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Giro delle frazioni di Menaggio

Passeggiata circolare che collega Menaggio con le sue tre frazioni Croce, Loveno e Nobiallo.
Menaggio

Sale Marasino e i suoi borghi

Il comune di Sale Marasino conta circa 3300 abitanti, distribuiti tra i nuclei storici disposti lungo l’anfiteatro naturale prospiciente il lago d’Iseo e l’edificazione diffusa che li ha saldati nel tempo in un continuum di ville, villette, giardini, campi e uliveti, non privo di una qualche bellezza. Il panorama è ben visibile sia lungo le rive, sia salendo verso le cime e i passi che separano l’abitato e la parte montana del comune dalla Valle Trompia, come Punta Almana (1390 m) o la Forcella di Sale (1018 m). Per leggere il territorio e il paesaggio è possibile utilizzare come linea guida il percorso dell’antica strada Valeriana. Di origine alto-medievale, essa costituiva l’infrastruttura viaria degli insediamenti di mezza costa. Essa interseca i borghi principali dell’attuale comune e collega, attraverso ramificazioni del percorso principale, quelli restanti da cui si dipartivano percorsi, mulattiere, sentieri, viottoli, verso la parte alta e bassa dell’anfiteatro morenico. Da Sud a Nord, superato il torrente Mesagolo, che definisce il confine con il comune di Sulzano, si incontra Maspiano, disposto su una sorta di piccolo falsopiano, in una posizione panoramica di bellezza straordinaria che domina l’intero lago da Iseo alle Orobie e che doveva quindi costituire un ottimo punto di sorveglianza del territorio. Oggi, come nella Mappa Napoleonica del 1811, Maspiano appare chiaramente diviso in due parti separate da uno spazio aperto che vede al centro la piazza e la chiesa settecentesca di San Giacomo. Emerge il ruolo preminente dell’asse principale, ora via Maspiano (presumibilmente corrispondente alla Valeriana) e dell’incrocio tra la strada di collegamento con Gandizzano (Strada de Chepi) e quella con Marasino; è evidente dall’altro lato del paese, la brusca svolta dell’asse principale verso via Tesolo (Strada delle Scape). Risalta l’importanza dei due “colatori”, piccoli cavi adibiti al deflusso delle acque dalla montagna, oggi non più visibili e posti uno a confine, verso Sulzano (colatore della Quatera), l’altro lungo il lato nord della chiesa di San Giacomo (colatore di San Giacomo). È possibile che costituissero, con i muri perimetrali degli edifici più esterni, una sorta di rudimentale apparato difensivo. I due nuclei insediativi sono costituiti da tipologie edilizie comprendenti un edificio con la facciata principale munita di portici, talvolta colonnati, e loggiati lignei, rivolta a sud o sud-ovest, corpi edilizi accessori e alti muri di cinta in pietra che organizzano spazi aperti interni costituiti da serie di corti successive. Gli edifici fanno capo a stretti vicoli a fondo cieco, muniti di archi e porte (talvolta scomparse) o di strutture a volta. È un tessuto edilizio a vocazione agricola ma con forte carattere difensivo – accentuato nelle parti al margine dell’insediamento – testimoniato dalla presenza di feritoie nei pressi di alcuni portoni lignei, destinate ad accogliere ad archibugiate ospiti non graditi. Alcuni alti muri in pietra, coperti in parte dalla vegetazione, sono particolarmente pregevoli, così come gli alti portali e le parti edificate che hanno mantenuto i caratteri storici, senza manipolazioni recenti. A Maspiano è presente una caratteristica edificatoria che è quasi scomparsa o è stata occultata altrove: alcuni corpi edificati, disposti in serie, sono accostati lungo i muri d’ambito, ma separati da uno stretto spazio, l’ambitus, destinato alla raccolta e allo smaltimento delle acque piovane. Superata la valle del torrente Portazzolo si entra in Marasino. Visto dall’alto, il borgo è definito da una curiosa forma stellare che si dirama dall’incrocio tra le vie Sant’Antonio, Ronco, Campicelli, Boschetti; sono i principali assi di connessione tra il borgo e l’intorno, ma il percorso “matrice” storico su cui esso è disposto a mezza costa è costituito dall’antica via Valeriana. La struttura aperta dell’abitato fa dubitare della possibile esistenza di mura medievali. Nella mappa del Catasto napoleonico l’attuale via Sant’Antonio, riconoscibile anche per la presenza della chiesa, è disposta lungo la connessione valeriana. Da lì lo spazio edificato si allunga verso piazza Maggiore e Distone. Altre direzioni di sviluppo portano ai mulini posti lungo la valle del Portazzolo; la vecchia strada per la Forcella di Sale risale il pendio verso Portole. Un’ulteriore direzione scende dolcemente a valle verso l’abitato di Conche; la parte iniziale corrisponde a via Ronco. Confrontando l’attuale situazione con quella registrata dal catasto napoleonico si può notare come la struttura insediativa del borgo di Marasino si sia modificata. L’edilizia, di carattere rurale, è a corte o a semi-corte. Si distinguono, per la forma allungata, il corpo edificato dell’attuale Trattoria Orazio e la costruzione a semi-corte disposta lungo la via Ronco. Essa si presume fosse costituita dalla ricorrente tipologia di casa rustica presente ovunque sul lago, con gli ampi loggiati lignei verso la parte più soleggiata e murature chiuse, con poche aperture, nella direzione opposta. Un esempio di piccolo edificio rurale non modificato nei suoi caratteri originari è ancor oggi presente non molto lontano dalla chiesa. Il nucleo centrale del borgo, oltre a ospitare qualche edificio a corte, potrebbe essere stato costituito da case “a torre”, serrate e divise da stretti ambiti. Questo tipo edilizio è proprio del periodo medioevale in cui la tipologia edilizia era costituita da due o più piani sovrapposti, connessi da scale interne in legno. A terra erano presenti magazzini o spazi di tipo rurale. Un significativo esempio è visibile a Conche. Negli anni Sessanta del ‘900 lungo le vie Boschetti, Ronzone, Ronco, si sviluppa quel tessuto edilizio a bassa densità costituito dal tipo edilizio a “villetta” che in pochi anni saturerà tutto o quasi il preesistente spazio agricolo tra i principali nuclei storici di Sale Marasino. Esso si è mantenuto tuttavia su un livello qualitativo discreto sia per l’edilizia sia per i giardini privati, in cui sopravvive un tessuto frammisto di ulivi che rende qualitativamente interessante l’ambiente urbano. Da Marasino una strada vicinale connetteva direttamente Gandizzano, a monte, con il palazzo Martinengo al Portazzolo, edificio tardo-rinascimentale sulla riva del lago. Questa direzionalità diretta apre interrogativi per ora non risolti sul rapporto tra palazzo e borgo, mentre ipotesi più probabili legano il primo al santuario di Santa Maria della Neve a Gandizzano, possibile cappella gentilizia, dove è presente il sepolcro “de Martinenghis”. Più in basso, a mezza costa è situato il borgo di Riva, piccola contrada agricola di probabile origine medievale circondata dai terrazzamenti degli uliveti. Non è presente una chiesa ma solo una grande cappella aperta sulla strada con lacerti di modesti affreschi. Da Marasino un altro percorso, oggi assorbito per la maggior parte delle proprietà private, scendeva verso il piccolo nucleo di Conche. La posizione del borgo risulta baricentrica agli abitati di Sale e Marasino. Le origini sono sicuramente medioevali, anche se l’ipotesi di insediamenti romani non è remota; durante gli scavi per la sistemazione del sagrato di San Giovanni Battista, nel 1959, furono rinvenute due tombe barbariche senza corredo. L’abitato presenta una struttura circolare con stretti vicoli che si intersecano creando una ramificata rete viaria. Alcune abitazioni presentano ancora parti di muratura medioevale, mentre altre tracce murarie fanno presumere l’esistenza di una cinta muraria. Il tessuto edificato è costituito da case a corte di piccole e medie dimensioni a carattere agricolo residenziale. Di particolare rilievo sono le case Antonioli (secolo XVII) e Faccoli. La prima, descritta nell’Estimo del 1706, mostra un prospetto interno con porticato sul lato sud formato da cinque archi a tutto sesto poggianti su colonne doriche, in pietra di Sarnico. Anche casa Faccoli, a ridosso della chiesa, ha un portico a cinque archi ribassati poggianti su colonne doriche in pietra di Sarnico con volte a crociera; sulla parete sud esisteva una piccola nicchia con dipinta la Vergine in gloria. Nello stesso Estimo si fa menzione di un porto in Conche, probabilmente nella zona tra Palazzo Martinengo e la chiesa dei Disciplini presso il Curetto. Da Marasino, procedendo in piano, la Valeriana raggiunge il ponte sul torrente Vigolo e il piccolo abitato di Distone, a mezza costa, ancora caratterizzato da edilizia storica di origine agricola. Da qui la strada prosegue, in un ambito paesaggistico straordinario per ampiezza e qualità, verso il nucleo di Massenzano, ultimo abitato prima del confine con Marone attraversando i borghi del Dosso e della Valle. Il primo è costituito da un gruppo di case disposte su un crinale, a poca distanza da un’antica cava di tufo (località Tufo). Da qui si articolano il corso d’acqua chiamato la Valle e l’omonimo borgo lineare. La Valle alimentava fino alla seconda metà dell’Ottocento numerosi mulini ad acqua che fornivano energia a macchinari per la lavorazione della lana, in particolare per le coperte. Il Carebbio, incrocio di vie, presenta una struttura insediativa di carattere medievale. Ospitava nel Cinquecento numerose fucine, alimentate dalla sorgente del Tufo. Oggi sono presenti alcuni bei portali risalenti ai secoli XIII-XIV. Attraverso la stretta e tortuosa via Balzerina si scende a Sale, il cui sviluppo urbano ebbe luogo nel XV e XVII secolo con la costruzione di palazzi signorili. Tra questi spiccano ancora per importanza architettonica e decorativa il quattrocentesco palazzo Averoldi-Dossi, ora Giugni (secoli XV-XVI), casa Dossi-Mazzucchelli (1560), casa Fenaroli (secoli XVI), casa Turla-Tacchini. Notevole per importanza storica è il complesso costituito dalla parrocchiale dell’Assunta e di San Zenone, dalla Pieve e dalla casa canonica, collegate dal sagrato, frutto di una stratificazione storica millenaria, originata dalla pieve di Vallis Renovata di grande importanza per tutto il comprensorio sebino-bresciano.   Fabrizio Zanni, Antonio Burlotti
sale marasino

Matrimonio intimo in Lombardia: per un "Sì, lo voglio!" in famiglia

La Lombardia è la cornice ideale per il tuo matrimonio intimo: laghi, montagne, borghi, metropoli e tanto altro. Scoprila insieme a noi
Matrimonio intimo in Lombardia: per un

Con la moto a Cremona e dintorni

La Lombardia si apre davanti a noi con le sue grandi pianure.   Distese di terreni coltivati in una delle campagne più fertili d’Europa, che sostengono un settore agricolo ad alta, anzi altissima densità produttiva, strade diritte ma non noiose, grandi cascine costruite in alcuni casi addirittura secoli fa, una rete di canali di irrigazione presi a modello in tutto il mondo. Siamo peraltro nella zona più industrializzata d’Italia, e questo si vede in particolare vicino alle grandi arterie di comunicazione.Possiamo raggiungere comodamente Cremona immettendoci in A1 Autostrada del Sole, la distanza Milano Cremona è di 96,64 km, entrando quindi all’altezza di Piacenza sulla A21 Torino Brescia; oppure possiamo più piacevolmente percorrere sempre da Milano la SP exSS415, che ci porterà a Crema, poi a Castelleone e quindi a raggiungere Cremona, viaggiando sulla viabilità minore. Crema è una antica citta, che fortunatamente mantiene nel suo centro storico l’impronta medioevale ed addirittura alcuni tratti superstiti dell’antica cinta di mura difensive, ricca di monumenti interessanti e visitabili. Tra i tanti, di cui vi è una ampia descrizione su diversi contenuti di www.in-lombardia.it, certo da segnalare la Piazza del Duomo, vero fulcro civile e religioso della vita del borgo durante i secoli ed ancora oggi; tanti sono però i posti interessanti da visitare di questa città, più vicina al capoluogo milanese che a quello cremonese.  Un poco fuori direzione, ma poi non così distante, troviamo Soncino, famoso borgo fortificato e cinto da mura e bastioni in ottimo stato di conservazione, che vedono nell’imponente Rocca il bastione principale di difesa. Tutto il centro storico ha mantenuto l’impronta urbanistica quattrocentesca, e senz’altro merita una deviazione ed anzi una visita con annesso book fotografico.Puntiamo a questo punto con decisione verso Cremona, raggiungibile da Sud tramite la A21, oppure da nord scendendo da Crema, oppure ancora per tracciati minori da Soncino. Cremona è definita la città delle 3 T: sulle prime due non ci sono dubbi: Torrazzo, uno dei campanili (in cotto) più alti e simbolo della città; e Torrone, che qui è nato 500 anni fa e che poi è diventato famoso in tutto il mondo. Sulla terza T ci sono diverse scuole di pensiero: qualcuno dice sia Tognazzi, il grande attore (e grande cuoco) nato a Cremona…ma il detto popolare non si rifà al grande Ugo, ma piuttosto…. Cremona comunque non è solo torrone, la Mostarda di Cremona è un prodotto tipico della Lombardia, capace di colorare dei vividi colori della frutta le tavole invernali, specie se imbandite con lessi e bolliti. Non a tutti piace, ma per diverse persone è una vera leccornia, anzi meglio se molto senapata (e le varietà più piccanti quasi tolgono il respiro…).Dopo questa veloce introduzione vi consiglio cosa vedere assolutamente a Cremona; parcheggiamo la moto appena fuori del centro storico, e proseguiamo a piedi.  Come ogni città, anche Cremona ha il suo fulcro principale che si trova ubicato nella Piazza centrale; colpisce subito il contrasto tra il rosso dei mattoni con il bianco del marmo del Duomo e del Battistero. Lungo il perimetro della Piazza del Comune si susseguono il Duomo di Cremona, il Battistero, il Torrazzo simbolo della città, la Loggia dei Militi e il Palazzo del Comune. Il Duomo di Cremona (o cattedrale di Santa Maria Assunta) è uno degli edifici religiosi più belli dell’Italia settentrionale, costruita in romanico nel 1100, ha subito rimaneggiamenti continui quindi oggi si possono scorgere elementi gotici e barocchi. I più sportivi non resisteranno alla tentazione di salire i 502 faticosi scalini che portano sulla vetta del Torrazzo, il campanile del Duomo di Cremona. Ovviamente la vista da qui è magnifica e giustifica pienamente la fatica che si fa per arrivarci. Inoltre, dall’alto dei 112 metri raggiunti, potrete vantarvi di essere saliti sulla torre in muratura più alta del mondo. Il Torrazzo è il simbolo di Cremona e domina la piazza guardando dall’alto gli altri monumenti della piazza (e in verità è visibile anche a grande distanza dal centro cittadino). In realtà è composto da torri di diversa epoca che si sono sovrapposte. Al quarto piano è incastonato un orologio astronomico di 8,5 metri, due metri più grande del famoso Big Ben di Londra. Proseguiamo il nostro tour imboccando la sp87 e ci dirigiamo verso Castelponzone attraversando il territorio di Sospiro. Castelponzone, antico borgo fortificato che però nel tempo ha perso le strutture murarie di difesa, è un piccolo borgo molto ben conservato, specializzato un tempo per  la produzione delle funi di canapa e l’attività di numerosi cordai. Se siamo arrivati fino a qui dobbiamo per forza visitare il Museo dei Cordai. Sicuramente siamo arrivati all’ora di pranzo, una sosta in uno dei numerosi ristoranti o trattorie ci accompagnerà nel gustare la famosa cucina cremonese, certamente non adatta a chi è in dieta strettissima. Formaggi (siamo nella patria del Grana Padano, e del Provolone Valpadana, entrambi DOP), e poi salumi, marubini cremonesi, i bolliti, i dolci; insomma una delizia! Accenniamo un rientro verso nord, e portiamoci in un altro borgo che merita sicuramente di essere visto e non si trova a troppa distanza: è Isola Dovarese. Per raggiungerlo ci basterà imboccare la Sp70 e percorrere una quindicina di Km, giunti a destinazione ci troveremo in un antico borgo medioevale che conserva ancora oggi una splendida e suggestiva piazza porticata, edificata a fine Cinquecento, sulla quale si affaccia Palazzo Pretorio con le antiche prigioni. Addentrandovi tra le contrade e i vicoli del borgo potrete visitare la chiesa parrocchiale S. Nicolò, che al suo interno custodisce quadri come l'Ecce Homo di Bernardino Campi e un'Annunciazione attribuita ad Altobello Melone e il grazioso oratorio di San Giuseppe, ospedale militare durante il Risorgimento per i feriti della battaglia di Solferino. Risalendo verso Ponte Vecchio è possibile godere dello splendido panorama che il Parco Oglio Sud, con la sua flora rigogliosa e la sua fauna tipicamente fluviale, offre ai visitatori amanti della natura. Per immergersi nella storia (più che millenaria) di questo Comune, bisogna visitarlo qui in occasione del Palio, una rievocazione in costume del periodo quattrocentesco in cui Isola Dovarese apparteneva al dominio Gonzaghesco di Mantova, anche per difendersi da due ingombranti vicini quali i Signori di Milano e la Repubblica di Venezia. Dopo questa veloce ma impegnativa parentesi cremonese, è ora di ridirigere le due ruote verso casa!!Una “velocissima” parentesi. A San Martino del Lago (Cr) si sente il rombo dei motori! Il nuovissimo Cremona Circuit con una pista principale di 3.450 m. per moto ed auto!!!  

Da Valgreghentino intorno al Monte di Brianza

Il territorio di Valgreghentino è attraversato da numerosi torrenti e ruscelli che nascono dal monte per poi confluire nel torrente Greghentino, diretto affluente del fiume Adda. Il nome del paese deriva proprio dal torrente Greghentino, il cui toponimo fa riferimento ai sui gorghi d’acqua e attesta la ricchezza d’acqua del suo territorio. Parcheggiata l’auto in via Monsignor Gilardi, un cartello indica la frazione di Molinello Superiore, il cui toponimo suggerisce la funzione avuta in passato da questo antico nucleo insieme al sottostante Molinello Inferiore. Dopo aver attraversato il ponte che sovrasta il torrente Greghentino, si sale seguendo un acciottolato fino al vicino nucleo rurale di Molinello Superiore e sul lato sinistro imbocchiamo la vecchia mulattiera. Lungo il percorso che sale alla frazione di Dozio, una serie di lapidi ripercorre la vita della Beata Vergine Maria. Arrivati al cippo IX mantenere l’acciottolato sulla sinistra e continuare a salire. In località Ganzola, si esce dal bosco per incontrare alcuni terrazzamenti recentemente recuperati, un tempo coltivati a foraggio e vigneto, ora coltivati a frutteto misto e piccoli frutti dall’Azienda Agricola Sella Mauro di Valgreghentino. Un ampio panorama si apre sulla valle dell’Adda e le Prealpi Lecchesi. Proseguendo si arriva dopo qualche centinaio di metri al piazzale antistante (sulla destra) del Santuario della Madonna di Częstochowa, un tempo Chiesa di San Martino di antiche origini medievali. È possibile visitare ogni giorno il giardino attorno al Santuario, mentre per l’apertura della chiesa è necessario contattare la Parrocchia di Valgreghentino. Proseguendo sulla sinistra si arriva all’abitato di Dozio, citato già nel 1300 da Goffredo da Bussero, come “Locus Docio”, prima comune autonomo e ora frazione di Valgreghentino. I terrazzamenti di Dozio erano un tempo coltivati a ortaggi, soprattutto piselli e taccole, frutta e vite per conseguire l’autosufficienza alimentare. Piselli, taccole e altri prodotti del campo erano poi venduti ai grossisti o scambiati con altri prodotti al mercato agricolo che si teneva a Valgreghentino. All’incrocio con la strada asfaltata svoltare a sinistra e fiancheggiare l’abitato. Degno di nota è il grande lavatoio (recentemente ristrutturato dal Parco di Montevecchia e della Valle del Curone) che si trova nel cuore del nucleo rurale, lo scolmatore della vasca è un coperchio di sarcofago di epoca tardo antica. Mantenere l’acciottolato che sale fino all’incrocio con il bivio, dove una palina sulla destra indica la direzione per Consonno, segnavia n. 9. Un’ampia radura dove pascolano cavalli si affaccia sul panorama montano dove si staglia il Monte Resegone, il Monte Ocone, il Monte Tesoro e la Val Cava. Il sentiero prosegue ora in costa lungo una strada agro-silvo-pastorale per circa un paio di chilometri attraversando la Val De’ Vai, dove nasce uno dei più importanti affluenti del Greghentino. La fitta copertura boschiva di questa zona è costituita in prevalenza da castagno e robinia, anche se non mancano acero montano, frassino maggiore, carpino nero e quercia. L’itinerario arriva di fronte alle prime rovine di Consonno, l’Hotel Plaza e sulla destra i resti del trenino panoramico che conduceva i visitatori per un giro turistico di quella che avrebbe dovuto essere la LasVegas della Brianza. All’incrocio con la strada asfaltata piegare a destra verso la Canonica di San Maurizio, ora adibita a edificio rurale, sulle cui mura campeggiano affreschi raffiguranti stemmi cardinalizi. Il borgo di Consonno ha un’origine antica. Il toponimo “Consonnum” è citato in una pergamena già nell’anno 1085. Consonno era un tempo un tipico paese dell’Alta Brianza, il cui abitato era costituito da cascine, stalle e fienili. I suoi terrazzamenti erano coltivati per la produzione di ortaggi, soprattutto porri e taccole, che venivano poi venduti nei mercati di Milano; mentre i marroni venivano coltivati nelle selve castanili lì intorno, come attesta la presenza di un importante essiccatoio, andato distrutto insieme al borgo. Negli anni ’60 un eccentrico imprenditore milanese, Conte Mario Bagno acquistò Consonno pensando che fosse il luogo ideale in cui costruire una "città dei balocchi". Il borgo fu così demolito per fare spazio a ristoranti, una balera, un albergo di lusso, diverse costruzioni con richiami alle più variegate culture e stili architettonici, un castello medievale e il celeberrimo minareto, un campo di golf, un tiro assegno, una pista per il pattinaggio, un luna park e un giardino zoologico. Nell’ottobre 1976 continue piogge provocarono una frana che interruppe la strada che saliva a Consonno. Fu l’inizio del declino della città fantasma. Anche gli ultimi abitanti di Consonno, che avevano visto una opportunità per vendere i propri prodotti agricoli ai turisti lo abbondarono. Oggi Consonno si presenta in uno stato di totale abbandono e degrado. Molti degli edifici rimasti sono pericolanti e ne è vietato l'accesso perché è proprietà privata e in secondo luogo per motivi di sicurezza. I suoi terrazzamenti e le sue selve castanili sono oggi avvolti dai rovi e assorbiti dal bosco che avanza. Dal minareto si deve camminare seguendo la strada asfaltata che scende fino ad incrociare la strada che sale alla Canonica di San Maurizio. Svoltare quindi a destra per visitare la Chiesa di San Maurizio e la canonica, ora utilizzata come edificio rurale e le rovine di Consonno, come l’Hotel Plaza. Dalla Chiesa di Consonno, l’itinerario prosegue a sinistra sulla strada che accoglie i visitatori con imponenti insegne arrugginite che recitano "A Consonno è sempre festa" oppure "A Consonno tutto è meraviglioso", fino ad arrivare ad una grande costruzione in rovina che sovrasta la strada, un tempo hotel chiamato “Pavesino”. Il panorama che si gode sulla Valle dell’Adda è magnifico e richiama paesaggi leonardeschi. Superato l’edificio svoltare subito a destra lambendolo, percorrendo per circa un paio di chilometri unsentiero che, incrocia più volte il taglio per la pulizia delle linee elettriche e lungo il quale infestanti di varia natura banalizzano dal punto di vista della vegetazione l’ambiente boschivo. Scendendo il percorso offre una bellissima vista sul versante bergamasco e il paese di Carenno.Prima di arrivare alle prime case del piccolo borgo di Serigola, si può osservare la presenza di boschi terrazzati con la prevalenza di formazione di ciliegi. Il piccolo nucleo rurale, chiamato in dialetto "Serigula" si trova nel comune di Olginate. Il suo toponimo è legato all’acqua e il suo significato deriverebbe da roggia, acqua corrente; come il torrente che scorre proprio al limitare delle prime abitazioni. Il paesaggio attorno all’abitato è caratterizzato da numerosi terrazzamenti in buona parte ancora coltivati a frutta e ortaggi, con la presenza di molti ronchi (i tipici orti della civiltà contadina). Superato l’abitato di Serigola, all’altezza della cappella mariana, prendere l’acciottolato che corre parallelo alla strada e proseguire fino ad arrivare alla frazione di Bornedo. I terrazzamenti sopra Bornedo sono a terra riportata senza l’utilizzo di muretti a secco e sorgono su un pendio che colpisce per la sua verticalità. Si nota la presenza di boschi terrazzati su tutto questo versante. Arrivati alle prime case di Molino, prendere a destra la stretta strada asfaltata che costeggia le pendici del monte e che conduce su un ampio scenario caratterizzato da numerosi terrazzamenti, ancora ben mantenuti e coltivati a oliveto, orti e piante da frutta. Si cammina per circa un chilometro su una mulattiera che si snoda tra campi, muretti a secco e tipici casot (ricoveri attrezzi) che ricordano fedelmente il paesaggio rurale di un tempo, quando l’economia di sussistenza era legata indissolubilmente all’agricoltura. Il panorama si affaccia sopra la Val di Racul, un verde altopiano che da Valgreghentino scende fino a Olginate e che rappresenta l’areale di caccia prediletto dal gufo reale (specie nidificante nella vicina Olginate). Arrivati alle prime case della piccola frazione di Parzano, svoltare a destra all’incrocio con la strada asfaltata e salire fino ad arrivare ad un bel lavatoio, sulla cui parete è affrescata la Madonna del Rosario. Fiancheggiare l’abitato di Parzano tenendo l’abitato sulla destra e imboccare il sentiero che corre lungo una recinzione verde fino ad arrivare alle case della frazione di Ospedaletto, il cui toponimo ricorda la presenza di un ospizio per pellegrini o infermi. Interessante da vedere la chiesa della Beata Maria delle Grazie e di S. Antonio da Padova, ora non più consacrata e la cappelletta con le ossa dei morti della peste del 1600.Dopo aver superato l’ossario scendere fino al bel lavatoio, che si trova all’inizio di Ospedaletto, svoltare a destra e tornare al parcheggio di Molinello.
Da Valgreghentino intorno al Monte di Brianza

Gite in battello sui fiumi lombardi

I corsi d'acqua della Lombardia sono la via maestra per scoprire il verde cuore incontaminato della regione
Gite in battello sui fiumi lombardi - Navigli Milano

Tour dei passi Alpini

Questo spettacolare tour si sviluppa nella zona orientale della provincia Orobica, partendo proprio dal capoluogo, Bergamo.   Attraversando la città seguire le indicazioni  per Seriate, un paesino di 5 km di distanza, da dove è possibile prendere la SS 42 verso Trescore Balneario e Spinone al Lago, affacciato sul lago d'Endine, incantevole specchio d'acqua circondato dalle meravigliose montagne bergamasche. Riprendendo la SS 42 si può continuare a costeggiare il lago per attraversare la Valmaggiore, uno straordinario eden verde che si sviluppa verso il lago d'Iseo fino a Costa Volpino. Da qui la strada abbandona il lago dirigendosi verso le montagne incrociando Darfo Boario Terme, paesino quasi incastrato tra le montagne, reso celebre dalle proprie acqua termali. Dopo una visita a questo splendido paesino possiamo raggiungere Cividate Camuno, sede del parco Barberino, che si colloca nell'angolo formato tra il fiume Oglio e la collina del parco stesso. L'ultimo tratto del percorso si snoda ancora sulla statale nel tratto da Cividate Camuno a Capo di Ponte, passando per Breno, che merita una visita soprattutto per il castello che sovrasta la città, rendendo ancora più bello questo ultimo tratto della Valle Camonica. Cosa visitare: Malonno: Palazzo Celeri-Martinengo torri e forno Fusorio. Parrocchiale dei Santi Faustino e Giovita. Grande tempio edificato a partire dal 1731. Edolo: ll centro del paese è ricco di negozi questo piccolo borgo a pochi passi dalla  Svizzera è lideale per raggiungere le mete turistiche preterite da gli sciatori. Mù: piccolo paese di fronte a Edolo caratteristico per le abitazioni e le case molto curate, ottimo punto panoramico. Luogo ricco di fascino e mistero, famoso anche per i roghi delle streghe avvenuti nel medioevo. Teglio: paesaggi incantati tra le montagne. Tirano: Cattedrale della Madonna. Tovo  Sant'Agata: famoso per il castello e la torre. Sondalo: ogni anno meta di motoraduni che accolgono 9000 moto e 15.000 motociclisti. (Ph Ig: ppere11)

Via Francisca del Lucomagno

La Via Francisca del Lucomagno è un’antica via, storicamente documentata, che dal centro Europa collegava, in Italia, la pianura padana, attraversando il territorio elvetico. Quando gli spostamenti avvenivano a piedi o a cavallo, questo percorso rappresentava un raccordo molto importante per collegare il nord ed il sud delle Alpi, perché utilizzava il Passo del Lucomagno, il più basso delle Alpi Lepontine, e aveva un tracciato più breve rispetto ad altre Vie. Ebbe il suo massimo impiego tra VIII e il XIII secolo.  Nella attualizzazione moderna, la Via Francisca del Lucomagno inizia a Costanza e finisce a Pavia dove si innesta sulla Via Francigena, verso Roma. 510 Km, di cui 135 in territorio italiano. Tra i personaggi storici che percorsero qualcuno annovera anche San Colombano, morto a Bobbio nel 615, ma certamente la utilizzarono i monaci negli spostamenti tra i diversi conventi ed abbazie presenti lungo il tracciato, i mercanti e i pellegrini nel tragitto verso Roma.  Questa Via, al nord delle Alpi viene chiamata “La Via degli Imperatori” perché gli imperatori germanici del Sacro Romano Impero, della dinastia ottoniana, da Ottone I, il Grande a Enrico II, il Santo e, successivamente anche Federico Barbarossa, la percorsero più volte con i loro eserciti, per raggiungere il Regno d’Italia, di cui erano re.  La Via Francisca del Lucomagno inoltre è stata fondamentale per la storia della Chiesa e dell’Europa, poiché attraverso questo cammino, molti Vescovi raggiunsero Costanza nel 1414, dove si svolse il Concilio Ecumenico che pose fine allo Scisma d’Occidente.   L'esito del progetto di attualizzazione e valorizzazione, in Italia, della Via Francisca del Lucomagno, riscoperta dall'Associazione Internazionale Via Francigena (AIVF),  iniziato nel 2015, ha fatto nascere un Cammino di 135 Km, ben segnato, ben strutturato, con circa 50 strutture recettive di diversa tipologia e con tutti gli strumenti di comunicazione, molto apprezzato dai camminatori-pellegrini che lo percorrono e corredato di siti UNESCO, parchi e aree protette, beni storici, artistici, culturali e religiosi di grande pregio.  (Immagine di copertina: @albanomarcarini) Percorrendo come “Pellegrini di speranza” questo itinerario durante l’anno del Giubileo 2025 si potrà fare sosta presso quattro chiese giubilari: Santuario del Sacro Monte di Varese  Basilica di Santa Maria Nuova ad Abbiategrasso (MI) Basilica di San Pietro in Ciel d'oro a Pavia  A poche centinaia di metri dalla conclusione del percorso sarà possibile visitare anche la la Cattedrale di Santo Stefano Martire e Santa Maria Assunta della Diocesi di Pavia. Informazioni sulle proposte organizzate sul percorso del cammino durante l’anno giubilare al sito web: www.laviafrancisca.org  

Porto Ceresio

Un pittoresco borgo circondato dalle acque del lago e dal verde dei colli

In Valtellina, nella foresta del Gigiàt

L’autunno in Valtellina è un periodo magico. Questa proposta è tra le passeggiate più semplici del territorio, ma è comunque capace di cogliere pienamente la bellezza dei colori di questa stagione. Si tratta di un sentiero per tutti che parte dal paese di San Martino, entra nella Foresta dei Bagni di Masino fino a raggiungere la vecchia struttura termale.Passeggiando nel silenzio della piccola area boschiva è possibile ammirare alti faggi colorati, enormi massi erratici coperti di muschio verde, betulle dai toni gialli ed immense distese di foglie rosse. La foresta, all’interno della quale ci si immerge, è inserita nel circuito Foreste di Lombardia ed è costituita sia dall’area attorno al Comune Bagni di Masino, sia dalla vicina Val di Mello. Per raggiungere il punto di partenza dell’escursione bisogna imboccare la SP9 e attraversare tutta la Val Masino, fino ad arrivare a San Martino. Giunti in paese è possibile trovare diversi parcheggi a pagamento (7€ al giorno), il più comodo è sicuramente quello posto accanto all’ufficio turistico.Una volta parcheggiata l’auto ci si reca presso l’info point e lo si supera, raggiungendo i parcheggi sterrati posti alle sue spalle. Risalendo l’area del parcheggio si individua facilmente un cartello con indicazione “Bagni di Masino”. Si imbocca quindi l’unico sentiero presente (CAI 455) immergendosi immediatamente nel bosco e passeggiando su uno stupendo tappeto colorato di foglie e muschio. I colori autunnali sono già ben visibili, ma quello che più stupisce sono gli enormi massi granitici interamente ricoperti di muschio verde e disposti in modo sparso tra i grandi faggi e gli abeti. In certe parti del tracciato queste rocce si piegano su se stesse, andando a creare delle suggestive grotte e piccole gallerie che spesso vengono attraversate dal sentiero. Dopo 30 minuti di cammino, in prossimità del camping, si giunge al primo parcheggio della valle. In quest’area il bosco si allarga un po’, aprendo la vista sulle catene montuose che circondano la vallata. I monti non sono particolarmente alti, ma tutte le loro pareti sono letteralmente ricoperte di piccole macchie di colore: gli alberi riescono a crescere sui pendii e in questo periodo le loro chiome dorate danno vita ad uno spettacolo veramente unico. La leggera nebbia che ho trovato durante la mia escursione non ha fatto altro che rendere il tutto ancora più suggestivo. Il sentiero prosegue ora in piano su un’ampia strada sterrata per poi immettersi in un’area piena di ghiaia e rocce. La traccia è però sempre ben visibile e di facilissima percorrenza. Si prosegue in leggera pendenza, tornando ad addentrarsi nel bosco, fino al raggiungimento della strada asfaltata. L’itinerario, quasi per intero, va percorso su un normale sentiero di montagna, ma ci sono un paio di tratti dove è necessario fare pochi metri anche sull’asfalto. Visto che il punto di arrivo è direttamente raggiungibile anche dalla strada, è possibile decidere di uscire dal tracciato per passeggiare lungo la carreggiata. Superato uno stretto tornante della strada, prima di imboccare nuovamente il sentiero che taglia sulla destra in un prato, si può deviare a destra per raggiungere uno dei punti più spettacolari dell’intera passeggiata. In questa zona il bosco si fa praticamente pianeggiante e i piccoli torrenti che scorrono fra le rocce generano delle pozze d’acqua limpida poco profonde. Alzando lo sguardo si possono ammirare una miriade di enormi massi quasi interamente coperti da un mantello di muschio bagnato e, poco oltre, piccoli arbusti, faggi ed enormi abeti vanno a coprire il cielo con le loro fronde creando una magnifica esplosione di verdi accesi, arancioni e rossi intensi. Il consiglio è quindi quello di uscire brevemente dalla traccia proposta e vagare in questo boschetto dai toni fiabeschi per andare a cercare nuovi scorci e colori diversi. Dopo una lunga pausa si può riprendere il cammino, il sentiero in questo tratto inizia a tagliare i tornanti disegnati della strada, permettendo di arrivare molto più rapidamente a quota 1.150 m. Ad ogni nuovo passo sembra che i colori vogliano accendersi sempre di più, ma è quando si giunge nuovamente sulla strada asfaltata che si mostra lo spettacolo più bello della Foresta di Bagni di Masino. Qui l’asfalto viene letteralmente inghiottito da un bosco rosso fuoco, le foglie cadute ricoprono completamente il lato della strada e gli immensi alberi si chiudono su se stessi andando a creare un’enorme galleria naturale. Sembra di essere entrati in un dipinto troppo bello per essere vero e non si può che ammirare a bocca aperta quello che la natura ci sta regalando. Seppur percorrere la carreggiata a piedi sia veramente invitante (lo si farà al ritorno), il sentiero prevede ora di deviare sulla sinistra e inerpicarsi lungo il ripido bosco. Questa è probabilmente la parte più complessa dell’intera escursione, ma richiede solamente pochi minuti di fatica, in quanto il sentiero quasi subito smette di salire per tornare in piano. Il bosco è particolarmente fitto e le fronde degli alberi vi terranno facilmente al riparo dal sole o da una leggera pioggia. Quello che più stupisce però è che un infinito tappeto di foglie rosse copra completamente l’intera area, andando a nascondere quasi interamente il terreno. Questo tipo di situazione ovviamente non può perdurare per molti giorni e bisogna avere la fortuna di esserci verso la fine dell’autunno, prima delle prime nevicate. Camminando in piano si rimane in questo scenario da fiaba per diversi minuti, fino a raggiungere la fine del bosco. Qui inizia un breve sentiero turistico, detto “sentiero sensoriale”, molto largo, che si estende accanto al vecchio complesso delle terme. Il percorso è diviso in nove tappe con apposite bacheche, che riportano informazioni sulla flora e la fauna locale. Uscendo dal bosco si imbocca l’ampio sentiero che svolta subito a sinistra e si porta vicino al torrente. Il tratto è molto ben tenuto: sono presenti diverse panchine dove poter sostare, un corrimano in legno separa il tracciato dal torrente e il fondo è privo di buche o radici. Dopo pochi passi si può già scorgere una bacheca che riporta alcune informazioni utili sul capriolo, il camoscio alpino, l’orso bruno, la volpe, la martora e il Gigiàt. I primi 5 sono animali che popolano queste montagne e che è possibile vedere se si è abbastanza fortunati, l’ultimo della lista invece è una creatura mitologica considerata il simbolo della valle. Da quanto si dice si tratterebbe di un animale enorme e spaventoso, un incrocio fra un caprone e un camoscio, tuttavia le testimonianze non sono molto chiare. Si può vedere una sua rappresentazione sulla parete di un’abitazione all’inizio di via Ezio Vanoni a San Martino. Il dipinto è accompagnato dalla seguente frase: “El Gigiat, nume tutelare de esta splendida valle. Buono con lo homo che natura rispetta, mala sorte a chi lo trovasse non rispettoso. Onori et gloria a chi el vedesse e notizia ne desse.” Proseguendo si giunge in un’ampia radura delimitata sulla destra dal torrente Masino e riempita dagli immancabili massi erratici. Ci sono diversi tavolini con delle zone per cucinare, si tratta quindi del luogo perfetto dove fermarsi per mangiare qualcosa. Al limite del prato si trova l’ufficio turistico e una curiosa costruzione costituita da 4 monoliti, formati dai 4 principali minerali della valle. Quando ci sono stato una leggera pioggerella e il vento freddo non hanno reso la pausa troppo rilassante, in estate però questo luogo è assolutamente perfetto per stare un po’ al fresco e respirare aria di montagna. Prima di tornare indietro è possibile fare una rapida visita alla piccola cascata che genera il torrente. Per raggiungerla basterà superare l’area picnic svoltando sulla destra. Qui un cartello indicherà la presenza della cascata a soli 5 minuti di cammino. Si prosegue quindi in un ampio prato circondato da betulle dalle foglie giallo oro e, dopo una brevissima salita, si inizia a sentire sulla destra il fragore dell’acqua. La cascata non è enorme, ma il contesto all’interno della quale è inserita è veramente splendido: alberi colorati e roccia scura si fondono creando un bellissimo gioco di contrasti, ulteriormente impreziosito dai riflessi azzurri dell’acqua che si accumula in piccole pozze. La cascata è il limite superiore dell’escursione ed ora non resta che tornare al parcheggio. Durante il ritorno è però possibile fare un paio di deviazioni per vedere altri due punti veramente interessanti. Tornando dalla cascata si svolta a sinistra con l’obiettivo di aggirare dal lato opposto l’edificio delle terme. Dopo pochi passi ci si trova davanti ad un antico ponticello di roccia invaso dall’onnipresente muschio, che si arrampica anche qui. Superato il ponte si inizia a costeggiare la struttura delle ex terme fino al raggiungimento di una piccola grotta dove da una fontanella, fuoriesce acqua sorgiva a 38 °C. La leggenda narra che questa fonte fu scoperta da un pastore che, deciso ad indagare il motivo per cui una sua mucca facesse molto più latte delle altre, la seguì in questa zona fino a scoprire che l’animale si abbeverava a questa fonte. Se la storia fosse vera si tratterebbe comunque di un fatto molto antico, le acque termali della valle infatti erano note fin dal 1400 e nel corso dei secoli hanno richiamato nobili da diverse città italiane e svizzere. Lo stabilimento termale dei Bagni di Masino che si vede oggi è rimasto in attività per diversi anni. Dal 2015 la struttura è stata chiusa per via dei rischi geologici dell’area. Dopo essersi scaldati alla fonte si può proseguire fino al raggiungimento di una bacheca con scritto “Val Masino”. Il tratto che segue permette di ricongiungersi con il sentiero percorso all’andata, il consiglio però è quello di svoltare a destra per entrare nel giardino delle terme fino a raggiungere il piccolo parcheggio posto alla fine della strada asfaltata. Questa deviazione dal sentiero sterrato serve a tornare allo splendido bosco rosso ammirato in precedenza. Camminando sulla carreggiata ci si ricongiunge molto più rapidamente al sentiero percorso all’andata e si ha anche modo di visitare per intero questa parte del bosco, che probabilmente è anche la più caratteristica. Prendetevi quindi il tempo di ammirare gli immensi alberi, il bel sottobosco, il tappeto rosso di foglie e le rocce bagnate dalla pioggia e invase dal muschio. Seppur non ci sia un sentiero preciso è comunque possibile uscire dalla strada ed entrare nelle aree più pianeggianti di questo fantastico quadro carico di colore. Dopo una lunga pausa per scattare fotografie si ritorna all’inizio dell’area boschiva e, svoltando a sinistra, si imbocca nuovamente il sentiero dell’andata. In 1 ora circa si giunge nuovamente al parcheggio. - Ph: Stefano Poma
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