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Autodromo Nazionale Monza

Sport motori ed alta velocità

Ricetta della Torta Resegone

Il dolce che, insieme alla torta Grigna, rappresenta in tavola le due montagne per eccellenza di Lecco.

Miniera Costa Jels (BG) e dintorni di Oneta

La Miniera di Costa Jels a Gorno è senz’altro un punto di partenza per un’affascinante visita in miniera. Un tempo il territorio era luogo di estrazione di minerali metalliferi (piombo e zinco) ed era un crocevia molto trafficato.Per gli appassionati ed anche i più curiosi il Museo Minerario di Gorno dispone di centinaia di oggetti, documenti, foto dell’attività di miniera a testimonianza della dura vita dei minatori dove è possibile ammirare le attrezzature, i materiali e gli esplosivi utilizzati per l'estrazione al museo; persino l'ufficio della tecnologia mineraria e il laboratorio chimico. L’affascinante mondo dei minatori non è il solo punto di forza di Gorno; infatti nelle numerose contrade è possibile scorgere angoli caratteristici e tracce, testimoni fedeli dell’antico passato rurale. La forte devozione è testimoniata dalla presenza di ben nove chiese, tra le quali spicca la Chiesa Parrocchiale di San Martino, all’interno della quale possiamo ammirare numerose opere d’arte di artisti locali.  Si continua tra boschi, prati e punti panoramici fino all'antico borgo di Peròli, Basso e Alti; nel passaggio da notare la chiesa della SS. Trinità, la fontana "Carpela", il tempietto di Casa Conti. Peròli Bassi è caratterizzato dalle antiche case torrette dei "Ghibellini", che nel Medioevo erano i minatori di Gorno.  L’itinerario proposto prevede un tour guidato alla scoperta del Pozzo Zay, la Vecchia Laveria Valle del Riso di Oneta: l'impianto di flottazione è una delle poche testimonianze rimaste dell'antica attività, la sua costruzione (1914) fu promossa dall'Inglese Crown Spelter che, insieme alla Vieille Montagne belga, possedeva la maggior parte delle miniere nell'alta valle della Seriana in quel periodo. Qui piombo e zinco venivano frantumati, macinati e flottati con acque e acidi separando il metallo dal resto dei detriti. Alla sua inaugurazione, l'impianto aveva una capacità di 120 t/giorno.  Il caratteristico Ponte di Cavlera con le condotte d’acqua che alimentavano la centrale idroelettrica nel cuore della terra. Per terminare con Il Palace, abitazione del direttore delle miniere. Il Museo Enografico rappresenta la “perla” di Oneta con una superficie di 450 mq, ospita spazi riservati all’etnografia, all’attività mineraria e alcuni laboratori scientifici.Elettromagnetismo, effetti del suono e sui gas, trasmissioni dove le scolaresche potranno essere parte attiva dell’esperimento. Oneta vanta di tante attività da poter fare durante tutto l’anno, si va dalla tranquilla scampagnata adatta a chiunque, all’escursione riservata ad utenti più esperti ed allenati, ma anche a percorsi percorribili in mountain-bike. Durante il periodo invernale sono molti gli escursionisti che amano cimentarsi con lo sci alpinismo.  

Autodromo Nazionale Monza

Il Tempio della Velocità: una leggenda per gli appassionati di motorsport.
Autodromo Nazionale Monza

I Lidi del Lago di Como

Il meritato relax e confort con i pieni ammollo nel Lago di Como
lettino lido lago como

Sul crinale delle valli Brembana e Seriana

Dedicata a Pierangelo Maurizio, guida alpina, scomparso sull'Everest nel 2007, questa ferrata vuole far riscoprire a molti appassionati il versante nord dell'Alben.   Perfetta forma geometrica dalle sembianze dolomitiche, che tocca i 2.019 metri di altitudine l'Alben risveglia lo spirito d'avventura con le sue rocce bianche, attraenti per ogni alpinista. Il massiccio calcareo dell’Alben fa da crinale alle Valli Brembana e Seriana, nella Bergamasca. La Ferrata Maurizio si sviluppa sul versante nord, in territorio brembano, risalendo l’anticima est del Monte Croce. Raggiungiamo la conca omonima, a 1.340 metri di quota. Vi si arriva da Oltre il Colle lungo Via Drago, l’ultimo tratto su buon sterrato. Oppure dal Colle di Zambla, imboccando Via Colle, in questo caso quasi completamente su fondo non asfaltato, ma in ottimo stato. L’area di sosta è ampia.Già alla partenza il vertiginoso itinerario si mostra in tutto il suo sviluppo. Ci si incammina per prati rimanendo sulla sinistra della pista da sci e una chiara traccia, alzandosi, piega verso destra rimanendo sotto il vallo di protezione dello ski lift. Lo si sormonta e percorre brevemente a ritroso fino a un piccolo pianoro, a 1.520 metri, dove indossiamo imbrago, kit da ferrata, guanti e caschetto. Pochi minuti ed ecco il cavo metallico. Nella parte iniziale, prendendo quota sulla destra, ci si aiuta a superare le forti pendenze fino a un tratto non difficile, seppure esposto. Lo si segue portandosi verso sinistra, lungo una cengia che arriva ad attraversare il canale dove ha inizio l’arrampicata vera e propria. La ferrata è esposta, ottimamente attrezzata, ma pure ricca di appoggi naturali. Non mancano i passaggi atletici e strapiombanti. La prima parete, oltre che dalla verticalità è caratterizzata da un paio di traversi, un diedro, roccette e un camino. Non impossibili, ma non per principianti. Un breve pulpito, su sentiero attrezzato, consente di tirare il fiato e indirizza al secondo muro. Un nuovo diedro è forse il passaggio che richiede maggiore abilità e attenzione. L’arrampicata continua su parete con molti appigli. Guadagnata la cresta sommitale in una quindicina di minuti, con brevi parti attrezzate, ci si trova alla selletta che incrocia la via normale che porta al Monte Croce.Si rientra dalla via normale, il segnavia è il 501, toccando il Passo della Forca. Poco prima della stradina che arriva dal Colle di Zambla si può optare per un sentiero nel bosco che porta al parcheggio. In alternativa, dalla Vetta del Monte Croce scendiamo dalla cresta ovest tra roccette e poi per il ripido Sentiero Ceroni fino alla zona della pista da sci. L’articolo da cui è tratto questo itinerario, lo trovate sulle pagine della rivista di MARZO 2021 TRA I GHIACCIAI DELLA MEMORIA.
Sul crinale delle valli Brembana e Seriana

Periplo del Monte Misma

Questo itinerario è per chi ha gambe allenate, inoltre vi sono punti lungo il percorso dove bisogna camminare in fila indiana, lo sconsigliamo dunque alle famiglie con bimbi piccoli da tener per mano.  Ci sono parecchi punti dove si può sostare e fare un pic-nic, panoramici o immersi nel bosco, deviazioni e cartine per decidere, anche al momento, l'opzione migliore seconda della propria preparazione fisica. Completare il periplo, facendo anche la deviazione per arrivare alla cima, è da decidere inoltre in base al meteo della giornata e alla stagione (ore di luce). Ad Albino, in Media Val Seriana, in provincia di Bergamo, dopo aver parcheggiato nel Piazzale Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, punto d'arrivo del tram (TEB), si varca il Fiume Serio e si va in direzione Vall’Alta. Dopo un centinaio di metri a destra si imbocca Via Monte Cura, si supera l’Agriturismo Cura e, presso un curvone, si prende a destra il sentiero CAI 511 (10’ dalla partenza). Si prosegue incontrando il sacello-tempietto che ricorda l’aggressione alla Beata Pierina Morosini e si giunge alla sua casa natale. Si prosegue e, superate altre due o tre casette si giunge in località Fonteno dove il sentiero incrocia la strada sterrata che sale da Abbazia. Dopo alcuni tornanti, la strada giunge in località detta Fòpa hòta conosciuta anche come casa “sotto la Corna”, ora in stato di abbandono.Qui la stradetta sterrata del Capanno termina e si prende il sentiero che sale fra prati e muretti. Si cambia versante verso levante e, dopo una decina di minuti, si incrocia il sentiero 601 verso la vetta del Misma, raggiungibile in mezz’ora. Noi scendiamo, affiancando la Baita Villa Giulia, per raggiungere il santuario di Santa Maria del Misma (924 m, 20’ da Villa Giulia). Si prosegue per il tratto in mezzacosta, si transita sulla frana della Corna Rossa e si raggiunge in 20 minuti Ol Ruculù, sul Monte Bastia. Sempre in senso orario si prosegue nel bosco ceduo dove si incrocia il sentiero che sale al Misma (CAI 539) e si raggiunge il colle di Pradolt. Ora su stradetta sterrata si scende all’area pic-nic di Pratolina (1 h dal santuario). Marciando in piano si rientra nel bosco e si raggiunge la chiesetta degli Alpini e il Santuario della Madonna della Neve (627 m). Qui si prende il sentiero gradinato che scende su Pradalunga e, superata la prima edicola della Via Crucis, al primo tornante si prende il sentiero a destra (15’ dal santuario). Si arriva alla Cà de Berghem e al sottostante bivio con Via Golosani. Si percorre quest’ultima per circa 50 metri e poi si prende un sentiero che sale a destra e costeggia un muraglione a secco che porta all’ex decauville di servizio alle cave. Si percorre in piano l’intero tratto sino ad arrivare al Piazzale della Tramoggia. Si piega a sinistra e in breve si è al piazzale di partenza (1 h 15’ dal Santuario). Per ulteriori dettagli: CAI Albino - tel. 035751624
Periplo del Monte Misma

Cima Comer, dove migrano i rapaci

Cima Comer è una montagna di modeste dimensioni che sorge sulla sponda ovest del Lago di Garda. L’escursione per raggiungere la sua vetta non è eccessivamente complicata, è percorribile in tutte le stagioni e soprattutto è ricca di splendidi scorci sulla parte meridionale del lago. Nelle giornate più limpide è infatti possibile scorgere in lontananza la lingua di terra di Sirmione, mentre, girandosi a Ovest, sono ben visibili tutte le montagne della sponda veneta, dominate dallo splendido monte Baldo.Il trekking è inoltre arricchito dalla possibilità di visitare l’eremo di San Valentino, posto a 770 m di quota e incastonato in una delle ripide pareti di roccia di questa zona. Il sentiero è lungo circa 8 km (sola andata), il dislivello è di circa 800 m, in quanto si parte dalla località Sasso a 484 m di altezza per salire alla cima Comer che è a 1.279 m di altitudine, non si tratta quindi di una passeggiata adatta a tutti, è richiesto un poco di allenamento. Esistono diverse varianti per allungare l’escursione, rendendola così più semplice, oppure per accorciarla, affrontando tratti molto più ripidi e diretti. Si consiglia inoltre di attrezzarsi con acqua prima di iniziare l'escursione, perché una volta raggiunta la vetta non ci sono zone di ristoro. Il sentiero ha inizio dal piccolo borgo di Sasso. Per arrivarci bisogna raggiungere il paese di Gargnano, per poi deviare sulla strada SP9. Dopo numerosi tornanti e circa 7 km si individua sulla destra l’indicazione per Sasso.Dopo aver percorso quasi completamente il paese si può parcheggiare nei pochi parcheggi gratuiti disponibili, posti in prossimità di un bar. Si tratta solamente di circa 15 parcheggi, quindi in alta stagione non sarà difficile trovarli completamente occupati, in tal caso bisognerà tornare indietro e lasciare l'auto in una delle numerose piazzole o in altri parcheggi gratuiti posti qualche centinaio di metri prima. Si inizia a camminare nelle strette vie dell’abitato seguendo le indicazioni per Cima Comer, fino al raggiungimento di una fontanella con un lavatoio. Superata la fontana si imbocca il sentiero numero 31 che si estende inizialmente in un piccolo uliveto e successivamente tra alcuni alberi da frutto. Dopo poche decine di metri il fondo diventa sassoso e si entra in un fitto bosco che chiude completamente la vista sul lago e sulle montagne circostanti. La mulattiera si fa sempre più stretta e la pendenza aumenta a mano a mano che si prosegue. Nelle giornate asciutte il sentiero è di facilissima percorrenza anche in discesa. In caso di fondo bagnato bisogna invece fare attenzione ai numerosi sassi lisci che potrebbero renderlo scivoloso. Sono assolutamente consigliate delle calzature adatte e dei bastoncini da trekking.Dopo circa 20 minuti si giunge ad una sorta di terrazza naturale che consente di avere un’ottima vista su Gargnano, la catena del Monte Baldo e il lago di Garda meridionale. La veduta è realmente incantevole, ma questa escursione è letteralmente disseminata di punti simili, che ovviamente si fanno sempre più spettacolari con l’aumentare della quota. Si prosegue senza troppe difficoltà per qualche altro minuto fino a raggiungere il primo bivio. Sulla sinistra prosegue il sentiero 31 verso cima Comer, sulla destra i cartelli indicano la presenza dell’eremo di San Valentino. La deviazione verso questo piccolo luogo di culto è assolutamente consigliata per via del contesto paesaggistico eccezionale all’interno del quale è inserito. Il sentiero per raggiungerlo dura solamente 10 minuti, ma diviene abbastanza ripido ed è formato prevalentemente da grossi gradoni di roccia. Per aiutare la discesa è stato piazzato anche un cordino metallico nei punti più scoscesi. Non si tratta comunque di un sentiero pericoloso, ma bisogna avere gamba ferma e fare attenzione. Si scende quindi lungo una scalinata di roccia naturale, tornati nuovamente in piano si giunge a una piccola porta in legno posta al centro del sentiero. Un masso fissato ad una sorta di carrucola tiene chiusa la porta, per superarla bisogna quindi spingerla con un po’ di forza. Varcata la porta solamente un’ultima salita molto ripida su fondo pietroso ci separa dall’eremo. Giunti finalmente alla nostra meta il sentiero si allarga, lasciando lo spazio a un piccolo praticello circondato da cipressi, dove sorge l’eremo di San Valentino. La struttura è molto modesta ed è costituita solamente da una cappella, una sacrestia, e altre tre stanze di cui una adibita a deposito. Ma è come sia stata eretta a ridosso di una grande parete rocciosa, in un posto così inaccessibile ed isolato, a lasciare veramente incantati.La storia narra che l’eremo fu costruito nel 1650 dagli abitanti di Gargnano che nel 1630 erano riusciti a fuggire dalla peste rifugiandosi su queste montagne. Da antichi documenti pare che, nel corso dei secoli, l'eremo fu abitato da almeno tre eremiti. Dopo una breve visita alla cappella e alle stanze ci si rimette in cammino. In questo punto si ha la possibilità di proseguire lungo il sentiero attrezzato che dall’eremo sale rapidamente verso un punto panoramico chiamato Pulpito, per poi ricongiungersi nuovamente con il sentiero 31. Questo tratto è classificato come EEA (escursionisti esperti con attrezzatura), c’è la possibilità di tornare sui propri passi per ricongiungersi al precedente bivio e proseguire sul 31 salendo in mezzo ai boschi.In entrambi i casi dopo 20/30 minuti ci si ritrova nella stessa posizione all’interno di un fitto bosco. Percorrere questa zona a inizio autunno è veramente emozionante per i molteplici colori degli alberi, per le foglie rosse cadute sul terreno e per i rari ricci di castagne che ogni tanto si possono trovare lungo il sentiero.Questa parte del tratto 31 si fa abbastanza ripida e il sentiero si restringe molto. Non si può dire che sia complicato, ma la salita costante potrebbe iniziare a far sentire la fatica. Giunti in un’area pianeggiante è ben evidente il secondo bivio di questa escursione. Girando a destra si prosegue lungo il 31, ora classificato come EE, proseguendo a sinistra si imbocca il 31a che, allargando la strada, permette di raggiungere il Rifugio Alpini di Gargnano. Entrambi i tratti portano in circa un’ora a Cima Comer.Bisogna quindi decidere se affrontare il sentiero più diretto e impegnativo di destra o quello più lungo e semplice sulla sinistra. Il consiglio è quello di scegliere un tratto per l’andata e poi percorrere l’altro durante la discesa.Si decide quindi di girare a sinistra e si prosegue per qualche minuto in mezzo al bosco con salita costante, per poi tornare in piano lungo un tratto molto più battuto e largo. Il sentiero si tramuta nuovamente in mulattiera e dopo pochi minuti esce dal bosco aprendo la vista a degli ampi prati verdi e ad una strada. Questa zona è infatti raggiungibile dalla stretta, ma comunque asfaltata, via Brano. La strada è il modo più rapido per raggiungere il Rifugio Alpini di Gargnano che sorge proprio a pochissimi metri dal parcheggio.Costeggiando la carreggiata e superando i parcheggi si giunge quindi alla struttura del rifugio. L’area è attrezzata con diversi tavoli, bagni, fornelli, ampi spazi per fare una grigliata e un vasto spiazzo. Il tutto è recintato e accessibile solamente se è presente un gestore. Non si tratta infatti di un rifugio nel senso classico del termine. Gli alpini di Gargnano tengono aperta la struttura, consentono a tutti di utilizzare la legna, i fornelli e l’area per grigliare, ma non mettono a disposizione bevande o cibo.È richiesta inoltre una piccola donazione sulla base degli strumenti utilizzati. Dopo una breve pausa si prosegue lungo il sentiero 32 che, appena dopo il rifugio, entra nuovamente nei boschi lungo il versante occidentale di Cima Comer.La salita non è ancora terminata, in quanto per arrivare alla cima mancano ancora circa 250 m di dislivello. Il sentiero 32 affronta questo tratto con un paio di tornanti molto ampi, ma la salita sarà sempre costante e lungo l’ultimo tratto anche abbastanza impegnativa. Dopo circa 40 minuti si esce finalmente dal bosco e ci si porta sulla cresta del monte.Proprio alla fine del sentiero si trova una panchina, una bacheca e un piccolo terrazzo in legno costruito su di una roccia e posto nel punto più panoramico della cima.Questa curiosa costruzione viene chiamata “Osservatorio di Cima Comer” proprio perché da questa zona sarà molto facile osservare il volo di svariati uccelli rapaci, in particolare di falchi.Ovviamente questo balcone panoramico è anche ideale per osservare il paesaggio. Da qui non esistono ostacoli e la vista spazia da Riva del Garda a Sirmione fino al massiccio del monte Bondone; sotto i colori intensi del lago che variano da stagione in stagione e da ora in ora. È veramente emozionante trovarsi in una posizione così privilegiata e poter ammirare l'immensità di questo lago. Non tutte le giornate saranno ugualmente adatte per poter osservare questo panorama a perdita d’occhio: la parte meridionale del lago di Garda nei periodi più caldi dell’anno è generalmente coperta da una fitta foschia. Se si ha modo di salire dopo un temporale o dopo una giornata particolarmente ventosa state però certi che non rimarrete delusi. L’osservatorio non è però il punto finale dell’escursione, bisogna percorrere ancora qualche decina di metri in salita per raggiungere la punta effettiva di Cima Comer, sulla sommità della quale è piazzata una piccola croce bianca.Lo spiazzo sulla cima non è molto ampio e i tratti pianeggianti sono limitati. È però presente una panchina e alcune rocce dove potersi sedere per mangiare qualcosa.Da qui la visuale sul lago viene parzialmente coperta da un gruppo di alberi, ma proprio di fronte alla panchina si estende lo scorcio migliore sul monte Baldo.Dopo una pausa, anche per poter immortalare il paesaggio da ogni angolazione possibile, si può iniziare ad affrontare la discesa. Nel percorso viene descritto il tratto EE (sentiero 31) evitato durante la salita.Si scende dalla cima portandosi nuovamente all’osservatorio, da qui si individua facilmente sulla destra un tratto che scende in maniera abbastanza decisa (segnavia numero 31).Si inizia a scendere quindi lungo un sentiero abbastanza stretto e con fondo roccioso. I numerosi tornanti di questo primo tratto rendono la discesa un po’ meno ripida ma permettono anche, dopo ogni curva a sinistra, di portarsi a filo della cresta sulla parete a strapiombo. Questi brevi tratti molto frequenti sono estremamente suggestivi in quanto consentono di sporgersi per ammirare le immense pareti di roccia verticali di Cima Comer, ma permettono anche di avere una vista sempre leggermente diversa sul lago.Si scende quindi intervallando sezioni in un rado bosco, con sezioni sulla roccia a ridosso del limite della cresta. Perdendo quota la traccia si fa poco chiara, anche per via delle numerose foglie che coprono il terreno, le indicazioni rosso bianche sono però abbastanza frequenti e consentono di non imboccare mai il sentiero sbagliato. Entrando nel bosco le vedute sul lago diventano sempre più rare, anche se in questa zona un piccolo sperone di roccia nascosto dai rami degli alberi crea quello che probabilmente è il miglior scorcio fotografico di tutta la salita: viva roccia a strapiombo, foglie colorate sugli alberi, i piccoli paesini sulla riva bresciana ed in secondo piano l’immensità del lago. Con un unico scatto si riesce a riassumere tutte le caratteristiche di questa uscita. Proseguendo in discesa ci si ritrova al bivio con il 31a. Da qui il percorso è identico a quello già fatto in salita. Come già detto il fondo è ricco di rocce e radici che, se non bagnate, non creano alcun problema. In caso di pioggia alcuni tratti potrebbero diventare però un po' problematici.Dopo 1’:40’ dalla partenza dalla cima si sta tornando a scorgere i tetti delle case del paese di Sasso e dopo pochi minuti si è nuovamente al parcheggio. - Ph: Stefano Poma
Cima Comer, dove migrano i rapaci

Trekking al Rifugio Medici sotto la Presolana

Ai piedi della Regina orobica

Passeggiata Ca' branchi- Somasassa- Caven- Tresenda

Difficoltà: facileTipologia: mistoTempo di percorrenza: 2 ore e 30 minutiAdatta a famiglie con bambini Dall’abitato di Teglio, si segue la strada provinciale verso Tresenda sino alla frazione di Ca’ Branchi, dove si imbocca la strada che scende a sinistra, seguendo le indicazioni per il laghetto di Somasassa. Si può lasciare l’auto presso il parcheggio del lago di pesca sportiva. Si prende la strada sterrata che scende verso valle e, dopo poche decine di metri, si può ammirare un antico e ampio castagneto da frutto. Dopo circa 500 metri, si scorge alla propria destra il campanile della chiesa di San Gottardo, mentre sul versante orobico, si può osservare la frazione di Carona e, più a destra, incastonato tra due declivi, il campanile della frazione di Bondone.  Deviazione per CavenAll’inizio della strada in cemento,  si prende la via sulla propria destra che scende ripida verso valle, snodandosi tra i vigneti terrazzati dove si produce il vino Valgella, prestigioso Valtellina Superiore docg. Proprio presso questi terrazzi vitati sono state ritrovate le stele di Caven appunto, reperti preistorici di grandissimo pregio, visionabili oggi nelle sale di Palazzo Besta. Comincia ora un tratto in discesa, che prosegue sovrastando la frazione di Tresenda, verso la fine del quale si può ammirare alla propria sinistra una ceppaia di celtis australis (bagolaro) incastonata in una porzione rocciosa frastagliata. Proseguendo in leggera salita, l’area coltivata a vite lascia spazio ai frutteti - meleti in particolare - e ad antichi terrazzamenti di castagno da frutto. Dopo circa 1.300 m di percorso si giunge a una postazione panoramica sulla parte orientale della valle, dove si possono chiaramente sorgere in successione gli abitati di Boalzo, Bianzone, Villa di Tirano, Tirano (sovrastata dalla mole del Monte Massuccio) e, sul fondo, il conoide di Sernio. In corrispondenza di un ruscello, inizia il percorso di ritorno. All’incrocio con la strada che porta da Balzo a Teglio si prosegue a sinistra, costeggiando il ruscello e sul tornante si continua sull’asfalto in leggera salita. Affrontati i due tornanti in salita, si apre un’ampia selva castanile, punto ideale per una breve sosta ombreggiata. Al bivio che segue, si prosegue a sinistra seguendo la strada principale e, alla propria destra, si può ammirare  un’antica cappella votiva. Si risbuca dunque alla piana di Somasassa. Al bivio si può scegliere se proseguire verso sinistra e concedersi una visita al borgo di Somasassa,  oppure se continuare verso destra, riportandosi verso il punto di partenza. Dopo circa 20 minuti di cammino, si imbocca il sentiero sterrato sulla sinistra che costeggia il lago di Somasassa e riconduce al parcheggio. Clicca il link qui sotto per scoprire il prossimo percorso!
Somasassa

Si pedala tra il bello, da Chiavenna a Colico

Soprattutto in autunno salire in bicicletta per andare alla scoperta di un bell’angolo della Lombardia senza fare ricorso alla nostra auto è piacevole e possibile, la meta dove arrivare, per poi partire a pedalare, è Chiavenna, in provincia di Sondrio, che si raggiunge con il treno.   Valtelbike è un servizio messo a disposizione proprio di chi vuole spostarsi in libertà, con la sola forza delle proprie gambe, un circuito che consente di noleggiare le bici in diverse località della Valtellina, nel nostro caso Chiavenna, con la possibilità di restituirle in un’altra postazione, per noi Colico (Lecco), al termine dell’escursione. Si inizia la pedalata tra le vie del centro di Chiavenna, tra fontane in pietra ollare, pavimentazione in porfido e locali tipici, si attraversa due volte il Fiume Mera per trovarsi di fronte a Palazzo Balbiani, localmente chiamato il Castello, si passa sotto il Parco Botanico del Paradiso, antica e panoramica cava di pietra, si risale verso nord arrivando nella zona dei crotti, piccoli edifici sfruttati come frigoriferi naturali grazie al Sorel, un vento che esce dalla montagna a 8ºC per tutto l’anno. Oggi molti sono stati riconvertiti in ristoranti. Si raggiunge il doppio salto delle Cascate dell’Acquafraggia, capaci di affascinare Leonardo da Vinci tanto da citarle nel Codice Atlantico, si è a Borgonuovo di Piuro ed è qui che si inverte la rotta puntando verso sud ritornando Chiavenna dove si possono ammirare altre due nobili testimonianze storico-artistiche: la Collegiata di San Lorenzo e il Battistero Monolitico del 1100. Superando i Ponti sul Mera e sul Liro, si pedala per 14 km in leggera discesa su percorso asfaltato dedicato alle biciclette. Le vette della Val Chiavenna fanno da cornice. A Novate Mezzola l’ambiente cambia repentinamente: prima il lago con i suoi ampi orizzonti, poi gli stretti passaggi a fianco della montagna. Verceia ci presenta invece una straordinaria opera del’ingegneria militare: la galleria di mina di San Fedele. Un suggestivo passaggio sul lungolago ci introduce alla Riserva naturale dei Piani di Spagna. Da qui all’Adda qualche chilometro su strada richiede un minimo di attenzione, ma l’ultimo tratto lungo il fiume rimette a contatto con la natura, si passa dal Forte di Fuentes, di origine spagnola, e dal Forte Montecchio, risalente alla Grande Guerra, si costegguia infine il Lario e dal Molo di Colico si conclude la pedalata alla stazione ferroviaria della cittadina lecchese, all’ombra del Monte Legnone. Immagine di copertina: @klaus dell'orto
Si pedala tra il bello, da Chiavenna a Colico

In Val Campelli al Rifugio Campione

Questo che vi suggeriamo è uno scenografico itinerario nel cuore della Val di Scalve, si tratta della Val Campelli dove si trova la catena montuosa soprannominata “Piccole Dolomiti di Scalve”. La partenza si trova poco oltre il paese di Schilpario, in prossimità dell’area sportiva, dove si imbocca la strada in direzione Passo del Vivione, che si addentra subito in un bellissimo bosco di conifere con a fianco il Fiume Dezzo e i circuiti di sci nordico. Si costeggia il Museo delle Miniere e si giunge in località Fondi, un piccolo e caratteristico borgo di case in pietra e tetti in ardesia. Da qui la salita inizia a farsi più ripida, con tornanti, ed attraversa pascoli e baite che creano uno scenario davvero unico, continuando in un simile cornice si trova la nostra prima tappa, il Rifugio Cimon della Bagozza. Al bivio sotto il rifugio ci stacchiamo dalla strada che porta al Vivione e proseguiamo in direzione Campelli sulla la strada massicciata che si trasforma presto in una sterrata inoltrandosi nella bellissima conca di Baione dove è possibile ammirare l’anfiteatro naturale delle “Piccole Dolomiti di Scalve”, una dorsale calcarea che si estende dal Passo Campelli fino al Pizzo Camino. Passiamo a fianco della Madonnina dei Campelli, una statua raffigurante la Madonna su uno sperone di roccia e ci addentriamo in mezzo ai prati che nel periodo primaverile/estivo sono un’esplosione di colori grazie ai fiori selvatici che vi fioriscono, creando contrasto con le grigie rocce della catena montuosa sullo sfondo. Un ponticello sul Fiume Dezzo ci conduce al Passo Campelli e, in seguito, al Rifugio Campione, un piccolo ma accogliente luogo di ristoro adagiato sotto l’omonimo monte. Per il ritorno si ripercorre la medesima via dell’andata gustandoci i panorami da un’altra prospettiva.
In Val Campelli al Rif. Campione