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I riti di Pasqua che emozionano la Lombardia

Riti religiosi, tradizioni secolari e folclore: così la Lombardia si prepara a festeggiare la Pasqua
I riti di Pasqua che emozionano la Lombardia

Brescia Natura, gusto e tradizioni: la Val Sabbia

Dai trekking di più giorni con sosta ai rifugi alle passeggiate più brevi e per tutti con il piccolo Lago d’Idro a fare da cornice sul fondo valle
@inlombardia - Brescia Natura, gusto e tradizioni: la Val Sabbia

Greenway del Lario

Alla scoperta di paesaggi inaspettati sul Lago di Como
Greenway del Lario

Strada Vino e Sapori Oltrepò Pavese

L'Oltrepo Pavese è da sempre riconosciuto per i suoi vini e la maggior parte di chi ha avuto il piacere di recarsi in questa parte della provincia di Pavia, ne ricorderà soprattutto le sue colline e le distese di filari di vite
Strada vino e sapori Oltrepò Pavese: fra storia, gusto e tradizioni

Museo Baroffio e del Santuario

Scopri uno dei musei di Santa Maria del Monte a Varese: un tesoro d'arte tra storia e modernità
Facciata d'ingresso Museo Baroffio e vista sul Lago di Varese

Sulle vie degli antichi mestieri 

6 destinazioni tra artigianato e memoria sulle tracce dei mestieri di una volta tra i paesaggi senza tempo della Lombardia

Percorsi d’arte popolare lungo argini e golene

«Percorsi d’arte popolare lungo argini e golene. Un nuovo attrattore turistico per l’Oltrepò Mantovano» è un nuovo attrattore turistico per l’Oltrepò Mantovano che intende valorizzare il territorio e integrare l'offerta turistica presente, rispondendo alla crescente ricerca da parte dei cittadini di evidenze culturali "minori", piccoli borghi e contesti culturali periferici nei quali scoprire una nuova dimensione del territorio. Il progetto proposto vuole qui tessere una trama di riscoperta turistica che innesti il segno dell’arte del Novecento con la valorizzazione ed il miglioramento dell’offerta di servizi turistici lungo il tratto mantovano della Via Carolingia e della Via del Sole.

Alle pendici del Monte Canto

Itinerario nel bergamasco, da Ambivere a Mapello
Alle pendici del Monte Canto

Da Carona al Rifugio Calvi

L'itinerario che vi suggeriamo ti guiderà alla scoperta del Rifugio Calvi e di un patrimonio ambientale di assoluta bellezza, quello ai piedi delle più elevate cime della catena delle Orobie in Alta Valle Brembana in provincia di Bergamo.   Si parte dal paese di Carona, esattamente dal tornante posto lungo la strada che passa sopra il paese, si può salire quasi interamente lungo la strada di servizio Enel che raggiunge, dopo poco l'abitato di Pagliari, un piccolo borgo, interessante esempio di architettura rurale di montagna, da dove si può proseguire per la strada Enel oppure, nella bella stagione, si può scegliere di salire percorrendo il sentiero estivo, che sale inoltrandosi nella pineta sul versante opposto della valle rispetto alla strada. Si prosegue passando nei pressi della bella cascata della Valsambuzza e della Località Dosso, passando dalla Baita Birone, dove inizia sulla sinistra il Sentiero 209 che porta in Valsambuzza. Raggiunte le baite del Dosso e rientrato sulla strada sterrata anche il sentiero estivo, si approda al pianoro del Lago del Prato con il caratteristico bello specchio d'acqua, residuo di un antico lago alpino ormai in via di esaurimento. Qui, deviando sulla sterrata di sinistra (224) si sale al Rifugio Longo, e qui passa Sentiero delle Orobie Occidentali proveniente da Foppolo, mentre, proseguendo sulla strada Enel di destra, si continua per il Rifugio Calvi, passando prima alla baita Costa della Mersa e giungendo poi su un pianoro che porta alla base della diga Fregabolgia, superata la quale e, percorrendo la sterrata, che costeggia il lato nord del Lago di Fregabolgia, in breve si giunge al Rifugio Calvi. Uno dei più' conosciuti e frequentati rifugi al centro di una delle più belle conche delle Alpi Orobie con ampia scelta di splendide escursioni ed ascensioni per tutti i gusti e tutte le gambe! È contornato da una serie di vette importanti, tra le quali la più significativa è quella del Pizzo del Diavolo di Tenda, il 'Cervino delle Orobie', che, con la sua elegante mole piramidale, domina l'intero anfiteatro di cime orobiche. Il Rifugio costituisce un indispensabile punto d'appoggio per il 'Sentiero delle Orobie' ed è la base logistica del famoso 'Trofeo Parravicini', storica ed ambita gara di sci-alpinismo internazionale, che si svolge ogni anno verso la fine del mese di aprile. È anche il punto di partenza per una serie di escursioni-ascensioni, con impegno e difficoltà diversi, come per il Pizzo del Diavolo, il Pizzo Poris, i monti Grabiasca, Madonnino e Cabianca. Particolarmente interessanti sono le escursioni, di modesto impegno ma di grande soddisfazione, alla scoperta dei piccoli laghetti che punteggiano l'intera zona: dal Lago Rotondo a pochi passi dal rifugio, ai laghetti di Poris, dei Curiosi, del Cabianca.
Da Carona al Rifugio Calvi

Da Cassiglio al Rifugio Lecco

La prima parte del percorso si sviluppa nel bosco per poi proseguire attraverso pascoli aperti fino ai Piani di Bobbio che sono una stazione sciistica della Valsassina in provincia di Lecco. Dall’antico borgo di Cassiglio, all’altezza della chiesa parrocchiale si imbocca la carrozzabile asfaltata che scende e attraversa il torrente Stabina. Oltrepassata una breve galleria, scavata nella viva roccia, la valle si allarga e ci si ritrova a costeggiare il lago artificiale di Cassiglio. Superato sulla sinistra un piccolo bar, si prosegue lungo la strada asfaltata che costeggia il torrente. Prima che la strada prenda a salire, sulla sinistra si stacca una larga mulattiera evidenziata da un cartello con indicati i tempi di percorrenza dell’intero percorso delle “Orobie Occidentali” e alcune semplici, ma importanti indicazioni. Si continua a salire nuovamente nel bosco e, dopo aver superato un traliccio dell’alta tensione, in pochi minuti si raggiunge il Passo Baciamorti. Dal passo è possibile spaziare con lo sguardo lungo la verdeggiante Valle Asinina mentre, in quota, sono visibili i vasti pascoli dei Piani dell’Alben dove è sito il Rifugio Angelo Gherardi.Lasciato il passo si prosegue salendo a mezza costa, in leggera salita, attraverso i pascoli del Pizzo Baciamorti fino alla Baita Rudera; si costeggia poi il Monte Aralalta e, dopo un tratto in salita, si raggiunge la sommità di un dosso erboso dove si trova la Baita di Cabretondo sulla linea dell’antico confine della Repubblica di Venezia. In breve si supera la bocchetta di Regadur, dove si nota la piccola Baita Regina, punto di raccordo con il sentiero che sale dal Rifugio Angelo Gherardi. Si percorrono gli ampi pascoli aperti fino a raggiungere in piano il passo deII’Aralalta, su alcune carte indicato come Passo di Sodadura. Si continua giungendo in vista del Rifugio Cazzaniga-Merlini, posto su di un piccola altura nella parte alta degli impianti di risalita dei Piani di Artavaggio. A sinistra, si trova il Rifugio Nicola. Successivamente si risale in direzione del colle posto fra la Cima di Piazzo e lo Zuccone Campelli. Si giunge alla Baita Bocca da dove si continua dirigendosi ai piedi delle pareti rocciose dello Zuccone Campelli. Dalla baita si scorge la Cornetta, bella cima e anche balcone naturale su Valtorta e la Valle Stabina. Il percorso si snoda lungo il versante Nord-Est dello Zuccone Campelli ed è caratterizzato da tratti piani seguiti da leggeri saliscendi che la particolare conformazione delle rocce calcaree rende obbligatori. Raggiunto un ripido canale, posto fra lo Zucco Barbesino e la Corna Grande, lo si risale fino a raggiungere la stretta bocchetta dei Megoffi che immette nell’omonima valle. Poco oltre, si giunge in vista del Rifugio Lecco collocato all’inizio del Vallone dei Camosci con alle spalle le “dolomitiche” pareti dello Zucco Barbesino e dello Zuccone Campelli, mentre più in basso è visibile la verdeggiante Conca Pascoliva dei Piani di Bobbio.
Da Cassiglio al Rifugio Lecco

L’oratorio di San Biagio a cascina Rossate

Lungo il canale della Muzza, nascosto nei campi, si trova un piccolo e affascinante oratorio, dalle proporzioni classico-rinascimentali, alcuni ritengono che sia stato progettato da un giovane Bramante insieme a Bartolomeo Suardi, anche conosciuto come Bramantino. La pregevole architettura è singolare nella sua ubicazione perché si tratta di un contesto di nucleo rurale quasi sperduto in queste campagne dell’alto lodigiano. L’itinerario qui proposto segue il canale della Muzza, uno dei più antichi della pianura Padana, una delle sue sezioni risale, infatti, al tempo dei romani. Lo scorrere delle sue acque accompagnerà la pedalata fino a raggiungere l’abitato di Lavagna, antico feudo dei Visconti, e terminando all’oratorio di San Biagio. È da tenere a mente che quest’ultimo rimane aperto sabato, domenica e festivi dalle 13 alle 16.30. La macchina è da lasciare nel comune di Paullo, nei pressi della casetta dell’acqua vicino al Parco Tarcisio. Si salta subito in sella e si segue via Martiri Villa Pompeiana e, appena superata la curiosa chiesa di San Tarcisio, svoltiamo a sinistra lungo via A. Manzoni. Poco dopo si raggiunge l’incrocio con via Alcide de Gasperi, a sinistra, e via Santa Maria Mazzarello, a destra, qui la corsa pare doversi interrompere per lavori ma è invece possibile passare attraverso il cantiere e, raggiungere l’incrocio con la Paullese. Qui bisogna attendere il verde ad un semaforo particolarmente lento per attraversare la provinciale e raggiungere la frazione di Conterico.Da Conterico si prende la ciclabile sterrata lungo il canale e la si segue fino all’abitato di Lavagna. La vista lungo il canale regala incantevoli scorci sulle Orobie e le montagne del Lario. In particolare, all’altezza di una esse del corso d’acqua, si può scorgere il Resegone, che visto da qui quasi non si riconosce. Le acque del canale sono limpide e non è raro vedere qualche cigno. Ci si rimette in marcia e si passa sotto la tangenziale. Si continua ancora sulla sterrata quando, quasi all’improvviso, compare, tra gli alberi, l’oratorio di San Biagio che rimane dal lato opposto del canale. Si prosegue e, in poco tempo, raggiungiamo il ponte che permette di guadagnare la sponda opposta della Muzza. Qui vi è la silenziosa frazione di Lavagna, un borgo sospeso nel tempo. Si passa la parrocchia dell’abitato e si prende la via Rossate che ci accompagna lungo diversi campi sino alla nostra destinazione.L’oratorio di San Biagio si erge, con aria umile, nel verde ambiente della cascina Rossate, piccolo ma di una bellezza sommessa che affascina ed emoziona. L’aria rustica dei mattoni a vista si sposa alla complessa struttura in modo piacevolmente inaspettato. Vedendo l’affresco sbiadito dal tempo sulla facciata non resta che pensare a come fosse cinquecento anni fa.Curiosando un po’ nei dintorni ci si accorge che si può fare il giro nei campi circostanti e andare a vedere il lato opposto. Terminata l’esplorazione si può tornare alla macchina seguendo lo stesso itinerario dell’andata. Poco dopo aver lasciato l’oratorio il panorama si apre con le Orobie che fanno da sfondo alle quattro case di Rossate: una vista mozzafiato. Immagine di copertina: @mattiabedetti
L’oratorio di San Biagio nel verde ambiente della cascina Rossate

Da Cernusco Lombardone a Olgiate Molgora

Dal parcheggio della stazione di Cernusco Lombardone seguire la ciclopedonabile alla palina con segnavia n. 2 Butto sede del Parco del Curone. Sulla sinistra campeggiano i resti del Castello di Cernusco Lombardone. Fondato su una fortificazione romana, visse il suo splendore dal Mille fino al Cinquecento, quando venne convertito a cascina.Il percorso attraversa la provinciale arrivando al parcheggio in località Molinazzo, il cui toponimo è riferito al molino per la macinazione dei cereali. Seguire il segnavia n.1 per Cà Soldato. Il sentiero costeggia il torrente Curone, compiendo una curva attorno alle falde più basse della collina di Montevecchia. La denominazione del torrente Curone è prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio. Curone deriverebbe, infatti, dal nome di una tribù, i Curuni, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente. Seguire il segnavia n. 11 Butto. A destra della mulattiera una radura mantenuta a prato stabile, mentre a sinistra le coltivazioni sono quasi sempre a granoturco o altri cereali. Salendo si notano terrazzamenti coltivati a vite, alberi da frutta e ortaggi. Al bivio, prendere il sentiero che conduce al centro abitato. Tenere la sinistra per arrivare alla frazione Passone: una sequenza di numerosi terrazzamenti coltivati a ulivi, alberi da frutta e vite scandisce la verticalità del pendio.Prendere la gradinatura che sale verso l’uliveto. Da qui è possibile godere di un panorama che spazia dal Santuario a un paesaggio terrazzato. L’ esposizione a sud ha permesso la crescita dell’ulivo, della vite e della coltivazione del rosmarino, ancora oggi presente nelle ultime terrazze che salgono fino a Cascina Butto, sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone. Dal parcheggio sotto Cascina Butto, scendere lungo via Valfredda. La strada sterrata si snoda in un bosco di latifoglie, con la presenza di querce, nocciolo, sambuco e carpini bianchi. Poco prima del centro abitato di Cascina Gaidana, il bosco si apre offrendo un panorama sulla Valle del Curone, in particolar modo sul nucleo rurale di Bagaggera, risalente al Seicento. La località si trova all’inizio del corso superiore del torrente Curone, le cui colline circostanti furono un tempo estese opere di difesa. Il complesso è coronato da campi coltivati, oltre i quali si estendono boscaglie. Dopo circa 500 m si giunge a Cascina Valfredda, che deve nome alle caratteristiche climatiche della zona. Oggi è circondata da prati utilizzati per il pascolo e per lo sfalcio. Un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive.Seguire le indicazioni superando lo stagno per Cà Soldato. La cascina è adibita a centro Parco e dispone di un museo dedicato agli ambienti e alla fauna che caratterizzano il Parco, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina utilizzati.L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie e la fortificazione romana a salvaguardia di una fornace. Da qui prendere la sterrata che scende e si inoltra nel bosco, come indica il segnavia n. 11 Cipressi – Galbusera Bianca. Attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio proseguire a sinistra.Si cammina lungo la strada immersi tra grandi prati, mantenuti per la produzione di foraggio da sfalcio.Dopo circa 400 m si arriva a Cascina Malnido. In tempi remoti, tale località fu il centro di una fornace per la produzione di laterizi. Lo sfruttamento estrattivo ha lasciato ancora tracce visibili della fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un complesso, forse il più grande dell’Italia transpadana per la produzione di embrici e materiale da costruzione. Prendendo la carrareccia con segnavia n. 1 Pianello che risale la valle, si giunge ai ruderi di Cascina Ospedaletto, il cui nome evoca il ruolo svolto dal fabbricato durante la peste seicentesca, dove venivano ricoverati gli infermi. Secondo alcuni l’edificio potrebbe anche aver svolto funzione di accoglienza per i pellegrini di passaggio. Seguendo il segnavia n.2, il sentiero si inoltra nella vegetazione boschiva salendo per la collina fino a Cascina Scarpada, caratterizzata da una loggia chiusa. Insieme a Cascina Costa sorge in posizione panoramica sulla Valle del Curone. Oggi ospitano un’azienda vitivinicola e sono sede di un agriturismo.Attorno alle due cascine, i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Il percorso continua a mezzacosta con saliscendi, tra vigneti, campi adibiti al pascolo e prati. L’ anfiteatro che da Cascina Scarpada si estende fino a Galbusera Bianca costituisce l’habitat dei prati magri. I prati e i terrazzamenti sono ricchi di specie vegetali termofile. Fra le molte specie che compaiono in questi ambienti spiccano diverse orchidee. La ricchezza floristica ha significato faunistico, soprattutto per gli Insetti. La conservazione di questi ambienti è dipendente dalle modalità di gestione.La cessazione dell'attività agricola riavvia la trasformazione verso il bosco, con la scomparsa di specie di importanza naturalistica la cui presenza è legata allo sfalcio. La Galbusera Nera è costituita da due edifici orientati ad est-ovest. I muri ospitano affreschi ottocenteschi raffiguranti una Madonna e il beato Giobbe. La devozione popolare per San Giobbe è legata alla tradizione religiosa della Brianza e in particolare alla bachicoltura. Attorno alla cascina i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Più avanti, collegata a mezzacosta sul pendio, sorge Galbusera Bianca. Il complesso rurale è composto da una casa padronale, tre cascine, una stalla e una chiesetta: insieme formano un borgo noto nel Trecento con il nome di Valbissera.La presenza di un edificio di culto dedicato a San Francesco conferma che in passato era un nucleo insediativo. La spiegazione più plausibile sulla divisione delle due cascine tra bianca e nera si rifà al colore delle uve che vi venivano coltivate.Da qui prendere la mulattiera che sale dopo la Chiesa di San Francesco (segnavia n.11 Cipressi – Pianello) e, arrivati di fronte alla scalinata, salire tra i filari di cipressi, architetture vegetali che caratterizzano il paesaggio della Valle del Curone. La loro originaria funzione era quella di individuare i confini di alcuni possedimenti terrieri dell'area lungo il crinale ed i pendii delle colline. Dai Cipressi, percorrere la mulattiera per una decina di metri e scendere nel centro abitato della frazione di Monte. A fianco del cimitero prendere la mulattiera che si inoltra nel bosco verso la frazione Sara.All’orizzonte si trova il cordone morenico dove sorge la frazione di Alduno; dietro si staglia il versante sud del Monte di Brianza, che con la sua dorsale verde crea una importante connessione ecologica tra il Parco e il Parco Regionale del Monte Barro. All’incrocio il percorso prosegue fino a uno degli affluenti del torrente Molgora. Svoltando a sinistra si costeggia il torrente in una piana che in tempi primordiali fu un lago creato dalle acque di fusione del ghiacciaio che da Occidente scendeva da Valmadrera e da Oriente scendeva con la colata di ghiaccio della Valle dell’Adda. Attraversato il ponte di legno, il percorso si avvicina al centro abitato della Valletta Brianza e incrocia la strada provinciale Como-Bergamo. Dirigersi verso il centro del paese, svoltare in via Traversa della Pesa e salire verso la Chiesa Parrocchiale percorrendo via Giovanni XXIII. Il panorama si affaccia su una piana che da Santa Maria Hoè arriva fino a Castello di Brianza, parte della Valle di Rovagnate. Su alcuni terrazzamenti, orti si alternano a alberi da frutta e vigne, coltivazioni tradizionali che ancora testimoniano l’economia agricola a livello famigliare tipica dell’Alta Brianza. La piana è invece coltivata a cereali, dove è praticata un’agricoltura intensiva. Alla rotonda salire la sterrata Via Roccolo (segnavia n.27, Roccolo/Tremonte) tra filari di conifere e terrazzamenti coltivati a vite. Giunti sul crinale il panorama mostra la Valle di Rovagnate tra i versanti del Monte di Brianza e i rilievi del Parco con il paese di Perego arroccato sulla collina. Il percorso prosegue poi nel bosco scendendo fino al centro abitato. All’incrocio svoltare lungo via Trento e proseguire fino alla località Tremonte. Questa frazione risale all’epoca dei romani che per primi si stabilirono in questa zona, fu importante per i traffici commerciali nella Valle di Rovagnate e nel Monte di Brianza. Proseguendo lungo la via del Ponte si arriva alla chiesa di Santa Veronica, situata all'interno di quello che un tempo era probabilmente una rocca dei Capitani di Hoè. Al suo interno è presente un affresco che rappresenta Veronica recante il santo telo con il Volto di Cristo, databile attorno al 1280. Dalla chiesa, una mulattiera sale verso il centro abitato di Tremonte. Si scorgono le rovine di una torre di avvistamento, risalente al X-XI secolo. In passato il complesso architettonico era imponente ed aveva un’importante funzione per il controllo del traffico stradale, che nell’antichità passava nella Valle di Rovagnate.La mulattiera prosegue tra terrazzamenti abbandonati e inselvatichiti alternati a terrazzamenti ben tenuti a ortaggi e frutta antica, fino a giungere al suggestivo ponte del Bordea.Attraversare il ponte, sospeso sopra il torrente Molgora e seguire le indicazioni della palina con segnavia n.25 Mirabella/Paù.La mulattiera si snoda nel bosco in mezzo a notevoli muri a secco, recentemente recuperati, e ad un certo punto un lavatoio in arenaria preannuncia l’arrivo alla località Mirabella.Dalla cascina Mirabella proseguire l’itinerario salendo la strada a tornanti che arriva all’abitato di Paù. Un uliveto occupa la maggior parte dei terrazzamenti che salgono fino al borgo, tra ronchi ancora coltivati a ortaggi e alberi da frutta antica e terrazzamenti pressoché abbandonati e inselvatichiti.Sul limitare della strada si trova il primo edificio, un oratorio di campagna dedicato a San Bernardo. Attraversare il centro abitato percorrendo via Piave e proseguire per la mulattiera che offre un punto panoramico sulla bergamasca, i rilievi di Montevecchia e la dorsale degli Appennini.La mulattiera scende in un bosco di castagni e querce fino alla valle dove scorre il torrente Alto Molgora, uno dei principali affluenti del Molgora. Proseguire per il borgo di Mondonico, attraversare il torrente e mantenersi sulla via Emilio Gola, lungo la quale sono allestiti una serie di pannelli recanti le opere del pittore.In passato Mondonico rappresentò un richiamo artistico per pittori come Emilio Gola, Aldo Carpi e Ennio Morlotti. Il borgo, oggi nel comune di Olgiate Molgora, ha la sua origine intorno all’anno mille, con la costruzione di un castello di proprietà della nobile famiglia Vimercati, di origine longobarda. In località la Squadra, la villa patrizia Villa Maria (risalente al quindicesimo secolo) fu l’abitazione della famiglia dei Bonfanti, poi feudatari Erba, dei nobili Rho e infine dei marchesi Secco d’Aragona.Più avanti si trova la chiesa di San Biagio, al cui interno si possono ammirare gli affreschi dell’abside e risalenti alla seconda metà del Cinquecento. L’itinerario prosegue a fianco delle mura di Villa Maria, per percorrere via Mondonico fino ad arrivare ad un bivio, dove a sinistra si incontra prima Villa Gola e poi Villa Sommi Piccenardi, un complesso architettonico risalente al 1700. Da Villa Sommi Picenardi proseguire lungo la via Sommi Picenardi fino a giungere alla stazione di Olgiate Molgora.
Da Cernusco Lombardone a Olgiate Molgora