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Rosasco

Rosasco si trova nella Lomellina occidentale, non lontano dalla riva sinistra del fiume Sesia. A Rosasco è la coltura del riso ad imprimere le sue connotazioni di peculiarità ad un mondo rurale che ha scritto e continua a scrivere la storia di questo territorio. La geografia ambientale è quindi formata da una sola area morfologica, secondo un tracciato nel quale la distesa delle campagne è piatta e uniforme, ed è fitta la rete delle rogge e dei canali che delimitano i campi e le diverse proprietà. I vantaggi derivati da una razionale distribuzione ed utilizzazione delle acque si accompagnano a quelli forniti dalle nuove macchine, sempre più efficienti e sofisticate: l'agricoltore ha raggiunto, grazie all'intensa meccanizzazione e modernizzazione derlle sue aziende, livelli produttivi eccellenti, acquisendo attitudini imprenditoriali e tecnologiche tali da consentirgli un'alta capacità competitiva. Il ricambio generazionale ha visto da parte dei giovani coltivatori diretti un più accentuato orientamento verso l'innovazione e la sperimentazione.  La "Cerchiara" E' un vasto bacino acquitrinoso, che si estende per circa 20 ettari nel territorio di Rosasco e in misura altrettanto consistente in quello dell'attigua località di Celpenchio, da cui la garzaia prende il nome. La garzaia rappresenta uno splendido e incontaminato parco naturalistico, nel quale, accanto alla rigogliosa varietà del patrimonio vegetativo, numerrose specie di uccelli e di altri animali possono godere di un habitat straordinario e di sicura ospitalità. Il Castello di Rosasco, costruito verso la fine del IX secolo, è una delle più antiche struitture castrensi della Lomellina: un vasto sistema fortificato, ancora oggi riconoscibile nella sua perimetrazione, sebbene abbia conosciuto nel 1630, ad opera dei Francesi capitanati dal Crequi, una grave devastazione, a cui fece seguito la totale distruzione della cinta muraria per opera delle milizie sabaude nel 1643. Restano oggi visibili, e molto ben conservate, grazie ad una diligente opera di restauro, soltanto due torri (una terza si trova inglobata nel complesso della Chiesa Parrocchiale): l'imponente "Torre del Consegno" (così chiamata per l'uso, in periodo napoleonico, di farvi convocare i giovani del luogo destinati all'arruolamento), che si affaccia sul lato Est della piazza del Paese, e l'alto e snello Torrione ghibellino, dall'nsolita pianta rettangolare, che si innalza per ben 25 metri nella zona più elevata del Centro storico. Ambedue le torri sono visitabili e pienamente agibili: in particolare, dalla sommità della seconda si può godere di una vista suggestiva di Rosasco e del territorio circostante. All'interno dell'antico perimetro del Castello, affacciata sull'ampio spiazzo del sagrato, che declina dolcemente con il suo acciottolato verso il centro della piazza del Paese, si erge la mole della Chiesa Parrocchiale, edificata nel 1496 sulle fondamenta della primitiva Cappella di Corte. L'edificio, a pianta rettangolare con due cappelle laterali, ingloba nel lato Sud-Est una delle torri medioevali collegate alla struttura del Castello; all'interno gli spazi sono scanditi da una doppia fila di possenti pilastri cilindrici in mattoni a vista, che imprimono all'ambiente una sensazione di forza e di assorta severità. Tra le numerose opere d'arte conservate all'interno spicca alla parete di destra uno splendido olio su tavola di Bernardino Lanino (fine XVI secolo); degno di menzione è anche un pregevole Crocifisso ligneo coevo e, in sacrestia, un affresco di epoca anteriore, di notevole qualità. L'intero edificio è stato restaurato e messo in sicurezza con una serie di appropriati interventi conservativi tra il 1986 e il 2005. E' dedicato a Santa Maria e al patrono di Rosasco, San Valentino. La Chiesa di San GiuseppeSullo stesso sagrato si affaccia anche la Chiesa di San Giuseppe, costruita nel corso del XVII secolo; è caratterizzata da un'unica navata con presbiterio e abside semicircolare, e da un alto campanile. Apparteneva alla "Confraternita di San Giuseppe", attiva fino al 1870. Ha subito nel corso degli anni vari rimaneggiamenti, che tuttavia non le hanno sottratto quel fascino discreto che la fa così diversa dalla prospiciente Chiesa Parrocchiale.

Pieve del Cairo

Pieve del Cairo sorge ai confini della Lomellina, separato dal Piemonte dalle acque del Po. Paese di antica tradizione agricola ha risentito delle crisi che hanno travagliato l'agricoltura e che hanno portato al progressivo spopolamento del comune.L'antico abitato del Cairo, di origine celto-ligure, sorse alla confluenza del Tanaro nel Po, sulla strada che da "Julia Derthona" (Tortona) per Tromello e Novara portava all'Elvetia. Questa strada già abbozzata all'epoca delle guerre Puniche, venne proseguita fino al Sempione dall'imperatore Settimo Severo nel 210 d.c. Fonte: Comune Pieve del Cairo Il Castello Beccaria di Pieve del Cairo sec. XIV - sec. XVIII Uno dei più grandi della provincia di Pavia, il Castello Beccaria, che ancora porta il nome di una delle prime famiglie che lo abitarono, si distingue nel panorama lomellino e pavese per la sua inusitata mole. Si tratta di un esempio di grandissimo interesse storico architettonico perché, nella sovrapposizione di forme, dai resti originali del XII secolo alle edificazioni viscontee, delle innovazioni barocche a quelle neoclassiche, rappresenta un magnifico esempio di linguaggi architettonici che nel corso dei secolo si sono fusi armonicamente, nel ricco contesto della campagna lomellina. Fonte e foto:  FAI Fondo Ambiente Italiano
Castello Beccaria Pieve del Cairo

Mezzana Bigli

Mezzana Bigli si trova nella Lomellina meridionale, a breve distanza dalla sponda sinistra del Po, presso la confluenza dell'Agogna. Nella quiete della campagna lombarda, si trova Cascina Erbatici grande complesso agricolo, ora adibito a centro congressi ed eventi CHE COSA C’È DA VEDERE La chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista fu realizzata nei primi anni dell’Ottocento, secondo moduli neoclassici, e fu ristrutturata dal Frascaroli nel 1970. Il restauro ha interessato l’aspetto architettonico e ha mirato alla conservazione delle opere pittoriche del Raggi (nella zona absidale) e del Gambini (nelle navate). Lo splendido altare maggiore in stile barocco, su cui si eleva un crocifisso ligneo di grande valore, fu fatto innalzare in marmi pregiatissimi dalla contessa Anna Confalonieri. Nel presbiterio si possono ammirare due dipinti con storie di San Giovanni e San Pietro Martire. Nelle navate troviamo, a destra, un prezioso altare con tarsie marmoree, in cui è collocata la statua della Vergine. A sinistra si trova il battistero con copertura lapidea poggiante su colonne in marmo. Degni di nota sono la sacrestia in noce, risalente al XVIII secolo, e l’organo Lingiardi. La chiesa della frazione Casoni Borroni, dedicata a Santa Maria Assunta, fu fatta erigere da Anastasia Biglia verso la fine del Cinquecento. Successivamente fu ingrandita e ristrutturata da Fulvia Biglia nel corso del XVIII secolo. Una grande tela collocata nel coro, raffigurante una maestosa immagine della Madonna Assunta, è degna di particolare attenzione: è attribuita a Gaudenzio Ferrari (1475-1546). L’appartenenza all’esimio pittore non è sicuramente facile da dimostrare; tuttavia, come afferma il Callegaris, l’attribuzione potrebbe anche non essere del tutto illegittima, per diverse ragioni: in primo luogo va ricordato che un’opera del grande pittore è custodita nella chiesa di Silvano Pietra ed è risaputo che i suoi allievi lavorarono in Lomellina. Inoltre, la presenza sul territorio di importanti famiglie milanesi potrebbe avere portato opere preziose nelle chiese di campagna. La chiesa parroccchiale della frazione Balossa Bigli fu fatta erigere dal marchese Crivelli nel 1820 in ampliamento dell’oratorio già esistente nel 1752. Allora si presentava a un’unica navata: nel corso degli anni subì ulteriori ristrutturazioni e ampliamenti. Nel 1895 fu aggiunta una controsacrestia a sinistra del presbiterio, nel 1905 fu aggiunta la navata destra ampliata la vecchia sagrestia: infine, nel 1922 fu realizzata la navata sinistra.

Lomello

Lomello fu, tra VI e VII secolo, residenza occasionale dei primi re longobardi e protrasse il proprio prestigio con l’affermarsi della dominazione imperiale, quando i Conti di Lomello iniziarono a governare il territorio circostante. Di grande interesse storico, artistico e architettonico è il complesso della Collegiata di Santa Maria Maggiore e del Battistero di San Giovanni ad Fontes, edificato nel cuore del regno dei Longobardi, al cui interno si conserva l’antica vasca battesimale con perimetro esagonale e decorazioni pittoriche del VII secolo. 
Lomello

Costa de' Nobili

Costa de' Nobili sorge su un poggio circondato dai terreni sabbiosi e argillosi delle depressioni del Po e dell'Olona.  All'inizio del Duecento Costa divenne proprietà dei Pietra di Pavia. Risale ai secoli XIII-XIV il complesso del castello formato da due fabbricati (uno dei quali è l'antico Palazzo, sede del Municipio) uniti da una torre centrale. Ai lati d'innalzavano altre due torri, oggi mozzate. La torre centrale, alta 20metri, ma ridotta allo stato di rudere, insisteva sull'antico androne d'accesso al castello. Sulla Statale n. 234 che da Pavia conduce a Cremona, a circa 20 Km da Pavia, un bivio conduce a Costa de’ Nobili, piccolo centro del Pavese sorto su alcuni dossi di terreno sabbioso e argilloso che il Po e l’Olona hanno accumulato nel corso di millenni. Negli ultimi decenni molte di queste alture sono state livellate, perché usate come cave di sabbia per la costruzione di strade, argini di difesa dei due fiumi e come materiale per l’edilizia. Come rileva don Gianfranco Maschero-ni nel suo libro “Costa de’ Nobili Pietra e la chiesa di S. Maria Assunta” (Pavia 1982), furono i re longobardi, in specie Liutprando (VIII secolo), a favorire l’insediamento in queste terre selvagge e paludose, soggette a frequenti piene, legandole, mediante donazioni, ai monasteri benedettini di Santa. Cristina e del Salvatore in Pavia. Tra esse vi fu la località Costa, così chiamata originariamente per la sua posizione sopraelevata rispetto alla zona circostante.

Oliva Gessi

Oliva Gessi  è un comune  di 162 abitanti che si trova sulle colline dell'Oltrepò Pavese, tra Casteggio e Montalto Pavese, presso i torrenti Rile San Zeno e Verzate. Ai depositi gessosi, anticamente sfruttati e situati nella località Gessi, è dovuta la seconda parte del nome. Oliva Gessi ospita il Teatro ‘M. Defilippi’, che con i suoi 100 posti in relazione ai suoi 175 abitanti può essere considerato tra i più grandi d’Europa. La locale chiesa parrocchiale è dedicata a San Martino Vescovo. All’interno si trova la statua di Luigi Versiglia, vescovo e martire salesiano trucidato in Cina nel 1930 e canonizzato nel 2000 da Papa Giovanni Paolo II. Di fronte alla porta della chiesa è stata eretta la “Salita dei Martiri” in onore di San Luigi Versiglia e di San Callisto Caravario. Nel centro di Oliva, sorge il castello che la famiglia Isimbardi nella prima metà dell’800 trasformò in dimora signorile. Il castello Il castello è a impianto quadrilatero, ha una corte centrale e un’ampia porta carraia sul lato orientale. Un alto muraglione cinge il castello su tre lati e viene ipotozzata anche l’esistenza di una torre a causa di una sporgenza sul lato settentrionale. Queste strutture sono state più volte riprese fino a dare origine al blocco quadrilatero che tuttora sorge nel punto più alto del piccolo centro abitato. Il castello è oggi di proprietà privata.Dal 1999 l’Antica Corte ospita concerti lirico-sinfonici del Festival Ultrapadum. Casa natale di san Luigi Versiglia Oggetti personali, ricordi della sua vita in Cina, fotografie, documenti e altro sono conservati accuratamente per il turista religioso e non. fonte: www.borghiecastelli.eu PHoto: Piermaria Greppi Scotti

Santa Giuletta

Abitata già dalle popolazioni Liguri e Galli, in seguito sede di un insediamento romano, Santa Giuletta vanta un’antichissima tradizione vitivinicola, al punto da essere descritta, in documenti databili attorno all’anno 1000, come uno dei territori collinari più vitati dell’Italia del Nord. Gli studiosi dell’orto botanico di Pavia  scoprirono qui, nel 1879, uno dei primissimi focolari di peronospora, fungo di origine americana che distrusse quasi tutto il patrimonio viticolo italiano.  Appartenuto al feudo di Broni (XIII secolo), il territorio fu in seguito sottoposto al controllo di altri feudatari: i Beccarla nel quattrocento; i Trotti e gli Isimbardi nel settecento. Ebbe la funzione di capo di mandamento durante il regno sabaudo e si distinse infine per l’impegno nella lotta partigiana durante l’ultimo conflitto mondiale.  Meritano una visita il Castello (nell’omonima frazione), sulla sommità della collina, del cui impianto originario (secolo XII) non restano che le cantine, una volta inospitali prigioni; oggi il complesso appare come una villa settecentesca, in stile neoclassico che nel tempo ha subito numerosi interventi di restauro e rimaneggiamenti (al momento è oggetto di restauro da parte del nuovo proprietario); la chiesa parrocchiale del Castello, anch’essa chiusa per restauri) costruita nel 1200 e dedicata alla martire greca Santa Julitta, conserva bei dipinti caravaggeschi ; le due torri, una detta Sarolli – Griziotti è romantica e rinascimentale nello stesso tempo.  Partendo dal centro del paese, in via Emilia, la strada si inerpica fino alla frazione Castello, poi si snoda lungo un suggestivo crinale panoramico, dal quale si può ammirare la vasta Pianura Padana da un lato e, dall’altro, i colli e le montagne sovrapposte dell’Appennino.  La strada attraversa vigneti storici e stupende aziende vitivinicole, in maggior parte a coltura biologica. Alla Frazione Castello si può ammirare la Chiesa Parrocchiale ed il Castello Isimbardi-Vismara: nel lato sud dei due edifici esistono piante di ulivo e rigogliosi cespugli di capperi. IL MUSEO DELLA BAMBOLA E DEL GIOCATTOLO  Una volta le bambole di Santa Giuletta erano famose in tutto il mondo. I giornali degli anni cinquanta riservavano lunghi servizi su questo paese, tutto dedito a inventare e a costruire bambole con tutti gli accessori relativi. In quasi tutte le case si svolgeva questa lavorazione e vi erano una ventina di fabbriche che impiegavano un migliaio di operaie, per non parlare dell’indotto o del lavoro a domicilio sparso in tutti i comuni della zona. Una vera e propria area-sistema.  All’inizio le bambole erano costruite con cartapesta, attraverso  un processo molto elaborato ed erano destinate ai divani e ai salotti delle giovani spose. Poi subentrò la plastica, le bambole camminanti e parlanti e poi la lavorazione dei peluches e di altri giocattoli. Tutta questa attività è praticamente scomparsa. Il Comune ha voluto raccogliere bambole, giocattoli, fotografie, calchi, utensili da lavoro, etichette, cataloghi delle varie epoche, dagli anni trenta agli anni ottanta del secolo scorso, e li ha catalogati in un museo. Lo scopo non è solo turistico, ma anche storico-culturale e didattico. Negli scorsi anni si sono svolti corsi indirizzati all’artigianato artistico con un modulo espressamente dedicato alla lavorazione delle bambole. Il Museo è completato da una nuova sede della Biblioteca Comunale attrezzata per mostre e ricerche sulle bambole e sulla storia locale.  E poi vi è la novità del Laboratorio, dove verranno ricostruite le Bambole in Cartapesta sui modelli antecedenti la seconda guerra mondiale. Fonte: Comune di Santa Giuletta

Portalbera

Portalbera è un comune dell'Oltrepò Pavese situato nel punto in cui il Po accoglie le acque del torrente Versa. Le più antiche vicende documentate del paese sono contraddistinte dalle controversie per il suo possesso tra la diocesi di Piacenza e quella di Pavia. Già nel secolo XIII esisteva a Portalbera un traghetto ed un porticciolo, con attracco per la navigazione fluviale, con due grandi pioppi che lo delimitavano: nel dialetto locale il pioppo è detto "albra", e di qui il nome Porto Albra (porto dei pioppi), che poi divenne Portalbera. La sosta dei viandanti è comporovata dall'edificazione di un "Ospizio dei Pellegrini" in Portalbera, il primo che si incontrava sulla Via Romea dalla Francia, per opera del Vescovo pavese Guido, nel 1114, con il concorso di Cardinali, Vescovi ed Abati, italiani e francesi. Unitamente ai pellegrini viaggiavano i mercanti: il traffico proveniente dalla non lontana Piacenza e diretto a Genova passava necessariamente da Portalbera, il che ne sottolineava l'importanza strategica. Sino ad una settantina di anni fa, il Po lambiva l'abitato, che nel 1916 conservava ancora il suo antico ponte di barche sul fiume. In seguito ad un'alluvione, però, il ponte fu trascinato via dal fiume in piena, e fu poi rifatto, più a valle, a Spessa Po (perchè lì si era arenato il vecchio ponte di barche), dove si trova attualmente. L'economia di Portalbera è quindi sempre stata incentrata sul trasporto e sul commercio fluviale, ma dopo gli anni della Seconda Guerra Mondiale la vita economica di Portalbera è cambiata, non potendo più contare sul porto e sul ponte e non avendo mai i portalberesi lavorato, in misura significativa, nel settore dell'agricoltura. Il campanile della Chiesa di Maria Vergine Assunta, costruzione settecentesca,, con i suoi 51 metri è il più alto della Diocesi di Tortona. Fonte Comune di Portalbera  

Rovaiolo Vecchio

Un paese fantasma nell'alto Oltrepò Pavese

Cervesina

Cervesina si trova nella pianura dell'Oltrepò Pavese, sulla riva destra del Po, presso la confluenza del torrente Staffora a pochi chilometri da Voghera. La Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo è uno dei principali luoghi di culto del comune, un edificio che custodisce al suo interno preziose opere d'arte e  il Castello di San Gaudenzio è un’imponente costruzione che affascina per la sua storia e il suo suggestivo aspetto. Cervesina e San Gaudenzio costituirono a lungo due comuni a sé stanti; nel Medioevo San Gaudenzio era più importante, specie dal punto di vista religioso, essendo sede di pieve da cui dipendevano diversi paesi della zona. Il Castello di San Gaudenzio, un'oasi di storia lombarda, mantiene intatti nel tempo il fascino dei luoghi, la dolcezza di vivere. La sua storia è legata ai Visconti e ai destini di Pavia: un complesso originario del 1400 appartenuto a numerose famiglie nobili (i Beccaria, i Taverna, i Trotti) che se ne sono tramandati i fasti. Luogo d'ospitalità e riposo, sede di balli, pranzi e festeggiamenti etc., con estrema naturalezza conserva questa originaria vocazione in qualità di splendido hotel, ricco di suggestioni.  All'interno del Castello si ritrovano i bei camini di marmo rosso e nero, mobili, ritratti e decorazioni che si richiamano al periodo dal 1500 al 1700. Affianca il Castello l'antica pieve dedicata a San Gaudenzio. Quello che era un tempo luogo di delizie per pochi privilegiati è diventato oggi un ameno luogo di ritrovo per chiunque, a due passi dalle congestionate città industriali, voglia godere il sottile fascino della campagna dell'Oltrepo pavese Ridare una funzione e una utilità sociale a quello che restava di un glorioso castello, è stata l'idea che ha fatto nascere, nell'antico maniero, il ristorante di San Gaudenzio. Nella linea della continuità con l’impostazione del ristorante, il Castello offre a tutti i suoi clienti una serie di camere e di appartamenti arredati con gusto sopraffino e funzionanti con i criteri più moderni, caratteristici della nostra epoca. La sobrietà, l'eleganza e l’armonia legano gli elementi strutturali del parco-giardino annesso al quattrocentesco Castello di S. Gaudenzio. Di fattura recente, quest'accorato spazio verde presenta significativi caratteri di moda seicentesca che ha un'epoca non solo di transizione ideologica, ma anche di mutamento di gusto stilistico. Il giardino, da ancora rigoroso e geometrico cinquecentesco, tende a tramutarsi in parco, dando luogo ad un movimento di liberazione e di vita. Essenze d'altofusto, cespugli da fiori, da foglia e da frutto, formano il quorum floristico di questo luogo. Conifere e latifoglie si alternano, gradevolmente, nel gioco scenico delle parti. Le statue, la pergola ed il tempio forniscono, invece, l'elemento plastico. Adiacente all'ingresso del Castello e lungo il ciglio del vecchio fossato, aiuole fantasiose a ricamo offrono un esempio di "Ars Topiaria". fonte Comune di Cervesina
San Gaudenzio

Bosnasco

Bosnasco è un comune di circa 650 abitanti della provincia di Pavia. Si trova nella collina dell'Oltrepò Pavese, al limite della pianura, al confine con la provincia di Piacenza. Il luogo è noto fin dal XII secolo, quando era conteso tra Piacenza e Pavia, che da poco aveva avuto per diploma imperiale il dominio sull'Oltrepò Pavese; per arbitrato il luogo fu dato a Pavia. Caduto sotto la supremazia dei Beccaria, divenne parte del feudo Arena Po, appartenente al ramo della famiglia che da Arena prendeva nome. Questo, per contrasto con i Visconti all'inizio del XV secolo, si vide confiscare il centro maggiore, ma poté conservare Bosnasco fino all'estinzione nel 1695. Bosnasco passò in eredità ai Busca, e successivamente ai Bellisomi e ai Corsi di Nizza, poco prima della fine del feudalesimo (1797). La viticoltura, la produzione di vino, le cantine e le principali risorse enogastronomiche del comune di Bosnasco  Fonte Comune di Bosnasco Photo Tenuta Scarpa Colombi

Casei Gerola

Casaei Gerola si trova nella pianura dell'Oltrepò Pavese, al confine con la provincia di Alessandria, sul torrente Curone a pochi chilometri dalla sua confluenza nel Po. Nei dintorni, il Parco Le Folaghe offre un ambiente naturale ideale per escursioni e attività all'aria aperta. Monumenti e luoghi d'interesse Insigne Collegiata San Giovanni Battista Chiesa di san Sebastiano Santuario della Madonna delle Grazie di Sant'Agostino Chiesa di san Guglielmo Castello Palazzotto del Carmagnola L'Insigne Collegiata di San Giovanni Battista: Un capolavoro di architettura e arte gotica L'Insigne Collegiata di San Giovanni Battista, una delle principali espressioni dell'architettura gotico-lombarda nel territorio, fu costruita tra il XIV e il XV secolo e, nel 1573, ottenne il titolo di Insigne Collegiata. La facciata, sobria e imponente, si presenta con una struttura a capanna in mattoni, arricchita da due contrafforti laterali. Il portale in cotto, risalente al Quattrocento, aggiunge un tocco di eleganza all’ingresso. Tuttavia, è all’interno che la chiesa rivela la sua vera bellezza, con una serie di affreschi di grande valore artistico che adornano le sue pareti. Un elemento di particolare rilevanza è la Cappella Bottigella, costruita nel 1450 per volontà della famiglia Bottigella e decorata tra il 1462 e il 1468. Questo spazio sacro, cuore pulsante della chiesa, ospita un ciclo di affreschi attribuito al Maestro di Casei, un anonimo artista che ha immortalato scene sacre come l'Annunciazione, la Deposizione, l'Incoronazione della Vergine, il Padre Eterno, e i santi Marco e Luca. Sovrano all’altare in cotto policromo, che purtroppo conserva solo una parte dell’originale struttura, si trova anche una pregevole àncora in cotto, probabilmente opera delle botteghe della Certosa di Pavia. Tra le opere di maggiore pregio c’è il polittico in terracotta policroma, che raffigura il committente Giovanni Matteo Bottigella, conferendo alla cappella un valore storico e artistico inestimabile. Un altro tesoro di valore rinascimentale è il trittico di San Martino, situato sopra la porta che dà accesso alla Cappella Bottigella. Tradizionalmente attribuito a Cesare da Sesto, il trittico rappresenta uno dei capolavori pittorici del Rinascimento nell'Oltrepò Pavese, con tre opere che catturano l’attenzione per la loro perfezione e bellezza. Infine, nella navata destra, si trova un grande affresco della Battaglia di Lepanto, datato fine XVI secolo, che completa il percorso artistico di questo straordinario luogo di culto, rendendo l'Insigne Collegiata di San Giovanni Battista un vero e proprio scrigno di tesori artistici e storici.
Casei Gerola