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Da Pigra al rifugio Venini a Tremezzo

L’itinerario prevede una parte di percorso in montagna in mtb tra batterie e trincee e una parte a ridosso del lago Lario dove è possibili visitare antiche chiese e ville di delizia. Da non perdere l’isola Comacina e l’Hospitalis di Santa Maria Maddalena.Il percorso circolare parte e arriva dalla funivia per Pigra. Da qui seguiamo la strada asfaltata che porta all'alpe di Colonno. L'itinerario prosegue verso i monti Galbiga e Crocione. Passiamo dei saliscendi per arrivare, poi, all'alpe di Lenno e dopo al rifugio Venini, dalla cui terrazza si vede il lago. Il percorso continua verso il monte di Tremezzo da dove inizia la parte di percorso in discesa. Passeremo dunque lungo tutta la costa, poi troveremo i tornanti che si alternano al bosco, sino alle gallerie scavate nella roccia. Il ritorno avviene su strada statale, quindi, si deve prestare molta attenzione al traffico. ITINERARIODistanza: 45 kmDifficoltà: altaFondo stradale: asfalto, sterrato con alcuni punti espostiDislivello: 1853 m, -2472 m ( Pendenza max: 25.5%, -32.9% Pendio medio: 7.0%, -9.1%) Adatto a: utenti ben allenatiTipologia di bicicletta consigliata: MTBDurata media: 5 h ca. ALCUNI PUNTI DI INTERESSE Il Tremezzo e la Linea Cadorna  “Linea di difesa alla frontiera del Nord” é un sistema di fortificazioni costruito in previsione della prima guerra e voluto dal generale Cadorna, per evitare che, in caso di attacco, i nemici potessero raggiungere Milano e la pianura padana.Geolocalizzazione su mappa: 46.01109, 9.15478 Villa Carlotta a TremezzoLa villa, prospiciente il lago, risale alla fine del seicento ed è considerata uno dei migliori esempi di architettura barocca sul lago di Como. All’interno del complesso è possibile visitare il museo dove sono esposte opere di Canova e il meraviglioso giardino botanico.Info utili: www.villacarlotta.itGeolocalizzazione su mappa: 45.98579, 9.23077 Isola ComacinaOppidum militare in epoca romana e altomedievale, rasa al suolo ad opera dei comaschi e dal Barbarossa, oggi sono presenti sull’isola una serie di edifici tra i quali la chiesa di San  Giovanni Battista e le case per residenza di artisti in stile razionalista. Info utili: www.isola-comacina.it Geolocalizzazione su mappa: https: 45.96585, 9.17727 Hospitalis di Santa Maria Maddalena ad OsuccioIl complesso fu realizzato per l’accoglienza e la cura dei pellegrini tra il XII sec. e il secolo successivo e comprende l’edificio specialistico, la chiesa, il campanile, il palazzo del municipio.  Info utili: Antiquarium, Telefono: 034456369Sito: www.isola-comacina.it     Geolocalizzazione su mappa: 45.96748, 9.18082 Campanile dell’oratorio di Santa Maria Maddalena ad OsuccioIl campanile è datato tra la fine del XII secolo e l’inizio del XV ed è costituito da una pianta quadrata e da una cella campanaria decorata con archetti pensili e bassorilievi figurati.Info utili: Antiquarium, Telefono: 034456369Sito: www.isola-comacina.it    Geolocalizzazione su mappa: 45.96758, 9.18111 Chiesa di San Giacomo a Spuranola chiesa romanica fu edificata tra la fine del XI sec. e l’inizio del secolo successivo. Ha pianta longitudinale a navata unica con abside semicircolare ed è caratterizzata da un campanile a vela a due fornici.Info utili: https://acisolacomacina.it/tremezzina/il-romanico/chiesa-san-giacomo/Geolocalizzazione su mappa: 45.9685, 9.17405 Villa del Balbiano ad OssuccioUn meraviglioso edificio dalle linee sobrie che si affaccia direttamente sul lago di Como. L’interno è abbellito da scenografici affreschi barocchi e l’esterno da un giardino lussureggiante, tipico delle “ville di delizia”. Info utili: La villa non è visitabileGeolocalizzazione su mappa: 45.96791, 9.186 Villa del Balbianello a TremezzinaLa villa venne costruita su un preesistente monastero francescano dal cardinale Durini verso la fine del ‘700 per i suoi ritiri di delizia. Qui furono girate alcune scene di celebri saghe, come Star Wars e 007.Info utili: https://www.fondoambiente.it/luoghi/villa-del-balbianelloGeolocalizzazione su mappa: 45.97, 9.19719 Parco Comunale Teresio Olivelli a TremezzoIl Parco, dedicato al partigiano Olivelli medaglia d’oro al valor militare e medaglia d’oro della Resistenza, fu realizzato negli anni ’20 del ‘900 dall’architetto Lingeri. Da vedere la monumentale scalinata e la fontana centrale.Info utili: http://www.ilparcopiubello.it/index.php/park/dettaglio/516Geolocalizzazione su mappa: 45.98169, 9.22016 Villa Sola Cabiati a TremezzoLa villa edificata nel XVI secolo e modificata in stile neoclassico nel ‘700 è dotata di un corpo centrale e due eleganti ali laterali, un monumentale scalone e saloni affrescati da Francesco Conegliani, allievo del Tiepolo. Oggi è un hotel.Geolocalizzazione su mappa: 45.98218, 9.21484 Villa PessinaLa villa realizzata in stile eclettico neomedievale è caratterizzata da una massiccia torre e da una particolarissima cancellata. Fu definita un plagio di Villa Gaeta ad Acquiseria poiché molto simili tra loro.Info utili: La villa non è visistabileGeolocalizzazione su mappa: 45.98118, 9.21215
Da Pigra al rifugio Venini a Tremezzo

Da Lonato a Montichiari

L'itinerario qui proposto, con partenza dal Lonato, percorre il basso Lago di Garda, un paesaggio caratterizzato dalle dolci colline moreniche, formatesi in seguito alle fasi di espansione e ritiro dei ghiacciai e dalla pianura alluvionale del Chiese. I piccoli nuclei rurali si mescolano in modo armonioso a boschi, vigneti e oliveti per espandersi a vaste coltivazioni intensive nella pianura tra Montichiari e Lonato. Dal centro, raggiunta la chiesa romanica di San Zeno e attraversato un quartiere residenziale, si scollina verso il Lago di Garda. Arrivati alla ciclabile andiamo a sinistra, direzione Brescia. Prima dell'abitato di Sedena, seguendo a destra le indicazione del sentiero Cai, si raggiunge il Castello di Drugolo. Proseguiti sino a una chiesetta, prendiamo a sinistra, sulla Provinciale, poi alla rotonda subito a destra ed ancora a sinistra. A Macesina seguiamo lo sterrato fino a Cantrina, da dove, in discesa, raggiungiamo la ciclabile che resta a fianco di un canale. Giunti a alla centrale elettrica di Salago, seguiamo la ciclabile per Montichari e poi, per strade campestri, ritorniamo a Lonato passando da Esenta. ITINERARIO Distanza:44.9 kmDifficoltà: facileFondo stradale: in buona parte sterrato, asfalto nei centri urbaniDislivello: +374 m, -373 m (pendenza max: 9.8%, -13.3%, Pendio medio: 1.4%, -1.3%)Adatto a: tuttiTipologia di bicicletta consigliata: MTB, ibridaDurata media: 4 h ca. ALCUNI PUNTI DI INTERESSE Rocca di LonatoLa Rocca sorge sulla parte meridionale del lago di Garda e sul centro storico del paese. La fortificazione, destinata prettamente ad esigenze di ordine militare e difensivo, si presenta come una delle più imponenti di tutta la Lombardia.Info utili: www.fondazioneugodacomo.it/it/castello-roccaE-mail: info@fondazioneugodacomo.itGeolocalizzazione su mappa: 45.46277, 10.48605 Casa del Podestà a LonatoIstituita con Decreto Regio nel 1942, la Fondazione fa capo ad un eccezionale complesso che comprende la Casa-museo detta del Podestà, la Rocca e un piccolo gruppo di antichi edifici del borgo medievale lonatese.Info utili: www.fondazioneugodacomo.itE-mail: info@fondazioneugodacomo.itGeolocalizzazione su mappa: 45.46155, 10.4865 Pieve di San Zeno a LonatoRicostruita nel XII secolo sui resti della primitiva chiesa probabilmente risalente al V secolo, la pieve conserva di originale l`abside romanica e all`interno tracce di affreschi altomediovali. Info utili: www.roccadilonato.it/it/chiese/pieve-di-san-zenosito: www.lonatoturismo.itGeolocalizzazione su mappa: 45.47355, 10.47702 Castello di Drugolo a LonatoRoccaforte risalente al X secolo forse di origine longobarda. Fu una proprietà della famiglia Vimercati di Milano sino al 1436 quando passò alla famiglia bresciana Averoldi. Ora è di proprietà dei Baroni Lanni della Quara.Info utili: www.roccadilonato.it/it/palazzi/castello-di-drugoloGeolocalizzazione su mappa: 45.50045, 10.47642 Consorzio del Chiese a CalcinatoIl Consorzio di bonifica svolge una funzione di irrigazione e di valorizzazione delle acque del territorio. Si occupa della gestione e manutenzione della rete idrografica irrigua utilizzata anche per produrre energia rinnovabile attraverso piccole centrali idroelettriche. Si occupa inoltre della valorizzazione cicloturistica del fiume Chiese attraverso la realizzazione di numerosi itinerari ciclabili.Info utili: www.consorziodibonificachiese.it/Geolocalizzazione su mappa: 45.458414, 10.410134 (sede) Duomo di Santa Maria Assunta a MontichiariEdificata dal 1729 ad opera dell’architetto Paolo Soratini, viene completata nel 1890 con la costruzione del campanile. All'interno si trova l’Ultima Cena del 1542, capolavoro di Girolamo Romanino. Info utili: Piazza Santa Maria, Montichiari (BS) Geolocalizzazione su mappa: 45.41314, 10.39146 Castello Bonoris a MontichiariIl Castello Bonoris è stato costruito tra il 1891 e il 1905 su preesistenti ruderi medievali ed è uno degli esempi architettonici di stile neogotico più importanti della Lombardia. Il maniero fu commissionato dal conte Gaetano Bonoris (1861-1923) per farne la propria dimora e acquisito dal comune di Montichiari nel 1996. Sito internet: www.montichiarimusei.itGeolocalizzazione su mappa: 45.41242, 10.39133 Pinacoteca Pasinetti a MontichiariLa Pinacoteca condivide con la Biblioteca Treccani gli spazi di un edificio di impronta neoclassica, già sede di una chiesa nel secolo XVI. Al suo interno ospita oltre cento dipinti del pittore Antonio Pasinetti.Sito inernet: www.montichiarimusei.itGeolocalizzazione su mappa: 45.4116, 10.3932 Chiesa di San Pancrazio a MontichiariCostruita nel XII secolo, la muratura esterna è formata da conci di pietra bianca ricavata dalle cave di Mazzano e Virle (BS). All'interno, la bellissima abside maggiore è decorata con motivi antropomorfi e floreali. Le absidi minori sono senza decorazioni o rilievi.Sito internet: www.montichiarimusei.itGeolocalizzazione su mappa: 45.4053, 10.39375
Da Lonato a Montichiari

La Valchiavenna e la Valle Spluga

Alpeggi, laghi, torrenti e una variegata rete di sentieri lungo cui camminare tra natura e borghi di montagna dove il tempo sembra essersi fermato
La Valchiavenna e la Valle Spluga

Giardino botanico di Pietra Corva

Il Giardino di Pietra Corva, compreso amministrativamente nel comune di Romagnese in Oltrepò Pavese, è ubicato nel cuore del Sito di importanza comunitaria Sassi Neri-Pietra Corva, sul versante orografico destro della Val Tidone, a 950 m di altitudine, sulle pendici del Monte Pietra di Corvo, suggestivo e dirupato affioramento di scura roccia vulcanica che si erge sino a 1070 m. Lasciato il centro abitato di Romagnese, si procede in direzione della frazione Grazzi, superata la quale si raggiunge, in auto o in pullman, l’ampio piazzale adibito a parcheggio, ove sorge un confortevole "punto di ristoro". Infine, salendo un breve sentiero, si giunge di fronte alla rustica e caratteristica cancellata che immette al giardino. Al di là, tra conifere e faggi, si snoda un dedalo di piccoli sentieri tra aiuole e roccere, percorrendo i quali si possono ammirare innumerevoli piante che trovano dimora negli anfratti e nelle nicchie delle rocce. Sotto il profilo didattico educativo il Giardino di Pietra Corva si presta a diventare meta ottimale per gruppi con interessi naturalistici. La bellezza del luogo, l’impatto estetico, la ricchezza di forme e di colori lo rendono meta consigliabile per escursioni e gite; il visitatore potrà pertanto unire al piacere di una passeggiata nel verde dei boschi la possibilità di osservare piante rare o provenienti da luoghi lontani. Cosa osservare: Chi si accinge a visitare per la prima volta il Giardino di Pietra Corva certamente troverà qualche difficoltà nell’intuire i criteri della sua organizzazione: le specie presenti non sono distribuite seguendo una sola linea di intervento, ma la loro ubicazione risponde ad esigenze ecologiche, oppure ad un raggruppamento sistematico o geografico.Ci sembra opportuno quindi individuare una visita ipotetica, lasciando tuttavia all’interesse e alla fantasia di ciascun visitatore la possibilità di approfondire le eventuali tematiche indotte dalla visita o di scegliere percorsi legati ai propri interessi.Il sentiero di entrata conduce di fronte all’edificio adibito a foresteria ed al centro visita.Sul lato destro la superficie del giardino è quasi pianeggiante ed ospita numerose aiuole e roccere, un suggestivo stagno popolato da varie specie di anfibi, il vivaio; a sinistra il sentiero principale sale dolcemente e conduce alla porzione più elevata, dove su ghiaioni e rocce serpentinose, calcaree e silicee, vivono molte piante alpine.Un sentiero all’interno della faggeta, collega, nella zona alta, le due parti.Iniziamo l’ipotetica visita percorrendo il vialetto d’entrata in un sottobosco di rododendri (Rhododendron ferrugineum).Giunti di fronte al "rifugio" giriamo a destra.   Al termine del percorso si consiglia una visita al piccolo museo didattico annesso al rifugio; esso illustra le particolarità più interessanti del giardino ed inoltre descrive, con pannelli didascalici e piccoli diorami, l’ambiente collinare e montano dell’Oltrepo Pavese e piacentino. Come è nato: La storia di questo giardino è strettamente legata all’indimenticabile figura del Dott. Antonio Ridella, valente veterinario e cinofilo, ma anche naturalista e grande appassionato di botanica, che attorno al 1960 elaborò l’idea di creare un giardino botanico in questo lembo di territorio montano. L’amore per la botanica aveva accompagnato il Dott. Ridella fin dai tempi dell’Università e si era affinato nel tempo durante i suoi numerosi viaggi di esplorazione su Alpi, Carpazi, Pirenei e Ande, ove aveva potuto ammirare la bellezza delle piante di alta quota nella molteplicità dei loro adattamenti. Esperienze ricche ed irripetibili che raccontava agli amici e soprattutto ai bambini; racconti sicuramente colmi di passione ma insufficienti a descrivere ciò che aveva osservato. Via via si delineò così il progetto di un giardino dove raccogliere le piante di montagna affinchè le stesse potessero essere mostrate ad un pubblico interessato. La realizzazione richiese molta fatica, il progetto era insolito e, per parecchi anni, poche persone lo aiutarono in un’impresa apparentemente irrealizzabile. Determinante a quel tempo fu il contributo del giovane giardiniere Cesare Soffritti che, non solo lo accompagnò nelle innumerevoli escursioni alla ricerca di piante spontanee da introdurre nel giardino, ma fu soprattutto colui che, operativamente, allestì le aiuole, le roccere e i percorsi interni al giardino stesso. Un piccolo stagno ed alcune aiuole delimitate da tronchi, qualche piantina sparsa qua e là tra i grandi massi, così appariva il giardino nei primi tempi della sua costruzione. La realizzazione definitiva richiese ancora parecchio tempo. Negli anni successivi vennero infatti introdotte numerose specie raccolte in natura o ricevute in scambio da altri giardini botanici. Dopo tanta fatica e sacrifici da parte di questi due personaggi, tra loro così diversi ma complementari, il Giardino venne aperto ufficialmente al pubblico nel 1967. Il Dottor Ridella purtroppo morì improvvisamente nel gennaio del 1984, lasciando in eredità a quanti lo avevano aiutato a realizzare questo suo sogno l’impegno di continuare. In quest’ultimo periodo il Giardino fu interessato da un notevole sviluppo: furono ampliate le collezioni botaniche, ricostruiti habitat e allestite nuove aiuole e roccere, e soprattutto incrementati i rapporti con altri giardini italiani e stranieri; in questa fase si predispone il Catalogo dei semi (Index seminum) al fine di consentire lo scambio di semi con circa 400 Giardini ed Orti botanici di tutto il mondo. Viene in seguito ristrutturata la foresteria e furono realizzate nuove ed importanti strutture quali il Centro Visita e il Centro Studi dell’Appennino Settentrionale. Attualmente il Giardino di Pietra Corva è gestito dalla Provincia di Pavia attraverso una convenzione con il comune di Romagnese e la Comunità Montana Oltrepò Pavese.
Giardino di Pietra Corva

Giro ad anello sul Monte Canto

Descrizione dell'itinerario   Andata:Partenza: Sotto il Monte (Ca’ Maitino, 300 m)> Sul sentiero 894: Corna - Santuario Madonna delle Caneve - borgo antico di Canto (ruderi) > Sul sentiero 891: Monte Canto (688 m) e Il Crocione (644 m) Ritorno:Sul sentiero 895: borgo antico di Canto (ruderi) - chiesetta di Santa Barbara (650 m) > Sul sentiero 891: località Porcile > Sul sentiero di raccordo 891-893: Porcile- Roccolo > Sul sentiero 893: Roccolo-Torre S. Giovanni- Ca’ Maitino Consigliata, alla partenza e/o al rientro la visita alla Casa Natale di Papa Giovanni in Brusicco, alla Chiesa di S. Giovanni Battista di Sotto il Monte, a Ca’ Maitino, Museo dei ricordi di Papa Giovanni. Da Sotto il Monte, che si estende ai piedi del versante sud del Monte Canto, per salire in Canto, il sentiero più breve, più sterrata che sentiero, è l’894. La partenza è a Sotto il Monte in via Cà Maitino (300 m circa). Percorsa via Boarolo, ben presto, superata la località Corna, su comoda strada asfaltata per circa 800 metri si giunge alla chiesetta del Santuario Madonna delle Caneve (cantine).Qui si recava spesso Angelo Giuseppe Roncalli ragazzo, seminarista, prete, vescovo, cardinale. Il piccolo Santuario, di origine trecentesca, attualmente conserva l’aspetto conferitogli nel 1727. L’ingresso è preceduto da un portico a quattro colonne, e, in facciata, presenta un’alta finestra; all’interno si venera una bella Madonna con Bambino.Sopra la porta d’ingresso una scritta su un recente cartiglio dipinto riferisce che Papa Giovanni provvide a restaurare la chiesetta nel 1961.Vicino si trova la casetta dei custodi, molto suggestiva e con accanto un ruscelletto. Da qui il sentiero 894 dalla strada asfaltata passa su strada sterrata iniziando a salire con dolce pendenza in tornanti.Dall’inizio, e a seguire, il percorso è abbellito da numerose sculture, alcune delle quali raffiguranti Papa Giovanni XXIII, realizzate su pietre del posto scolpite dal Vanni, un appassionato scultore su pietra di Carvico. Si prosegue per circa una diecina di tornanti su una strada abbastanza larga, sterrata, da dove ogni tanto dipartono sentieri laterali, fino a giungere al suo termine, nel punto in cui incrocia il sentiero 891. Si prosegue a destra sul sentiero 891 in piano fino al bivio col sentiero 895, dove, su masso, una ben visibile freccia bianca-rossa con scritta, indirizza l’escursionista a salire in decisa salita a destra verso la cima del Monte Canto. In vetta accanto ad un sasso, dov’è segnata la quota di 688 m, una rudimentale croce di rami d’albero indica il punto più elevato della cima boscosa del Monte Canto. Proseguendo in direzione ovest sull’891 nel bosco di castagni con vista, tra i rami degli alberi, della valle dell’Adda, dei laghi e delle montagne di Lecco, dopo una discesa e successiva salita, si giunge al piccolo pianoro dell’alto Crocione (644 m) che a fatica cerca di emergere sull’alta boscaglia che lo circonda. Per il ritorno al Canto e a Santa Barbara, si può ripercorrere facilmente in senso inverso l’891, oppure, scegliendo un’interessante alternativa, scendere dall’altura del Crocione a destra in direzione sud su un sentiero di raccordo che porta a raggiungere, più in basso, il bel sentiero 895 (Carvico - Il Canto - S. Barbara, incrocio 891), che, costeggiando il versante sud della cima del Canto, ci porta in piano a riprendere l’891 nel punto in cui siamo prima saliti in vetta al Monte Canto. Interessante una visita al piccolo borgo antico di Canto (644 m), ora in degrado e totalmente abbandonato dal 2005, anno in cui morì di vecchiaia l'ultimo residente, il Paolino, che non volle mai scendere in pianura. Una cascina ristrutturata contrasta fortemente con le antiche abitazioni quasi totalmente crollate: recenti palizzate impediscono di avvicinarsi, troppo elevato il pericolo di nuovi crolli. Adiacente al piccolo borgo in posizione panoramica sorge la bianca chiesetta di Santa Barbara (650 m), risalente al 1500, luogo accogliente, attrezzato con panchine, che invita a sostare per eventuale pic-nic e relax.Qui arrivano tanti escursionisti e ciclisti in MTB. Percorrendo in discesa l’891, di recente ben acciottolato, giunti in località Porcile, all’incrocio dei sentieri, si prende a destra in direzione sud il sentiero di raccordo (891-893) che scende, passando prima accanto a ruderi di abitazioni e poi a una cascina, ad agganciare, in località Roccolo, il sentiero 893, proveniente da Fontanella. Ora, sul comodo sentiero 893, dal Roccolo ci si abbassa alla Torre e chiesetta di S. Giovanni, collocate in posizione panoramica sul sottostante abitato di Sotto il Monte e sulla pianura. Ora la Torre è affidata in gestione al Gruppo Alpini di Sotto il Monte. In breve, su mulattiera ben gradinata ed acciottolata, ci si abbassa a Ca’ Maitino di Sotto il Monte dove si chiude il nostro bel giro ad anello… sulle orme di Papa Giovanni XXXIII. Caratteristiche del percorso Percorso facile, adatto a tutte le gambe, di 9,57 km, con guadagno/perdita in elevazione di 653/-650 m, percorribile in circa 4/5 ore.
Giro ad anello sul Monte Canto

La Città Verde

La città dentro al parco

Itinerario Giubilare in provincia di Varese

Da Milano alle quattro chiese giubilari di Varese: un percorso di spiritualità e scoperta
Facciata del Santuario della Beata Vergine dei Miracoli a Saronno, capolavoro del Rinascimento lombardo, con la sua imponente architettura ornata di statue e la caratteristica cupola sullo sfondo. A sinistra, il campanile con orologio e meridiana.

Infopoint Pavia

Scopri Pavia: città di Saperi, di Fiume e di Cammini

Il nucleo storico di Lovere

La visione di Lovere come borgo che si affaccia sul lago con la celebre Palazzata è frutto delle trasformazioni ottocentesche della città: per comprenderne la complessa e millenaria vicenda storica è necessario capovolgere il punto di vista e guardare l’abitato dalla collina. L’abitato di Lovere trae origine da un primo nucleo che sorgeva sul Dos del Castello (noto anche come Colle del Lazzaretto), un rilievo gessoso oggi scomparso in seguito al suo sfruttamento come cava tra il XIX e il XX secolo, che occupava l’area dell’attuale piazzale Bonomelli. Questo sito vide un primo insediamento nel Neolitico Antico (VI millennio a.C.), ma si consolidò tra il tardo Neolitico e la prima età del Rame (a metà del IV millennio) sviluppandosi sino alla metà del III millennio. Si trattava di un importante centro dedito alla lavorazione dei metalli e ai commerci, essendo Lovere facilmente raggiungibile navigando sul lago; l’area ai piedi del colle, verso est, venne occupata da una necropoli che si è poi sviluppata sino al I secolo a.C., testimoniando la continuità della frequentazione. Rimangono tracce archeologiche di altri abitati antichi, sul Dos Pitigla verso Castro e sul Dos del Ranzinel nel territorio di Costa Volpino al confine con Lovere, mentre le indagini recenti hanno escluso un’origine preromana per il cosiddetto Castelliere. All’inizio del I secolo d.C., con l’occupazione romana della Valle Camonica, probabilmente l’abitato di Dos del Castello si trasferì, o si ampliò, sul pianoro tra il Dos e il lago. In epoca romana Lovere era parte della Res Publica Camunnorum e inserita nel pagus dipendente da Rogno. Dell’abitato romano restano attualmente poche tracce: due are trovate sul colle di San Maurizio, forse pertinenti a un luogo di culto dedicato a Minerva (ora al Museo Archeologico di Bergamo) e la Necropoli. Di questa sono riemerse testimonianze lungo la via Valeriana che collegava Bergamo con Cividate Camuno, in particolare nella contrada del Bottazzuolo (attuale via Bertolotti) e in via Filippo Martinoli (aree degli attuali Ospedale e Oratorio). La necropoli – che conobbe una significativa espansione – rimase in uso almeno sino al V-VI secolo d.C. Nell’epoca tardoantica, col decadere dei commerci e il diffondersi di un’economia di auto sussistenza, Lovere, stretta tra lago e montagna e priva di grandi risorse agricole, subì un periodo di decadenza; il centro amministrativo principale rimase Rogno dove fu fondata la pieve di Santo Stefano. Nel periodo carolingio la Valle Camonica fu ceduta ai monaci di Tours, i quali edificarono diverse cappelle a servizio degli abitati. A Lovere furono probabilmente fondate due cappelle dipendenti dalla pieve di Rogno: quella di San Martino, tuttora esistente, ai margini meridionali della necropoli di via Martinoli, e quella di San Maurizio, nei pressi del confine tra la Valle Camonica e il bergamasco, sul sito dell’attuale convento dei Cappuccini. Il pievatico di Rogno pervenne nel X secolo al vescovo di Brescia che probabilmente tra l’XI e il XII secolo diede in feudo Lovere e Corti a un ramo della famiglia Mozzo, già feudataria del vescovo di Bergamo in Sovere; costoro poi assunsero il nome di Celeri. Nel XII secolo i loro diritti su alcuni villaggi della Costa (Ceratello e Qualino) e in Volpino furono oggetto di un contenzioso con i Brusati, loro parenti e feudatari del vescovo di Brescia in Volpino. La contesa degenerò in un conflitto che coinvolse i comuni di Brescia e Bergamo per il predominio nell’area. Lovere fu certamente coinvolta tanto che nel XII secolo fu annessa politicamente al territorio bergamasco pur restando nella diocesi di Brescia. Nel frattempo l’abitato si era evoluto e a sud dell’attuale piazza Vittorio Emanuele II doveva essere stato edificato un castello, cioè una parte dell’abitato fortificato con fossati e palizzate di cui restano tracce nelle denominazioni delle contrade di Castello Vecchio e della Tomella (“tonimen”). Nel 1222 il comune di Bergamo, al fine di sancire definitivamente il suo controllo sull’abitato, si fece cedere dei diritti su questa fortificazione. La posizione strategica di Lovere per il controllo militare e commerciale di ben tre vallate e del lago determinò una forte crescita economica e demografica, che probabilmente nel ’200 impose la realizzazione di nuove, più estese difese che includevano, tra l’altro, la nuova chiesa parrocchiale; demoliti il castello sul dosso omonimo, le mura e le porte, di questo intervento oggi è possibile osservare la torre detta degli Alghisi che difendeva l’accesso all’abitato da ovest. Lo sviluppo delle attività metallurgiche, laniere e dei commerci portò alla formazione di nuovi borghi, fuori dalle fortificazioni, che nella seconda metà del ‘300, furono anch’essi difesi: di queste strutture difensive sono ancor oggi ben conservati e osservabili il fortilizio in località Reme, chiamato Dargone e oggi Torricella, con una torre tonda centrale, e la base della torre del porto, visibile in vicolo del Porto. La nuova cerchia comprendeva le contrade del Porto, con l’edificio di rappresentanza della famiglia Celeri denominato torre Soca, del Bottazzuolo e il quartiere artigianale laniero di Moline. In quest’epoca sono inoltre testimoniate attività produttive all’esterno delle fortificazioni in contrada Foxio, nei pressi di Castro, dove il torrente Tinazzo si gettava nel lago. L’ulteriore sviluppo delle attività artigianali e commerciali legate alla produzione dei panni di lana portò nel corso del ’400 e del ‘500 a un nuovo ampliamento urbanistico a est. Qui sorse un nuovo borgo e, a partire dal 1473, fu avviata l’edificazione di una grandiosa chiesa intitolata a Santa Maria in Valvendra, con l’attiguo convento affidato ai Francescani. Le risorse accumulate nelle attività economiche, nonostante una crescente crisi nel ‘600, consentirono alle famiglie più agiate di realizzare splendidi edifici come palazzo Bazzini. Nella prima metà del Settecento, con la crisi definitiva del settore del lanificio, la popolazione diminuisce e molti opifici e abitazioni sono abbandonati. Ma già alla metà del secolo nella contrada Foxio, ai confini tra Lovere e Castro fu impiantata una fonderia di cannoni che a fine secolo divenne una fabbrica di falci. La nuova attività industriale metallurgica conobbe una crescita notevole, attirando a Lovere artigiani e operai e al loro seguito nuovi commerci. Grazie all’impegno di Giovanni Andrea Gregorini la crescita delle attività metallurgiche divenne inarrestabile. Gli edifici e l’abitato furono adeguati alle nuove esigenze residenziali dei ceti operai e impiegatizi, ma solo all’inizio del ’900 riprese il processo di crescita urbana che divenne impetuoso nel secondo dopoguerra. Nel primo quarto dell’Ottocento, la radicale modifica del sistema di collegamento viario tra Bergamo e la Valle Camonica portò a tracciare una nuova strada che, invece di attraversare il centro storico, passava lungo la riva del lago. La principale conseguenza di questo intervento fu la definizione di un nuovo impianto urbano articolato su tre piazze: all’antico centro amministrativo (attuale piazza Vittorio Emanuele II) e alla piazza di Moline (piazza Garibaldi) si aggiunse la piazza del Porto, sede del mercato (attuale piazza XIII Martiri). Nell’ultimo quarto del secolo qui furono innalzati i monumenti ai protagonisti del Risorgimento – Vittorio Emanuele II, Garibaldi e i Caduti di tutte le guerre – opera di Daniele Capitanio e Giacomo Sozzi. A Sud-Ovest, ai margini della nuova via di comunicazione, tra il 1821 e il 1826 fu edificato il palazzo dell’Accademia Tadini; lungo lo stesso asse viario si aggiunsero, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 una serie di imponenti residenze private in stile eclettico che ancora caratterizzano l’affaccio sul lungolago. L’antico centro fu interessato a partire dagli stessi anni da una intensa attività di rinnovamento con la selciatura delle strade, l’allineamento delle facciate e il rinnovamento dei prospetti, arricchiti da ferri battuti, che hanno consegnato a Lovere quella garbata veste edilizia ottocentesca che tuttora la caratterizza e convive con le più antiche preesistenze.   Francesco Macario  
nucleo Lovere

Itinerario ad anello dalla stazione di Cernusco Merate

Dal parcheggio della stazione di Cernusco Lombardone prendere la ciclopedonabile e, giunti alla palina con segnavia n.2 Butto, proseguire lungo la strada. Sulla sinistra campeggiano i resti del Castello di Cernusco Lombardone. Fondato su una fortificazione romana, visse il suo splendore dal Mille fino al Cinquecento, quando venne convertito a cascina.Il percorso prosegue attraversando la strada per arrivare al parcheggio in località Molinazzo, il cui toponimo è riferito alla presenza di un molino per la macinazione dei cereali. Prendere la direzione indicata dalla palina con segnavia n.1 per Cà Soldato. Il sentiero costeggia il torrente Curone, compiendo un’ampia curva attorno alle falde della collina di Montevecchia. Il percorso si snoda in un bel bosco igrofilo tipico degli ecosistemi lungo i corsi d’acqua con formazioni di salici, ontani, farnie, carpini bianchi, frassini e qualche bel esemplare di platano.La denominazione del torrente Curone pare sia la prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio, identica a quella del corso d’acqua che dal monte Ebro (Appennino ligure) confluisce nel Po. Curone deriverebbe dal nome di una tribù, i Curuni, della stessa stirpe dei Vopsi, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente.Lungo il percorso è possibile osservare interventi di sistemazione del corso d’acqua con tecniche di ingegneria naturalistica. Giunti ad un trivio, seguire il segnavia n.11 Butto, svoltando a sinistra e attraversando il torrente Curone. Il nome di questa località è Pertevano, il cui toponimo, molto probabilmente, deriva dal milanese “pertega”/“pertica”, antica unità agraria di superficie. Salendo si notano terrazzamenti coltivati a vite, alberi da frutta e ortaggi. Al bivio, prendere il sentiero sulla sinistra che conduce al nucleo abitato fino ad incontrare la strada. Svoltare a sinistra e scendere lungo la strada fino alla frazione Passone, il cui toponimo probabilmente deriva da pason, palo di sostegno per la vite. Una sequenza di numerosi terrazzamenti coltivati a ulivi, alberi da frutta e vite scandisce la verticalità del pendio.In prossimità di un ristorante, prendere a destra il sentiero a gradini che sale verso l’uliveto e percorrere il sentiero acciottolato. In poche altre zone la secolare attività dell’uomo ha modificato il paesaggio come su questo versante della collina. Grazie alla sua esposizione a sud ha permesso la crescita dell’ulivo, della vite e della particolare coltivazione del rosmarino, ancora oggi presente nelle ultime terrazze che salgono fino a Cascina Butto.L’acciottolato termina al parcheggio nei pressi del Municipio di Montevecchia. Cascina Butto è la sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone e dell’annesso Centro visite del Parco, che permette di fruire in modo multimediale gli aspetti geologici, storici, paesaggistici e culturali nonché ovviamente di quelli naturalistici del territorio. Dal parcheggio un sentiero sale per arrivare ad una terrazza naturale, da cui è possibile avere una vista che spazia a 360 gradi.Un tempo sulle balze di Cascina Butto trovavano spazio varie coltivazioni, tra cui ortaggi, cereali e piante da frutta, mentre la viticoltura non ha mai interessato intensamente l'area, a causa della sfavorevole esposizione dei versanti. Ripartendo dal parcheggio di Cascina Butto si risale via Donzelli e poi si scende sulla strada provinciale fino a Cascina Pilastrello, antica dimora contadina, datata al catasto teresiano al 1740.La caratteristiche architettoniche del “Pilastrello”, come il grande loggiato visibile anche dalla strada, costruito come elemento filtro del calore in estate e come riparo dal freddo dell’inverno, potrebbero permettere di attribuire questo cascinale alla tipologia rurale più comune, sviluppata su due piani, con un corpo edilizio aggiunto, dove al piano terra si trovavano le stalle e al piano superiore appunto il loggiato che “ospitava” il fienile. La forma originaria nel nucleo comprendeva solitamente, oltre al rustico, anche l’abitazione del contadino, con ai piani bassi la cucina, dotata del focolare attorno al quale ruotavano tutte le attività domestiche, e ai piani alti le camere da letto.Il toponimo prende il nome dalla Madonna del Pilastrello, che si dice sia apparsa anticamente e miracolosamente in quel luogo appoggiandosi a un piccolo pilastro. Arrivati alla frazione “Oliva”, il cui nome fa riferimento all’antica cascina e alla presenza in passato di coltivazioni di ulivo, una palina indica il segnavia n.9 per Montevecchia Alta. Una ripida mulattiera sale tra i terrazzamenti coltivati a vite e ulivo; era questa, presumibilmente, l’antica via d’accesso dalla pianura alla collina di Montevecchia.Sulla sinistra, posta a metà collina in posizione isolata, la Cascina Canevascia domina la valle. Il suo toponimo è riconducibile a cantina, ma in senso dispregiativo e dà il nome anche alla frazione. La mulattiera sale verso l’alta collina tra muri a secco di ottima fattura. Più avanti il percorso diventa pianeggiante offrendo un bel panorama sui terrazzamenti e i paesi della pianura fino a Milano e gli Appennini.I versanti meridionali della collina di Montevecchia, per la loro esposizione soliva, non hanno mai cessato di essere intensamente sfruttati per uso agricolo. Un sistema articolato e ordinato di terrazzamenti addomestica la verticalità del pendio, dando luogo a uno spettacolare scenario con i tipici ronchi sostenuti dalle murature in pietra a secco. Qui le piane ospitano ancora oggi, nella maggior parte dei casi, filari di vite associate alle piante aromatiche tipiche di Montevecchia: la salvia e il rosmarino.Ai filari di vite si alternavano poi abitualmente rosmarino, ortaggi e piante da frutto per sfruttare al massimo lo scarso spazio disponibile sulle piane e per fornire una vasta gamma di prodotti che garantissero rese e produzioni diversificate.A volte i ronchi venivano identificati nella toponomastica locale anche attraverso l’indicazione delle colture che vi si praticava (Runchet de la pera, Runchet di por).Prima della comparsa del mais, sui terrazzi erano presenti cereali quali miglio e segale (coltivati in piccoli appezzamenti), a cui seguì il frumento.Vertiginose scale in arenaria scendono come arterie a collegare i numerosi terrazzamenti, memoria storica di una vocazione agricola che oggi ancora resiste e che contrasta con la Brianza industriale che si staglia sullo sfondo nella pianura urbanizzata. Al culmine del sentiero si arriva nella piazzetta di Montevecchia Alta con possibilità di ristorarsi.Merita una visita il Santuario Beata Vergine del Carmelo, una delle chiese più suggestive della Brianza per via della posizione in cima al colle, cui si giunge con 180 gradini.Dalla piazzetta si procede sul sentiero n.10 fino all’incrocio con Via Alta Collina, dove si gode del panorama della Dorsale Orobica Lecchese con l’iconica sagoma del Resegone e il gruppo delle Grigne.Da qui la Valle del Curone si rivela in tutta la sua bellezza, facendo mostra del suo paesaggio terrazzato, in particolare dello spettacolare versante della Valle delle Galbusere. All’incrocio con la strada attraversare e svoltare a destra, camminando sul marciapiede fino ad arrivare nei pressi del Cimitero, dove una palina indica il segnavia n. 8 Val Fredda. Il sentiero passa accanto alle mura del Cimitero, inoltrandosi in un bel bosco con una formazione di querce e castagni. All’incrocio con Via Val Fredda, seguire a sinistra le indicazioni della palina con segnavia n. 11 Cà Soldato.Poco più avanti si giunge a Cascina Valfredda, il cui nome è legato alle caratteristiche climatiche della zona. L’edificio oggi è circondato da prati. Qui un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La bellissima fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un tipico esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive. La vasca è probabilmente costituita da un sarcofago romano, riutilizzato in epoca medioevale come altare della chiesetta. Dopo aver superato il lavatoio, una palina con indicazioni per Cà Soldato indica di svoltare a sinistra e seguire un sentiero campestre che si inoltra pianeggiante in un bosco misto con prevalenza di castagno, farnia e carpino. Poco prima di attraversare uno degli affluenti del torrente Curone, sono degne di nota alcune maestose querce secolari che delimitano il sentiero.Dopo aver superato un piccolo stagno sulla sinistra, si arriva a Cà del Soldato, adibita a centro Parco ed a sede delle Guardie Ecologiche Volontarie.E’ costituita da un unico edificio che ha conservato le caratteristiche rurali. Nel piccolo museo, aperto la domenica, vengono proposti i diversi ambienti che caratterizzano il territorio del Parco e la fauna presente, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina utilizzati, un tempo, in questi luoghi.L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie ed è associato alla fortificazione romana a salvaguardia di una fornace. Di fronte all’edificio, ampi campi terrazzati mantenuti a prato stabile resistono all’avanzare del bosco.Da Cà del Soldato prendere la sterrata che scende e si inoltra nuovamente nel bosco (segnavia n. 11), attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio con la strada, svoltare a destra e seguire il segnavia n.1 Molinazzo. La strada segue la Valle del Curone e a sinistra sorge l’antico insediamento rurale di Fornace Superiore, il cui toponimo fa riferimento a tempi remoti, quando tutto il territorio era interessato da una fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un grande complesso, forse il più grande d’Italia transpadana per la produzione di embrici e materiale da costruzione. Il ritrovamento di grandi quantità di manufatti accatastati in ordine sotto il piano terra in località Malnido, prova che i lavori furono troncati repentinamente per cause tuttora sconosciute ma certamente non trascurabili. Mantenersi sempre sulla strada fino ad arrivare alla località Bagaggera. Lo storico Dozio, nelle sue “Notizie di Brivio” (1858) a proposito di Bagaggera scriveva “un gruppo di cinque case coloniche, tristo e solitario, nella valle a nord di Montevecchia, in mezzo a campicelli di terreno ingrato, circondati da paludi e boschi…”.Bagaggera è sede di un'azienda biologica di 25 ettari lavorati a foraggio, pascolo e cereali, e si allevano maiali e capre camosciate. La cascina è parte di un nucleo risalente al Seicento, articolato in numerosi edifici, su uno dei quali è presente l’insegna di una vecchia osteria, testimonianza del passato fiorente di questo borgo. Si prosegue sulla strada fino al bivio per Brughè, il cui toponimo deriverebbe da brugo (lombardo brugh), erica volgare. Il nucleo di Brughè sorge su un grande pianoro sul quale si affaccia il versante nord della collina di Montevecchia. Si percorre la stretta strada fino alle ultime case del centro abitato e poi il sentiero a fianco di un giardino e che scende deciso verso il bosco fino a incontrare il tracciato lungo il corso del torrente.Si svolta a sinistra, seguendo il segnavia per Molinazzo.Da questo luogo dovremmo solo percorrere il medesimo itinerario che condurrà a ritroso alla stazione di Cernusco Merate.
Itinerario ad anello dalla stazione di Cernusco Merate

Eventi in Lombardia ad Aprile 2025

Aprile accoglie la primavera in Lombardia, tra gite fuori porta, sapori di stagione e iniziative artistiche e sportive
Eventi Lombardia

Grande anello del Parco del Curone

Capofila del progetto InTERRACED-net è l’Ente per la Gestione del Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone.   Proprio all’interno di questo parco si sviluppa una rete di 8 itinerari lungo cui si può ammirare il paesaggio terrazzato. Il grande Anello del parco del Curone che parte da Lomaniga è l’ideale per scoprire le specificità dei ronchi e camminare affiancando i tipici muri a secco, filari di vite e coltivazioni di piante aromatiche. Dal parcheggio di Lomaniga, costeggiando il provinciale, si raggiunge il segnavia n.8 per Montevecchia Alta.Si raggiunge la frazione Verteggera, il cui paesaggio terrazzato è rimasto come era anticamente: accessibili solo a piedi, si coltivano rosmarino, erbe aromatiche, alberi da frutta e vite.Il sentiero prosegue in piano immerso nel paesaggio terrazzato, in cui spicca un lavatoio in pietra. Tra le sue pareti cresce una piccola felce capelvenere, che trova l’habitat ideale nelle fessure delle rocce soggette a stillicidio. Ci si inoltra poi in un bosco con prevalenza di querce e castagni fino ad incrociare una stretta strada asfaltata che scende alla frazione Casarigo.L’antica cascina, probabilmente già abitata in epoca romana, sorge arroccata sopra un poggio e coronata da vigneti. Di sotto si allunga la pianura, poco sopra fanno da contrasto i boschi del Parco.Dalla cascina Casarigo una mulattiera con gradinate in pietra molera sale fino alla frazione Galeazzino.Percorrendo i sentieri si osservano i versanti tipici del Parco: i ronchi (i terrazzamenti) sostenuti dalle murature in pietra a secco. Qui le piane dei terrazzi ospitano ancora oggi filari di vite associati alle piante aromatiche tipiche di Montevecchia: la salvia e il rosmarino.Dalla frazione Galeazzino si gode un panorama sulla pianura e fino agli Appennini.Al termine della mulattiera si arriva nella piazzetta di Montevecchia Alta.Qui si trova il Santuario Beata Vergine del Carmelo, una delle chiese più suggestive della Brianza per via della sua posizione in cima al colle.Nei primi anni del Seicento, il vecchio edificio di culto fu abbattuto e in sua vece fu costruito l’attuale santuario in stile barocco, ad unica navata coperta da volte a crociera. Fra gli arredi più preziosi si ricordano il baldacchino del Cinquecento in dorato legno intagliato e la statua lignea della Vergine con Bambino. Dalla piazzetta seguire la palina del Parco con segnavia n. 9 che scende sotto il centro abitato.La mulattiera termina incrociando la strada alla frazione “Oliva”, il cui toponimo fa riferimento alla presenza in passato di coltivazioni di ulivo. Dal lato opposto si risale verso la frazione Pilastrello. Sul ciglio della strada provinciale che porta in Alta Collina, è visibile Cascina Pilastrello, antica dimora contadina, datata 1740. Questo cascinale è attribuibile alla tipologia rurale più comune, cioè quella sviluppata su due piani: al piano terra si trovavano le stalle e al piano superiore il fienile.Proseguendo verso via Donzelli si arriva a Cascina Butto, sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone, da cui si gode di una vista a 360 gradi. Un tempo sulle balze di Cascina Butto si coltivavano ortaggi, cereali e piante da frutta, mentre la viticoltura era sfavorita dall’esposizione dei versanti.Dal parcheggio sotto Cascina Butto, scendere lungo via Valfredda. La strada diventa sterrata e si snoda inoltrandosi in un bosco di latifoglie, con la presenza di querce, nocciolo, sambuco e carpini bianchi.Poco prima del nucleo di Cascina Gaidana, il bosco si apre offrendo un panorama sulla Valle del Curone, in particolar modo sul nucleo rurale di Bagaggera, risalente al Seicento. La località si trova all’inizio del corso superiore del torrente Curone, le cui colline circostanti furono un tempo estese opere di difesa. Il complesso è coronato da campi coltivati, oltre i quali si estendono boscaglie. Dopo circa 500 m si giunge a Cascina Valfredda, che deve nome alle caratteristiche climatiche della zona. Oggi è circondata da prati utilizzati per il pascolo e per lo sfalcio. Un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive. La vasca è probabilmente costituita da un sarcofago romano, poi riutilizzato in epoca medievale come altare della chiesetta. Superato il lavatoio, seguire le indicazioni per Cà Soldato lungo il sentiero che si inoltra nel bosco con prevalenza di castagno, farnia e carpino.Dopo lo stagno, si arriva a Cà Soldato. La cascina è adibita a centro Parco e dispone di un museo nel quale vengono proposti gli ambienti e la fauna che caratterizzano il territorio del Parco, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina un tempo utilizzati. L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie e la fortificazione romana a salvaguardia di una fornace. Di fronte all’edificio, i prati resistono all’avanzare del bosco. Da qui prendere la sterrata che scende e si inoltra nuovamente nel bosco, come indica il segnavia n. 11 Cipressi – Galbusera Bianca. Attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio proseguire a sinistra.La denominazione della Valle del Curone è la prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio. Curone deriverebbe dal nome di una tribù, i Curuni, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente. Si cammina lungo una strada immersa tra i prati, mantenuti per la produzione di foraggio da sfalcio e dopo circa 400 m, si incontra il nucleo rurale di Malnido. In tempi remoti, tale località fu il centro di una fornace per la produzione di laterizi. Lo sfruttamento estrattivo ha lasciato ancora tracce visibili della fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un complesso, forse il più grande dell’Italia transpadana, per la produzione di embrici e materiale da costruzione.All’insediamento costituito da un vecchio caseggiato, sono stati affiancati edifici più recenti adibiti ad attività agricole.Prendendo la carrareccia con segnavia n. 1 Pianello che risale la valle, si giunge ai ruderi di Cascina Ospedaletto, il cui nome evoca il ruolo svolto dal fabbricato durante la peste seicentesca, dove venivano ricoverati gli infermi. Secondo alcuni l’edificio potrebbe anche aver svolto funzione di accoglienza per i pellegrini di passaggio. Seguendo il segnavia n. 2, il sentiero si inoltra nella vegetazione boschiva salendo per la collina fino a Cascina Scarpada, caratterizzata da una loggia chiusa. Insieme a Cascina Costa sorge in posizione panoramica sulla Valle del Curone. Oggi ospitano un’azienda vitivinicola e sono sede di un agriturismo.Attorno alle due cascine, i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Il percorso continua a mezzacosta con saliscendi, tra vigneti, campi adibiti al pascolo e prati.L’anfiteatro che da Cascina Scarpada si estende fino a Galbusera Bianca, costituisce l’habitat dei prati magri. I prati e i terrazzamenti sono ricchi di specie vegetali termofile. Fra le molte specie che compaiono in questi ambienti spiccano le orchidee. La ricchezza floristica ha anche grande importanza per la fauna. La conservazione di questi ambienti è dipendente dalle modalità di gestione.La cessazione dell'attività agricola riavvia la trasformazione verso il bosco, con la scomparsa di specie di importanza naturalistica, la cui presenza è legata alla pratica dello sfalcio. La Galbusera Nera è costituita da due edifici orientati ad est-ovest. I muri ospitano affreschi ottocenteschi raffiguranti una Madonna e il beato Giobbe. La devozione popolare per San Giobbe è legata alla tradizione della Brianza e in particolare alla bachicoltura. Attorno alla cascina i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Più avanti, collegata a mezzacosta sul pendio, sorge Galbusera Bianca. Il complesso rurale è composto da una casa padronale, tre cascine, una stalla e una chiesetta: insieme formano un borgo noto nel Trecento con il nome di Valbissera. La presenza di un edificio di culto dedicato a San Francesco conferma che in passato era un nucleo insediativo. La spiegazione più plausibile sulla divisione delle due cascine tra bianca e nera si rifà al colore delle uve che vi venivano coltivate.Da qui prendere la mulattiera che sale dopo la Chiesa di San Francesco (segnavia n.11 Cipressi – Pianello). Arrivati di fronte alla scalinata, salire tra i filari di cipressi, architetture vegetali che caratterizzano il paesaggio della Valle del Curone. La loro originaria funzione era quella di individuare i confini di alcuni possedimenti terrieri dell'area lungo il crinale ed i pendii delle colline.La mulattiera segue il crinale fino a risalire una collina piramidale, con gradoni terrazzati lasciati a prato.In primo piano, si staglia il versante sud del Monte di Brianza, una dorsale che con il Parco del Curone e il Parco Regionale del Monte Barro creano un unico sistema che arriva fino a Lecco.Dopo essere scesi dal crinale, il sentiero arriva in località Pianello. All’incrocio seguire il segnavia n. 7 – Missaglia. Più avanti si apre sulla piana di Bernaga e i suoi campi terrazzati, dove più alto sorge il Monastero di clausura delle Monache Romite Ambrosiane.Dopo circa 500 mt. prendere la direzione del segnavia n. 7 – Panoramica – Missaglia. La mulattiera si inoltra nel bosco per poi incrociare la strada panoramica che sale a Montevecchia.Più avanti, seguire le indicazioni per Valle Santa Croce e scendere per la sterrata che si snoda nel bosco fino al fondovalle. Nella valle sono ben distinguibili le localizzazioni delle attività agricole e forestali: sulle pendici scoscese e soggette a rischio di dissesti idrogeologici, domina il bosco visto come sussidio all’attività agricola tradizionale (legna da ardere e paleria ad uso agricolo) laddove la pendenza si riduce, l’attività umana ha creato una serie di terrazzamenti. Nel fondovalle dominano campi coltivati anche se la presenza di boschetti e siepi crea un ambiente variegato di valore paesaggistico e naturalistico. Il nome della valle deriva dalla chiesa rimaneggiata e menzionata già in un documento del 1289 come ecclesia. Il muro di cinta della cappella conserva un’incisione pre-romana, testimonianza degli abitanti di questa valle. Salire di nuovo e prendere il sentiero sui campi terrazzati. Guadare il torrente e inoltrarsi nel bosco fino al nucleo di antica formazione di Cascina Novelè, ancora oggi abitata da più famiglie. L’abitazione a pianta quadrata consta di due piani più un sottotetto colombaio-fienile. Sulla facciata vi è una edicola scavata nel muro che contiene una statua votiva di Sant’Antonio di Padova (protettore dei bambini).La carrareccia arriva a Cascina Bellesina Inferiore, la sola superstite delle due originarie (inferiore e superiore) e ancora ad oggi abitata. Questa struttura in pietra molera si trova in posizione dominante sulla parte sud della Valle Santa Croce. Il portico protegge un’icona dedicata alla Madonna del Bosco.A Cascina Bellesina ha sede un’azienda agricola che si occupa di allevamento di pecore della razza brianzola. Superati alcuni terrazzamenti coltivati a vite, prendere la carrareccia che scende fino al fondovalle e che costeggia Cascina Fornace, oggi completamente ristrutturata. A nord della cascina si trovava la parte rustica, con stalla al piano terra e fienile al primo piano. Ancora oggi si vede il nucleo più antico, cui furono aggiunte altre parti in epoche successive. Prendere il segnavia n. 6 Lomaniga. Qui c’è una croce votiva scolpita nella pietra molera che reca i motivi della morte ed i simboli della passione. Il manufatto risale ai tempi della peste e indica la presenza di luoghi di sepoltura. La strada percorre il fondovalle, costeggiando il torrente Molgoretta e inoltrandosi in un bosco igrofilo, con la prevalenza di ontani neri e frassini. Al bivio, seguire il segnavia 6A Lomaniga e salire da Pianetta Bassa a Pianetta Alta. Giunti alle ultime abitazioni la mulattiera prosegue fino alla località Oliva, da cui con un breve tratto su strada in discesa, si torna sulla strada provinciale e quindi al parcheggio di Lomaniga.
Grande anello del Parco del Curone