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Val Cavallina: un salto nella storia alla scoperta di borghi perduti

Lungo i confini orientali della provincia di Bergamo alla conquista della Val Cavallina.

Perdersi tra le valli e i piccoli borghi del basso varesotto

Il Parco Locale d’Interesse Sovracomunale dei Mughetti, si estende lungo il corso inferiore del torrente Bozzente.   Il territorio del Parco fa parte di una delle aree riconosciute da Regione Lombardia come prioritarie per la conservazione della biodiversità nella pianura lombarda: esso infatti ospita diverse specie animali e vegetali protette, che contribuiscono alla ricchezza della Rete Ecologica Regionale. Inoltre, all’interno del Parco è ancora possibile osservare il paesaggio agricolo tradizionale, ricco di numerose testimonianze storiche. È una favolosa realtà voluta per rispondere ad una esigenza di salvaguardia, valorizzazione e riqualificazione del territorio, con l’obiettivo di garantire tale bene anche alle generazioni future nel rispetto della natura. Immagine di copertina: IG laraceresati
basso_varesotto

Su e giù per le colline tra borghi e fiabe

L’itinerario proposto è pensato per ciclisti con almeno un po’ di allenamento e si snoda lungo i rigogliosi vigneti dell’Oltrepò Pavese, in un continuo saliscendi fra le colline a nord di Borgoratto Mormorolo, regalando scene rurali dal fascino fiabesco. Si sconsiglia di percorrerlo dopo abbondanti piogge a causa della natura argillosa del terreno che, in tali condizioni, diventa molto pesante e scivoloso, nel tratto finale inoltre si deve affrontare una ripida salita dal fondo decisamente sconnesso e pietroso e una successiva ripidissima discesa altrettanto sconnessa. Si parte dall’ampio parcheggio del campo sportivo comunale in località Chiesa, dove si può ammirare la chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano, si segue inizialmente la strada in discesa verso destra superando il centro abitato: ci si trova presto a fianco dei vigneti che costeggiano la strada, dopo poco più di 500 m si devia a sinistra e si seguono i cartelli che indicano il percorso ad anello attorno a Borgoratto Mormorolo, sentiero del CAI n. 33. Si prosegue per il centro di Zebedo e si segue la stretta stradafino all’inizio del sentiero sterrato lungo i filari dei vigneti. In lontananza, di fronte si scorge il Castello di Montalto Pavese, imponente fortezza appollaiata su un colle che domina l'orizzonte per tutto il tratto nord dell’escursione. Poco più di un chilometro più avanti ci si trova nuovamente su strada asfaltata: si gira a destra e si sale verso il borgo Casa Facchini, si segue verso destra e si riprende lo sterrato fra i campi coltivati. Dopo una breve salita si scende verso Braglia: si attraversa la strada e si prosegue fino al sentiero che riporta, una volta oltrepassata una roggia, nuovamente in mezzo agli splendidi vigneti. Dopo una ripida salita si prende il sentiero verso sinistra da dove si gode di un’ottima vista sulle colline circostanti. Arrivati al borgo di Boiolo si prosegue dritti seguendo sempre la segnaletica del percorso. Da qui inizia il tratto più impegnativo, dapprima con una ripida salita su asfalto per proseguire poi su fondo sterrato e successivamente pietroso e molto sconnesso, verso la cima del colle più alto, passando attraverso un querceto. Una volta giunti sulla sommità, dove la vegetazione risulta molto più rustica e composta principalmente da arbusti, la vista sulle vallate circostanti è a dir poco mozzafiato e si possono apprezzare la bellezza sublime di un territorio rurale scolpito tra i rilievicollinari. Percorsa la cresta del colle è facile individuare il sentiero, opportunamente segnalato, che scende verso destra e che riporta al paese di Borgoratto. Bisogna prestare attenzione al primo tratto dei due chilometri di discesa poiché molto ripido e sconnesso. Nell’ultimo tratto le pendenze si alleggeriscono un poco e presto si è nuovamente immersi nei vigneti. Subito dopo aver oltrepassato un ponte ricomincia il tratto asfaltato, una breve salita riporta nel centro abitato, qui si prende verso destra e si sale di nuovo verso località Chiesa ritrovando il parcheggio. - Ph: Raffaele Redaelli
Su e giù per le colline tra borghi e fiabe

Panchina Gigante di Borgo Priolo #301

La grande panchina si trova nella tenuta dell'azienda vitivinicola Fradé Wine a Borgo Priolo in Oltrepò Pavese, su un'alta collina, da cui si possono ammirare la pianura Padana e le colline dell'Oltrepò, oltre alle città di Pavia e Milano circondate dalle Alpi. Possibilità di parcheggio presso l'azienda Fradé. Percorrendo un breve percorso a piedi potrete raggiungere la panchina. ATTIVITA’ DOVE TROVARE TIMBRI E PASSAPORTI FRADÉ WINE AZ. AGRICOLA Loc. Boffenisio, 3 – 27040 Borgo Priolo (PV) Tel: +39342.1815111 | +39340.7137234 Aperto dal lunedì alla domenica 9-12:30, 14:30-18:00 previa telefonata
Panchina gigante di Borgo Priolo

Sale Marasino e i suoi borghi

Il comune di Sale Marasino conta circa 3300 abitanti, distribuiti tra i nuclei storici disposti lungo l’anfiteatro naturale prospiciente il lago d’Iseo e l’edificazione diffusa che li ha saldati nel tempo in un continuum di ville, villette, giardini, campi e uliveti, non privo di una qualche bellezza. Il panorama è ben visibile sia lungo le rive, sia salendo verso le cime e i passi che separano l’abitato e la parte montana del comune dalla Valle Trompia, come Punta Almana (1390 m) o la Forcella di Sale (1018 m). Per leggere il territorio e il paesaggio è possibile utilizzare come linea guida il percorso dell’antica strada Valeriana. Di origine alto-medievale, essa costituiva l’infrastruttura viaria degli insediamenti di mezza costa. Essa interseca i borghi principali dell’attuale comune e collega, attraverso ramificazioni del percorso principale, quelli restanti da cui si dipartivano percorsi, mulattiere, sentieri, viottoli, verso la parte alta e bassa dell’anfiteatro morenico. Da Sud a Nord, superato il torrente Mesagolo, che definisce il confine con il comune di Sulzano, si incontra Maspiano, disposto su una sorta di piccolo falsopiano, in una posizione panoramica di bellezza straordinaria che domina l’intero lago da Iseo alle Orobie e che doveva quindi costituire un ottimo punto di sorveglianza del territorio. Oggi, come nella Mappa Napoleonica del 1811, Maspiano appare chiaramente diviso in due parti separate da uno spazio aperto che vede al centro la piazza e la chiesa settecentesca di San Giacomo. Emerge il ruolo preminente dell’asse principale, ora via Maspiano (presumibilmente corrispondente alla Valeriana) e dell’incrocio tra la strada di collegamento con Gandizzano (Strada de Chepi) e quella con Marasino; è evidente dall’altro lato del paese, la brusca svolta dell’asse principale verso via Tesolo (Strada delle Scape). Risalta l’importanza dei due “colatori”, piccoli cavi adibiti al deflusso delle acque dalla montagna, oggi non più visibili e posti uno a confine, verso Sulzano (colatore della Quatera), l’altro lungo il lato nord della chiesa di San Giacomo (colatore di San Giacomo). È possibile che costituissero, con i muri perimetrali degli edifici più esterni, una sorta di rudimentale apparato difensivo. I due nuclei insediativi sono costituiti da tipologie edilizie comprendenti un edificio con la facciata principale munita di portici, talvolta colonnati, e loggiati lignei, rivolta a sud o sud-ovest, corpi edilizi accessori e alti muri di cinta in pietra che organizzano spazi aperti interni costituiti da serie di corti successive. Gli edifici fanno capo a stretti vicoli a fondo cieco, muniti di archi e porte (talvolta scomparse) o di strutture a volta. È un tessuto edilizio a vocazione agricola ma con forte carattere difensivo – accentuato nelle parti al margine dell’insediamento – testimoniato dalla presenza di feritoie nei pressi di alcuni portoni lignei, destinate ad accogliere ad archibugiate ospiti non graditi. Alcuni alti muri in pietra, coperti in parte dalla vegetazione, sono particolarmente pregevoli, così come gli alti portali e le parti edificate che hanno mantenuto i caratteri storici, senza manipolazioni recenti. A Maspiano è presente una caratteristica edificatoria che è quasi scomparsa o è stata occultata altrove: alcuni corpi edificati, disposti in serie, sono accostati lungo i muri d’ambito, ma separati da uno stretto spazio, l’ambitus, destinato alla raccolta e allo smaltimento delle acque piovane. Superata la valle del torrente Portazzolo si entra in Marasino. Visto dall’alto, il borgo è definito da una curiosa forma stellare che si dirama dall’incrocio tra le vie Sant’Antonio, Ronco, Campicelli, Boschetti; sono i principali assi di connessione tra il borgo e l’intorno, ma il percorso “matrice” storico su cui esso è disposto a mezza costa è costituito dall’antica via Valeriana. La struttura aperta dell’abitato fa dubitare della possibile esistenza di mura medievali. Nella mappa del Catasto napoleonico l’attuale via Sant’Antonio, riconoscibile anche per la presenza della chiesa, è disposta lungo la connessione valeriana. Da lì lo spazio edificato si allunga verso piazza Maggiore e Distone. Altre direzioni di sviluppo portano ai mulini posti lungo la valle del Portazzolo; la vecchia strada per la Forcella di Sale risale il pendio verso Portole. Un’ulteriore direzione scende dolcemente a valle verso l’abitato di Conche; la parte iniziale corrisponde a via Ronco. Confrontando l’attuale situazione con quella registrata dal catasto napoleonico si può notare come la struttura insediativa del borgo di Marasino si sia modificata. L’edilizia, di carattere rurale, è a corte o a semi-corte. Si distinguono, per la forma allungata, il corpo edificato dell’attuale Trattoria Orazio e la costruzione a semi-corte disposta lungo la via Ronco. Essa si presume fosse costituita dalla ricorrente tipologia di casa rustica presente ovunque sul lago, con gli ampi loggiati lignei verso la parte più soleggiata e murature chiuse, con poche aperture, nella direzione opposta. Un esempio di piccolo edificio rurale non modificato nei suoi caratteri originari è ancor oggi presente non molto lontano dalla chiesa. Il nucleo centrale del borgo, oltre a ospitare qualche edificio a corte, potrebbe essere stato costituito da case “a torre”, serrate e divise da stretti ambiti. Questo tipo edilizio è proprio del periodo medioevale in cui la tipologia edilizia era costituita da due o più piani sovrapposti, connessi da scale interne in legno. A terra erano presenti magazzini o spazi di tipo rurale. Un significativo esempio è visibile a Conche. Negli anni Sessanta del ‘900 lungo le vie Boschetti, Ronzone, Ronco, si sviluppa quel tessuto edilizio a bassa densità costituito dal tipo edilizio a “villetta” che in pochi anni saturerà tutto o quasi il preesistente spazio agricolo tra i principali nuclei storici di Sale Marasino. Esso si è mantenuto tuttavia su un livello qualitativo discreto sia per l’edilizia sia per i giardini privati, in cui sopravvive un tessuto frammisto di ulivi che rende qualitativamente interessante l’ambiente urbano. Da Marasino una strada vicinale connetteva direttamente Gandizzano, a monte, con il palazzo Martinengo al Portazzolo, edificio tardo-rinascimentale sulla riva del lago. Questa direzionalità diretta apre interrogativi per ora non risolti sul rapporto tra palazzo e borgo, mentre ipotesi più probabili legano il primo al santuario di Santa Maria della Neve a Gandizzano, possibile cappella gentilizia, dove è presente il sepolcro “de Martinenghis”. Più in basso, a mezza costa è situato il borgo di Riva, piccola contrada agricola di probabile origine medievale circondata dai terrazzamenti degli uliveti. Non è presente una chiesa ma solo una grande cappella aperta sulla strada con lacerti di modesti affreschi. Da Marasino un altro percorso, oggi assorbito per la maggior parte delle proprietà private, scendeva verso il piccolo nucleo di Conche. La posizione del borgo risulta baricentrica agli abitati di Sale e Marasino. Le origini sono sicuramente medioevali, anche se l’ipotesi di insediamenti romani non è remota; durante gli scavi per la sistemazione del sagrato di San Giovanni Battista, nel 1959, furono rinvenute due tombe barbariche senza corredo. L’abitato presenta una struttura circolare con stretti vicoli che si intersecano creando una ramificata rete viaria. Alcune abitazioni presentano ancora parti di muratura medioevale, mentre altre tracce murarie fanno presumere l’esistenza di una cinta muraria. Il tessuto edificato è costituito da case a corte di piccole e medie dimensioni a carattere agricolo residenziale. Di particolare rilievo sono le case Antonioli (secolo XVII) e Faccoli. La prima, descritta nell’Estimo del 1706, mostra un prospetto interno con porticato sul lato sud formato da cinque archi a tutto sesto poggianti su colonne doriche, in pietra di Sarnico. Anche casa Faccoli, a ridosso della chiesa, ha un portico a cinque archi ribassati poggianti su colonne doriche in pietra di Sarnico con volte a crociera; sulla parete sud esisteva una piccola nicchia con dipinta la Vergine in gloria. Nello stesso Estimo si fa menzione di un porto in Conche, probabilmente nella zona tra Palazzo Martinengo e la chiesa dei Disciplini presso il Curetto. Da Marasino, procedendo in piano, la Valeriana raggiunge il ponte sul torrente Vigolo e il piccolo abitato di Distone, a mezza costa, ancora caratterizzato da edilizia storica di origine agricola. Da qui la strada prosegue, in un ambito paesaggistico straordinario per ampiezza e qualità, verso il nucleo di Massenzano, ultimo abitato prima del confine con Marone attraversando i borghi del Dosso e della Valle. Il primo è costituito da un gruppo di case disposte su un crinale, a poca distanza da un’antica cava di tufo (località Tufo). Da qui si articolano il corso d’acqua chiamato la Valle e l’omonimo borgo lineare. La Valle alimentava fino alla seconda metà dell’Ottocento numerosi mulini ad acqua che fornivano energia a macchinari per la lavorazione della lana, in particolare per le coperte. Il Carebbio, incrocio di vie, presenta una struttura insediativa di carattere medievale. Ospitava nel Cinquecento numerose fucine, alimentate dalla sorgente del Tufo. Oggi sono presenti alcuni bei portali risalenti ai secoli XIII-XIV. Attraverso la stretta e tortuosa via Balzerina si scende a Sale, il cui sviluppo urbano ebbe luogo nel XV e XVII secolo con la costruzione di palazzi signorili. Tra questi spiccano ancora per importanza architettonica e decorativa il quattrocentesco palazzo Averoldi-Dossi, ora Giugni (secoli XV-XVI), casa Dossi-Mazzucchelli (1560), casa Fenaroli (secoli XVI), casa Turla-Tacchini. Notevole per importanza storica è il complesso costituito dalla parrocchiale dell’Assunta e di San Zenone, dalla Pieve e dalla casa canonica, collegate dal sagrato, frutto di una stratificazione storica millenaria, originata dalla pieve di Vallis Renovata di grande importanza per tutto il comprensorio sebino-bresciano.   Fabrizio Zanni, Antonio Burlotti
sale marasino

Tour in E-bike dei Borghi Incantati della Tremezzina

Lasciati sorprendere mentre percorriamo strade e vicoli inaspettati per scoprire il fascino delle zone rurali a mezzacosta e le molte storie nascoste sul lungolago dei villaggi più famosi del lago. Partenza da Grandola ed Uniti.

Parchi, sentieri e piccoli borghi a nord-ovest di Milano

Il Parco Alto Milanese arricchisce questa zona con una vegetazione naturale, rigenerante polmone verde costituito prevalentemente da latifoglie, in particolare querce come la Farnia e la Rovere.   Sono boschi governati a ceduo di estensione limitata, per la maggior parte siepi alberate o fasce boscate dominate da due specie esotiche nord americane: la Robinia e il Ciliegio tardivo. Si nota infine la presenza, nel sottobosco, di alcune specie erbacee come la Pervinca.Grazie alla presenza di aree ad agricoltura tradizionale ed edifici rurali come cascine e stalle, il parco è abitato dalla civetta, dalla rondine, dal codirosso, dal pipistrello ed altre specie che non troverebbero posto altrove. Si segnale anche la presenza, in costante aumento di merli, tortore, picchi rossi e  scoiattoli.
Riserva WWF Vanzago

Storia, tradizioni e borghi della Provincia di Pavia

In provincia di Pavia ci sono molti piccoli borghi che contano poche centinaia di abitanti. Alcuni non arrivano neanche a mille, altri ne contano solo poche centinaia ma ancora oggi riescono a distinguersi per le loro attività produttive e tradizioni.  Santa Giuletta, Castana, Montescano vantano un’antichissima tradizione vinicola oppure Torricella Verzate conosciuta per la sua produzione artigianale di bambole, oppure Canneto Pavese conosciuta per la produzione di vite. Corvino San Quirico è famoso per la sua processione storica della Madonna della Neve, Rea, nonostante la vicinanza al fiume Po', non fu mai completamente distrutta. Mezzanino è sorto su un’isoletta del Po'.E molto altro ancora. Sicuramente vale la pena scoprire questa parte del nostro territorio lombardo visitandolo personalmente in qualsiasi stagione dell’anno, proprio per le caratteristiche e peculiarità di ogni borgo.

Pedalando tra borghi antichi su dolci colline

L’itinerario corre lungo un bellissimo tratto fra le dolci colline moreniche del Garda, fra campi coltivati e splendidi luoghi dal sapore antico e autentico. Partendo dalla ciclabile di Ponti sul Mincio fino allo splendido borgo di Cavriana, pedalando su strade secondarie molto poco trafficate e davvero gradevoli da percorrere, farete un vero e proprio salto nel passato. Il percorso è facilmente raggiungibile sia in auto, percorrendo la A4 uscendo poi a Peschiera del Garda, sia in treno con la linea Trenitalia Milano-Verona fermata Peschiera sul Garda.Una volta arrivati si deve seguire la ciclovia del Mincio sino al cartello di confine comunale, sulla destra si trova un cartello indicante il Forte Ardietti, si devia lungo lo sterrato fino ad incrociare una stretta strada asfaltata e si prosegue verso sinistra.Di fronte si può ammirare uno scorcio del forte, fortificazione militare di origine austriaca costruita tra il 1856 e il 1861 sul modello architettonico di Forte San Michele di Verona, conservato integralmente ed in buone condizioni.Da qui in poi seguire l’itinerario corretto è molto facile, il percorso è costantemente segnalato da cartelli marroni con icona blu MN5.Dopo una serie di curve in discesa si arriva a Ponti sul Mincio passando sotto l’omonimo castello scaligero, la cui struttura esterna si presenta in buone condizioni, con diverse torri caratteristiche. Da qui si comincia ad assaporare l’atmosfera di antiche dimore e fortificazioni che hanno caratterizzato il territorio per secoli, disseminate fra ampi appezzamenti e aziende agricole dal forte carattere medievale.Si prosegue poi deviando verso destra lungo una strada sinuosa e con dolci saliscendi per diversi chilometri in direzione Monzambano. Giunti al borgo l’itinerario attraversa il centro abitato transitando di fronte alla Chiesa di San Michele: impossibile non rimanere affascinati alla vista dell’edificio la cui splendida facciata barocca si apre sulla sinistra come un immenso ventaglio di pietra riccamente decorato. A questo punto il percorso prosegue dritto uscendo dal borgo, ma nulla vieta, per i più curiosi, di fare una piccola deviazione verso il castello di Monzambano salendo stretti vicoli verso destra, prendendo come riferimento la torre dell’orologio che svetta imperiosa sopra l’abitato anche se la struttura è attualmente in fase di ristrutturazione.Una volta ridiscesi verso il centro si prosegue verso il prossimo borgo, ovvero Castellaro Lagusello. Nuovamente si percorrono sinuose strade secondarie senza quasi incrociare auto, immersi in una quiete totale ammaliati dalla dolcezza dei verdi campi coltivati che seguono il morbido su e giù delle colline su cui sono adagiati. Attraversato un incrocio si entra nell’antico borgo di Castellaro Lagusello passando in mezzo a ville in pietra e case dall’aspetto rustico ed autentico che ci accompagnano fino al vero cuore del borgo: vi si accede attraversando l’entrata del castello medievale che sovrasta ogni altra costruzione guardandovi arcigna dall’alto del suo vecchio splendore. Oltre l’arcata e la torre campanaria si trova il cuore pulsante dell’abitato, un autentico gioiello della cosiddetta età oscura ancora intatto e perfettamente restaurato. Ogni muro, ogni pietra, ogni mattone e pezzo di ferro battuto trasudano storia e tramandano fino ai giorni nostri un antico sapere ormai perduto fatto di passione, fede e umiltà, l’umiltà di vivere una vita di piccole cose essenziali ma autentiche.Una sosta è d’obbligo, il centro del borgo è un’autentica meraviglia dell’antichità che si affaccia su uno splendido laghetto dalla caratteristica forma di cuore, sulle cui rive sono stati trovati resti di abitazioni palafitticole risalenti all’età del bronzo, che si possono ammirare nel museo dedicato nell’ultimo borgo del percorso: Cavriana.Una volta rifocillati tanto nell’animo quanto nel corpo (in centro si trovano trattorie dove degustare piatti tipici) si riprende il percorso uscendo dal centro e deviando verso sinistra attraversando un parcheggio spazioso. Un breve tratto di strada porta su di uno sterrato che corre attorno al lago, anche se distante, arrivando dapprima in un punto panoramico da cui si gode di un’ottima vista sul centro storico di Castellaro, e poi verso un punto didattico dove diverse didascalie con foto e disegni, illustrano le varie fasi degli scavi archeologici e della storia del luogo.Al termine dello sterrato, in località Forni, si riprende la strada svoltando verso destra per l’ennesimo gradevolissimo saliscendi fra i campi coltivati, dapprima sulla provinciale 18 e poi svoltando sulla destra, sempre tenendosi sul percorso MN5.Dopo circa cinque chilometri di pedalata si giunge finalmente a Cavriana, altro borgo arroccato attorno ad un castello che non tradisce le proprie origini medievali. Si entra da un antico e stretto portale in pietra che conduce in piazza Castello, davvero caratteristica, con un bellissimo loggiato in stile rinascimentale. Ogni angolo è un salto nella storia, le sue antichissime origini sono evidenti: l’intero paese è considerato uno dei più antichi insediamenti dell’uomo italico, come testimonia il ritrovamento di reperti archeologici attribuibili al Neolitico. Ogni strato del sottosuolo è ricco di reperti dei vari periodi storici ed il consistente materiale recuperato nel corso degli scavi è ora raccolto nel Museo Archeologico dell'Alto Mantovano. Dalla piazza, svoltando subito a destra verso il museo, è possibile risalire lo stretto acciottolato verso i ruderi dell’antica fortezza da dove si gode di un’ottima visuale sulle colline circostanti. Anche se in rovina le imponenti mura e la torre, quest’ultima ancora intatta, lasciano intuire subito la maestosità e l’importanza che un tempo ricopriva il castello, situato su uno dei colli meridionali dell’anfiteatro morenico del Garda e quindi punto di importanza strategica per la difesa del territorio nei tempi passati. Scendendo dal lato opposto attraverso uno sterrato si giunge al parco del Castello, dove è possibile fermarsi per una pausa o un breve picnic in mezzo ad alberi secolari in un sottobosco molto ben tenuto dove, ben posizionati, si trovano resti di manufatti in pietra probabilmente rinvenuti nei dintorni.Un’ultima occhiata alle possenti mura esterne, che dal basso mostrano ancora tutto il loro splendore, e si passa attraverso un’arcata proprio sotto queste ultime per proseguire attraverso un piccolo ma bellissimo giardino, si passa di fronte a Villa Mirra, edificio di origini cinquecentesche una parte del quale ospita il Museo archeologico dell'Alto Mantovano. Finita la visita allo splendido borgo di Cavriana si torna ripercorrendo lo stesso itinerario a ritroso fino a Monzambano, da qui è consigliata una deviazione sulla ciclabile lungo il fiume Mincio: all’inizio del paese si può rimanere sulla strada in Via Valeggio senza andare verso il centro abitato, subito dopo aver oltrepassato un ponte sopra un canale in cemento, bisogna svoltare a sinistra su un sentiero sterrato e seguirlo fino ad un secondo ponte che fa passare nuovamente dall’altro lato del canale.A questo punto tenendo la destra, dove inizia il tratto della ciclovia Mantova Peschiera lungo il Mincio, un percorso asfaltato, facile e pianeggiante che ripercorre controcorrente il fiume. La pedalata è facile e il colore smeraldo del Mincio, placido e limpido, accompagna, nell’ultimo tratto fino a giungere nuovamente, dopo quattro chilometri, al cartello del confine comunale di Peschiera del Garda da dove si era svoltato all’inizio del percorso per Forte Ardietti. Alla fine dell’itinerario non resta che tornare al parcheggio o alla stazione da dove si era partiti.   Immagine di copertina: @Raffaele Redaelli
Pedalando tra borghi antichi su dolci colline

GEMONIO un borgo, mille storie

Un percorso che si sviluppa dalle forme romaniche dell’antica chiesa di San Pietro, fino all’arte contemporanea del Museo Civico Floriano Bodini e al recentissimo intervento di Ravo sul muro esterno della scuola elementare.

Il borgo Pagazzano

Una perla da scoprire nella pianura bergamasca

Borghi e palazzi: l’architettura del Rinascimento

Al termine di decenni di contese, con operazioni militari che avevano coinvolto anche l’area sebina, la pace di Lodi nel 1454 stabilisce il confine fra gli stati milanese e veneziano lungo l’Adda e dà vita per la Lombardia orientale alla dominazione della Repubblica. Un trentennio di calma relativa darà un forte impulso alle attività economiche, grazie anche all’apertura di nuovi e più ampi mercati offerti all’interno del nuovo quadro degli stati regionali. La nuova situazione politica e, soprattutto, le nuove tecniche militari con l’introduzione dell’artiglieria provocano il progressivo abbandono delle mura di difesa dei principali centri, che fino al secolo precedente erano mantenute in funzione e, anzi, in alcuni casi costruite ex-novo. Questi fattori, uniti naturalmente all’evoluzione del gusto e delle mode, creano le condizioni per nuovi tipi di insediamento, che sostituiscono o, in certi casi, modificano l’edilizia medioevale. Il caso più significativo è senza dubbio quello di Lovere, che costituisce per l’epoca rinascimentale un unicum. L’abitato medioevale era compreso nella cerchia di mura ampliata nel Trecento; nel corso del Quattrocento, grazie alle condizioni economiche particolarmente favorevoli derivanti da una fiorente attività di lavorazione della lana, l’abitato viene ampliato con la costruzione dei nuovi quartieri del Borgo. Le più importanti famiglie del paese portano le proprie residenze fuori dalle mura trecentesche, con nuovi edifici più comodi, in posizione più salubre, dotati di broli e giardini. L’addizione occupa lo spazio fra il centro antico e la Valvendra, dove già erano insediate alcune attività artigianali, incentrandosi lungo l’asse viario corrispondente all’attuale via S. Maria. Da questo viene tracciata ortogonalmente una serie di vie secondarie verso il lago che costituisce la maglia per l’insediamento dei nuovi edifici. In genere i palazzi sono pensati per ospitare anche parte delle attività artigianali e commerciali praticate dai proprietari. L’uso di corpi di fabbrica di dimensioni adeguate consente ad esempio di ospitare ai piani alti i telai in legno (le cosiddette ciodere) su cui venivano posti i panni di lana per l’asciugatura: per questo motivo troviamo diverse logge aperte, che consentivano una buona ventilazione per accelerare questa fase del lavoro, che in precedenza si svolgeva in terreni aperti. I caratteri del nuovo modo di abitare e di produrre si possono cogliere poco oltre il Borgo nel palazzo che fu sede della Fabbrica Ferlendis, che lavorava panni di lana: l’orientamento del lato maggiore dell’edificio, dotato di portico e logge, privilegia l’affaccio verso sud invece che quello sul lago.  Palazzo Marinoni, dove risiedé lady Wortley-Montague durante i suoi soggiorni a Lovere (1749-1755), si estende fra il lungolago e l’asse del Borgo con una successione di cortili; il corpo di fabbrica principale, dalla caratteristica impostazione planimetrica a C e dotato di portico e loggia, si affaccia verso il lago. Più a monte, anche se con caratteri già seicenteschi, si trova Palazzo Bazzini, residenza di un’altra importante famiglia testimoniata a Lovere almeno dal XV secolo, che doveva possedere buona parte dei terreni in quest’area, se grazie alla donazione di una sua componente si poté edificare il vicino monastero di Santa Chiara. La costruzione del Borgo troverà completamento, a cavallo fra il XV e il XVI secolo, con l’erezione della basilica di Santa Maria, dovuta alle famiglie che stavano edificando il nuovo abitato. In scala più limitata, fasi di modifica su edifici preesistenti per adattarli alle nuove esigenze o insediamenti di nuove costruzioni si possono riconoscere in altri luoghi. Nel primo caso rientrano a pieno titolo le sistemazioni delle aree commerciali dei principali centri affacciati sul lago: gli spazi per i mercati della stessa Lovere, di Pisogne e di Iseo vengono dotati di portici lungo il perimetro, costruiti lungo i fronti degli edifici medioevali in sostituzione di botteghe o altre strutture che in genere venivano addossate alle case prospicienti le piazze. Per i nuovi porticati si mantenne un uso pubblico, fornendo ai mercati una superficie coperta a servizio dei fondaci retrostanti. Lungo la sponda bresciana meritano una visita le case rinascimentali di Marone e Sale Marasino. In riva al lago a nord del centro di Marone, si trova la Casa Ghitti di Bagnadore (il ramo familiare prende il nome dal torrente Bagnadore, che separava la casa dall’abitato di Marone). Costruita nel XVI secolo da esponenti della famiglia bresciana degli Irma (o Hirma), che qui erano proprietari di forni fusori e fucine da ferro, passa progressivamente ai Ghitti nel Seicento. Il fronte principale sul brolo presenta il sistema portico–loggia esteso alla parte centrale, con il consueto raddoppio delle campate al piano superiore. A imprenditori della lana è da attribuire un secondo edificio posto più a sud sempre lungo la riva del lago; nel Seicento risulta di proprietà Fenaroli e più tardi di altri Ghitti. In questo caso la successione del prospetto principale è portico ad archi, galleria chiusa e loggia con architrave all’ultimo piano, forse usata per la stenditura dei panni di lana. Il Palazzo Giugni è forse il più importante esempio di architettura pienamente rinascimentale di Sale Marasino: edificato verso il primo quarto del ‘500 probabilmente da Giovanni Francesco Averoldi, mercante nel settore della lana, passò successivamente ai Dossi, che praticavano la stessa attività. Il palazzo si affaccia sul brolo interno con un portico a 8 campate, raddoppiate dalla loggia superiore. Il salone al piano superiore presenta il tipico soffitto ligneo a travetti e tavolette dipinte e affreschi della scuola di Romanino. Gli stessi Dossi possedevano un’altra casa poco distante, oggi Mazzucchelli, di caratteristiche simili, con portico a 8 campate, databile probabilmente al tardo Cinquecento. Notevole anche la casa Turla, con portico e due ordini di logge: la superiore presenta le caratteristiche di una ciodera. Sempre nell’abitato di Sale si trovano altre case coeve: Casa Zirotti, Casa Belotti e un’altra casa in via Zirotti, notevole per il portico ad archi ribassati e doppia loggia. Un po’ discosto dall’abitato si trova poi, poco più a sud, uno degli edifici più interessanti dell’intero Sebino: il Palazzo Martinengo Villagana, iniziato nel tardo Cinquecento dai conti Secco d’Aragona, passò nel secolo successivo al ramo cittadino bresciano dei Martinengo della Pallata. È evidente la diversa natura del complesso rispetto alle residenze della borghesia rinascimentale. Si tratta qui di un palazzo da villeggiatura, costruito in riva al lago da esponenti della nobiltà lombarda (i Secco d’Aragona detenevano il feudo della Calciana Superiore, a quel tempo in territorio milanese) e quindi dotato, oltre che di parti residenziali padronali, di locali per la servitù, di attracco, di giardini. Il cortile interno, con porticato ad archi, è visibile dalla strada costiera. Il fronte principale è verso il lago ed è caratterizzato da un disegno simmetrico con portico e loggia centrale, a tre campate ed impostati su un architrave invece che sull’uso dell’arco a tutto sesto. All’interno il ricco apparato decorativo con pitture e stucchi è prevalentemente seicentesco. Ulteriori interessanti esempi di edilizia quattro-cinquecentesca si trovano su Monte Isola: a Peschiera le case Erba e Archetti, forse ritiro di alcuni esponenti degli Oldofredi di Iseo, dopo che l’instaurarsi del regime veneziano aveva provocato la decadenza della famiglia; a Carzano il Palazzetto Ducco (oggi Ziliani), residenza nel Cinquecento di un ramo della famiglia nobiliare proveniente da Trenzano; a Siviano alcune case in via Roma dotate di portici e logge. L’itinerario si può concludere a Iseo, con la visita alla piazza Garibaldi, tradizionale sede dell’importante mercato fin dall’età medioevale. Come a Pisogne, gli edifici perimetrali testimoniano la fase di riforma avviata nel XV e proseguita fino al XVIII secolo, con la realizzazione dei portici e il rinnovamento dei prospetti. Un ultimo capitolo interessante, sempre nel territorio di Iseo, è il Castello del Carmagnola a Clusane, che mostra gli interventi quattrocenteschi operati su un fortilizio basso-medioevale.   Alberto Bianchi