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10 motivi per visitare Pavia

Il Duomo, i musei, l’orto botanico, l’università. I borghi dell’Oltrepò. Ecco 10 buoni motivi per visitare Pavia

Lago di Garda tra castelli e vestigia

Terra di piacere e di invasioni, il basso Garda è ricco di testimonianze storiche, che affondano le radici addirittura nell’età del Bronzo
Lago di Garda Tra castelli e vestigia

Rocca Scaligera di Sirmione

Rocca Scaligera di Sirmione è uno dei castelli meglio conservati d’Italia ed è completamente circondato dalle acque del Lago di Garda
Rocca Scaligera di Sirmione Lago di Garda

Lecco: Luoghi e Vie della Fede

La provincia di Lecco, un tesoro di fede e cultura. Monasteri, chiese e monumenti religiosi. Un itinerario culturale e spirituale
Lecco: Luoghi e Vie della Fede

La strada cavallera del Muretto

Un antichissimo corridoio di collegamento alpino, via di transito di merci, persone e cultura

La strada cavallera del Muretto

Un antichissimo corridoio di collegamento alpino, via di transito di merci, persone e cultura

Infopoint Pavia

Scopri Pavia: città di Saperi, di Fiume e di Cammini

Un viaggio nel cuore del Piccolo Mondo Antico

Scoprire Valsolda, ne vale la pena. È un borgo incantevole, nascosto in un angolo del Ceresio conosciuto come il “Piccolo Mondo Antico”. Questo pittoresco paese, situato in provincia di Como, offre una combinazione unica di storia, cultura e natura.   La sua posizione privilegiata e il microclima particolare ne fanno una meta ideale per chi cerca tranquillità e bellezza. Il viaggio inizia con una visita a Villa Fogazzaro Roi, parte del circuito del FAI, dove immergersi nelle atmosfere narrate nei romanzi di Antonio Fogazzaro. Le stradine del paese condurranno attraverso un percorso storico e letterario che parte dal Santuario della Caravina a Cressogno, luogo di pellegrinaggi dal XVII secolo, fino a San Mamete, caratterizzato da una pittoresca piazzetta con portici e dalla chiesa dei Santi Mamete e Agapito con il suo campanile romanico.Proseguendo lungo il lago, si raggiunge ad Albogasio inferiore, da dove parte un itinerario tematico che evoca i luoghi descritti in “Piccolo mondo antico”, culminando nella visita alla suggestiva Villa Fogazzaro Roi a Oria.Valsolda offre anche altre perle come la Cappella di San Martino, soprannominata la piccola Cappella Sistina della Lombardia. Nel borgo medievale di Castello, si potrà ammirare la chiesa di San Martino e visitare il museo di Casa Pagani, dedicato al celebre pittore Paolo Pagani. Per gli amanti della natura, imperdibili sono gli itinerari escursionistici nella Foresta Demaniale di Valsolda, ricca di una straordinaria biodiversità.Il borgo di Castello, con le sue case disposte a semicerchio su una rocca, offre scorci incantevoli e una vista mozzafiato sul lago. Questo borgo medievale, un tempo sede di un castello ora scomparso, ha dato i natali a numerosi artisti che hanno lasciato un’impronta significativa in Italia e in Europa. Le loro case, tra cui quelle dei Fontana e di Domenico Merlini, sono ancora visibili e testimoniano l’importante eredità culturale di Valsolda.Valsolda il “Piccolo Mondo Antico del Ceresio”- COMO.Da visitare, appunto, Villa Fogazzaro Roi, bene appartenente al circuito del FAI. Il paese si trova in una posizione privilegiata con un micro clima unico. Lungo le sue stradine è possibile ripercorrere i luoghi narrati nei romanzi di Antonio Fogazzaro. Dal Santuario della Caravina a Cressogno, meta di pellegrinaggi fin dal ‘600, si giunge a San Mamete con la sua pittoresca piazzetta con i portici, la chiesa dei Santi Mamete e Agapito, con il suo campanile romanico. Passeggiando sulla riva del lago si raggiunge Albogasio inferiore, da dove inizia un percorso tematico che rievoca i luoghi di “Piccolo mondo antico” e culmina con la visita di Villa Fogazzaro Roi ad Oria.Valsolda – Cappella di San Martino, la piccola Cappella Sistina della LombardiaAd Albogasio si raggiunge il borgo medievale di Castello con la chiesa di San Martino, la piccola Cappella Sistina della Lombardia e, in più il museo di Casa Pagani. Per gli amanti della natura immancabili gli itinerari escursionistici della Foresta Demaniale di Valsolda con il suo patrimonio faunistico e botanico. Valsolda – Borgo Castello - COMOBORGO MEDIEVALE DI CASTELLO: Posto su una rocca con le case a semicerchio, il borgo medioevale di Castello offre splendidi scorci interni e una vista impagabile sul lago. Chiamato così per la presenza in epoca medioevale di un castello (poi distrutto), è sede del Museo Casa Pagani, casa natale di Paolo Pagani, uno dei pittori più importanti del Seicento lombardo, che ha lasciato il suo testamento spirituale nell’affrescodella volta della chiesa di S. Martino, capolavoro del barocco italiano. Castello ha dato i natali a molti architetti e scultori che hanno lavorato in Italia e in Europa. Si possono vedere ancora le loro case come quelle dei Fontana o quella di Domenico Merlini. Lavena Ponte Tresa – VARESE.Da qui parte la pista ciclabile della Valganna e Valmarchirolo, un percorso piuttosto facile che conduce alla scoperta di un’area di particolare rilevanza ambientale, punteggiata di interessanti monumenti storici.Chi ama i cammini, da Lavena Ponte Tresa si snoda quello della Via Francisca del Lucomagno, un’antica via romana longobarda che da Costanza, nel centro Europa, porta a Pavia passando dalla Svizzera. Il tracciato è ben segnalato e in sicurezza. La Via può essere percorsa tutto l’anno, a piedi o in bicicletta. Alla meta, a Pavia, la Francisca prosegue verso Roma con la Via Francigena. Lungo il tragitto è possibile visitare beniUnesco, parchi naturali, beni artistici e storici. Lago di Piano/Carlazzo – COMO.Di notevole interesse naturalistico, la Riserva rientra nei confini comunali dei paesi di Carlazzo e di Bene Lario. Si estende intorno al Lago di Piano che, se pur di modeste dimensioni, è ricco di numerosi habitat naturali e offre paesaggi di incantevole bellezza. Nell’oasi sono presenti uccelli, anche di pregio, come il picchio, l’upupa, la civetta, il falco di palude; sono presenti anche scoiattoli, lepri, volpi, tassi, martore, donnole, faine, cervi e caprioli. Il principale punto di informazione (e di parcheggio) è alla casa della riservadove vi è la possibilità anche di vedere un piccolo museo naturalistico. Il Lago di Piano è parzialmente costeggiato dalla pista ciclabile che collega Porlezza a Bene Lario, per proseguire fino a Menaggio e al Lago di Como. Il Museo Etnografico del Latte/Carlazzo – COMO.È una particolare collezione di forme per la lavorazione del burro, dosatori, zangole e tanti altri strumenti inerenti alla raccolta, conservazione e lavorazione del latte. Il museo è allestito in una grande stanza al piano terra dell’edificio, che fu sede originaria della Latteria Sociale di Carlazzo. Oltre agli strumenti e agli attrezzi, particolarmente interessante il registro dei soci. Pista ciclabile Porlezza Menaggio – COMO.Con i suoi 13,5 chilometri la ciclabile che collega il Lago Ceresio con il Lago di Como è sicuramente un itinerario green tra i più frequentati dagli escursionisti che si muovono sulle due ruote. Si snoda lungo la ex ferrovia che univa Porlezza con Menaggio, inaugurata nel 1884, un mezzo di trasporto che permise di incrementare il turismo del nord Europa verso la regione dei laghi. Da una tratta sterrata che attraversa ecosteggia il lago di Piano, la ciclabile unisce i paesi di Porlezza, Carlazzo e Bene Lario, dove si trova la stazione di Bene-Grona, un’area verde e incontaminata. La tratta può essere percorsa anche a piedi. Borgo dipinto Claino con Osteno – COMO.Claino con Osteno si trova nella parte bassa della Valle Intelvi, lungo l’itinerario per raggiungere il “Ceresio” e si compone di due borghi: Claino è la parte più alta, da cui si domina un panorama mozzafiato e Osteno quella che costeggia il lago Ceresio. Da visitare a Claino il Borgo dipinto, un piccolo museo a cielo aperto in continua evoluzione dove gli artisti contribuiscono alla valorizzazione con opere uniche e singolari. Ipannelli esposti sulle facciate delle case, colorano e danno vita al centro storico. La frazione di Osteno offre una spiaggetta naturale dove poter praticare gli sport d’acqua. Nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo son0 custoditi il Tabernacolo e la Madonna col Bambino dello scultore rinascimentale Andrea Bregno. Tra le chiese quella di San Vincenzo e la cappella di Santa Giulia. Gli amanti del trekking potranno scegliere diversiitinerari e, lungo il torrente Lirone, potranno lanciarsi in esperienze di canyoning. A Osteno sono visitabili le Grotte di Rescia, un patrimonio naturale incontaminato. Le sette Grotte di Rescia, unite in un unico complesso agli inizi del ‘900, si snodano lungo un percorso turistico di 500 metri alle pendici dei monti, sul versante orientale del Lago Ceresio. Queste caverne, già dal ‘700, furono meta di turisti provenienti da tuttaEuropa, rappresentano una rarità a livello nazionale e ciò in relazione alla loro origine: si tratta infatti di una cavità originata all’interno di colate di travertino, conosciuto impropriamente come “tufo”. L’azione dell’acqua, perdurata nel corso degli anni, ha scavato una serie di vuoti nel travertino depositandovi spettacolari concrezioni. Le Grotte di Rescia offrono la possibilità di osservare da vicino la “vita” di unagrotta. Brusimpiano - VARESE.È un piccolo borgo diviso in due dal torrente, con due distinti centri storici: Brusimpiano e Brusinetto. È gettonatissimo in estate per le sue spiagge. Non bisogna dimenticare la piscicoltura, meta ogni anno di centinaia di turisti e scolaresche. Importante ricordare che da qui passa la Linea Cadorna della I Guerra Mondiale. Porto Ceresio- VARESE.Ideale per raggiungere in battello tutte le località italiane e svizzere, offre una passeggiata di due chilometri sul lungolago. Per gli amanti del trekking l’escursione lungo il Sentiero dei Fossili. Anche qui è ben visibile la Linea Cadorna della I Guerra Mondiale. (Ph: Arianna Augustoni) 

Travacò Siccomario

Il comune di Travacò Siccomario si trova due chilometri a sud di Pavia, tra il Ticino e il Po, presso la loro confluenza e insieme al comune di San Martino Siccomario è parte del territorio denominato Siccomario. Il Siccomario: nome e territorio nei documenti più antichi Per affrontare il problema dell'origine del nome alquanto inconsueto di Travacò Siccomario, occorre esaminare separatamente i due termini "Travacò" e "Siccomario", attenendosi il più possibile ai dati oggettivi desumibili dalla documentazione archivistica disponibile. Da quest'ultima appare chiaro, come si vedrà, che le suggestive interpretazioni che derivano "Siccomario" da "sicut mare" o da "siccum maris", azzardate da qualche cronista, sono del tutto fantasiose e prive di fondamento, come anche quelle che pretendono di derivare il nome da una sorta di categoria di bonificatori di paludi detti "sighemarii". Prima di entrare nel merito, tuttavia, occorre delimitare con chiarezza l'estensione territoriale del Siccomario. Delimitazione geografica del Siccomario Il toponimo "Siccomario", o meglio il coronimo, poiché si tratta della denominazione di un territorio e non del nome di singole località o centri abitati, identifica una zona ben determinata. Nel 1330 il cronista Opicino de Canistris descrive così il territorio che si trova a sud di Pavia: "La parte di mezzo del territorio a sud della città è delimitata da tre fiumi. Il Po a 5 miglia, il Gravellone a 500 metri ed il Ticino lungo le mura stesse della città. La parte più piccola del territorio in questa direzione si trova tra il Ticino e il Gravellone, appartiene tutta al Comune [di Pavia], e contiene soltanto prati ed il luogo della giustizia". E' l'attuale Borgo Ticino. "La seconda parte è piena di ottimi campi e produce frutti abbondanti di diverso genere". Questa parte, che si trova tra il Gravellone ed il Po, si chiama Siccomario ("Siccomarium appellatur"). Qui nascono vini che d'estate non fanno male, perché di bassa gradazione, e che quindi hanno i loro pregi pur essendo di qualità non elevata. In vicinanza alla città nel Siccomario è un luogo detto volgarmente Terra Arsa, distante dalle mura un miglio e mezzo, dove fu allevatoS.Martino vescovo di Tours. C'è poi un'altra parte, al di là del Po, che è l'Oltrepò vero e proprio. Poco oltre, entrando più in dettaglio, Opicino aggiunge che "questa città ha tutt'intorno, specialmente nel Siccomario, molti orti e giardini e molti pomarii", cioè frutteti dove si coltivano mele. Dalla descrizione sembra emergere quindi che il Siccomario fosse la terra tra Gravellone e Po e che una parte di essa, nella quale all'epoca di Opicino si trovava l'abitato di S.Martino, si chiamasse "Terra arsa". Questo fatto, del resto, è suffragato dalla documentazione medioevale nella quale, quando si parla di San Martino, si dice sempre "San Martino in terra arsa" e non "in Siccomario". L'estensione del termine Siccomario a San Martino, quindi, è sicuramente un fatto più recente. Il termine "Siccomario" nei documenti più antichiIl documento più antico di cui disponiamo che alluda all'attuale zona del Siccomario è una donazione che Carlo Magno fa al grande Monastero di S. Martino di Tour, nel 774, dopo aver assediato Pavia e sconfitto i Longobardi. In questo documento, pur trattando di chiese e terreni siti nel Siccomario, questo termine non compare mai. In quest'epoca, e ancora per qualche secolo, il nome "Siccomario" continua a non comparire. Analogamente compare l'aggettivo "arida", ma non "terra arsa", che invece fa la sua prima comparsa nel 909, in un documento di Berengario I che, parlando dei beni che appartengono alla canonica di S. Giovanni Donnarum di Pavia, cita "pratellos quinque" [5 praticelli] in loco quae dicitur terra arsa pratum unum cum silvula" cioè "nel luogo che si chiama terra arsa un prato con un boschetto". Quindi in quest'epoca, e fino a tutto il secolo decimo, abbiamo solo il nome "terra arsa" che mentre non esiste ancora il toponimo Siccomario. Dopo quasi due secoli di vuoto, senza alcuna documentazione pervenuta, in un documento del 2 ottobre 1099 arriviamo finalmente alla prima menzione del "Siccomario". L'Abbazia di S.Maiolo in Pavia, infatti, vende dei beni "in loco et fundo Sigemario at Pozzallo". ("Locus et fundus" è un'espressione usata, in genere, per indicare un centro abitato rurale di piccole dimensioni, di solito un paese col suo territorio). In ogni caso, la spiegazione più logica è che "Sigemarius" sia un nome di persona germanico, attestato molto bene in Lombardia già nei secoli VIII° e IX°, assai probabilmente nemmeno longobardo ma franco, anche se questo non si può giurare in assoluto. Chi fosse questo Sigemario, perché avesse dei beni in questa zona e perché abbia lasciato il suo nome è oscuro, tuttavia c'è un'interessante coincidenza che rafforza tale interpretazione, infatti esisteva in Pavia, nel secolo IX°, un Monastero "de Sigemario". Questo fatto basta già, comunque, ad attestare l'esistenza e la circolazione di questo nome. Il Monastero "de Sigemario" si chiamava così proprio perché era stato fondato da un tizio di nome "Sigemario". Anche questo Monastero però non si sa di preciso dove fosse e dal secolo X° non se ne ha più notizia. Quindi la spiegazione più logica è che "Siccomario" derivi da un nome di persona diventato toponimo. La spiegazione tradizionale, dunque, era quella del "secco mare" finché non è arrivato l'Olivieri che, negli anni intorno al 1930, ha dato questa spiegazione legata al nome "Sigemarius". L'Olivieri è un grande studioso di toponomastica che ha scritto, tra le altre cose, un dizionario di toponomastica lombarda e, tutti quelli che sono venuti dopo l'Olivieri, hanno ripreso la sua interpretazione. Quindi in sostanza il nome Siccomario, nella forma Sigemario, molto simile ad un nome di persona, compare per la prima volta nel secolo XI°, nel 1099, e si afferma da allora in modo definitivo. Altri importanti riscontri documentaliDa quest'epoca in poi, ed in particolare a far data dal 1120, abbiamo numerosi documenti perché i beni che l'Abbazia di S.Maiolo possiede in quest'area, soprattutto terreni, vengono dati in concessione, venduti, ampliati mediante nuovi acquisti. Quindi le vicende di quest'area sono sempre meglio documentate. Vediamoli rapidamente. Il primo documento dopo quello del 1099 è datato 1120 e parla di una "clausura super fluvium Ticinum" (la "clausura" era un terreno recintato, normalmente delle vigne). "Super fluvium Ticinum" vuol dire "oltre il fiume Ticino". Il documento prosegue poi affermando "in loco et fundo Casellae qui dicitur in Sigemario prope Pozzolum". C'è tutta una serie di documenti, d'ora in poi, che parla del Ticino, di "loco et fundo Sighemario" con indicati vari luoghi specifici ubicati nel territorio del Siccomario. Ed ancora, nel 1130 si parla di terre "in Sigemario" che vengono donate alla Chiesa di S.Maria di Betlem. Ad un certo punto, nel 1171, compare un appezzamento di vigna posta in "Sigemario vetulo", cioè nel Siccomario vecchio. Quindi, in quest'epoca, si sente la necessità di definire un territorio del Siccomario vecchio per distinguerlo da un altro territorio, che probabilmente si è aggiunto, che prima non si chiamava così, e che si intende come Siccomario nuovo. Questa denominazione fa quindi pensare ad un ampliamento del territorio che si chiamava ormai correntemente Siccomario. Per tutto il secolo XII° abbiamo un succedersi di denominazioni finché, nel 1180, compare un nuovo interessante elemento del paesaggio: "in loco et fundo Sigemario prope Ruptam". E' la prima volta che compare il nome della Rotta, che in precedenza non era mai attestato. A questo riguardo è interessante la testimonianza dell'Anonimo dell'800 il quale afferma che la Rotta divide in metà il Siccomario e sulla sinistra si trova la "terra arsa", cioè il territorio di San Martino, mentre sulla destra si trova il Siccomario vero e proprio. Ciò che separava il Siccomario dalla "terra arsa" era quindi la Rotta. C'è poi una bolla papale del 1187, per il Monastero di S.Agata di Pavia, dove vengono elencati molti beni sparsi un po' per tutta l'Italia Settentrionale. Ad un certo punto si parla di "prata omnia super Ticinum" cioè "tutti i prati oltre il Ticino" senza però indicare dove. Poco dopo, nella stessa bolla troviamo invece "ad Sanctum Martinum in terra arsa campum unum", ma ancora non si parla di Siccomario. Questo documento, pur essendo del 1187, assai probabilmente ricopia fedelmente un documento molto più antico, assai probabilmente anteriore al secolo XI°, proprio perché sarebbe impossibile in quest'epoca non parlare del Siccomario, parlando di terre che si trovano tra il Ticino e il Po. Sempre nello stesso documento, andando avanti, troviamo ancora il "Sigemario vetulo" (Siccomario vecchio) e più oltre "S.Maria di Siccomario" che, qui si precisa, e siamo nel 1187, è sotto la giurisdizione del Monastero di San Maiolo. A proposito del termine "Travacò" Riguardo al termine Travacò possiamo prendere come riferimento il "Dizionario di toponomastica lombarda" dell'Olivieri e tutti i numerosi commentatori e studiosi che vi fanno riferimento, i quali danno l'indicazione di "travacca" come di un elemento di contenimento di un corso d'acqua, qui particolarmente indicato data la natura dei luoghi.La "travacca" sarebbe quindi qualcosa che si presenta come un elemento di rinforzo di un argine. Del resto è un nome diffuso in Lombardia, infatti esistono cascine "Travacca", "Travaccò", ecc. La finale in "o" accentato è tipica di altri nomi che originariamente terminavano in "atum". Quindi in origine doveva essere "trabaccatum" cioè luogo dove è stata costruita una "trabacca", cioè un elemento di sostegno, di difesa, lungo un corso d'acqua. Fonte: Comune di Travacò Siccomario

Rocca d’Anfo

Rocca d’Anfo, maestosa trincea a picco sul lago

Da Cernusco Lombardone a Olgiate Molgora

Dal parcheggio della stazione di Cernusco Lombardone seguire la ciclopedonabile alla palina con segnavia n. 2 Butto sede del Parco del Curone. Sulla sinistra campeggiano i resti del Castello di Cernusco Lombardone. Fondato su una fortificazione romana, visse il suo splendore dal Mille fino al Cinquecento, quando venne convertito a cascina.Il percorso attraversa la provinciale arrivando al parcheggio in località Molinazzo, il cui toponimo è riferito al molino per la macinazione dei cereali. Seguire il segnavia n.1 per Cà Soldato. Il sentiero costeggia il torrente Curone, compiendo una curva attorno alle falde più basse della collina di Montevecchia. La denominazione del torrente Curone è prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio. Curone deriverebbe, infatti, dal nome di una tribù, i Curuni, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente. Seguire il segnavia n. 11 Butto. A destra della mulattiera una radura mantenuta a prato stabile, mentre a sinistra le coltivazioni sono quasi sempre a granoturco o altri cereali. Salendo si notano terrazzamenti coltivati a vite, alberi da frutta e ortaggi. Al bivio, prendere il sentiero che conduce al centro abitato. Tenere la sinistra per arrivare alla frazione Passone: una sequenza di numerosi terrazzamenti coltivati a ulivi, alberi da frutta e vite scandisce la verticalità del pendio.Prendere la gradinatura che sale verso l’uliveto. Da qui è possibile godere di un panorama che spazia dal Santuario a un paesaggio terrazzato. L’ esposizione a sud ha permesso la crescita dell’ulivo, della vite e della coltivazione del rosmarino, ancora oggi presente nelle ultime terrazze che salgono fino a Cascina Butto, sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone. Dal parcheggio sotto Cascina Butto, scendere lungo via Valfredda. La strada sterrata si snoda in un bosco di latifoglie, con la presenza di querce, nocciolo, sambuco e carpini bianchi. Poco prima del centro abitato di Cascina Gaidana, il bosco si apre offrendo un panorama sulla Valle del Curone, in particolar modo sul nucleo rurale di Bagaggera, risalente al Seicento. La località si trova all’inizio del corso superiore del torrente Curone, le cui colline circostanti furono un tempo estese opere di difesa. Il complesso è coronato da campi coltivati, oltre i quali si estendono boscaglie. Dopo circa 500 m si giunge a Cascina Valfredda, che deve nome alle caratteristiche climatiche della zona. Oggi è circondata da prati utilizzati per il pascolo e per lo sfalcio. Un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive.Seguire le indicazioni superando lo stagno per Cà Soldato. La cascina è adibita a centro Parco e dispone di un museo dedicato agli ambienti e alla fauna che caratterizzano il Parco, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina utilizzati.L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie e la fortificazione romana a salvaguardia di una fornace. Da qui prendere la sterrata che scende e si inoltra nel bosco, come indica il segnavia n. 11 Cipressi – Galbusera Bianca. Attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio proseguire a sinistra.Si cammina lungo la strada immersi tra grandi prati, mantenuti per la produzione di foraggio da sfalcio.Dopo circa 400 m si arriva a Cascina Malnido. In tempi remoti, tale località fu il centro di una fornace per la produzione di laterizi. Lo sfruttamento estrattivo ha lasciato ancora tracce visibili della fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un complesso, forse il più grande dell’Italia transpadana per la produzione di embrici e materiale da costruzione. Prendendo la carrareccia con segnavia n. 1 Pianello che risale la valle, si giunge ai ruderi di Cascina Ospedaletto, il cui nome evoca il ruolo svolto dal fabbricato durante la peste seicentesca, dove venivano ricoverati gli infermi. Secondo alcuni l’edificio potrebbe anche aver svolto funzione di accoglienza per i pellegrini di passaggio. Seguendo il segnavia n.2, il sentiero si inoltra nella vegetazione boschiva salendo per la collina fino a Cascina Scarpada, caratterizzata da una loggia chiusa. Insieme a Cascina Costa sorge in posizione panoramica sulla Valle del Curone. Oggi ospitano un’azienda vitivinicola e sono sede di un agriturismo.Attorno alle due cascine, i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Il percorso continua a mezzacosta con saliscendi, tra vigneti, campi adibiti al pascolo e prati. L’ anfiteatro che da Cascina Scarpada si estende fino a Galbusera Bianca costituisce l’habitat dei prati magri. I prati e i terrazzamenti sono ricchi di specie vegetali termofile. Fra le molte specie che compaiono in questi ambienti spiccano diverse orchidee. La ricchezza floristica ha significato faunistico, soprattutto per gli Insetti. La conservazione di questi ambienti è dipendente dalle modalità di gestione.La cessazione dell'attività agricola riavvia la trasformazione verso il bosco, con la scomparsa di specie di importanza naturalistica la cui presenza è legata allo sfalcio. La Galbusera Nera è costituita da due edifici orientati ad est-ovest. I muri ospitano affreschi ottocenteschi raffiguranti una Madonna e il beato Giobbe. La devozione popolare per San Giobbe è legata alla tradizione religiosa della Brianza e in particolare alla bachicoltura. Attorno alla cascina i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Più avanti, collegata a mezzacosta sul pendio, sorge Galbusera Bianca. Il complesso rurale è composto da una casa padronale, tre cascine, una stalla e una chiesetta: insieme formano un borgo noto nel Trecento con il nome di Valbissera.La presenza di un edificio di culto dedicato a San Francesco conferma che in passato era un nucleo insediativo. La spiegazione più plausibile sulla divisione delle due cascine tra bianca e nera si rifà al colore delle uve che vi venivano coltivate.Da qui prendere la mulattiera che sale dopo la Chiesa di San Francesco (segnavia n.11 Cipressi – Pianello) e, arrivati di fronte alla scalinata, salire tra i filari di cipressi, architetture vegetali che caratterizzano il paesaggio della Valle del Curone. La loro originaria funzione era quella di individuare i confini di alcuni possedimenti terrieri dell'area lungo il crinale ed i pendii delle colline. Dai Cipressi, percorrere la mulattiera per una decina di metri e scendere nel centro abitato della frazione di Monte. A fianco del cimitero prendere la mulattiera che si inoltra nel bosco verso la frazione Sara.All’orizzonte si trova il cordone morenico dove sorge la frazione di Alduno; dietro si staglia il versante sud del Monte di Brianza, che con la sua dorsale verde crea una importante connessione ecologica tra il Parco e il Parco Regionale del Monte Barro. All’incrocio il percorso prosegue fino a uno degli affluenti del torrente Molgora. Svoltando a sinistra si costeggia il torrente in una piana che in tempi primordiali fu un lago creato dalle acque di fusione del ghiacciaio che da Occidente scendeva da Valmadrera e da Oriente scendeva con la colata di ghiaccio della Valle dell’Adda. Attraversato il ponte di legno, il percorso si avvicina al centro abitato della Valletta Brianza e incrocia la strada provinciale Como-Bergamo. Dirigersi verso il centro del paese, svoltare in via Traversa della Pesa e salire verso la Chiesa Parrocchiale percorrendo via Giovanni XXIII. Il panorama si affaccia su una piana che da Santa Maria Hoè arriva fino a Castello di Brianza, parte della Valle di Rovagnate. Su alcuni terrazzamenti, orti si alternano a alberi da frutta e vigne, coltivazioni tradizionali che ancora testimoniano l’economia agricola a livello famigliare tipica dell’Alta Brianza. La piana è invece coltivata a cereali, dove è praticata un’agricoltura intensiva. Alla rotonda salire la sterrata Via Roccolo (segnavia n.27, Roccolo/Tremonte) tra filari di conifere e terrazzamenti coltivati a vite. Giunti sul crinale il panorama mostra la Valle di Rovagnate tra i versanti del Monte di Brianza e i rilievi del Parco con il paese di Perego arroccato sulla collina. Il percorso prosegue poi nel bosco scendendo fino al centro abitato. All’incrocio svoltare lungo via Trento e proseguire fino alla località Tremonte. Questa frazione risale all’epoca dei romani che per primi si stabilirono in questa zona, fu importante per i traffici commerciali nella Valle di Rovagnate e nel Monte di Brianza. Proseguendo lungo la via del Ponte si arriva alla chiesa di Santa Veronica, situata all'interno di quello che un tempo era probabilmente una rocca dei Capitani di Hoè. Al suo interno è presente un affresco che rappresenta Veronica recante il santo telo con il Volto di Cristo, databile attorno al 1280. Dalla chiesa, una mulattiera sale verso il centro abitato di Tremonte. Si scorgono le rovine di una torre di avvistamento, risalente al X-XI secolo. In passato il complesso architettonico era imponente ed aveva un’importante funzione per il controllo del traffico stradale, che nell’antichità passava nella Valle di Rovagnate.La mulattiera prosegue tra terrazzamenti abbandonati e inselvatichiti alternati a terrazzamenti ben tenuti a ortaggi e frutta antica, fino a giungere al suggestivo ponte del Bordea.Attraversare il ponte, sospeso sopra il torrente Molgora e seguire le indicazioni della palina con segnavia n.25 Mirabella/Paù.La mulattiera si snoda nel bosco in mezzo a notevoli muri a secco, recentemente recuperati, e ad un certo punto un lavatoio in arenaria preannuncia l’arrivo alla località Mirabella.Dalla cascina Mirabella proseguire l’itinerario salendo la strada a tornanti che arriva all’abitato di Paù. Un uliveto occupa la maggior parte dei terrazzamenti che salgono fino al borgo, tra ronchi ancora coltivati a ortaggi e alberi da frutta antica e terrazzamenti pressoché abbandonati e inselvatichiti.Sul limitare della strada si trova il primo edificio, un oratorio di campagna dedicato a San Bernardo. Attraversare il centro abitato percorrendo via Piave e proseguire per la mulattiera che offre un punto panoramico sulla bergamasca, i rilievi di Montevecchia e la dorsale degli Appennini.La mulattiera scende in un bosco di castagni e querce fino alla valle dove scorre il torrente Alto Molgora, uno dei principali affluenti del Molgora. Proseguire per il borgo di Mondonico, attraversare il torrente e mantenersi sulla via Emilio Gola, lungo la quale sono allestiti una serie di pannelli recanti le opere del pittore.In passato Mondonico rappresentò un richiamo artistico per pittori come Emilio Gola, Aldo Carpi e Ennio Morlotti. Il borgo, oggi nel comune di Olgiate Molgora, ha la sua origine intorno all’anno mille, con la costruzione di un castello di proprietà della nobile famiglia Vimercati, di origine longobarda. In località la Squadra, la villa patrizia Villa Maria (risalente al quindicesimo secolo) fu l’abitazione della famiglia dei Bonfanti, poi feudatari Erba, dei nobili Rho e infine dei marchesi Secco d’Aragona.Più avanti si trova la chiesa di San Biagio, al cui interno si possono ammirare gli affreschi dell’abside e risalenti alla seconda metà del Cinquecento. L’itinerario prosegue a fianco delle mura di Villa Maria, per percorrere via Mondonico fino ad arrivare ad un bivio, dove a sinistra si incontra prima Villa Gola e poi Villa Sommi Piccenardi, un complesso architettonico risalente al 1700. Da Villa Sommi Picenardi proseguire lungo la via Sommi Picenardi fino a giungere alla stazione di Olgiate Molgora.
Da Cernusco Lombardone a Olgiate Molgora

Arnaldo da Brescia