Dal Rifugio Cà San Marco a Foppolo
Dal rifugio Ca' San Marco, in corrispondenza del solido paravalanghe, si percorre un tratto di mulattiera dell’antica Priula, che con alcuni tornanti sale fino al Passo San Marco (1.992 m, 30’ dalla partenza). Raggiunto il passo, caratterizzato da un grande omino in pietra e da un altare realizzato dagli alpini, si percorre per circa 150 metri la strada asfaltata sul versante valtellinese. Incontrata la deviazione si abbandona la strada che scende verso Morbegno e si prosegue lungo il sentiero, indicato con frequenti segnavia, in direzione del Monte Fioraro. Si continua lungo le pendici settentrionali del Pizzo Segade, sulla testata della Valle d’Orta e, raggiunto lo stretto crinale, lo si percorre per alcuni minuti fino a una forcella (2.070 m, 1h dalla partenza). La cresta spartiacque ci regala una magnifica veduta aerea del rifugio Madonna delle Nevi, verso il quale punteremo, prestando molta attenzione, abbassandoci lungo un breve, ma ripido, canalino, quindi, a mezza costa, proseguiremo attraverso le pendici del monte Fioraro. Raggiunta la solitaria baita degli Agnelli (1.990 m), si prosegue attraverso l’Alpe Fioraro e oltrepassata, senza raggiungerla, la baita Colomber, lungo un avvallamento, si perviene al passo della Porta (2.028 m) dove, poco oltre, s’incontra la baita Piano (2.018 m). Si attraversano i pascoli dell’Alpe Azzaredo, caratterizzati dalla presenza di numerose recinzioni in pietra che testimoniano il duro lavoro svolto in passato dai mandriani. Poco più in alto si nota un dominante “ometto” di sassi realizzato per conto dell’IGM durante l’effettuazione di rilievi topografici. Un centinaio di metri più in basso appare il bivacco Zamboni di proprietà dell’ERSAF, gestito dal CAI di Piazza Brembana e sempre aperto. Proseguendo in lieve discesa, al limite di un’incantevole spianata, si scorgono le baite Azzarini, si attraversa un torrente e, raggiunto il ripido fianco del lungo crinale del monte Azzaredo, lo si supera lungo alcuni tornanti (2.090 m circa). Si prosegue per ripida discesa fino a giungere nei pressi della baita di Piedevalle (1.994 m). Continuando si percorre l’agevole mulattiera, lungo i fianchi del Pizzo Rotondo, e si supera il piccolissimo lago di Cavizzola, punto d’incontro con il sentiero che sale da Madonna delle Nevi. Si prosegue per pascolo, lasciandoci guidare dai segnavia, fino a raggiungere l’ennesimo caratteristico recinto in pietre e la baita Cascinetto dei Siltri (1.973 m) da cui, con un ultimo sforzo, si perviene alla Forcella Rossa (2.055 m), da dove è possibile ammirare l’intera conca di San Simone. Dalla bocchetta si scende dirigendosi sulla sinistra lungo un breve canale erboso, si divalla a mezza costa fino a giungere nelle vicinanze di una pozza d’acqua poi, piegando a sinistra, si scende in direzione dello sterrato che si tocca nei pressi di un acquedotto (4h dalla partenza). Si prosegue in direzione del piccolo agglomerato di caratteristiche baite indicate come Baitone (1.854 m). Superato il nucleo rurale, la carrareccia si riduce a buon sentiero che, dopo un primo tratto in leggera discesa, prosegue in piano a mezza costa offrendo un’aerea veduta sulla Valle delle Saline, mentre sull’opposto versante è visibile il monte Arete e, più alto, sulla sinistra, il monte Valegino. Si contornano così, con percorso pianeggiante, le ripide scarpate della Cima di Lemma, fino a entrare nell’ampio vallone pascolivo. Si segue in salita fino a superare la baita delle Saline, dove all’estremità dei resti della stalla è stata realizzata una copertura arredata con un tavolo e relative panche per una meritata pausa all’ombra. Risalito l’ultimo tratto di pascolo si raggiunge il passo di Tartano (2.108 m, 5h 15’ dalla partenza) caratterizzato da una slanciata croce in ferro; nei pressi sono visibili interessanti resti di numerose trincee (linea Cadorna), recentemente sistemate a cura della Comunità Montana. Ignorato il sentiero che scende sul versante valtellinese, si continua sulla destra lungo il costone erboso, ora segnalato con il segnavia n°201, che offre un magnifico colpo d’occhio sulla Val Lunga e, disposti a quote diverse, sui laghi di Porcile, vere perle color turchese. Lungo i pendii della Val Lunga, tributaria con la Val Corta della Valle di Tartano, si scorgono parecchie baite con i tipici recinti in pietra. Percorso il breve tratto di costa, dove si osservano i resti di appostamenti di mitraglia ancora ben conservati, con alcuni ripidi tornanti si discende lungo il versante valtellinese, in direzione dei laghi di Porcile. Successivamente, percorso un tratto piano lungo le pendici del monte Valegino, prestando attenzione ai numerosi segnavia posti sui grossi massi, si attraversa fino a raggiungere il più alto dei tre caratteristici laghetti (2.095 m) di origine glaciale. Costeggiata la sponda sinistra del lago e, superata una vecchia baita d’alpeggio, si va avanti spostandosi sulla sinistra del vallone, evitando i grossi massi detritici visibili sulla destra, quindi, con un tratto in diagonale, si avanza fino a raggiungere il passo di Porcile (2.290 m, 6h 15’ dalla partenza). Il passo, un’ampia insellatura posta fra i monti Valegino e Cadelle, mette in comunicazione la Valle di Tartano con Foppolo. Volgendo a sinistra si percorrono una trentina di metri circa per poi scendere decisi lungo il pendio, fino al punto in cui il sentiero continua a mezza costa in direzione di una baita. Si continua a scendere fino a un caratteristico pianoro dove è situata la graziosa baita delle Cadelle (2.057 m) e, poco distante, una solida stalla. Lo spiazzo, attraversato da un torrente, è racchiuso fra ripide scarpate e pietraie, mentre dappertutto si osservano muretti e cumuli di sassi ammucchiati allo scopo di estendere la superficie del pascolo. Si continua spostandosi sul fianco destro della valle, si prosegue lungo un ottimo sentiero che, con alcune serpentine, consente di perdere rapidamente quota. Superate due baite, alle relative quote di 1.860 e 1.826 metri, poco oltre si volge a sinistra e, attraversato il torrente, si va avanti fino a entrare in un bosco di pini e larici. Fuoriusciti dalIa pineta, in corrispondenza di un casolare, non rimane che seguire le indicazioni e, superata una baita, si percorre l’ottima mulattiera delimitata da muri di sassi. Si termina, con una breve salita, nei pressi della località Rovera (1.600 m), che si raggiunge dopo aver attraversato un ponte di legno. Ora non rimane che scendere a Foppolo, dove ovviamente non mancano tutti i principali servizi propri di un centro turistico. Per pernottare ci si può rivolgere ai vari alberghi di Foppolo.