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Le case torri di Tavernola

Il borgo di Tavernola conserva pochi resti di epoca medievale, perché nel 1906 un dissesto idrogeologico ha causato il collasso di una parte del centro storico che conservava le architetture antiche. Tuttavia, grazie alle fonti documentarie, ci sono notizie della presenza di diverse torri, costruite nei pressi del lago, ove si aprivano spazi pianeggianti adatti alla costruzione degli edifici di rappresentanza. Queste case torri, infatti, erano impiegate sia per la difesa del privato, sia come edifici prestigiosi che dominavano gli altri, quale manifestazione della ricchezza del casato. Dalla documentazione d’archivio quattrocentesca, si ricostruisce che in Piazza dell’Olmo – platea Ulmi detta anche platea Fenaroli – si affacciava il Torrazzo dei Foresti nei pressi della Porta Ulmi; in contrada del Ponte o al Rì si trovava un’altra torre o torrazzo. L’unica torre medievale ancora visibile nell’attuale centro del paese e in posizione dominante sul lago, è la Turris illorum de Fenarolis o Turris Magna, vicina alla Turre del laco, poi sprofondata nel lago assieme all’adiacente casa parrocchiale. La torre Fenaroli ha pianta quadrata e si conserva nell’aspetto medievale fino al quarto livello: la parte sommitale dell’edificio e la cella campanaria furono ricostruite nel 1954, per riadattarla a campanile della chiesa parrocchiale. La tessitura muraria, oggi restaurata nelle malte, è realizzata in grosse bozze calcaree lavorate sia a bugnato, sia spianate nella faccia a vista; nei cantonali sono impiegate grosse bozze con il profilo lavorato. Alla torre si accedeva da sud attraverso un ingresso a tutto sesto, sopra cui si aprono – dal primo livello – finestre a tutto sesto: al terzo piano (fronte nord) si trova anche una feritoia. La tecnica di costruzione, inquadrabile tra XII e XIII secolo, è rigorosa, anche se non sempre omogenea: fu certamente opera di maestranze specializzate, abili non solo nella lavorazione della pietra, ma anche nel realizzare fondazioni in questa zona in riva al lago, con problemi di risalita d’acqua. Questa abilità costruttiva si riscontra sulla sponda occidentale del Sebino anche nelle vicine torri di Riva di Solto e Predore. Alla torre Foresti si addossa un grande accesso a tutto sesto, in grossi blocchi calcarei del XIII secolo, coronato da merlature di restauro: questo costituiva l’accesso all’area fortificata del borgo. Dentro quest’area sorgeva anche l’edificio del XIII secolo che si addossa alla torre a sud, e che fungeva da limite delle proprietà private dei Fenaroli. In affaccio al lago vi sono altre tracce di edifici medievali: alle spalle della zona fortificata, verso la collina, si conservano alcune tracce di portali, tra cui gli ingressi gemelli in via Orti 8, che segnano il limite di espansione del paese dopo il XV secolo. In via Pero 18, vicino all’attuale Villa Fenaroli – del XVI secolo, poi ampliata nel Settecento –, c’è un grande portale archiacuto in calcare bianco, con la chiave dell’arco decorata da stemma. Nell’estremità nord del borgo, oltre la parrocchiale, via Molini ricorda gli edifici e le strutture idrauliche azionate dal torrente Rino e utilizzate come frantoio per la macinazione delle olive. Anche nelle frazioni di Tavernola si conservano tracce di edilizia medievale: Gallinarga, a ovest di Tavernola e in riva al lago, è un piccolo nucleo di edifici con un torrazzo centrale (prima dei Foresti e poi dei Fenaroli) del XIII secolo; a Bianica, sulle colline a 2 km dal centro, si trova la chiesa di San Bernardo e nelle immediate adiacenze un edificio fortificato con funzione residenziale. A Cambianica, nei pressi della chiesa romanica di San Michele, si possono vedere resti di abitazioni bassomedievali costruiti con pietra calcarea estratta localmente.   Federica Matteoni
Case torri Tavernola

Torre del Castello Fenaroli

Dell’antico Castello fortificato dei Fenaroli esiste tuttora la torre, poi sopraelevata e trasformata in campanile, il resto si è perso nel corso dei secoli, in particolare nel 1906 quando una porzione del delta su cui è costruito il paese scivolò nel lago. Le case con i loggiati del centro storico, la torre, il cui arco im-mette in una piazzetta caratteristica e i bei portali in pietra sono testimonianza di un passato in cui il senso del bello trovava ido-nee espressioni.Numerose santelle e alcuni affreschi murali arricchiscono il paese.
Torre del castello Fenaroli - ph: visitlakeiseo.info

Santi Bartolomeo e Gottardo a Branico

Affacciata sulla valle dell’Oglio, la Chiesa di San Bartolomeo sorge al margine sud dell’abitato di Branico e conserva un interessante ciclo di dipinti trecenteschi. Orientata verso sud, la chiesa presenta all’esterno caratteri comuni alle chiese della Costa: un protiro in arenaria di Sarnico con un portale elegante, dalla cornice mistilinea, contrastanti con la rigorosa semplicità del resto dell’edificio. All’interno è evidente come il presbiterio corrisponda a una più antica chiesetta, cui nel ‘500 venne aggiunta l’attuale aula, coperta da un soffitto ligneo. La semplicità della chiesa si rivela anche nei paliotti in scagliola degli altari (1731), che imitano i ricchi arredi marmorei delle chiese sebine. Il marmo è riservato ai tabernacoli degli oli santi e delle reliquie e alla cornice dell’altar maggiore che originariamente ospitava la modesta tela con la Madonna in gloria fra i santi Bartolomeo e Gottardo ora nella navata. Riccamente intagliata e dorata è invece la cornice della pala dell’altare di San Rocco, dipinta alla metà del ‘600 da un modesto pittore influenzato da Domenico Carpinoni. Accanto un bel dipinto recente di Emilio Del Prato (Il buon samaritano). Il motivo di maggior interesse della chiesa risiede nei dipinti del presbiterio: la grande e affollata Crocifissione sull’altare, il Battesimo di Cristo e l’Ultima Cena della parete sinistra e le teorie di santi che dovevano rivestire le pareti a sinistra e a destra, ora rasenti il pavimento per l’innalzamento del piano di calpestio. I dipinti sono collegabili a una divulgazione dei modi giotteschi in chiave popolare negli anni Settanta-Ottanta del Trecento e in particolare sono associabili all’attività del cosiddetto Maestro di Cambianica, autore dei dipinti di San Michele a Tavernola. Nel ciclo riveste particolare interesse l’Ultima Cena che, per la data intorno al 1380-1390, rappresenta una precoce testimonianza della diffusione di questo tema dall’area nordeuropea (in particolare le Fiandre) attraverso i percorsi dei mercanti.   Monica Ibsen
Santi Bartolomeo e Gottardo a Branico - Ph: visitlakeiseo.info

San Bernardino e Santi Ippolito e Cassiano in Santa Croce

A monte della frazione collinare di Zorzino i limpidi volumi tardo-quattrocenteschi della piccola chiesa di San Bernardino si confrontano con le ben più maestose dimensioni della nuova parrocchiale, costruita nel primo quarto del Novecento come riflessione sulla tradizione architettonica bergamasca dei secoli XVII-XVIII. San Bernardino fu costruita nel 1482 per sostituire come sede della cura d’anime l’antica San Cassiano, lontana dall’abitato e ormai insufficiente. Posta lungo l’antico percorso per Solto Collina, al margine dei campi, si caratterizza per il contrasto tra gli spigoli regolari e i contrafforti in blocchi di pietra grigia e gli intonaci antichi che sul fianco nord ancora presentano le tracce di affreschi devozionali. L’interno, attualmente non visitabile, presenta una pianta trapezoidale con copertura a crociera; il presbiterio fu rivestito tra Quattro e Cinquecento con dipinti murali, ora strappati e trasferiti nella nuova parrocchiale; nel Seicento sul lato sud vennero aggiunti il campanile e due cappelle con decorazioni in stucco, poi in parte demolite. La nuova chiesa dedicata a Santa Croce, ad aula unica con profonda abside semicircolare e quattro cappelle, fu progettata nel 1919 dall’architetto Giovanni Muzio ed edificata tra il 1924 e il 1933. Qui furono trasferiti gli arredi provenienti dall’antica chiesa. Nonostante il mutato rapporto con l’ambiente, molto più ampio rispetto all’abside di San Bernardino, spicca la monumentale e affollata composizione della pala dell’altar maggiore. La Madonna in gloria con i santi Margherita, Gerolamo, Ippolito, Bernardino, Francesco, Giovanni Battista e Sebastiano, firmata da Flaminio Floriani pictor venetus intorno al 1585, dall’acceso cromatismo, riprende nelle singole figure i modelli dei grandi artisti della scena veneziana, da Tiziano a Veronese e Tintoretto. Alla metà del ‘600 risale il monumentale tabernacolo ligneo attribuito a Domenico Ramus. Di poco più tardo (1689?) è l’altare di marmo nero locale intarsiato con tralci, come i gradini, realizzato dalla bottega Selva, una famiglia di marmorai comaschi stabilitasi nel ‘600 a Riva di Solto e assai attiva, spesso in collaborazione con i Fantoni. Della stessa campagna di decorazione fa parte anche il tabernacolo dell’olio santo (1696), ornato con tarsie naturalistiche, al pari della sua portella, in cui la tarsia lignea imita un rigoglioso cespo di rose e di gigli. Degli altari laterali va ricordato quello del Rosario con il trittico della Madonna del Rosario con i santi Domenico e Caterina, circondati dai Misteri, al centro, e i Santi Pietro e Paolo ai lati: nella struttura arcaica e nella semplicità della cornice il pittore camuno Giovan Battista Viola vi riprese nel 1651 modelli cinquecenteschi. Notevole interesse merita la Madonna col Bambino e i santi Carlo e Antonio di Padova e angeli in controfacciata: è una copia della splendida tela realizzata da Giulio Cesare Procaccini per Sant’Afra di Brescia intorno al 1615-1620. Nella parete sinistra la Madonna col Bambino dormiente che regge una rosa, è un’allusione alla Passione di Cristo, realizzata alla metà del ‘600 da un pittore lombardo ispiratosi a modelli celebri, da Raffaello a Caravaggio, probabilmente noti da incisioni. Negli anni Settanta vennero trasferiti nella nuova parrocchiale i dipinti murali strappati da San Bernardino. In controfacciata la Madonna col Bambino con i santi Bernardino e un santo martire entro una raffinata inquadratura architettonica è certamente il dipinto di maggior qualità: databile intorno al 1482-1483 costituiva l’immagine dell’altar maggiore fino alla realizzazione della pala di Flaminio Floriani. Sempre dalla parete sopra l’altar maggiore provengono il Cristo crocifisso fra san Bernardino e la Madonna, il San Bernardino e la Madonna col Bambino e san Bernardino ora nel presbiterio; vennero realizzati fra il 1482 e gli inizi del ‘500 da artisti di cultura lombarda. Dalla parete sinistra del presbiterio provengono invece il raffinato frammento con San Rocco, a sinistra, e Gesù Cristo e la Madonna, identificati da iscrizioni, sulla destra, ora in sacrestia, mentre è di provenienza incerta Il martirio del beato Simonino nel presbiterio.   Monica Ibsen
San Bernardino e San Ippolito e Cassiano in Santa Croce

Santi Rocco e Antonio abate a Solto Collina

La chiesa è al centro di un pianoro attorniato da un gruppo di abitazioni a una quota inferiore rispetto alla parrocchiale di Solto Collina. L’edificio è menzionato nella visita pastorale di Carlo Borromeo del 1575 in cui è citato un lascito testamentario di “300 libbre” per la costruzione dell’oratorio; sono elencati due altari dedicati a san Rocco e a sant’Antonio. Nei decreti della visita si ordina di eliminare l’altare di Sant’Antonio e di chiudere l’oratorio con una parete; è probabile che fosse aperto su un lato come documentato anche in altri edifici religiosi dell’epoca. L’attuale facciata è scandita da quattro lesene su cui poggia una fascia orizzontale con oculo, sormontata dal timpano. Le nicchie ospitano due modeste statue in gesso dei Santi Rocco e Antonio abate. Sobrio è il disegno del campanile posto sul fianco destro. L’unica navata, piuttosto lunga rispetto alla larghezza, e il presbiterio quadrangolare sopraelevato, sono coperti da volta a botte poggiante su cornicione. Nella lunetta a sinistra del presbiterio si conserva l’affresco cinquecentesco raffigurante la Pietà e i santi Rocco e Antonio abate; l’immagine è la testimonianza della fase più antica dell’edificio e fu forse preservata perché oggetto di devozione. All’interno della cornice dalle linee neoclassiche dell’unico altare si trova la bella tela con l’Assunta e i santi Antonio abate e Rocco databile al XVII secolo. Il dipinto è interessante per la plasticità del drappello di angeli che reggono in volo la Vergine dal volto adolescenziale. Più modeste sono le decorazioni a secco alle pareti che raffigurano finti medaglioni con angeli e ghirlande; al centro della volta del presbiterio, nella cornice in stucco, è dipinta la Colomba dello Spirito Santo. In quella della navata è raffigurato San Rocco mentre ascende sulla nuvola al cielo attorniato da angeli; nella porzione inferiore un malato riceve conforto da una figura femminile. L’opera è da datare sul finire dell’800 e trova alcune analogie con i modi del loverese Giuliano Volpi. Alla parete destra è inserito un bassorilievo raffigurante la Madonna col Bambino, si tratta di una versione ottocentesca, più volte ridipinta, di un modello rinascimentale. Nelle nicchie della navata sono poste le statue, pesantemente verniciate, dei Santi Rocco e Antonio abate.   Thanks to: Federico Troletti
Santi Rocco e Antonio Abate

Corno di S. Giovanni a Lovere

Accesso: da Piazza Garibaldi a Lovere prendere via Matteotti e risalire per via Oprandi; giunti alla rotonda, prendere la prima strada a destra e proseguire poi lungo via San Maurizio, quindi imboccare (a destra) le XXV Aprile e 1° Maggio. Qui, svoltare in via Gerone e parcheggiare l'auto negli appositi spazi. Il tutto in 5 minuti. Proseguire quindi a piedi lungo via Castelliere, dapprima su strada asfaltata e poi su sentiero. Poco prima del sentiero sulla destra è sita una fontana. Continuando lungo il sentiero panoramico anche su sassi e nel bosco, dopo circa 20 minuti si giunge alla prima torre, quella del 24 maggio, alla cui base è posta una freccia rossa che indica la sinistra. Tenendo la destra e indossando il casco, si arriva ad una nicchia creata da un grosso masso appoggiato alla parete del Corno Grande dov'è possibile fare base. All’interno si trovano delle bacheche con alcune vie. La via parte proprio vicino alla base. Si può notare in bianco, anche se sbiadito, il nr. 4. Nella via ci sono ancora i chiodi originali di quando è stata aperta nel giugno ’44. Essendo però i Corni di San Giovanni la “palestra” principale dei CAI di Lovere, sono stati messi ottimi fix del 12 ed altri affari vari. Dunque una salita sempre in piena sicurezza. Anche le soste sono ok. Dalla base si risale l’evidente fessura che poi si biforca (la barchetta…) ma continuare a risalirla fino al suo termine. La sosta è vicino ad un albero dopo circa 25 metri. E' un 5c in termini sportivi. Traversare a sinistra e poi rimontare un difficile, quanto evidente tetto, sorpassatolo, poco sopra c’è la S2. Credo che al tetto si possa dare 6b. A questo punto consiglio di fermarsi e di scendere in doppia. Questo perché da lì in poi la roccia è instabile nel vero senso della parola. Si muove tutto. Si può arrivare in cima 540 mt. ca s.l.m.(dove c’è una madonnina…), risalendo la cresta, ma ci sono tanti altri bei itinerari per farlo: tipo la via Sud o l’Ulivo anche… Arrivati eventualmente alla madonnina volgete lo sguardo poco sotto e noterete su una roccia rivolta a NO due anelli per calata: DISCESA in doppia! E’ una discesa su strapiombo, non limitatevi ad arrivare a terra ma, con faccia alla roccia, scendete alla vostra sx superando ancora un evidente tratto verticale di massi incastonati, per una ventina di mt. fino a toccare il sentiero: il recupero delle corde è fattibile anche se da quella posizione fanno un bell’angolo. Scendere il sentiero che in 5 min. porta alla base.
Corno di San Giovanni

Sant’Ambrogio a Qualino

Posta all’esterno dell’abitato e ben visibile dalla pianura, Sant’Ambrogio di Qualino è la chiesa più ricca della costa di Volpino. Attualmente si presenta nelle forme assunte con gli ampliamenti realizzati nel ‘600 e nel 1902 su una struttura quattrocentesca in parte conservata e documentata da frammenti di affresco all’interno. La facciata a due ordini conclusa da un timpano mistilineo e preceduta da un pronao la accomuna alle parrocchiali di Branico, Flaccanico e Ceratello; spicca, invece, per qualità il portale in pietra nera di Riva di Solto, intarsiato. All’interno la nitida aula è scandita da lesene e dalla sequenza delle finestre unghiate che si aprono sull’alta volta a botte, decorata con episodi della vita di sant’Ambrogio. Due cappelle laterali in prossimità del presbiterio accolgono gli altari del Rosario e di San Fermo con cornici seicentesche in legno intagliato e dorato; sull’altare del Rosario campeggia la tela di Domenico Carpinoni, dalla stesura nervosa e dal vivace cromatismo, databile tra il 1646 e il 1652. L’eccezionale arredo del presbiterio è frutto di una campagna di decorazione attuata negli anni Trenta del ’700. L’imponente tribuna eucaristica (la cui funzione era di esaltare la presenza del tabernacolo posto sotto di essa, e di accogliere l’ostensorio durante l’adorazione eucaristica) fu realizzata forse nell’ambito della bottega Ramus; nonostante le gravi perdite causate da un furto, mostra ancora la sua eccezionale qualità nell’impianto architettonico a tempietto centrale con due ali e nei gradini intagliati su un fondo di specchi. Di notevole qualità è anche l’altare a commesso marmoreo, forse ascrivibile alla bottega Manni. Al 1736 risale l’esecuzione della cornice della pala, una spettacolare creazione rococò di Andrea Fantoni di Rovetta; la tela, modesta, rappresenta la comunità parrocchiale attraverso i santi patroni delle chiese anticamente sottoposte a Sant’Ambrogio (rappresentato accanto alla Madonna con il Bambino): Matteo, Antonio abate, Giorgio e Bartolomeo, patroni rispettivamente di Flaccanico, Corti, Ceratello e Branico.   Monica Ibsen
Chiesa di Sant'Ambrogio

Chiesetta di San Maurizio in Castel dei Conti

La chiesetta di San Maurizio si trova ad oggi inglobata nel castello di Calepio è poco percepibile ad occhio nudo ma se ne può parlare con precisazione, vista la documentazione recuperata presso la biblioteca. E' stata edificata alla metà del '500 nel bel mezzo del terreno che stava attorno al castello, sotto le mura dello stesso ed è stata eretta sopra ad una camera quadrata a causa della forte pendenza del terreno; probabilmente, anch'essa fungeva da cappella.Il primo piano di questo edificio attualmente è formato da tre ambienti, modificati varie volte nel tempo ed ad oggi aventi la funzione di locali di servizio dell'ente. La stanza ad Est presenta lacerti di affreschi, resti di una piccola abside, di una monofora a forma di croce tamponata ed illuminata dalla presenza di due grandi finestre rettangolari.Le recenti rimozioni di intonaco e parti di strutture confermano l'esistenza della piccola abside semicircolare. Le esigue parti visibili di questa struttura sono ricoperte di affreschi raffiguranti figure umane e cartigli, si tratta molto probabilmente della rappresentazione di santi. Gli affreschi del lato destro continuano con una scritta che data la costruzione all'anno 1433 ad opera del Conte Trussardo da Calepio sopra la quale si trovano altri lacerti di affrechi che rappresentano un piede e i lembi della veste di alcune figure umane. 
Chiesetta di San Maurizio in Castel dei Conti

Miniera di Foghera (BG) e dintorni

Partiamo senz’altro dall’Ecomuseo delle Miniere di Gorno, il quale nasce in primo luogo con l’intento di rinsaldare il legame della comunità locale con le proprie radici, la propria storia e le proprie tradizioni.   Tale obiettivo si sta attuando attraverso interventi di ricerca, salvaguardia e valorizzazione della cultura e del territorio.  Il suo Ecomuseo è un museo del tempo e dello spazio, del tempo in quanto le conoscenze e le esperienze del passato vissuto dalla comunità sono valorizzate nel presente con una prospettiva verso il futuro e le nuove generazioni, dello spazio perché privilegia il linguaggio visivo diretto degli oggetti fisici e delle immagini. Evidenziati nel loro contesto originario. All’entrata del territorio comunale, tra le località Centrale ed il santuario del S.S. Crocifisso, eccoci davanti un monumento ricco di significati, il principale riconoscimento al minatore ed alla “taissina” (cernitrice di minerale), figure che con il loro duro lavoro hanno segnato la storia del territorio, caratterizzando la comunità gornese. Il monumento assume un particolare significato dopo il riconoscimento regionale dell’Ecomuseo delle miniere di Gorno.  Faremo un bel tour quindi girando le varie frazioni di Gorno e Oneta per conoscere l’attività peculiare della comunità di Gorno, che ha contribuito a conformare il paesaggio stesso, minerario che è sempre stato profondamente legato a quello rurale, agli alpeggi e al governo del bosco: i minatori fuori dalla galleria accudivano le bestie, producevano formaggio per la famiglia, “andavano” per legna e per erbe, si rivolgevano per ogni necessità spirituale e materiale ai santi della tradizione. Proprio per indagare e valorizzare questo ricco patrimonio culturale e paesaggistico, si è scelto di intrecciare temi che solo apparentemente sembrano disgiunti ma che sono riferiti a un medesimo ambito, quello dell’ interazione fra l’uomo, il lavoro, la montagna e la sua spiritualità. Il paese di Gorno è costituito da contrade, una volta collegate tra loro da vecchie mulattiere ed oggi invece da strade carrozzabili. La frazione Villassio, posta a 710 metri s.l.m. è il capoluogo; le altre contrade sono: Erdeno, Riso, Cavagnoli, Calchera, Peroli Alti e Bassi, San Giovanni, Sant’Antonio, Campello. Oltre alle contrade, diverse altre località lo compongono, senza contare le molte case sparse poste sulle pendici del monte Grem.Accattivante poter assaporare questo luogo in ogni suo scorcio. Si prosegue con un altra affascinante tappa ci porta ad immergerci in uno scenario indimenticabile, partendo dalla Fontana Sels, angolo caratteristico di Oneta, possiamo raggiungere il bellissimo Santuario della Madonna del Frassino, teatro di un miracolo avvenuto, secondo la tradizione, ad una giovane fanciulla cieca e sofferente, sedeva presso un frassino mentre custodiva le sue pecore, pregando e invocando l'aiuto della Madonna, quando le comparve una signora che le guarì gli occhi chiedendole di far edificare una chiesa a Lei dedicata. Proseguendo infine potremo addentrarci in una altra antica Miniera Polveriera alla scoperta del suggestivo mondo dei minatori. Un percorso ricco di attrezzature e macchinari storici, nel quale è stato allestito un suggestivo arche museo che permette di conoscere la storia delle miniere già attive in epoca romana. 

Infopoint ARS Val di Scalve

Infopoint ARS Val di Scalve

Infopoint Presolana

Infopoint Presolana

Museo dei Tasso e della Storia postale

Il Museo dei Tasso e della Storia Postale è stato fondato nel 1991, in due edifici storici del borgo medievale di Cornello. Il Museo conserva e divulga la storia postale e la storia della famiglia Tasso. Qui sono conservati numerosi documenti legati alla loro attività, ma non solo, infatti si può vedere una lettera del 1840 affrancata con il primo francobollo emesso al mondo, il famoso Penny Black. Il museo si trova nel borgo medievale di Cornello dei Tasso, un borgo arroccato su una roccia, a cui si può accedere solo a piedi. Cornello fu, durante il medioevo, un importante centro di scambi commerciali e di passaggio di persone e merci grazie alla presenza della via Mercatorum, la via dei mercanti. La famiglia Tasso è originaria di Cornello ed è nota in tutto il mondo per le doti poetiche di Torquato Tasso e per l’abilità imprenditoriale di alcuni suoi esponenti che, a partire dal Cinquecento, gestirono le poste imperiali degli Asburgo. Tra il XV e il XVI secolo i Tasso rivoluzionarono il sistema della trasmissione delle notizie, a nord delle Alpi, prevedendo la presenza di stazioni di posta su percorsi prestabiliti, dove cavaliere e cavallo venivano sostituiti contemporaneamente. - Ph: Museo dei Tasso e della Storia postale