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Santuario di Santa Maria del Fonte

A Caravaggio il santuario dedicato a Santa Maria del Fonte, uno dei più importanti luoghi di culto mariani d’Italia
Santuario di Santa Maria del Fonte, Chiese Bergamo

Da Piazzo al Rifugio Gremei

Il saliscendi delle Torcole

12 capolavori in Lombardia

Tra dipinti, Monasteri, Basiliche: un tesoro da scoprire in Lombardia
Caccia ai 12 capolavori in Lombardia. Imperdibili

Galleria dell’Accademia di belle arti Tadini

Si deve al conte Luigi Tadini (1745-1829) la decisione di creare una fondazione che comprendesse le scuole di musica e di disegno – ancora attive – e di costruire un palazzo in riva al lago per esporre al pubblico le proprie raccolte d’arte, formate tra la fine del Sette e l’inizio dell’Ottocento. La visita alla Galleria dell’Accademia Tadini consente di fare esperienza di una collezione ottocentesca, in un costante intreccio tra arte e vita. L’edificio fu costruito accanto all’antica residenza aristocratica affacciata sull’attuale piazza Garibaldi, lungo la nuova strada che collegava Bergamo e Lovere. I lavori furono avviati nel 1821 con la costruzione della cappella, quindi proseguirono con il palazzo e furono completati entro il 1827; l’anno successivo la Galleria apriva al pubblico. Allo scenografo teatrale Luigi Dell’Era si deve la decorazione dei soffitti e delle pareti, che aveva lo scopo di creare una cornice degna alla collezione. La visita comincia dalla Cappella al centro del giardino, costruita per ospitare la Stele Tadini, una tra le ultime opere di Antonio Canova, scolpita tra il 1819 e il 1821 per onorare la memoria di Faustino, figlio del conte, prematuramente scomparso nel 1799. Lo scultore e il giovane Tadini si erano incontrati a Roma nel 1795; il giovane aveva celebrato le opere dello scultore in un volume, pubblicato nel 1796, e Canova in segno di gratitudine gli aveva donato il bozzetto in terracotta per la Religione destinata al monumento a Clemente XIII, tuttora conservato in Galleria. Anni dopo, il ricordo della scomparsa di Faustino fu rievocato con una solenne scultura in marmo che trasforma il tragico episodio in una delicata elegia. La collezione d’arte è esposta al piano nobile dell’edificio. Dopo la scenografica Galleria delle Armi, il Gabinetto delle Antichità ospita la raccolta archeologica acquistata dal conte a Napoli nell’ultimo decennio del XVIII secolo. Le sale XXI e XXII sono dedicate alla preziosa raccolta di porcellane orientali (Cina e Giappone) e occidentali (Meissen, Napoli, Venezia, Parigi, Sèvres). Concludono il percorso la Biblioteca, con oltre 4600 volumi, che restituisce la varietà degli interessi di un nobile del Settecento, e uno scenografico balcone che consente di ammirare il paesaggio del lago. Al centro del museo, la grande Sala destinata ai concerti e alle rappresentazioni teatrali, ospita, dal 1927, una prestigiosa stagione musicale con interpreti da tutta Europa. Seguono le sale dedicate all’esposizione dei dipinti. Negli anni delle soppressioni delle istituzioni ecclesiastiche, Luigi Tadini acquistò dipinti provenienti da Crema, nel tentativo di fare del “Museo Tadiniano” una sorta di documento della storia della città. Approdarono così nella raccolta le pale d’altare di Paris Bordon (pala Manfron), Vincenzo Civerchio, Aurelio Gatti. Intorno al 1810 il conte spostò i propri interessi verso la pittura veneta: arrivano così capolavori come la trecentesca Madonna con il bambino di Jacobello di Bonomo, la Madonna con il Bambino di Iacopo Bellini, la Madonna con il Bambino e santi di Palma il Giovane, il Cristo morto di Piero della Vecchia. A questi si aggiungono opere di scuola veronese tra ‘400 e ‘500 - la Madonna con il Bambino di Francesco Benaglio, i Santi Francesco e Guglielmo di Domenico Brusasorci, la Fuga in Egitto di Felice Brusasorci, e significative testimonianze della cultura seicentesca lombarda come le due tele di Carlo Francesco Nuvolone. Il secondo piano ospita il Museo dell’Ottocento, nato dalla donazione della raccolta di cimeli garibaldini di Giovanni Battista Zitti, in seguito arricchita da altre famiglie loveresi. La partecipazione locale alle vicende del Risorgimento italiano (tre dei Mille avevano origine loverese) e lo stretto rapporto tra vicende sociali e culturali rende le opere esposte un significativo documento per la storia del territorio. Di particolare importanza, oltre alla selezione dei ritratti ottocenteschi, le tre tele donate da Francesco Hayez ai nipoti Enrico e Carlotta Martinolli Banzolini, tra cui lo straordinario Ecce Homo, tra le ultime opere dell’artista. Conclude il percorso una raccolta di arte moderna e contemporanea, che comprende una documentazione della cultura artistica italiana ed europea del secondo dopoguerra, fino ad anni recentissimi.
Accademia Tadini

I Quarzi di Selvino

A proposito dei cristalli di Selvino così scriveva lo storico bergamasco Celestino Colleoni nella sua opera del 1617 "Istoria quadruplicata di Bergamo" Tom I,pag 163: " - trovasi in questo monte (Selvino) copia grandissima di bellissimi cristalli della Natura lavorati, con punte di diamanti; dè quali cantò anche il nostro Muzio: "Salvini rarus vasti inter culmina mundi  Crystalla emittit lucida montis opex.          Non illis, adamas certet se lumine, forma Cuspidibus mira, fertilitate parem"               (La dispesa sommità dell'ampio monte di Selvino, circondato da cime che svettano nel cielo, emette luminosi cristalli. Per nulla il diamante potrebbe sforzarsi di essere simile a quelli per la luminosità, per la bellezza mirabile delle punte e per la loro abbondanza) Traduzione di Don Valerio Ghilardi STUDI GEOLOGICI I quarzi di Selvino si trovano dispersi all’interno dello straterello di materiale sedimentario (frammenti di rocce, materiale organico, argille) di età quaternaria che ricopre le rocce mesozoiche (Dolomie Principale, 220-210 milioni di anni; Scisti e Calcari marnosi, 210-205 milioni di anni) sulle quali sorge il comune di Selvino (BG). I cristalli di quarzo (formula chimica SiO2) si presentano in esemplari idiomorfi da pochi millimetri a qualche centimetro, generalmente sono ben conservati anche se numerosi sono i cristalli incompleti. Saltuariamente si trovano dei frammenti di qualche centimetro i quali lasciano intuire che il cristallo originario poteva raggiungere anche il decimetro di lunghezza. L’abito è bipiramidato con il prisma centrale che può essere da poco a molto sviluppato, per questo si possono trovare cristalli tozzi (simili a delle gocce di vetro) oppure dei cristalli molto slanciati (simili a bastoncini). La diversa morfologia dei cristalli è una conseguenza delle condizioni chimico-fisiche (temperatura, potenziali chimici, spazio a disposizione) che si sono realizzate durante la crescita del cristallo. In generale, quanto più un cristallo è ben formato e di grandi dimensioni tanto più le condizioni di cristallizzazione si sono mantenute stabili e omogenee per lunghi periodi di tempo (tempo geologico, da centinaia a migliaia di anni). Infrequentemente si ritrovano cristalli compenetrati gli uni negli altri a formare delle tipiche configurazioni a “Y”. Si tratta di cristalli geminati, le cui modalità di crescita risentono di piccole variazioni molto localizzate delle condizioni chimico-fisiche di cristallizzazione. L’assenza di depositi vulcanici nel territorio selvinese scarta l’ipotesi di un’origine vulcanica dei preziosi cristalli, ancorchè nell’immaginario collettivo permanga la leggenda dell’esistenza di apparati vulcanici in zona. Questa leggenda nasce dall’errata interpretazione di quelle forme a imbuto ritrovabili ancora sul territorio di Selvino. Si tratta delle doline, dei veri e proprie “buche” coniche che si generano per progressiva dissoluzione dei substrati rocciosi (carsismo) a componente carbonatica. Questi forme infatti furono anticamente interpretate come vulcani spenti ma il rilevamento geologico della zona ha messo in evidenza la presenza di rocce suscettibili ad attività carsica. L’osservazione di dettaglio delle rocce fornisce gli indizi sul processo che ha generato le cosiddette “stelle di Selvino”. I volumi di roccia dolomitica e calcareo-marnosa sono talora interessate da una microfratturazione in corrispondenza delle quali compaiono delle vene biancastre (silicizzazione). Questi riempimenti altre volte hanno geometrie meno regolari interessando volumi centimetrici-decimetrici di forma approssimativamente circolare od ovale nei quali si possono distinguere dei cristalli con una grana risolvibile ad occhio nudo. Nei casi più fortunati questi volumi ospitano cristalli di quarzo bipiramidato integri, in associazione con cristalli romboedrici di dolomite e/o calcite. Queste fasi mineralogiche possono essere immerse in una matrice nerastra grafitica che può aver avuto un ruolo fondamentale nel processo di crescita dei cristalli. Non a caso molte “stelle di Selvino” sono nere a causa dell’intrappolamento di questo materiale carbonioso dentro il reticolo cristallino durante la crescita. Dando un’occhiata a più grande scala del substrato roccioso di Selvino, si nota che esso è interessato da sistemi di faglia non più attivi lungo i quali si è avuta dislocazione delle masse rocciose. L’attività tettonica, da ascriversi all’orgenesi alpina, si accompagna a fenomeni di microfratturazione, di mobilizzazione di fluidi caldi (T>200°C) mineralizzanti che possono circolare all’interno delle fascie di roccia brecciata e rilasciare nel tempo le sostanze chimiche disciolte, generando cristallizzazioni. Nel caso dei quarzi di Selvino, fluidi mineralizzanti a chimismo acido per l’elevato contenuto di silice disciolta (SiO2) permearono i volumi rocciosi mesozoici durante le fasi di tettonizzazione alpina, potendo inoltre espletare un’azione corrosiva nei confronti delle rocce calcareo-dolomitiche. Oltre al riempimento di fratture si generarono delle cavità (geodi) dove il ristagnamento di fluidi consentì un lento raffreddamento e una graduale crescita dei cristalli. La genesi delle “stelle di Selvino” è quindi di ambiente idrotermale. Ovviamente i cristalli di quarzo che troviamo dispersi nel terriccio hanno un’età inferiore a quelle delle rocce nelle quali si sono generati. Il loro accumulo nel terreno non è altro che una conseguenza della lenta alterazione, dissoluzione della matrice rocciosa nella quale sono contenuti.

Da Soncino a Torrepallavicina

Il percorso segue un tratto del fiume Oglio dove il peculiare bosco ripale fa da cornice all'itinerario proposto. Oltre, lo sguardo si perde in un paesaggio agricolo fortemente modificato dall'uomo e caratterizzato da campi coltivati, opere idrauliche e pioppicoltura intensiva. I piccoli ma incantevoli borghi, le chiese e le antiche dimore che si incontrano lungo il percorso testimoniano la cultura, l'arte e la storia dei secoli passati in pianura padana. Il percorso circolare inizia e termina a Soncino. Superando Santa Maria delle Grazie a Soncino, si prosegue su capezzagna per arrivare alla frazione di Villacampagna. Da qui si prosegue su strada a basso traffico sino a Cumignano sul Naviglio. Qui prendiamo la strada sterrata sul Naviglio, che ci accompagna alla località detta delle Tombe Morte. Proseguiamo a sinistra, sempre restando sul fianco di un altro canale per raggiungere Genivolta che superiamo, sino ad arrivare al fiume Oglio. Seguiamo a destra sino al ponte di Acqualunga che ci consente di passare sull'altra sponda. Proseguendo a sinistra seguiamo le indicazioni della pista ciclabile in direzione di Orzinuovi sino a Bompensiero dove andiamo a sinistra sulla sponda del fiume. Arrivati al Castello di Barco, riprendiamo la ciclabile provinciale per arrivare a Rudiano, poi attraversiamo il fiume passando per Pumenengo, Qui, senza entrare in paese, andiamo subito a sinistra sino all'Ostello Mulino di Basso e raggiungiamo la meta, Soncino. ITINERARIODistanza: 63.2 kmDifficoltà: facileFondo stradale: quasi interamente su sterratoDislivello: +275m, -277m (Pendenza max: 5.6%, -6.8%, Pendio medio: 0.5%,-0.5%)Profilo altimetrico:Adatto a: tuttiTipologia di bicicletta consigliata: MTB e ibridaDurata media: 6 h ca. PUNTI DI INTERESSE Rocca di SoncinoAddossata alla cerchia muraria, si staglia all'orizzonte con la sua imponente stuttura caratterizzata da massicce torri merlate e mattoni a vista. All'interno della rocca è possibile visitare il Museo Storico e il Civico Museo Archeologico “Aquaria”.Info utili :Telefono: 39 037484499Geolocalizzazione su mappa: 45.39785, 9.87122      Santa Maria delle Grazie a SoncinoLa spoglia e sobria facciata cela un interno a navata unica riccamente affrescato nel '500 da G. Francesco Scanzi, G. Campi, Francesco e Bernardino Carminati. Affreschi più antichi sono da datare al secolo precedente.Info utili: http://www.soncino.org/index.phpoption=com_content&task=view&id=32&Itemid=1Geolocalizzazione su mappa: 45.39429, 9.86768 Tombe morte a GenivoltaLe Tombe Morte è il più importante nodo idraulico situato nel territorio della provincia di Cremona. Costituiscono, inoltre, il primo nucleo dell'ecomuseo della provincia di Cremona.Info utili (sito, numero di telefono ecc...): Comune di Genivolta, Via Castello, 14 Genivolta (CR).Tel.:0374/68522Sito internet: www.comune.genivolta.gov.itGeolocalizzazione su mappa: 45.33311, 9.85862  Palazzo Fé d'Ostiani ad AcqualungaE' stato costruito dalla famiglia Fè, proveniente da Azzanello nel Cremonese. La famiglia si stanziò qui nel XIV secolo e costruì questo palazzo. Nel Novecento passò a diverse famiglie e in ultimo ai Paderno, gli attuali proprietari.Info utili (sito, numero di telefono ecc...): visitabile dall'esternoGeolocalizzazione su mappa: 45.32616, 9.9549   Museo ornitologico di AcqualungaE' in importante centro di studi ornitologici e di osservazione per monitorare i volatili durante il peiodo della migrazione. E' possibile osservare degli esemplari tassidermizzati di differenti specie.Info utili (sito, numero di telefono ecc...): http://www.fiumeoglio.it/pdi/museo-ornitologico-fiamenghi-nella-frazione-di-acqualunga/Tel. 030948140; info@comune.borgosangiacomo.bs.it antoniobertolini@teletu.it.Visita su prenotazione.  Geolocalizzazione su mappa: 45.32673, 9.95189   Castello di VillaganaLa residenza, edificata nel XVI secolo dai Martinengo di Villagana e restaurata nel '900, ospita oggi una galleria d'arte dedicata al pittore Vlastimil Košvanec.Info utili (sito, numero di telefono ecc...): http://museomartinengovillagana.it/info/come-raggiungerciGeolocalizzazione su mappa: 45.33972, 9.92602  Castello di BarcoL'Edificio fu edificato nel 1463 per volere di Gianfrancesco Martinengo su una precedente struttura difensiva. All'interno si possono ancora ammirare alcuni affreschi di Sebastiano Aragonese.Info utili (sito, numero di telefono ecc...): http://www.fiumeoglio.it/pdi/castello-martinengo-localita-barco/Geolocalizzazione su mappa: 45.37965, 9.89907   Castello di PumenengoL'edificio, realizzato nel XV sec. per la difesa del territorio circostante, nei secoli successivi venne trasformato in residenza nobiliare e la sua massiccia architettura fu modificata arricchendosi di particolari insoliti.Info utili (sito, numero di telefono ecc...): http://www.visitbergamo.net/it/dettagli-oggetto/3058-castello-di-pumenengo/Geolocalizzazione su mappa: 45.48039, 9.8711   Molino di Basso a Torre PallavicinaPosto al confine tra le provincie di Bergamo, Brescia e Cremona, l'antico mulino ad acqua è stato completamente restaurato insieme all'edificio adiacente, oggi sede di un ostello.Geolocalizzazione su mappa: 45.44993, 9.88238  
Palazzo Fe

I Quarzi di Selvino

A proposito dei cristalli di Selvino così scriveva lo storico bergamasco Celestino Colleoni nella sua opera del 1617 "Istoria quadruplicata di Bergamo" Tom I,pag 163: " - trovasi in questo monte (Selvino) copia grandissima di bellissimi cristalli della Natura lavorati, con punte di diamanti; dè quali cantò anche il nostro Muzio: "Salvini rarus vasti inter culmina mundiCrystalla emittit lucida montis opex. Non illis, adamas certet se lumine, formaCuspidibus mira, fertilitate parem" (La dispesa sommità dell'ampio monte di Selvino, circondato da cime che svettano nel cielo, emette luminosi cristalli. Per nulla il diamante potrebbe sforzarsi di essere simile a quelli per la luminosità, per la bellezza mirabile delle punte e per la loro abbondanza) Traduzione di Don Valerio Ghilardi STUDI GEOLOGICI I quarzi di Selvino si trovano dispersi all’interno dello straterello di materiale sedimentario (frammenti di rocce, materiale organico, argille) di età quaternaria che ricopre le rocce mesozoiche (Dolomie Principale, 220-210 milioni di anni; Scisti e Calcari marnosi, 210-205 milioni di anni) sulle quali sorge il comune di Selvino (BG). I cristalli di quarzo (formula chimica SiO2) si presentano in esemplari idiomorfi da pochi millimetri a qualche centimetro, generalmente sono ben conservati anche se numerosi sono i cristalli incompleti. Saltuariamente si trovano dei frammenti di qualche centimetro i quali lasciano intuire che il cristallo originario poteva raggiungere anche il decimetro di lunghezza. L’abito è bipiramidato con il prisma centrale che può essere da poco a molto sviluppato, per questo si possono trovare cristalli tozzi (simili a delle gocce di vetro) oppure dei cristalli molto slanciati (simili a bastoncini). La diversa morfologia dei cristalli è una conseguenza delle condizioni chimico-fisiche (temperatura, potenziali chimici, spazio a disposizione) che si sono realizzate durante la crescita del cristallo. In generale, quanto più un cristallo è ben formato e di grandi dimensioni tanto più le condizioni di cristallizzazione si sono mantenute stabili e omogenee per lunghi periodi di tempo (tempo geologico, da centinaia a migliaia di anni). Infrequentemente si ritrovano cristalli compenetrati gli uni negli altri a formare delle tipiche configurazioni a “Y”. Si tratta di cristalli geminati, le cui modalità di crescita risentono di piccole variazioni molto localizzate delle condizioni chimico-fisiche di cristallizzazione. L’assenza di depositi vulcanici nel territorio selvinese scarta l’ipotesi di un’origine vulcanica dei preziosi cristalli, ancorchè nell’immaginario collettivo permanga la leggenda dell’esistenza di apparati vulcanici in zona. Questa leggenda nasce dall’errata interpretazione di quelle forme a imbuto ritrovabili ancora sul territorio di Selvino. Si tratta delle doline, dei veri e proprie “buche” coniche che si generano per progressiva dissoluzione dei substrati rocciosi (carsismo) a componente carbonatica. Questi forme infatti furono anticamente interpretate come vulcani spenti ma il rilevamento geologico della zona ha messo in evidenza la presenza di rocce suscettibili ad attività carsica. L’osservazione di dettaglio delle rocce fornisce gli indizi sul processo che ha generato le cosiddette “stelle diSelvino”. I volumi di roccia dolomitica e calcareo-marnosa sono talora interes sate da una microfratturazione in corrispondenza delle quali compaiono delle vene biancastre (silicizzazione). Questi riempimenti altre volte hanno geometrie meno regolari interessando volumi centimetrici-decimetrici di forma approssimativamente circolare od ovale nei quali si possono distinguere dei cristalli con una grana risolvibile ad occhio nudo. Nei casi più fortunati questi volumi ospitano cristalli di quarzo bipiramidato integri, in associazione con cristalli romboedrici di dolomite e/o calcite. Queste fasi mineralogiche possono essere immerse in una matrice nerastra grafitica che può aver avuto un ruolo fondamentale nel processo di crescita dei cristalli. Non a caso molte “stelle di Selvino” sono nere a causa dell’intrappolamento di questo materiale carbonioso dentro il reticolo cristallino durante la crescita. Dando un’occhiata a più grande scala del substrato roccioso di Selvino, si nota che esso è interessato da sistemi di faglia non più attivi lungo i quali si è avuta dislocazione delle masse rocciose. L’attività tettonica, da ascriversi all’orgenesi alpina, si accompagna a fenomeni di microfratturazione, di mobilizzazione di fluidi caldi (T>200°C) mineralizzanti che possono circolare all’interno delle fascie di roccia brecciata e rilasciare nel tempo le sostanze chimiche disciolte, generando cristallizzazioni. Nel caso dei quarzi di Selvino, fluidi mineralizzanti a chimismo acido per l’elevato contenuto di silice disciolta (SiO2) permearono i volumi rocciosi mesozoici durante le fasi di tettonizzazione alpina, potendo inoltre espletare un’azione corrosiva nei confronti delle rocce calcareo-dolomitiche. Oltre al riempimento di fratture si generarono delle cavità (geodi) dove il ristagnamento di fluidi consentì un lento raffreddamento e una graduale crescita dei cristalli. La genesi delle “stelle di Selvino” è quindi di ambiente idrotermale. Ovviamente i cristalli di quarzo che troviamo dispersi nel terriccio hanno un’età inferiore a quelle delle rocce nelle quali si sono generati. Il loro accumulo nel terreno non è altro che una conseguenza della lenta alterazione, dissoluzione della matrice rocciosa nella quale sono contenuti.
I Quarzi di Selvino

Sport sulla neve nelle valli bergamasche

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Sport sulla neve - Valli bergamasche

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Impara a preparare i piatti tipici della cucina italiana o bergamasca Fai la spesa con lo chef al mercato locale Cucina insieme allo chef Gusta piatti prelibati

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