati alle prime case di Molino, prendere a destra la stretta strada asfaltata che costeggia le pendici del monte e che conduce su un ampio scenario caratterizzato da numerosi terrazzamenti, ancora ben mantenuti e coltivati a oliveto, orti e piante da frutta. Si cammina per circa un chilometro su una mulattiera che si snoda tra campi, muretti a secco e tipici casot (ricoveri attrezzi) che ricordano fedelmente il paesaggio rurale di un tempo, quando l’economia di sussistenza era legata indissolubilmente all’agricoltura. Il panorama si affaccia sopra la Val di Racul, un verde altopiano che da Valgreghentino scende fino a Olginate e che rappresenta l’areale di caccia prediletto dal gufo reale (specie nidificante nella vicina Olginate). Arrivati alle prime case della piccola frazione di Parzano, svoltare a destra all’incrocio con la strada asfaltata e salire fino ad arrivare ad un bel lavatoio, sulla cui parete è affrescata la Madonna del Rosario. Fiancheggiare l’abitato di Parzano tenendo l’abitato sulla destra e imboccare il sentiero che corre lungo una recinzione verde fino ad arrivare alle case della frazione di Ospedaletto, il cui toponimo ricorda la presenza di un ospizio per pellegrini o infermi. Interessante da vedere la chiesa della Beata Maria delle Grazie e di S. Antonio da Padova, ora non più consacrata e la cappelletta con le ossa dei morti della peste del 1600.Dopo aver superato l’ossario scendere fino al bel lavatoio, che si trova all’inizio di Ospedaletto, svoltare a destra e tornare al parcheggio di Molinello.
Da Valgreghentino intorno al Monte di Brianza

Monte Bronzone

La partenza avviene dal Colle Dedine (996 m), raggiungibile da Vigolo o meglio dai Colli di San Fermo, arrivandoci vicinissimi in macchina, dopo aver piegato a destra al Colle di Caf (vedi segnavia CAI 568-701, 4 km di stradetta). Giunti a un centinaio di metri dal curvone del Colle, si parcheggia e si va alla sbarra dell’agriturismo Dedine-cascina Meren, dove, poco oltre, una palina indicatrice dà il via.Il primo tratto si compie in una sorta di tunnel vegetale. In breve si è all’appostamento venatorio di Colle Dedine dove troviamo quella di “Gombo Alto 727 CAI”. La si segue camminando in un bosco di robinie, faggi, roverelle e rari abeti, sino a sbucare sull’alpeggio di Gombo alto (1.200 m, 45’ dalla partenza).La vetta è sopra di noi e, con un marcato sentiero nel ripido bosco, la si raggiunge e si trova un’ardita croce con grossa campana (1.334 m, 1 h 30’ dalla partenza). Quassù lo spettacolo è senza fine, dalla pianura alle Prealpi bergamasche e bresciane, con lo sfavillante lago a farla da padrone. In vetta una stele ricorda il celebre alpinista Mario Merelli. Un pensiero, una preghiera e via in discesa sul versante opposto, seguendo fedelmente le paline CAI 701 La Rolla. Il percorso ora diviene disagevole per il fondo pietroso sino a quota 1.160 metri, dove incrocia il segnavia giallo n. 5 che ignoriamo, preferendo stare sul 701 che scende a una stalla dove diviene comoda gippabile. Ci si cala sul roccolo di Colle della Rolla (950 m, 1 h dalla vetta) e sempre per strada, poi sentiero, sino al vicino Colle d’Oregia (918 m, 10’ dalla Rolla).Su sentierino ci si abbassa per incontrare la strada silvo-pastorale che sale all’alpeggio di Gombo Basso (segnavia TPC). In salita, per circa mezz’ora, si guadagnano 200 metri di dislivello sino ad avvicinarsi alla Cascina di Gombo Basso per lasciare poi la stradetta e prendere a destra un sentiero (CAI TPC– 727) che porta all’appostamento di caccia attraversato all’andata (capanno di Colle Dedine).Da questo al parcheggio è ambiente conosciuto. Per ulteriori dettagli: Com. Montana dei laghi bergamaschi - tel. 0354349811
Monte Bronzone

Lago d'Iseo: un gioiello incastonato tra i monti

Scoprite cinque motivi per visitare il Sebino, antico nome di questo lago circondato alle Prealpi e immerso in un verde lussureggiante, tra arte, cultura ed enogastronomia. Borghi storici, custodi di cultura e tradizione, affacciati sull'acqua, strade panoramiche dove lo sguardo rimane affascinato dal paesaggio che curva dopo curva rivela orridi, spiaggette da scoprire e scorci da cartolina. Il Lago d'Iseo è una meraviglia a 30 chilometri da Bergamo, dove godervi un giro in battello, un bagno o lunghe camminate panoramiche e degustare la cucina locale brindando alla Dolce Vita con i migliori vitigni della zona. Immergersi in un'atmosfera retrò nel cuore del borgo storico di Sarnico, tra raffinate ville liberty e fregi floreali per respirare l'aria d'inizio secolo in una cittadina rilassante e sofisticata.  Regalarsi una giornata romantica sul lungolago di Lovere, uno dei borghi più belli d'Italia, scoprire il porto turistico e l'arte neoclassica di Canova custodita nell'Accademia Tadini.  Scoprire il cuore del lago, Montisola, l’isola lacustre più grande d’Europa e imbarcarsi sul battello da cui ammirare anche l'isola di San Paolo e quella di Loreto, tra miti e leggende.  Lasciarsi affascinare dall'Orrido del Bogn, una meraviglia della natura in riva al lago e poi percorrere le lunghe strade panoramiche in bici, in auto o in moto.  Vedere i pesci come sarde, coregoni e cavedani essiccare al sole e poi gustarne il sapore con un filo d'olio e altre specialità locali, unite a un bicchiere di vino della vicina Val Calepio.

Monte di Brianza da Calolziocorte

Dalla Valle San Martino l’itinerario percorre le sponde dell’Adda, lo attraversa e sale lungo la Valle del torrente Aspide fino ad arrivare a Consonno. Alla stazione di Calolziocorte prendere il sottopasso che conduce all’imbocco di Via Stoppani. Svoltare a destra e percorrere la via fino ad intercettare sulla destra il percorso pedonale che arriva al lungo lago.Camminando verso il ponte di Olginate è possibile osservare varie specie di uccelli acquatici come svassi, tuffetti, folaghe, gallinelle d’acqua, cigni reali e varie specie di anatre. Il rilievo del Monte di Brianza domina a ovest il panorama e tra la sua copertura boschiva è possibile osservare i numerosi nuclei rurali e borghi che ne costellano il versante.Attraversando il fiume osservando il percorso pedonale del ponte, si può vedere a destra la diga, impiegata per la regolazione del livello delle acque nel Lago di Como e della portata del fiume Adda a valle del lago, divide i laghi di Garlate e di Olginate. Dopo aver sceso le scale che si collegano al percorso pedonale del lungo lago, svoltare a destra fino ad arrivare ad una delle vie che portano al centro storico di Olginate, come via Barozzi o anche via Alessandro Manzoni, dove si trova la Torre del Porto. Costruita a metà del Quattrocento e utilizzata come presidio di sorveglianza quando l’Adda fungeva da confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. Una volta giunti in Via Sant’Agnese, svoltare a sinistra, attraversare sulle strisce pedonali e percorrere la lunga via Don Ambrogio Colombo, che passa accanto all’Oratorio. Alla rotonda attraversare la strada provinciale e salire lungo la via Belvedere per circa 500 mt. fino ad arrivare alla località Praderigo, dove i terrazzamenti sono stati in buona parte inglobati nei giardini delle numerose abitazioni sorte negli ultimi decenni.Superato l’abitato, sempre percorrendo la strada in salita, prendere in prossimità della curva, una larga strada boschiva lungo cui, sulla destra, si trova una palina che indica il segnavia n. 209 per Consonno, Cà Benaglia. Percorrere la strada boschiva e poi seguendo le indicazioni, salire a sinistra lungo la mulattiera che corre accanto al Torrente Aspide, il cui toponimo lascia pochi dubbi sull’interpretazione. Secondo l’Olivieri, il toponimo stava ad indicare che le sue rive boscose erano originariamente infestate dalle vipere. Salendo, il sentiero si dirama. Si prosegue mantenendo la sinistra, ma non prima di aver visitato sulla destra il filatoio di Cà Benaglia, che nonostante l’abbandono, rappresenta uno dei più interessanti siti di archeologia industriale locale. L'edificio è un piccolo filatoio che sorge molto isolato dal paese. Nel 1900 a Cà Benaglia vi erano 6 filatori, 3 rochelere e un fuochista. Il filatoio di Cà Benaglia testimonia il passaggio dalla vocazione agricola di questo territorio ad una artigiana-industriale. La mulattiera sale snodandosi in una fitta copertura boschiva, dove domina in prevalenza il castagno e incontra più volte, lungo il suo percorso, il torrente Aspide nelle sue evoluzioni tra gorghi, vasche e piccole cascate. A 550 mt di quota, il bosco si dirada e si apre per lasciare spazio a una grande stratificazione di roccia sedimentaria, costituita da arenaria/molera che sovrasta incombente. Una piccola cascata d’acqua, scende lungo la parete rocciosa. Questa località è chiamata Ceppon. Recentemente è stata oggetto di un intervento di sistemazione idraulica forestale da parte del Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone. Il percorso si immerge nuovamente in pieno bosco fino ad arrivare da lì a poco al piccolo cimitero di Consonno, l’unica struttura dell’antico borgo, insieme alla Canonica e la Chiesa di San Maurizio, che si sono salvate dalla distruzione. Sulla sinistra del cimitero si trova il Monte Mario, la collina che il Conte Bagno aveva fatto spianare per consentire la vista del Resegone e che ora versa nel totale abbandono. Dopo aver superato il cimitero prendere la strada asfaltata che procede pianeggiante sulla destra. Dopo qualche centinaio di metri si arriva di fronte al minareto e all’enorme palazzo in stile arabeggiante che ospitava la galleria commerciale. Il borgo di Consonno ha un’origine antica. Il toponimo “Consonnum” è citato in una pergamena già nell’anno 1085. Consonno era un tempo un tipico paese dell’Alta Brianza, il cui abitato era costituito da cascine, stalle e fienili. I suoi terrazzamenti erano coltivati per la produzione di ortaggi, soprattutto porri e taccole, che venivano poi venduti nei mercati di Milano; mentre i marroni venivano coltivati nelle selve castanili lì intorno, come attesta la presenza di un importante essiccatoio, andato distrutto insieme al borgo. Negli anni ’60 un eccentrico imprenditore milanese, Conte Mario Bagno acquistò Consonno pensando che fosse il luogo ideale in cui costruire una "città dei balocchi". Il borgo fu così demolito per fare spazio a ristoranti, una balera, un albergo di lusso, diverse costruzioni con richiami alle più variegate culture e stili architettonici, un castello medievale e il celeberrimo minareto, un campo di golf, un tiro assegno, una pista per il pattinaggio, un luna park e un giardino zoologico. Nell’ottobre 1976 continue piogge provocarono una frana che interruppe la strada che saliva a Consonno. Fu l’inizio del declino della città fantasma. Anche gli ultimi abitanti di Consonno, che avevano visto una opportunità per vendere i propri prodotti agricoli ai turisti lo abbondarono. Oggi Consonno si presenta in uno stato di totale abbandono e degrado. Molti degli edifici rimasti sono pericolanti e ne è vietato l'accesso perché è proprietà privata e in secondo luogo per motivi di sicurezza. I suoi terrazzamenti e le sue selve castanili sono oggi avvolti dai rovi e assorbiti dal bosco che avanza.Dal minareto camminare seguendo la strada asfaltata che scende fino ad incrociare la strada che sale alla Canonica di San Maurizio. Svoltare quindi a destra per visitare la Chiesa di San Maurizio e la canonica, ora utilizzata come edificio rurale e le rovine di Consonno, come l’Hotel Plaza. Dalla Chiesa di Consonno, l’itinerario ritorna a sinistra sulla strada già percorsa e che accoglie i visitatori con imponenti insegne arrugginite che recitano "A Consonno è sempre festa" oppure "A Consonno tutto è meraviglioso", fino ad arrivare ad una grande costruzione in rovina che sovrasta la strada, un tempo hotel chiamato “Pavesino”. Il panorama che si gode sulla Valle dell’Adda è magnifico e richiama paesaggi leonardeschi. Superato l’edificio svoltare subito a destra lambendolo, percorrendo per circa un paio di chilometri unsentiero che, incrocia più volte il taglio per la pulizia delle linee elettriche e lungo il quale infestanti di varia natura banalizzano dal punto di vista della vegetazione l’ambiente boschivo. Scendendo, il percorso offre una bellissima vista sul versante bergamasco e il paese di Carenno. Prima di arrivare alle prime case del piccolo borgo di Serigola, si può osservare la presenza di boschi terrazzati con la prevalenza di formazione di ciliegi. Il piccolo nucleo rurale, chiamato in dialetto "Serigula" si trova nel comune di Olginate. Il suo toponimo è legato all’acqua e il suo significato deriverebbe da roggia, acqua corrente; come il torrente che scorre proprio al limitare delle prime abitazioni. Il paesaggio attorno all’abitato è caratterizzato da numerosi terrazzamenti in buona parte ancora coltivati a frutta e ortaggi, con la presenza di molti ronchi (i tipici orti della civiltà contadina). Superato l’abitato di Serigola, all’altezza della cappella mariana, prendere l’acciottolato che corre parallelo alla strada e proseguire fino ad arrivare alla frazione di Bornedo. I terrazzamenti sopra Bornedo sono a terra riportata senza l’utilizzo di muretti a secco e sorgono su un pendio che colpisce per la sua verticalità. Si nota la presenza di boschi terrazzati su tutto questo versante. Arrivati alle prime case di Molino, proseguire percorrendo la via Molino che attraversa anche l’abitato di Bornedo, fino a svoltare a sinistra nella via Michelangelo mantenendo la sinistra dove la strada diventa un bell’acciottolato e dove sono presenti terrazzamenti coltivati a uliveto. L’acciottolato diventa in seguito un’ampia carrareccia che corre tra campi terrazzati lasciati a prato e coltivati a frutta e verdura. All’incrocio con via Albegno, svoltare a destra e camminare fino ad arrivare alla Chiesa Conventuale Santa Maria La Vite. All’incrocio con Via Santa Maria, attraversare la strada e svoltare a sinistra fino ad imboccare il sottopasso che attraversa la strada provinciale. Svoltare poi ancora a sinistra in via del Pino e poi seguire le indicazioni per il centro di Olginate. Di fronte al cimitero svoltare a destra e proseguire fino all’imbocco con la strada principale che attraversa il centro paese. Per tornare sul percorso del lungolago prendere una delle vie laterali sulla destra.
Monte di Brianza da Calolziocorte

Il Monte Penice in bici

Un emozionante percorso in bici dalla pianura fino alla vetta
Il Monte Penice in bici

Itinerario: La riva orientale del Lago d'Iseo

L’itinerario, della durata di una giornata, parte da Iseo, capoluogo del lago, antico borgo di origine medievale retto dagli Oldofredi, dei quali conserva ancora il Castello. Percorrendo via Mirolte, in direzione di piazza Garibaldi, si può ammirare la piccola chiesa di Santa Maria del Mercato, mentre proseguendo a destra e seguendo via Pieve si arriva alla piazza del Sagrato dove sorge la pieve di Sant’Andrea. Di fronte ad essa si trova la chiesa di San Giovanni Battista e sul lato destro la chiesa di San Silvestro. Lasciata Iseo, lungo la strada costiera si giunge a Sulzano dove, nella parte alta dell’abitato domina la parrocchiale di San Giorgio. In posizione panoramica lungo l’Antica Via Valeriana meritevoli di visita la chiesa dei Santi Fermo e Giusto e la chiesa di Santa Maria del Giogo. Proseguendo verso nord si giunge a Sale Marasino con le sue belle ville a lago tra le quali spicca villa Martinengo-Gana e l’imponente parrocchiale di San Zenone. Valgono una breve deviazione le chiese di Santa Maria della Neve a Gandizzano e San Giacomo a Maspiano. Alcuni chilometri ancora e una rotatoria con frantoio ci dà il benvenuto alla città dell’olio, Marone. In posizione collinare, si erge l’antica parrocchiale di San Pietro in Vinculis, mentre nel nucleo storico l’attuale parrocchiale di San Martino di Tours. Risalendo un tratto dell’Antica Via Valeriana, si giunge a Cislano, frazione di Zone, dal quale si gode la miglior prospettiva delle Piramidi d’erosione. Sempre aperta la chiesetta di San Giorgio. Dopo circa un chilometro si arriva in paese, che conserva l’aspetto di un borgo di montagna, costruito intorno alla parrocchiale di San Giovanni Battista. Ritornati a lago, si prosegue raggiungendo Pisogne, l’ultimo paese della sponda bresciana del Sebino. Disposto intorno alla piazza del Mercato, dove si innalza la Torre del Vescovo, e alla vicina piazza Corna Pellegrini dove si trova la parrocchiale di Santa Maria Assunta. Al limite nord del paese, chiudono il nostro viaggio due gioielli della storia e dell’arte lacustre: le chiese di Santa Maria in Silvis e di Santa Maria della Neve.
Riva orientale Lago Iseo

Eccellenze in rosso. Il Marzemino di San Michele

È una vendemmia biologica quella voluta da Elena e Mario conduttori dell’azienda agricola San Michele. Una scelta dettata dall’esigenza di tirare fuori il meglio dai loro vitigni arrampicati sul Monte Netto. Prima di tutto la qualità.È il loro imperativo, l’approccio che li distingue e che li ha visti impegnati nella valorizzazione del vitigno autoctono più rappresentativo: il Marzemino.La bella bacca blu-nerastra offre calici di pregio, in purezza e non. Li apprezziamo guidati da Elena e Mario, che ci presentano l’azienda, i processi di vinificazione e le loro altre creature: quelle che fanno un po’ di botte prima dell’imbottigliamento e quelle più beverine da tutti i giorni.Oltre ai rossi, anche un ottimo metodo classico e altre etichette di bianchi. Ed è proprio con l’etichetta che ci misuriamo perché, oltre a goderci una sana degustazione con spiegazione dei parametri olfattivi e gustativi, e suggerimenti di abbinamenti gastronomici, realizzeremo la nostra etichetta, fronte e retro.Quindi, scelta la bottiglia, la doteremo di etichetta da noi dipinta e di retro etichetta riportante peculiarità e parametri di imbottigliamento del vino degustato. A ognuno la sua personale bottiglia!

Romanino tra il Sebino, la Valle Camonica e la Franciacorta

Nel territorio di Brescia, dove Girolamo Romanino aveva casa, bottega e famiglia, sono conservate molte opere del pittore che consentono di avvicinarsi all’attività lunga e proficua di quello che è considerato uno degli esponenti di spicco della cultura figurativa veneziana di primo Cinquecento. La Pinacoteca Civica, ad esempio, custodisce alcuni dei suoi lavori importanti, mentre altre opere sono distribuite in diverse chiese cittadine, a volte ancora nelle collocazioni originarie. Ma il percorso romaniniano più ricco e interessante può essere compiuto seguendo un itinerario che si snoda fra il bacino del Sebino, la Franciacorta e la Valle Camonica. Si può partire dalla chiesa di San Pietro a Tavernola Bergamasca dove, intorno al 1512, Romanino esegue due dipinti murali raffiguranti una Madonna col Bambino, san Giorgio, san Maurizio e i santi Pietro e Paolo che presentano gli offerenti e una Crocifissione con astanti. Sono gli anni in cui la città di Brescia subisce l’invasione dei francesi che forzerà la fuoriuscita di molti alla ricerca di stabilità politica ed economica. Fra questi Romanino, verosimilmente esule sulla sponda del lago dove aveva trovato rifugio anche il governo provvisorio della città e da cui si muoverà alla volta di Padova. Con ogni probabilità quello di Tavernola Bergamasca non è più da ritenersi l’unico episodio di pittura romaniniana esistente sul Sebino. Recenti studi hanno infatti attribuito al pittore un ciclo antecedente ubicato a Monte Isola nell’oratorio di San Rocco attiguo alla chiesa parrocchiale di Peschiera Maraglio. Le due testimonianze pittoriche documentano l’esperienza giovanile su muro del pittore contraddistinta, in particolare, dall’uso vistoso del tratteggio grafico di finitura eseguito a punta di pennello: una traccia delle abitudini di Romanino, e di molti altri pittori dell’epoca, ad utilizzare le stampe come strumento per formarsi e aggiornarsi e come inventario dal quale trarre non solo modelli figurativi ma anche espedienti tecnici da trasferire in pittura. Nei primi anni Venti del Cinquecento Romanino, impegnato in Brescia, riceve anche incarichi prestigiosi dal circondario. A Capriolo, ad esempio, in Franciacorta, sull’altare della Scuola del Santissimo Sacramento nella parrocchiale di San Giorgio si può ancora oggi osservare una grande tavola centinata raffigurante una Resurrezione. Realizzata intorno al 1525, caratterizzata dall’intensità cromatica e dall’audacia compositiva, l’opera precede di pochi anni una delle commissioni importanti che apriranno al pittore la pista verso il nord della provincia, la decorazione del refettorio della foresteria dell’abbazia olivetana di Rodengo Saiano. L’ambiente era stato completamente rivestito da una zoccolatura e da un’architettura illusionistica ancora parzialmente visibili che facevano da fondale a un programma iconografico attinente al tema dell’ospitalità, connessa alla funzione della stanza. Oggi non è più possibile valutare la portata dell’insieme originario. Nel 1864 il ciclo è stato in parte strappato: due scene con la Cena in Emmaus e la Cena in casa di Simon Fariseo si trovano esposte presso la Pinacoteca di Brescia. In loco sono rimasti una Madonna col Bambino e san Giovannino e due riquadri raffiguranti rispettivamente Cristo e la Samaritana e una Dispensa con stoviglie, oltre a due angeli reggenti lo stemma olivetano sopra una porta d’ingresso. Il cromatismo acceso giocato sui colori contrastanti, la torsione e il gigantismo delle figure e una pittura già ampiamente basata sull’uso di pennellate larghe e mosse, documentano il percorso di evoluzione dei modi esecutivi del pittore alla fine del terzo decennio: i dipinti hanno infatti trovato una datazione concorde intorno al 1528. Si situano invece alla metà degli anni Venti alcuni dipinti murali, originariamente collocati nella cappella di San Rocco adiacente alla chiesa parrocchiale di Villongo San Filastrio. Questi resti di un piccolo ciclo con una Madonna e alcuni santi possono, secondo molti studiosi, essere ascritti alla mano di Romanino. L’attribuzione però non è concorde. Il parere di altri propende per riconoscere nei dipinti e nelle sinopie rimaste sul muro a seguito dello strappo, un intervento del pittore lodigiano Callisto Piazza, in un momento della sua produzione in cui le tangenze di stile e di tecnica con Romanino sono molto evidenti. Romanino risalirà la sponda del Sebino per giungere in Valle Camonica qualche anno dopo. I suoi interventi a Pisogne, Breno e Bienno, considerati in successione secondo l’ordine cronologico, si inseriscono in un contesto che beneficia di una situazione di particolare stabilità politica, sancita dai patti della Pace di Bologna del dicembre del 1529, e di grande risveglio economico. La Repubblica di Venezia aveva di fatto consolidato il proprio dominio sul territorio e avviato politiche di sostegno per i singoli comuni. In questo clima si assiste alla ripresa delle commissioni artistiche e all’arrivo del pittore reduce dai lavori nel Magno Palazzo di Trento e in una dimora a San Felice del Benaco. Ciò che qualifica anzitutto i cantieri di pittura murale di Santa Maria della Neve a Pisogne, di Sant’Antonio a Breno e di Santa Maria Annunciata a Bienno è il loro carattere civico e comunitario: i tre lavori sono promossi dalle autorità civili delle tre località a nome delle rispettive comunità che esercitano patronato pubblico sugli edifici e caratterizzati come uno sforzo significativo di aggiornamento dell’apparato decorativo già esistente. La datazione degli interventi non è direttamente documentata, ma è legata per Pisogne a un credito contratto da Romanino nel 1534 con i committenti, per Breno alla traslazione nel 1535 del Santissimo dalla Parrocchiale a Sant’Antonio, per Bienno alla risoluzione nel 1540 di una disputa sulla proprietà della chiesa. A Pisogne i dipinti, estesi sull’intero corpo della chiesa, propongono un programma incentrato sulla Storie della passione e della resurrezione di Cristo. A Breno, nel coro, si dispiega un ciclo con episodi salienti del Libro biblico del profeta Daniele dedicato alle vicende esemplari dei re Nabucodonosor, Balthasar e Dario il Medo che sperimentano la facoltà divina di dare o togliere il regno in funzione dell’esercizio più o meno corretto del potere: un significato che risulta direttamente collegato alle funzioni politiche della chiesa, luogo di investitura del Capitano di Valle nominato dal Senato della Repubblica di Venezia. A Bienno, i soggetti sono ricavati dalla narrazione della vita della Vergine compresa nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine e sistemati nel presbiterio con un’insolita disposizione a chiasmo che trasgredisce l’ordine scritto. I tre cicli sono caratterizzati dall’impiego libero dei mezzi pittorici: le forme anatomiche distorte, i tocchi di colore saturo, l’ampio uso della pittura lasciata abbozzata, l’intonaco a vista, documentano l’avvio di una nuova stagione espressiva del pittore. Si tratta di una scelta che testimonia la volontà di esibire il virtuosismo di una pittura immediata e sprezzante, che costituisce uno degli orientamenti più aggiornati e innovativi della cultura degli anni trenta del Cinquecento evidentemente apprezzato dai committenti camuni. Oltre ai dipinti murali, in Valle Camonica è custodita presso il Museo Camuno di Breno una tela con Cristo Crocifisso collocabile al 1550. L’opera è dipinta da entrambi i lati. Sul retro è osservabile un abbozzo con la Madonna col Bambino e santa Caterina lasciato incompiuto da Romanino, come mostrano diversi pentimenti. Nella stessa sala sono esposti anche due frammenti ricomposti di una tela a tempera con Teste di prelati che in origine avevano verosimilmente la funzione di anta d’organo. L’attribuzione del pezzo è ancora oggi dibattuta fra Romanino e Callisto Piazza. Sempre a Breno, in San Valentino, si trova una tavola con una Madonna col Bambino e Giovannino tra i santi Valentino e Maurizio da alcuni ritenuta un’opera giovanile del pittore.   Sara Marazzani
Romanino

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