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Corvino San Quirico

Corvino San Quirico è un piccolo comune situato nel cuore dell'Oltrepò Pavese, in provincia di Pavia. Con una popolazione che non supera i 1.000 abitanti, questo borgo si trova su una collina che domina la pianura circostante, offrendo panorami mozzafiato sulla campagna lombarda. Il comune è conosciuto per il suo caratteristico paesaggio rurale, punteggiato da vigneti che producono alcuni dei migliori vini della regione. La viticoltura è una delle principali risorse economiche del territorio, e le cantine locali sono un punto di riferimento per gli amanti del buon vino. Denominato Corvino fino al 20 Maggio 1871, diventa Corvino San Quirico riprendendo il nome del titolare della Chiesa Parrocchiale ( Quirico era il figlio di Giulietta, da cui deriva anche Santa Giuletta, entrambi martirizzati in Grecia nel IV secolo d.c.). Il toponimo Corvino può riflettere un nome di persona latino o medioevale Corvino, gli eruditi in passato lo interpretavano come un ricordo di M. Valerio Messala Corvino che vi avrebbe avuto possedimenti. Dal 936 fu proprietà del monastero di San Salvatore in Pavia, al quale era stato donato dall'imperatore Ottone, fece poi parte del feudo di Casteggio, dal quale fu smembrato nel 1470 per essere assegnato agli Arcimboldi. Nel 1504 pervenne ai Mezzabarba che nel 1602 ne ottennero il titolo comitale. Il territorio del Comune è quasi identico a quello della Parrocchia ( fa eccezione la frazione Casa Chiodi ). Esso è popolato da diversi gruppi di case che vanno dalla pianura alla sommità delle colline dell'Oltrepò Pavese. Fonte: Comune di Corvino San Quirico   Photo: Edoardo Vaccaroli

Cecima

Cecima sorge sul crinale di un altopiano, individuabile dall´antica Chiesa che si erge tra gli alberi, e conserva tutt´oggi l´aspetto medioevale originario, caratterizzato da numerose testimonianze architettoniche. L´abitato è percorso da un groviglio di viuzze che si intersecano tra loro creando scorci suggestivi: le stradine interne sono state realizzate con i ciottoli del torrente Staffora, lo stesso materiale utilizzato per costruire i muri a vista di numerose abitazioni. Di particolare interesse artistico sono i bastioni delle antiche mura di cui restano pochi ruderi, dove sono ancora visibili le tracce della porta soprana demolita nel 1936, del fossato ormai riempito e del castello che sorgeva all´estremità sud occidentale del borgo. Sulla piazza del sagrato sorge la Chiesa parrocchiale dedicata a SS. Martino e Lazzaro, ricostruita nelle vicinanze di quella preesistente del XII secolo crollata per fenomeni di piccoli franamenti nei primi anni del XV secolo; venne riedificata ne 1460 in bello stile tardo gotico lombardo. La chiesa è stata ricostruita per munificienza del cardinale Jacopo Ammannati Piccolomini vescovo di Pavia. Ma anche questa per gli stessi fenomeni, pochi anni ha presentato nel corpo tali lesioni che la Sopraintendenza, anche per ragioni di sicurezza, ne ordinò la demolizione, mentre la facciata è stata interamente salvata, e oggi, anche in virtù di qualche piccolo restauro, è visibile in tutto il suo splendore. All´interno del tempio si può ammirare un pregevole polittico in legno del XV secolo. La chiesa sorge su un magnifico spiazzo e costituisce un balcone che con un dislivello di 200 metri domina uno splendido e ampio panorama sul monte Penice, monte Boglelio e sul torrente Staffora Nel territorio comunale si trova una parte del vasto "Castelliere" di Guardamonte, un insediamento pre-romano, scoperto nel 1951 sulla dorsale fra la Val Curone e la Val Staffora, di forte impatto urbanistico, che ha consentito il ritrovamento di numerosi reperti, quali manufatti e suppellettili. Photo: Alessandro Vecchi - Opera propria, CC BY-SA 3.0 

Corbetta tra Ville e Santuari

Proposta per gruppi

Itinerario alla scoperta di Menaggio

Itinerario storico attraverso gli scorci più suggestivi del borgo lariano
Piazza Garibaldi

Dossena

Un piccolo angolo di mondo pronto a svelare un grande capitolo di storia
Dossena

L’Alto Oltrepò: Appennino di Lombardia

Quando si parla di montagna lombarda, probabilmente il pensiero corre immediatamente alle imponenti vette alpine comprese tra i gruppi delle Alpi Lepontine, Alpi Retiche e Prealpi Orobiche. Ma nell’estremo lembo meridionale della regione, nell’Alto Oltrepò Pavese, è presente un altro sistema montuoso, definito dal prestigioso Touring Club Italiano, come Appennino di Lombardia. Qui, ci si può lasciare trasportare nella scoperta di strade panoramiche, borghi autentici, con i loro mercati, sapori della tradizione e prodotti tipici. Attraverso la Valle Staffora, passava una delle antiche “Vie del Sale” che metteva in comunicazione i commerci tra la pianura lombarda con Genova.  A Varzi ancora oggi ne ritroviamo un prezioso lascito nei laboratori di lavorazione del tipico salame, che trae origine dalle qualità di conservazione alimentare del prezioso ingrediente e continua oggi l’importante produzione seguendo precisi disciplinari. Appena sopra Varzi, il Castello di Oramala, edificato sopra uno sperone roccioso che domina a cavallo tra la Valle Staffora e la Val di Nizza e la cui storia è legata in origine (fin dal X sec.) a quella della famiglia Malaspina. Oggi ne resta accessibile solo una piccola parte. Ma storie di strani accadimenti e diverse leggende sono collegate al passaggio di Federico il Barbarossa che qui fece sosta. Scendendo invece più a valle, costeggiando la provincia di Alessandria, sul crinale che segna quindi il confine con il Piemonte, si può avere testimonianza diretta del remoto passato della pianura che in epoche remote era sommersa dal mare. Nell’area delle Grotte di San Ponzo, infatti, antichi fossili di conchiglie sono facilmente individuabili tra le pietre che emergono dalla vegetazione del fitto bosco. Nei pressi, vi si trova anche l’osservatorio astronomico di Ca del Monte, ideale luogo per rimirare le stelle in calde notti d’estate. Sull’altra costa, risalendo parte della Val di Nizza, si può giungere alla antica Abbazia di Sant’Alberto di Butrio, oggi meta di pellegrini che cercano un’oasi di pace, immersa nella natura, lontana dai frenetici ritmi e suoni della quotidianità, ove raccogliersi in silenzio per lasciare correre i propri pensieri e rivolgere preghiere ai propri cari. Qui si dice abbia trovato la prima sepoltura anche Edoardo II d’Inghilterra, almeno secondo quanto si evince dal romanzo “Auramala” di Ivan Fowler, che si basa su una accurata ricerca storica e tratteggia uno spaccato della vita della valle nel tardo medioevo. L’Appennino di Lombardia, oltre che gusto, tradizione e storia è anche natura da osservare ed apprezzare: si possono segnalare infatti i numerosi “sentieri delle farfalle”, da fruire anche in chiave didattica nella migliore stagione, così come la Riserva Naturale di Monte Alpe: non lontane dalle pendici su si erge il Castello di Zavattarello.
L’Alto Oltrepò: Appennino di Lombardia

Tour in A35 Brebemi: Arzago d'Adda

Arzago d'Adda è un pittoresco comune italiano situato nella provincia di Cremona, in Lombardia. Questo borgo, attraversato dal fiume Adda, offre un'esperienza unica tra storia, paesaggi mozzafiato e tradizioni locali.
Tour in A35 Brebemi: Arzago d'Adda

Breme

Un piccolo borgo medioevale ricco di storia alla confluenza dei fiumi Po e Sesia in Lomellina

Il nucleo storico di Lovere

La visione di Lovere come borgo che si affaccia sul lago con la celebre Palazzata è frutto delle trasformazioni ottocentesche della città: per comprenderne la complessa e millenaria vicenda storica è necessario capovolgere il punto di vista e guardare l’abitato dalla collina. L’abitato di Lovere trae origine da un primo nucleo che sorgeva sul Dos del Castello (noto anche come Colle del Lazzaretto), un rilievo gessoso oggi scomparso in seguito al suo sfruttamento come cava tra il XIX e il XX secolo, che occupava l’area dell’attuale piazzale Bonomelli. Questo sito vide un primo insediamento nel Neolitico Antico (VI millennio a.C.), ma si consolidò tra il tardo Neolitico e la prima età del Rame (a metà del IV millennio) sviluppandosi sino alla metà del III millennio. Si trattava di un importante centro dedito alla lavorazione dei metalli e ai commerci, essendo Lovere facilmente raggiungibile navigando sul lago; l’area ai piedi del colle, verso est, venne occupata da una necropoli che si è poi sviluppata sino al I secolo a.C., testimoniando la continuità della frequentazione. Rimangono tracce archeologiche di altri abitati antichi, sul Dos Pitigla verso Castro e sul Dos del Ranzinel nel territorio di Costa Volpino al confine con Lovere, mentre le indagini recenti hanno escluso un’origine preromana per il cosiddetto Castelliere. All’inizio del I secolo d.C., con l’occupazione romana della Valle Camonica, probabilmente l’abitato di Dos del Castello si trasferì, o si ampliò, sul pianoro tra il Dos e il lago. In epoca romana Lovere era parte della Res Publica Camunnorum e inserita nel pagus dipendente da Rogno. Dell’abitato romano restano attualmente poche tracce: due are trovate sul colle di San Maurizio, forse pertinenti a un luogo di culto dedicato a Minerva (ora al Museo Archeologico di Bergamo) e la Necropoli. Di questa sono riemerse testimonianze lungo la via Valeriana che collegava Bergamo con Cividate Camuno, in particolare nella contrada del Bottazzuolo (attuale via Bertolotti) e in via Filippo Martinoli (aree degli attuali Ospedale e Oratorio). La necropoli – che conobbe una significativa espansione – rimase in uso almeno sino al V-VI secolo d.C. Nell’epoca tardoantica, col decadere dei commerci e il diffondersi di un’economia di auto sussistenza, Lovere, stretta tra lago e montagna e priva di grandi risorse agricole, subì un periodo di decadenza; il centro amministrativo principale rimase Rogno dove fu fondata la pieve di Santo Stefano. Nel periodo carolingio la Valle Camonica fu ceduta ai monaci di Tours, i quali edificarono diverse cappelle a servizio degli abitati. A Lovere furono probabilmente fondate due cappelle dipendenti dalla pieve di Rogno: quella di San Martino, tuttora esistente, ai margini meridionali della necropoli di via Martinoli, e quella di San Maurizio, nei pressi del confine tra la Valle Camonica e il bergamasco, sul sito dell’attuale convento dei Cappuccini. Il pievatico di Rogno pervenne nel X secolo al vescovo di Brescia che probabilmente tra l’XI e il XII secolo diede in feudo Lovere e Corti a un ramo della famiglia Mozzo, già feudataria del vescovo di Bergamo in Sovere; costoro poi assunsero il nome di Celeri. Nel XII secolo i loro diritti su alcuni villaggi della Costa (Ceratello e Qualino) e in Volpino furono oggetto di un contenzioso con i Brusati, loro parenti e feudatari del vescovo di Brescia in Volpino. La contesa degenerò in un conflitto che coinvolse i comuni di Brescia e Bergamo per il predominio nell’area. Lovere fu certamente coinvolta tanto che nel XII secolo fu annessa politicamente al territorio bergamasco pur restando nella diocesi di Brescia. Nel frattempo l’abitato si era evoluto e a sud dell’attuale piazza Vittorio Emanuele II doveva essere stato edificato un castello, cioè una parte dell’abitato fortificato con fossati e palizzate di cui restano tracce nelle denominazioni delle contrade di Castello Vecchio e della Tomella (“tonimen”). Nel 1222 il comune di Bergamo, al fine di sancire definitivamente il suo controllo sull’abitato, si fece cedere dei diritti su questa fortificazione. La posizione strategica di Lovere per il controllo militare e commerciale di ben tre vallate e del lago determinò una forte crescita economica e demografica, che probabilmente nel ’200 impose la realizzazione di nuove, più estese difese che includevano, tra l’altro, la nuova chiesa parrocchiale; demoliti il castello sul dosso omonimo, le mura e le porte, di questo intervento oggi è possibile osservare la torre detta degli Alghisi che difendeva l’accesso all’abitato da ovest. Lo sviluppo delle attività metallurgiche, laniere e dei commerci portò alla formazione di nuovi borghi, fuori dalle fortificazioni, che nella seconda metà del ‘300, furono anch’essi difesi: di queste strutture difensive sono ancor oggi ben conservati e osservabili il fortilizio in località Reme, chiamato Dargone e oggi Torricella, con una torre tonda centrale, e la base della torre del porto, visibile in vicolo del Porto. La nuova cerchia comprendeva le contrade del Porto, con l’edificio di rappresentanza della famiglia Celeri denominato torre Soca, del Bottazzuolo e il quartiere artigianale laniero di Moline. In quest’epoca sono inoltre testimoniate attività produttive all’esterno delle fortificazioni in contrada Foxio, nei pressi di Castro, dove il torrente Tinazzo si gettava nel lago. L’ulteriore sviluppo delle attività artigianali e commerciali legate alla produzione dei panni di lana portò nel corso del ’400 e del ‘500 a un nuovo ampliamento urbanistico a est. Qui sorse un nuovo borgo e, a partire dal 1473, fu avviata l’edificazione di una grandiosa chiesa intitolata a Santa Maria in Valvendra, con l’attiguo convento affidato ai Francescani. Le risorse accumulate nelle attività economiche, nonostante una crescente crisi nel ‘600, consentirono alle famiglie più agiate di realizzare splendidi edifici come palazzo Bazzini. Nella prima metà del Settecento, con la crisi definitiva del settore del lanificio, la popolazione diminuisce e molti opifici e abitazioni sono abbandonati. Ma già alla metà del secolo nella contrada Foxio, ai confini tra Lovere e Castro fu impiantata una fonderia di cannoni che a fine secolo divenne una fabbrica di falci. La nuova attività industriale metallurgica conobbe una crescita notevole, attirando a Lovere artigiani e operai e al loro seguito nuovi commerci. Grazie all’impegno di Giovanni Andrea Gregorini la crescita delle attività metallurgiche divenne inarrestabile. Gli edifici e l’abitato furono adeguati alle nuove esigenze residenziali dei ceti operai e impiegatizi, ma solo all’inizio del ’900 riprese il processo di crescita urbana che divenne impetuoso nel secondo dopoguerra. Nel primo quarto dell’Ottocento, la radicale modifica del sistema di collegamento viario tra Bergamo e la Valle Camonica portò a tracciare una nuova strada che, invece di attraversare il centro storico, passava lungo la riva del lago. La principale conseguenza di questo intervento fu la definizione di un nuovo impianto urbano articolato su tre piazze: all’antico centro amministrativo (attuale piazza Vittorio Emanuele II) e alla piazza di Moline (piazza Garibaldi) si aggiunse la piazza del Porto, sede del mercato (attuale piazza XIII Martiri). Nell’ultimo quarto del secolo qui furono innalzati i monumenti ai protagonisti del Risorgimento – Vittorio Emanuele II, Garibaldi e i Caduti di tutte le guerre – opera di Daniele Capitanio e Giacomo Sozzi. A Sud-Ovest, ai margini della nuova via di comunicazione, tra il 1821 e il 1826 fu edificato il palazzo dell’Accademia Tadini; lungo lo stesso asse viario si aggiunsero, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 una serie di imponenti residenze private in stile eclettico che ancora caratterizzano l’affaccio sul lungolago. L’antico centro fu interessato a partire dagli stessi anni da una intensa attività di rinnovamento con la selciatura delle strade, l’allineamento delle facciate e il rinnovamento dei prospetti, arricchiti da ferri battuti, che hanno consegnato a Lovere quella garbata veste edilizia ottocentesca che tuttora la caratterizza e convive con le più antiche preesistenze.   Francesco Macario  
nucleo Lovere

5 Cose da fare a Gravedona

Visita Gravedona ed Uniti, una delle città più graziose nell’Alto Lago di Como
gravedona

Tour in A35: Fara Olivana con Sola

La Chiese di Santo Stefano e di San Lorenzo di Sola e il sito archeologico
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I nuclei storici di Marone

Il comune di Marone, situato a metà della sponda orientale presso la foce dei torrenti Opol e Bagnadore, si compone di varie frazioni: Ariolo, Collepiano, Ponzano, Pregasso, Vesto e Vello. Il territorio era già abitato nel periodo romano, come testimonia la presenza di una villa ancora in uso nel III-IV secolo d.C. a sud del paese, in località “Cò de Ela” (Capo della Villa). Nel periodo medievale gli insediamenti più significativi si localizzarono sulle aree di versante, più difendibili da attacchi esterni e più salubri; si svilupparono i centri di Vesto, Pregasso e Collepiano, situati oggi come allora sulla strada Valeriana o Valligiana, via di comunicazione montana che, attraverso la riviera sebina, conduceva alla Valle Camonica. Probabilmente la presenza benedettina e l’azione della pieve di Sale Marasino favorirono in questi secoli lo sviluppo agricolo. Secondo la tradizione locale, nel X secolo Alberto da Pregas otteneva da Ottone I l’investitura del Castello di Pregasso – sull’altura isolata che domina Marone – e del relativo feudo. La chiesa di San Pietro, all’interno della fortificazione, e in relazione con l’allora centro principale di Pregasso, svolse funzioni parrocchiali fino al 1578. All’approssimarsi del XIV secolo la famiglia signorile degli Oldofredi di Iseo, fedelissima alleata dei Visconti, ebbe in Marone proprietà di case e terreni. Con l’affermarsi di Venezia, nella seconda metà del ‘400, Marone beneficiò di un relativo benessere economico e di una stabilità politica che consentirono, attraverso la vicinia (comune rurale), un’oculata gestione del territorio. È di questo periodo la decadenza di Vesto e di Pregasso in favore di Marone che si modellerà attorno al porto e alla grande chiesa parrocchiale dedicata a san Martino di Tours e all’Immacolata Concezione. Caduta la Repubblica di Venezia, in età napoleonica Marone aderì alla Repubblica Bresciana. L’economia del periodo ebbe il suo fulcro nella produzione dei feltri e delle coperte di lana. Nel 1828, sotto l’Impero austroungarico, iniziò la costruzione della strada costiera che conduce a Pisogne, importante località e porta d’accesso alla Valle Camonica; l’opera venne terminata nel 1850 e favorì grandemente le comunicazioni e il trasporto di cose e persone. Con l’unità d’Italia (1861) l’economia continuò a prosperare soprattutto grazie alla produzione di coperte di lana e manufatti di seta. Tra le due guerre si insediò a Marone un’imponente struttura industriale, ancora oggi operante, “La dolomite” di Attilio Franchi (1919) che modificò radicalmente il paesaggio urbano. Oggi la comunità, come altre del Sebino, sta concentrando la sua attività nella coltivazione dell’olivo producendo un olio che ha raggiunto alti livelli di qualità e che permette a Marone di aderire all’Associazione Internazionale delle “città dell’olio”. La visita al paese inizia dal sagrato della chiesa parrocchiale direttamente affacciata su un gradevole lungolago. Alle spalle della chiesa parte l’itinerario pedonale “della valle” che risale la costa del monte attraverso una ripida quanto suggestiva stradina, fatta in acciottolato e con dei gradini di pietra al centro. Il percorso transita per il piccolo nucleo abitato di Piazze dove, nei pressi della ferrovia, si nota la muratura di una casa-torre di epoca bassomedievale. Lungo il viottolo discende un’importante sorgente di origine carsica: la Festola che faceva funzionare le pale dei mulini (ben 28 ruote di mulino nel ’400); successivamente, con l’avvento dell’industrializzazione, le ruote servirono per azionare i macchinari per la lavorazione della lana e della seta. La sorgente è attualmente in parte incanalata. La salita si conclude a Ponzano, posto sulla strada che collega Marone con Collepiano e Zone. Il borgo conserva numerosi segni del passato. Alcune vie hanno il passaggio sotto il vòlto delle abitazioni come avviene per Vesto. Vi è poi il complesso del XV secolo con torre che si eleva nella parte mediana del centro storico e che probabilmente faceva parte di un antico cortivo (dimora fortificata, recinta da un muro, con torre a proteggere l’ingresso).   Angelo Valsecchi
i nuclei storici di marone