Ho trovato 342 risultati per Ponte di San Michele

Torre dell'orologio

La Porta dell'Orologio, identifica l'accesso al nucleo storico di Salò dal versante ovest, nell'area denominata Fossa (Piazza Vittorio Emanuele II).   Il suo imponente profilo immette nella lunga e stretta piazza Angelo Zanelli, oltre cui procede la strada che taglia rettilinea l'intero centro storico, fino alla porta del Carmine. Le origini della porta sono antiche e risalgono al Duecento, quando il comune di Salò rinforzò la sua cinta muraria difensiva. La porta venne aperta in corrispondenza di una rocca che insisteva su un'area di poco esterna alle mura, dotata di una torre su cui fino al Settecento vi era apposto un orologio. L'accesso avveniva mediante un ponte levatoio sotto cui si estendeva una profonda fossa riempita con l'acqua lacustre. Da qui la denominazione attuale della zona. Sopra l'arco domina il dipinto del leone di San Marco, simbolo della Repubblica di Venezia. Fino al XVI secolo l'accesso era identificato come porta della Rocca o della Fossa, per distinguerla dalla porta aperta sul lato opposto. Nel corso del Settecento cambiò nome in porta Nuova e poi in porta dell'Orologio. Nel 1766 alla porta venne aggiunto il registro superiore e si decise di collocarvi un nuovo orologio pubblico, ampio e ben visibile ai cittadini, a differenza di quello della più antica torre fortilizia, in seguito demolita. L'orologio attuale è ancora quello settecentesco, realizzato da Bortolo Antonio Bertolla, orologiaio originario della Val di Non.

Il nucleo storico di Sarnico

Sarnico, posta sulla sponda settentrionale della zona in cui il lago si stringe fino a ridiventare fiume Oglio, domina il basso Sebino. Questa delicata area fu oggetto di continua attenzione da parte degli abitanti del lago che regolarono le acque per le attività di pesca, per l’irrigazione della pianura e per il trasporto delle merci attraverso l’Oglio prima e la roggia Fusia poi. All’organizzazione della pesca con le nasse si lega il documento più antico su Sarnico: nell’861 la sua piscaria era donata dall’imperatore Ludovico II al monastero di Santa Giulia di Brescia. Per la posizione strategica al confine con il territorio bresciano, durante il Medioevo a Sarnico si insediarono famiglie feudali di primo piano nel contesto lombardo. A queste, in particolare al conte di Bergamo Giselberto IV, si deve la donazione di Santa Maria di Nigrignano al monastero cluniacense di San Paolo d’Argon nel 1081, con un vasto patrimonio. San Paolo d’Argon avrebbe poi ampliato ulteriormente i suoi possedimenti e nel 1122 la corte di Sarnico comprendeva tre cappelle. I diritti di San Paolo d’Argon passarono poi ai Martinengo e ai conti di Calepio che esercitarono per secoli il controllo su Sarnico e la val Calepio. Il centro venne quindi coinvolto nel XII secolo nelle lunghe lotte che opposero Brescia e Bergamo per il controllo del territorio sebino. Nel Medioevo Sarnico assunse una configurazione con il centro chiuso entro mura con tre porte e dominato dal castello. Delle antiche difese rimangono alcune porzioni di torri e diverse tracce dell’antica recinzione muraria sull’esterno di alcune case. Il cuore antico della cittadina è un groviglio di vicoli e di sottopassaggi, di anguste piazzette, di palazzetti con logge e porticati, di portali con stemmi gentilizi. Tutta la parte antica, situata su una sorta di naturale terrapieno con vista a lago, ruota attorno alla chiesa di San Paolo (ora quattrocentesca ma di origini più antiche) presso la quale si può scorgere una feritoia appartenente all’antico castello. Alle vicende medievali va ricondotta anche la costruzione nel XII-XIII secolo della rocca Zucchelli, che dominava da nord l’abitato e che sorgeva in località Molere: del fortilizio, distrutto e ricostruito più volte, sono ancora visibili i resti in corrispondenza della grande croce sulla cima dell’altura. Dopo la pace di Lodi (1454), Sarnico passò definitivamente sotto il dominio veneziano e la nuova stagione di pace venne interrotta solo per l’attacco e la distruzione del castello (1521) ad opera dei Lanzichenecchi durante la guerra contro Carlo V. Grazie alla nuova stabilità e al favore dei Veneziani, Sarnico consolidò la sua vocazione di centro mercantile. Particolare rilievo assunsero le cave di arenaria, la tipica pietra grigia detta, per l’appunto, di Sarnico che conobbe un ampio impiego nell’architettura civile e religiosa non solo sebina. Fino alla chiusura questi cantieri ospitavano alcune centinaia di cavatori. La cittadina si sviluppò intorno alla piazza sul porto, mentre il cuore religioso – la chiesa di San Martino – era al margine settentrionale dell’abitato: oggi si presenta nella ricostruzione settecentesca che mantenne però parte delle strutture antiche, visibili nelle murature laterali esterne e nella prima cappella sinistra. Nel 1796 Sarnico divenne parte della napoleonica Repubblica Cisalpina: fu sede di pretura (palazzo di angolo tra via Albricci e via Piccinelli) ed ebbe una gendarmeria (nell’ex palazzo Gervasoni, ora Biblioteca e Pinacoteca “G. Bellini”). Nel 1817 fu, quindi, costruito un ponte di legno che collegava stabilmente Sarnico con la provincia bresciana (il ponte in ferro fu posizionato nel 1889). Nella prima metà dell’800 iniziò anche la navigazione lacuale con i battelli, furono migliorati i collegamenti stradali e sistemato il porto e il fronte lago, ma Sarnico veniva ancora descritta come un villaggio con un piccolo territorio assai fertile di ulivi, vigne e gelsi. Nel Novecento la cittadina subisce una nuova trasformazione, legata all’ulteriore sviluppo economico e alla presenza di una famiglia di primo piano dell’imprenditoria lombarda: grazie ai capolavori di Giuseppe Sommaruga per la famiglia Faccanoni, e per l’emulazione che suscitano nella borghesia locale, Sarnico si riveste delle sinuose forme Liberty. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, una serie di nuove realtà industriali ha condotto a un accelerato e massiccio sviluppo urbanistico, accompagnato da interventi per la fruizione turistica della città e del suo fronte lago, come il lungolago. L’impianto urbanistico di Sarnico non è di facile lettura. Tuttavia la visione del paese per chi proviene dalla parte bresciana del Sebino permette di intuire un primo nucleo di piazze e di edifici di epoca ottocentesca e novecentesca ritmati da portici e facciate con lunghe balconate. In corrispondenza dell’attraversamento tra le due coste si aprono le piccole vie del centro storico che salgono verso la parte più antica del borgo. Alla destra del ponte si snoda invece la parte più moderna dell’abitato, che comprende anche i cantieri nautici e i lidi. Qui si segnala inoltre la presenza dell’antico insediamento cluniacense di Santa Maria di Negrignano, trasformato in struttura industriale e recentemente recuperato come spazio per iniziative culturali. Dal piccolo centro urbano è possibile, inoltre, avventurarsi alla scoperta delle piccole frazioni di Fosio e Castione, originariamente appartenenti al comune di Villongo Sant’Alessandro, ma congiunte a Sarnico nel 1929 e oramai collegate al centro senza soluzione di continuità. In località Fosio Fosio, vi era un forno fusorio e il primo mercato cittadino e vi sorge la Cappella dei morti della peste del 1630; il piccolo centro di Castione, da cui si può salire alla rocchetta Zucchelli, conserva la chiesa dedicata ai santi Nazaro e Rocco (con affreschi del XII e del XV e XVI secolo).   Monica Ibsen
il nucleo storico di Sarnico

Bernardino Campi a Pizzighettone

Affreschi della chiesa di San Bassiano a Pizzighettone

Le Chiese

Diverse sono le Chiese di Brescia:   SAN FAUSTINO IN RIPOSO – VIA MUSEIPassa quasi inosservata, ma in realtà è un piccolissimo gioiello nel cuore di Brescia: l’interno circolare è stato rifatto nei secoli XVIII-XIX, mentre la facciata esterna della chiesa presenta un tetto conico in cotto visibile dalla piazzetta retrostante.Il nome della chiesa deriva da un’antica leggenda e fa riferimento ad una sosta fatta proprio dove sorge la chiesa dalla processione che, all’inizio del sec. IX, trasportava i corpi dei santi Faustino e Giovita a San Faustino Maggiore. I due corpi compirono il miracolo di trasudare sangue e, in segno di devozione, la cittadinanza eresse questa cappella. SAN FRANCESCO D’ASSISI – VIA SAN FRANCESCOIl complesso dedicato a San Francesco risale al Duecento e fu ampliato tra il 1300 e il 1400, periodo in cui furono aggiunte le cappelle laterali, il presbiterio e il chiostro.Dell’edificio originario restano la facciata romanico-gotica a capanna in medolo, un particolare tipo di roccia, e la parete occidentale.Il campanile risale alla fine del 1200 e presenta bifore romaniche e, nel registro superiore, gotiche. All’interno, sul lato destro, si notano i resti dell’originaria decorazione a fresco medievale risalente ai primi anni del 1300: in particolare, le scene di un Giudizio Universale, una Pietà le cui linee si ispirano a Giotto e una Scuola di Teologia che ricorda l’attività d’insegnamento esercitata dai frati.Pregevoli i dipinti del Moretto e del Romanino, i due grandi interpreti del Rinascimento Bresciano, e quelli di Pietro Rosa, Francesco di Prato da Caravaggio, Pietro Avogadro, Pier Maria Bagnadore, Angelo Paglia, Francesco Maffei, Ottavio Amigoni, Pietro Ricchi detto il Lucchese e Giuseppe Tortelli. L’altare maggiore, del 1480 circa, è in marmo e la sua costruzione è attribuita al Tamagnino da Porlezza. L’abside poligonale a ombrello contiene affreschi d’inizio ‘500, probabilmente del bresciano Andrea Bembo.Il coro di 22 stalli lignei, con tarsie geometriche impreziosite con madreperle, è opera probabilmente di Filippo Morari da Soresina (1493).La cappella dell’Immacolata, al centro della navata sinistra, mostra una ridondante balaustra marmorea policroma ed è la più grande. Fu affrescata da Giambattista Sassi e Antonio Cucchi dopo il rifacimento architettonico Settecentesco; gli stalli intarsiati dai Virchi risalgono al 1548-1553. Nell’altra cappella si trova la tavola del Crocifisso, prezioso dipinto lombardo del 1350 inserito in una cornice Seicentesca. Dal chiostro gotico-lombardo in cotto e in pietra, opera del 1393 di Guglielmo Frizzoni da Campione, si accede alla sala capitolare, sormontata da un soffitto composto da otto spicchi in forma di stella, dove affiorano resti di affreschi del ‘300-’500.Dalla sacrestia si passa al quattrocentesco Chiostro della Madonna. SAN GIOVANNI EVANGELISTA – CONTRADA SAN GIOVANNIDi antichissime origini, la chiesa fu rifatta nel 1440 e fortemente rimaneggiata nel ‘600. Della struttura originaria permangonola facciata, con due archi ogivali, resti di tombe nobili e l’abside. All’interno si vedono solo tre delle cinque navate originarie adornate con dipinti di Antonio Gandino, Grazio Cossali, Francesco Paglia, Angelo Everardi detto il Fiammingo, Enrico Albrici, Giuseppe Nuvoloni e Francesco Raibolini.Nella sacrestia si trova un ritratto di prelato attribuito a Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto. Il Moretto è presente con varie opere, ma soprattutto con le 11 tele della cappella del Santissimo Sacramento, contrapposte ad altrettante del Romanino.Dal fondo della navata sinistra si accede alla cappella di Santa Maria, che ospita affreschi di fine ‘400 attribuiti a Paolo da Caylina il Giovane e a Floriano Ferramola. Nel battistero si trova uno Sposalizio della Vergine del Romanino.Molto bello è anche il chiostro risalente al 1487, con un loggiato di colonne sormontate da eleganti capitelli e cornici in cotto. SANTA MARIA DELLE GRAZIE – VIA GRAZIEIl portale in pietra scolpita e i battenti in legno, probabilmente realizzati da Filippo Morari da Soresina intorno al 1490, colpiscono immediatamente il visitatore.La sobria facciata Rinascimentale si contrappone alla ricchezza del Barocco dell’interno: la decorazione a stucchi e affreschi su 350 riquadri è di grande effetto.Sulla volta della navata centrale ci sono affreschi di Francesco Giugno, ma la chiesa contiene anche dipinti di Pietro Rosa, Palma il Giovane, Moretto, Bagnadore, Grazio Cossali, Fiammenghino, frà Tiburzio Baldini, Antonio Paglia, e Paolo da Caylina.Il chiostro si regge su colonne di stile ionico e su alti piedistalli, e al centro si trova una piccola fontana con una scultura in bronzo della Madonna realizzata da Sante Calegari; alle pareti sono appesi numerosi ex voto. Il Santuario, che si trova sul lato ovest del chiostro, è stato edificato sopra le rovine della chiesa Duecentesca degli Umiliati. Fu ricostruito nel 1876 dall’architetto Antonio Tagliaferri in stile quattrocentesco e affrescato da Modesto Faustini e Cesare Bertolotti. SAN CLEMENTE – VICOLO SAN CLEMENTEL’antichissima chiesa fu modificata nel ‘400 e nel ‘600 e internamente trasformata nel 1840 da Rodolfo Vantini, ingegnere e architetto bresciano.Al suo interno si trovano numerose opere del Moretto, che abitava poco distante, e preziose tele del Romanino e di Benedetto Mora, affreschi del Foppa e Lattanzio Gambara e un Crocifisso ligneo di Jacopo Medici. Nella cappella del Rosario, adornata dagli affreschi di Pietro Zaist, si trova un altare marmoreo di Antonio Calegari. SANTI NAZARO E CELSO – CORSO MATTEOTTICostruita tra il 1752 e il 1780 su progetto di Giuseppe Zinelli e Antonio Marchetti, la chiesa ha un’imponente facciata, resa ancora più evidente dalle colonne corinzie che reggono il timpano triangolare e dalla balaustra. Le sette sculture di marmo che sovrastano la facciata sono opera dell’artista Citterio. Nel vestibolo vi sono frammenti del monumento sepolcrale di Altobello Averoldi, risalente al 1522, e due ante d’organo dipinte da Paolo da Caylina il Giovane.In corrispondenza degli altari laterali si trovano dipinti di Moretto, Antonio Gandino, Giovan Battista Pittoni, Antonio Zanchi, Giuseppe Tortelli e sculture di Antonio Calegari.All’interno della sacrestia merita la visita una Adorazione dei Magi realizzata dal Romanino su ante d’organo e un Trittico attribuito a Paolo da Caylina il Vecchio. Sul fondo del presbiterio è visibile il Polittico Averoldi, opera giovanile di Tiziano perfettamente restaurata. La pala è contenuta in una cornice marmorea realizzata dal Vantini. Accanto alla porta laterale sinistra si trovano i cenotafi dei vescovi Riario e Ducco e di Maffeo Olivieri. Annessa alla chiesa è la Canonica, con affreschi di Floriano Ferramola. SANTA MARIA DEI MIRACOLI – CORSO MARTIRI DELLA LIBERTÀLa chiesa di Santa Maria dei Miracoli fu eretta a fine ‘400, e fortunatamente è rimasta indenne alle bombe dell’ultima Guerra, che hanno distrutto l’area adiacente.La decorazione scultorea della facciata è un autentico capolavoro del Rinascimento Bresciano: ad opera di Giangasparo Pedoni, è in marmo di Botticino alternato a marmi di altre tonalità. Nel ‘500 la chiesa subì alcuni restauri operati da vari architetti che apportarono, ciascuno, la propria sensibilità: dopo Mastro Jacopo operarono il Lamberti, Girolamo da San Pellegrino, Lodovico Beretta, Giovan Maria Piantavigna e Jacopo Fostinelli da Bornato. Nel ‘700 vennero completate le cupole. L’interno è a pianta quadrata e contiene sculture di Gaspare da Coirano e Antonio della Porta. Vi sono dipinti di Bagnadore, Tomaso Bona, Pietro Marone, Grazio Cossali, Domenico Romani, Enrico Albricci e Francesco Giugno. SANT’ AGATA – CORSETTO SANT’ AGATAAnche questa chiesa è di antica origine. Fu ampliata nel 1458, gettando un ponte sulle acque del fiume Garza per ricavare l’area dove si trova il presbiterio, e nel corso degli anni ha subito numerosi rimaneggiamenti. Fra gli altri, nel ‘700 è stata aggiunta una cornice sopra il portale, coronata da statue di Antonio Calegari. Notevole è la decorazione in terracotta policroma che si trova all’esterno dell’abside.All’interno vi sono affreschi di Pompeo Ghitti, Pietro Antonio Sorisene, Pietro Marone e Pietro Avogadro. Contiene tele di Antonio Gandino, Marco Richiedei, Ottavio Amigoni, Antonio Pellegrini, Giuseppe Tortelli, Sante Cattaneo e Pietro Marone, la cui Crocifissione è conservata in sacrestia. A lato dell’ingresso della sacrestia si nota una Deposizione in marmo, risalente alla metà del Quattrocento. SAN ZENO IN FORO – PIAZZA DEL FORODell’originaria chiesa di San Zeno resta solo l’abside poligonale in cotto risalente al sec.XII, poichè intorno al 1745 il resto della struttura venne ricostruito.L’edificio è preceduto da un breve sagrato cinto da una elegante cancellata in ferro, intervallata da pilastri marmorei sormontati da putti e coppie di delfini attorcigliati.L’interno ha una navata sola e ai suoi lati sono situate quattro cappelle contenenti, ciascuna, una tela dipinta da Antonio Paglia nel 1741. L’altare maggiore, su cui s’innalza un prezioso tabernacolo arricchito da lapislazzuli e pietre di raro valore, è abbracciato da una sottile ed elaborata balaustra in ferro battuto. Gli stalli del coro, ovvero gli scranni dove sedevano i prelati, risalgono al XVIII secolo. SANT’ AFRA IN S.EUFEMIA – CORSO MAGENTALa chiesa fu ricostruita nel 1460 dai monaci Benedettini e nel primo ‘500 nel convento che si trovava al suo interno risiedeva Teofilo Folengo, umanista e monaco Benedettino.L’edificio attuale è opera dell’architetto Domenico Carboni.Nel 1774 il monaco Pietro Faita ampliò il presbiterio e restaurò l’antica cripta; la facciata marmorea è del 1776. L’interno ha una sola navata con tre cappelle per lato ricavate nello spessore della parete.Nella volta vi sono finte architetture realizzate da Pietro Ferrari e Antonio Grassi, con tre medaglioni dipinti dall’artista Sante Cattaneo.Sant’Afra ospita dipinti del Veronese, Palma il Giovane, Camillo Rama, Pietro Moro, Pompeo Ghitti ed Enea Salmeggia. La sacrestia è ricavata all’interno di una cappella gotica; nella cripta ci sono tracce di affreschi quattrocenteschi e, sulla scala, un frammento di affresco raffigurante la Madonna attribuito a Vincenzo Civerchio.Il transetto e il presbiterio sono ornati da affreschi di Carlo Carloni, all’interno di quadrature di Antonio Massa. Le cantorie lignee, ovvero il palco che veniva riservato ai coristi o cantori e che spesso formava un tutt’uno con l’organo, è del Facchetti e risale al 1540. L’altare maggiore, che contiene l’urna di San Paterio, è opera di Antonio Calegari. Il coro ligneo è stato realizzato dai fratelli Montanino e risale al ‘600. SANT’ ANGELA MERICI – VIA CRISPICostante il susseguirsi di nomi attribuiti a questa chiesa: dapprima, nel luogo dove furono inumati i primi martiri cristiani, anticamente sorgeva la cappella di San Faustino ad sanguinem; in seguito la chiesa fu ampliata e nel ‘200 divenne Sant’Afra, ovvero la chiesa, attualmente sotterranea e ricostituita in cemento armato, alla quale nel 1580 Pier Maria Bagnadore sovrappose un nuovo tempio, distrutto dai bombardamenti del 1945 e poi ricostruito con la nuova dedica a Sant’Angela. La chiesa ospita un polittico di Paolo da Caylina il Giovane e dipinti cinquecenteschi di Vincenzo Civerchio, Francesco da Ponte detto il Bassano, Bartolomeo Passarotti, Bagnadore, Pietro Marone, Carlo Caliari, oltre alla Trasfigurazione di Tintoretto.Ai primi anni del 1600 risalgono le tele di Giacomo Barucco, Giulio Cesare Procaccini e Palma il Giovane. SANTA MARIA DEL CARMINE – VICOLO MANZONEFu edificata tra il 1429 e il 1475 e rimaneggiata nei sec. XVI-XVII.Sulla facciata di stile romanico – gotico spicca l’impronta rinascimentale dei finestroni, la cui cornice è in terracotta policroma, e del portale finemente scolpito, con lunettone centrale affrescato con una Annunciazione di Floriano Ferramola. Da via San Faustino si ammira la fuga di pinnacoli che caratterizza il profilo della chiesa.All’interno si trovano pregevoli affreschi di Tomaso Sandrini, Bernardino Gandino, Camillo Rama, Antonio Gandino il Vecchio e Giacomo Barucco. Nella chiesa vi sono anche dipinti di Vincenzo Foppa, Pietro Marone, Antonio Cappello, Francesco Giugno, Bagnadore e Palma il Giovane. La settima cappella fu trasformata in sacrestia e conserva elementi architettonici originari, oltre ad ospitare affreschi del sec. XV; la cappella di sinistra ospita il gruppo ligneo quattrocentesco della Pietà, attribuito a Guido Mazzoni.L’organo è un Antenati della metà del 1500. Sulla parete di fondo della chiesa si nota la grande tela dell’Annunciazione di Pietro de Witte, detto il Candido. Un monumentale altare accoglie la piccola, ma assai venerata immagine della Madonna delle Brine, attribuita, secondo una leggenda, all’evangelista Luca. Dal cortiletto che si trova dietro l’abside si accede a una cappella affrescata da Ferramola e da Vincenzo Civerchio.I tre chiostri, il piccolo e quello maggiore risalenti al ‘400 e quello meridionale del ‘500 sono visitabili entrando da vicolo dell’Anguilla 8.
http://www.bresciatourism.it/content/uploads/2012/10/332-brescia_duomo.jpg

Da Piacenza a Cremona

In sella lungo il fiume Po
Da Piacenza a Cremona

Architettura e decorazione tra Otto e Novecento: Eclettismo e Liberty sul Sebino

Il periodo napoleonico e il successivo dominio austriaco segnarono profondamente il territorio del Sebino: la viabilità e la navigazione lacustre furono migliorate con un conseguente ampliamento dei commerci e un maggior sviluppo territoriale e urbanistico. All’indomani dell’Unità, le cave, l’industria del ferro, l’utilizzo delle acque, la costruzione di ferrovie, una nuova e più dinamica rete commerciale, diedero impulso all’allargamento dei centri abitativi e a nuove imprese culturali e architettoniche. La borghesia locale, nonostante una forte e contraddistinta nota di tradizionalismo, aprì a esperimenti culturali e sociali capaci di ridisegnare il volto del pur imperante particolarismo e inaugurò una stagione di modernità di cui è possibile cogliere ancora i segni e le tracce nell’architettura residenziale, e in particolare nella tipologia della villa. La crescita dei centri urbani fu incentivata dallo sviluppo delle linee ferroviarie. Nel 1876 Paratico era già collegata a Palazzolo da una tratta ferroviaria di tipo strettamente commerciale. Dagli stabilimenti di Lovere e di Pilzone i carri ferroviari viaggiavano attraverso il lago su chiatte fino a raggiungere l’imbarcadero di cui sono state mantenute le strutture, osservabili, ancora oggi, sul lungolago di Paratico. Questa linea servì anche al trasporto di turisti, ma solo in un secondo momento. La linea Brescia-Iseo, attiva dal 1885, soprattutto dai primi decenni del Novecento permise un primo fenomeno turistico di massa sulle sponde bresciane del Sebino. Lungo l’Ottocento fino ai primi anni del Novecento la scena architettonica di molti centri storici del Sebino (Sarnico, Iseo e Lovere in primis) è caratterizzata dall’eclettismo, ossia una tendenza del gusto che si propone di ricercare lo “stile italiano”. Il risultato di questa sperimentazione, tuttavia, è alquanto incoerente e difforme, poiché si passa da tendenze classicheggianti, con colonne e timpani, a moduli neorinascimentali con ampi bugnati e portici ritmati da archi e da soprastanti ordini di finestre intervallate da lesene o da quadrature concave o aggettanti, fino al revival neogotico o neoromanico presente, soprattutto, nei centri di Brescia e Bergamo. Vi sono significativi esempi anche nelle periferie attraverso l’opera di diverse maestranze del tempo, come nel caso dell’architetto Antonio Tagliaferri. Così sono le piazze a scandire, in particolare, gli spazi della nuova città ottocentesca e con esse i monumenti che, soprattutto sul finire del XIX secolo, catalizzano e centralizzano le vedute e istituzionalizzano la storia delle comunità. A Iseo la centrale Piazza Garibaldi è delimitata, verso il lago, dall’imponente Palazzo dei Grani, realizzato dall’architetto Rodolfo Vantini tra il 1826 e il 1833. Il palazzo divenne, quindi, sede del Municipio e fu ingrandito nel 1952. Il celebre architetto bresciano intervenne in un paese in forte crescita in virtù del significativo decollo industriale del luogo (tra il 1820 e il 1860 molte erano le filande e altri opifici affacciati sul lago). Nel 1840 lo stesso Vantini provvide alla risistemazione dell’abside dell’antica pieve di Sant’Andrea. Nella stessa pieve il Pianto di san Pietro di Giuseppe Diotti e lo splendido San Michele Arcangelo di Francesco Hayez (1838) documentano il confronto tra le tendenze pittoriche delle Accademie di Bergamo e di Milano. La tarda attività di Hayez è documentata dalle tele donate ai nipoti Banzolini, ora presso l’Accademia Tadini a Lovere. Sempre a Iseo è possibile ammirare il primo monumento italiano dedicato a Giuseppe Garibaldi, del 1883, realizzato dal veronese Pietro Bordini. Tra le maestranze bresciane ancora imbevute di suggestioni neoclassiche si registra l’attività dell’architetto Carlo Melchiotti che a Sale Marasino intervenne non solo nella vita culturale e religiosa del paese, ma anche in un’importante operazione artistica destinata ad armonizzare la parrocchiale di San Zenone con le sponde del lago. La gradinata di accesso alla chiesa con balaustra in marmo, del 1870, si configura come un felice lavoro di inquadramento e di valorizzazione dell’edificio religioso, nonché come necessaria struttura di accesso al piano sopraelevato del sagrato. La cultura figurativa del tempo si arricchisce, nel territorio, anche delle istanze romantiche del bresciano Antonio Guadagnini, attivo a Pisogne (parrocchiale e santuario di Govine), Marasino (Sant’Antonio), Curetto (oratorio dei Disciplini), Tavernola (parrocchiale), Lovere (S. Maria in Valvendra). Il pittore di origine camuna lascia uno dei suoi migliori lavori in Palazzo Silvestri a Sovere decorato con un importante ciclo di affreschi con tematiche risorgimentali che celebra l’unità d’Italia (1861). A Lovere, invece, si segnala l’attività del pittore bresciano Francesco Domenighini che tra il 1898 e il 1900 decorò alcune sale delle ville Milesi e Gregorini. Le soluzioni decorative di questo artista, fitte di elementi vegetali e animali, ripercorrono alcuni dei temi della pittura romantica, ma paiono approdare con più convinzione verso un realismo e un naturalismo ricco anche di alcuni spunti simbolisti. Un’altra complessa personalità è il loverese Giuliano Volpi, pittore eclettico e abile restauratore che interviene sia sugli affreschi di Romanino sia in altre chiese e realizza ex novo agli affreschi in San Giovanni Battista a Conche (Sale Marasino) e la pala della parrocchiale di Gratacasolo. Le imprese artistiche dei primi anni del Novecento oscillano, lungo le sponde del Sebino, tra ritardatarie suggestioni eclettiche e novità aggiornate sul più moderno liberty. Se si eccettua la ristrutturazione della chiesa di Sant’Ambrogio a Qualino da parte dell’architetto comasco Giuseppe Pellini nel 1902, la prima vera impresa architettonica novecentesca del territorio è rappresentata dalla realizzazione della parrocchiale di Predore, intitolata a San Giovanni Battista. L’edificio fu progettato dall’architetto bergamasco Giovanni Barboglio nel 1906 e fu terminato nel 1916. La facciata della chiesa insegue da vicino la tradizionale tripartizione barocca di gran parte degli edifici religiosi del luogo. L’eclettismo del Barboglio può, quindi, essere definito neobarocco, poiché le suggestioni e i moduli, soprattutto settecenteschi, trionfano in ogni particolare della costruzione. Ma è a Sarnico che è possibile ammirare il Novecento artistico più maturo e aggiornato sull’internazionalità dell’imperante gusto liberty. Qui la famiglia Faccanoni, forte di un solido successo imprenditoriale, catalizzò, nei primi anni del Novecento, alcune eccellenze dell’arte e dell’architettura del tempo. L’architetto Giuseppe Sommaruga, il fabbro Alessandro Mazzucotelli, l’ebanista Eugenio Quarti divennero le menti e gli esecutori di uno dei più interessanti cantieri liberty di tutta quanta l’Italia. Le tre ville Faccanoni di Sarnico furono, senza dubbio, tra i prodotti più riusciti dell’architettura nuova fino al 1914. Insieme alle tre ville è possibile osservare l’asilo e il Mausoleo Faccanoni, sempre a firma di Giuseppe Sommaruga. Così non è difficile imbattersi, durante le passeggiate lungo la porzione rivierasca di Sarnico, in diversi edifici chiusi da cancellate e da recinzioni in ferro battuto suggestionate dall’idea originaria del fabbro Mazzucotelli: i motivi liberty del nastro svolazzante a ricciolo sono una costante facilmente riscontrabile. L’eco lunga del passaggio del Sommaruga si trascinò, in tal senso, anche nei decenni successivi. In scultura non può passare sotto silenzio il lavoro, spesso in collaborazione con Sommaruga, degli scultori milanesi Ernesto Bazzaro e Ambrogio Pirovano che operarono a lungo nella decorazione delle ville e del Mausoleo Faccanoni a Sarnico (ma anche nelle realizzazioni milanesi dello stesso Sommaruga). Pirovano, in particolare, intervenne anche nella decorazione del Santuario di Lovere, concluso nel 1938, a firma di mons. Spirito M. Chiappetta. Il Santuario, benché coerente nelle sue soluzioni neogotiche e nella perfetta armonia tra esterno e interno, appare piuttosto in ritardo nel panorama artistico del tempo. Tra i monumenti più interessanti della zona ricordiamo quello di Sarnico, innalzato ai Caduti del primo conflitto mondiale a firma dello scultore milanese Cirillo Bagozzi. A Iseo, invece, presso il Porto è, inoltre, possibile ammirare il busto dedicato a Gabriele Rosa. L’opera, del 1912, è dello scultore romano Ettore Ferrari. L’illustre cittadino iseano, patriota, uomo politico e storico, fu tra i promotori dello sviluppo dell’area (celebre è la sua Guida al lago d’Iseo, del 1874).   Massimo Rossi
Architettura e decorazioni: ecclettismo e liberty del Liberty - ph: visitlakeiseo.info

I borghi della Bassa Valtellina tra avventure e relax

La Bassa Valtellina è una meta ideale per il turista più esigente, che ha voglia di prendersi una pausa dal lavoro e dai ritmi frenetici della città. I pittoreschi borghi di queste zone accolgono il visitatore raccontandogli la loro storia, attraverso i resti di antichi castelli e monasteri o i più moderni murales. Una passeggiata per il centro storico o fuori dall’abitato permette di scoprire vecchie case con i ballatoi in legno, lavatoi, vivaci attività artigianali quasi scomparse, chiesette e santuari. Ma la Bassa Valtellina è anche la valle dai grandi numeri. Buglio in Monte è il paese che, nel suo sviluppo da sud a nord, si innalza per un dislivello di ben 3410 metri, un record fra i comuni del territorio. A Tartano invece si trova il ponte tibetano più alto d’Europa.  

Bagolino

Bagolino, antico borgo medievale, meta turistica estiva ed invernale
Vista panoramica di Bagolino

Golf in provincia di Brescia

Chi ama il golf trova in provincia di Brescia un circuito golfistico di alto livello. Campi a 27 e 18 buche, apprezzati dai migliori giocatori di tutto il mondo e disegnati da noti esperti internazionali, svariati campi a 6 buche, campi scuola e promozionali consentono di testare le capacità sia dei golfisti più esperti che di coloro che si avvicinano per la prima volta a questo meraviglioso sport. Tutti i golf bresciani sono inseriti in cornici di grande pregio ambientale: il green di Bogliaco fondato nel 1912 gode della vista del lago, ma anche delle montagne dell’Alto Garda; Arzaga e Gardagolf sono circondati dalle dolci colline della Valtenesi, il Garda Hotel San Vigilio Golf è a pochi km dal panorama mozzafiato sulla parte meridionale del lago; il Golf della Franciacorta è ai margini di vigneti rinomati e vicino al romantico lago d’Iseo e alle sue tradizioni; lo scenario delle montagne innevate abbraccia il Golf di Pontedilegno, situato a 1.500 metri di quota in un’ampia conca circondata da foreste di abeti. E ancora il Golf Serenissima, il recente e frequentatissimo Bresciagolf, il nuovo e pianeggiante Colombaro, o Alpiaz Montecampione in Valle Camonica.E poi c’è il post-partita, con la scoperta della ristorazione bresciana, lo shopping di moda italiana, le escursioni in barca o la visita alle vicine città d’arte di Lombardia. A testimonianza dell’importanza del golf per il turismo della provincia di Brescia ogni anno si tiene il Torneo di Golf Bresciatourism, riservato a giornalisti stranieri.    Elenco dei Golf club a Brescia e Provincia: –ARZAGA GOLF RESORT–GARDA HOTEL SAN VIGILIO GOLF–GOLF BOGLIACO–FRANCIACORTA GOLF CLUB–GARDAGOLF COUNTRY CLUB–BRESCIA GOLF COUNTRY CLUB–GOLF CLUB ALPIAZ MONTECAMPIONE–GOLF CLUB COLOMBARO–GOLF CLUB PONTE DI LEGNO–LA COLOMBERA GOLF CLUB  
http://www.bresciatourism.it/content/uploads/2012/09/GOLF-14-e1350483722218.jpg

Wine Bike Tour 6- Storia

Alla scoperta di antichi borghi, edifici di grande interesse storico e artistico e innumerevoli cantine dove degustare gli eccellenti vini valtellinesi.
Wine Bike Tour 6 - Storia

Valle del Bitto di Albaredo

Storia, antichi mestieri e tanta natura
Valle del Bitto di Albaredo

Si pedala tra il bello, da Chiavenna a Colico

Soprattutto in autunno salire in bicicletta per andare alla scoperta di un bell’angolo della Lombardia senza fare ricorso alla nostra auto è piacevole e possibile, la meta dove arrivare, per poi partire a pedalare, è Chiavenna, in provincia di Sondrio, che si raggiunge con il treno.   Valtelbike è un servizio messo a disposizione proprio di chi vuole spostarsi in libertà, con la sola forza delle proprie gambe, un circuito che consente di noleggiare le bici in diverse località della Valtellina, nel nostro caso Chiavenna, con la possibilità di restituirle in un’altra postazione, per noi Colico (Lecco), al termine dell’escursione. Si inizia la pedalata tra le vie del centro di Chiavenna, tra fontane in pietra ollare, pavimentazione in porfido e locali tipici, si attraversa due volte il Fiume Mera per trovarsi di fronte a Palazzo Balbiani, localmente chiamato il Castello, si passa sotto il Parco Botanico del Paradiso, antica e panoramica cava di pietra, si risale verso nord arrivando nella zona dei crotti, piccoli edifici sfruttati come frigoriferi naturali grazie al Sorel, un vento che esce dalla montagna a 8ºC per tutto l’anno. Oggi molti sono stati riconvertiti in ristoranti. Si raggiunge il doppio salto delle Cascate dell’Acquafraggia, capaci di affascinare Leonardo da Vinci tanto da citarle nel Codice Atlantico, si è a Borgonuovo di Piuro ed è qui che si inverte la rotta puntando verso sud ritornando Chiavenna dove si possono ammirare altre due nobili testimonianze storico-artistiche: la Collegiata di San Lorenzo e il Battistero Monolitico del 1100. Superando i Ponti sul Mera e sul Liro, si pedala per 14 km in leggera discesa su percorso asfaltato dedicato alle biciclette. Le vette della Val Chiavenna fanno da cornice. A Novate Mezzola l’ambiente cambia repentinamente: prima il lago con i suoi ampi orizzonti, poi gli stretti passaggi a fianco della montagna. Verceia ci presenta invece una straordinaria opera del’ingegneria militare: la galleria di mina di San Fedele. Un suggestivo passaggio sul lungolago ci introduce alla Riserva naturale dei Piani di Spagna. Da qui all’Adda qualche chilometro su strada richiede un minimo di attenzione, ma l’ultimo tratto lungo il fiume rimette a contatto con la natura, si passa dal Forte di Fuentes, di origine spagnola, e dal Forte Montecchio, risalente alla Grande Guerra, si costegguia infine il Lario e dal Molo di Colico si conclude la pedalata alla stazione ferroviaria della cittadina lecchese, all’ombra del Monte Legnone. Immagine di copertina: @klaus dell'orto
Si pedala tra il bello, da Chiavenna a Colico