- Turismo religioso
Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta a Paratico
La parrocchiale di Santa Maria Assunta sorge sulla sommità di un poggio al centro di Paratico. Santa Maria è ricordata tra le chiese della diocesi bergamasca fin dal 1260, ma ciò che oggi possiamo ammirare è frutto di un progetto architettonico iniziato nel 1894 e concluso nel 1904 a firma di Virginio Muzio, uno dei più validi professionisti lombardi del tempo.
La storia di questo edificio è, tuttavia, ben più complicata e travagliata. Di certo esso ha origini molto più antiche (forse intorno al XIII secolo), come dimostra la complessa sovrapposizione di fasi nel presbiterio: a una fase tardomedievale appartengono i due archi a sesto acuto, inglobati in strutture successive; della chiesa cinquecentesca, descritta negli atti della visita pastorale di San Carlo Borromeo del 1575, rimane l’affresco raffigurante l’Incoronazione della Vergine all’interno della finta cupola. Nel 1650 la chiesa subì alcuni danni in seguito a un incendio e venne ricostruita, almeno in parte, nel 1724.
La facciata della chiesa è divisa in due ordini. In quello inferiore si assiste al movimento alternato di lesene leggermente aggettanti e di riquadri concavi poggianti su una zoccolatura in pietra di Poltragno. Al centro, incorniciato entro un riquadro di pietra arenaria, vi è il portale a due battenti, opera di inizio Novecento dell’artigiano locale Giuseppe Selogni. Al centro dell’ordine superiore una finestra circolare inscritta all’interno di un riquadro è fiancheggiata da due nicchie con le statue di san Giuseppe e della Madonna. I due ordini sono, quindi, completati da un terza struttura sormontata da un timpano ricurvo nel cui centro è possibile osservare la targa marmorea con la dedica della chiesa a Maria Assunta. Il campanile a sezione quadrata è provvisto di un’ampia cella campanaria dove sono allogate le otto campane consacrate nel 1983.
Lo spazioso interno della chiesa, a navata unica, scandito da lesene termina in un lungo, articolato presbiterio; alla ricca decorazione della volta concorsero, nel 1903, Giovanni Ferraboschi per le parti decorative e Rodolfo e Luigi Gambini per le figure della navata e del presbiterio. Nella navata è notevole l’altare laterale in marmo nero intarsiato dedicato alla Madonna del Rosario: è possibile che sia stato realizzato per la chiesa del 1724. Le statue laterali in marmo, di San Domenico e Santa Caterina, sinuose e raffinate, suggeriscono la presenza della bottega dei Fantoni, che stipularono un contratto per l’altare nel 1763. La statua della Madonna, del 1925, è opera dell’artista Virgilio Vavassori.
Il presbiterio si compone di corpi architettonici di varie epoche e occupa il presbiterio precedente alla ricostruzione del 1724 e parte della navata settecentesca. Nella volta sopra l’altare, l’affresco dell’Incoronazione della Vergine venne realizzato all’inizio del ‘600 e pare risentire della cultura artistica del Malosso. Alla chiesa più antica appartiene anche la pala sul fondo dell’abside, una grande Assunzione della Vergine dipinta da Riccardo Simoncelli nel 1711.
L’altare maggiore è un’opera di notevole pregio, e presenta gli elementi dell’altare realizzato nel ‘700 in un adattamento compiuto forse intorno al 1878. Lo sportello del tabernacolo in argento, dorato (?) e sbalzato raffigura Cristo risorto che appare ai santi Pietro e Paolo ed è firmato da Domenico Arici nel 1749, data a cui risalgono anche la tribuna – o ciborio – e i gradini intarsiati sopra la mensa, che possono essere attribuiti alla bottega bresciana di Vincenzo Baroncini. Intorno al 1749 si collocano anche i due splendidi Angeli laterali di Alessandro Calegari.
Alla chiesa settecentesca appartiene anche l’affresco con la Madonna col Bambino e i santi Antonio, Bernardino e Fermo, entro una cornice in stucco. Il dipinto forse faceva parte di un altare laterale dedicato a sant’Antonio di Padova, come suggeriscono le storie dipinte attorno all’ancona. Il contesto stilistico rimanda all’ambito bergamasco dei pittori di ascendenza tiepolesca, come, per esempio, Giovanni Raggi.
Massimo Rossi