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Lago d'Idro Fresche e dolci acque

Ai piedi delle Piccole Dolomiti, lambito da pendici boscose, è quasi un bacino di montagna.
Lago d'Idro Fresche e dolci acque

Lago d’Idro

Ai piedi delle Piccole Dolomiti, il Lago d’Idro è lambito da pendici boscose. Perfetto per lo sport, è teatro di un incredibile carnevale
@inlombardia - Lago di idro

Lago di Varese Un gioiello tra le Alpi

Sfogo naturale dalla città, che dista sei km, offre scorci inaspettati, dall’acqua alla montagna.
@inlombardia - Lago di Varese Un gioiello tra le Alpi

Lago di Varese

Ville Liberty, giardini sul lago, itinerari nei boschi. E un’isoletta con palafitte dal Neolitico. Scopri il Lago di Varese
@inlombardia

Cima Comer, dove migrano i rapaci

Cima Comer è una montagna di modeste dimensioni che sorge sulla sponda ovest del Lago di Garda. L’escursione per raggiungere la sua vetta non è eccessivamente complicata, è percorribile in tutte le stagioni e soprattutto è ricca di splendidi scorci sulla parte meridionale del lago. Nelle giornate più limpide è infatti possibile scorgere in lontananza la lingua di terra di Sirmione, mentre, girandosi a Ovest, sono ben visibili tutte le montagne della sponda veneta, dominate dallo splendido monte Baldo.Il trekking è inoltre arricchito dalla possibilità di visitare l’eremo di San Valentino, posto a 770 m di quota e incastonato in una delle ripide pareti di roccia di questa zona. Il sentiero è lungo circa 8 km (sola andata), il dislivello è di circa 800 m, in quanto si parte dalla località Sasso a 484 m di altezza per salire alla cima Comer che è a 1.279 m di altitudine, non si tratta quindi di una passeggiata adatta a tutti, è richiesto un poco di allenamento. Esistono diverse varianti per allungare l’escursione, rendendola così più semplice, oppure per accorciarla, affrontando tratti molto più ripidi e diretti. Si consiglia inoltre di attrezzarsi con acqua prima di iniziare l'escursione, perché una volta raggiunta la vetta non ci sono zone di ristoro. Il sentiero ha inizio dal piccolo borgo di Sasso. Per arrivarci bisogna raggiungere il paese di Gargnano, per poi deviare sulla strada SP9. Dopo numerosi tornanti e circa 7 km si individua sulla destra l’indicazione per Sasso.Dopo aver percorso quasi completamente il paese si può parcheggiare nei pochi parcheggi gratuiti disponibili, posti in prossimità di un bar. Si tratta solamente di circa 15 parcheggi, quindi in alta stagione non sarà difficile trovarli completamente occupati, in tal caso bisognerà tornare indietro e lasciare l'auto in una delle numerose piazzole o in altri parcheggi gratuiti posti qualche centinaio di metri prima. Si inizia a camminare nelle strette vie dell’abitato seguendo le indicazioni per Cima Comer, fino al raggiungimento di una fontanella con un lavatoio. Superata la fontana si imbocca il sentiero numero 31 che si estende inizialmente in un piccolo uliveto e successivamente tra alcuni alberi da frutto. Dopo poche decine di metri il fondo diventa sassoso e si entra in un fitto bosco che chiude completamente la vista sul lago e sulle montagne circostanti. La mulattiera si fa sempre più stretta e la pendenza aumenta a mano a mano che si prosegue. Nelle giornate asciutte il sentiero è di facilissima percorrenza anche in discesa. In caso di fondo bagnato bisogna invece fare attenzione ai numerosi sassi lisci che potrebbero renderlo scivoloso. Sono assolutamente consigliate delle calzature adatte e dei bastoncini da trekking.Dopo circa 20 minuti si giunge ad una sorta di terrazza naturale che consente di avere un’ottima vista su Gargnano, la catena del Monte Baldo e il lago di Garda meridionale. La veduta è realmente incantevole, ma questa escursione è letteralmente disseminata di punti simili, che ovviamente si fanno sempre più spettacolari con l’aumentare della quota. Si prosegue senza troppe difficoltà per qualche altro minuto fino a raggiungere il primo bivio. Sulla sinistra prosegue il sentiero 31 verso cima Comer, sulla destra i cartelli indicano la presenza dell’eremo di San Valentino. La deviazione verso questo piccolo luogo di culto è assolutamente consigliata per via del contesto paesaggistico eccezionale all’interno del quale è inserito. Il sentiero per raggiungerlo dura solamente 10 minuti, ma diviene abbastanza ripido ed è formato prevalentemente da grossi gradoni di roccia. Per aiutare la discesa è stato piazzato anche un cordino metallico nei punti più scoscesi. Non si tratta comunque di un sentiero pericoloso, ma bisogna avere gamba ferma e fare attenzione. Si scende quindi lungo una scalinata di roccia naturale, tornati nuovamente in piano si giunge a una piccola porta in legno posta al centro del sentiero. Un masso fissato ad una sorta di carrucola tiene chiusa la porta, per superarla bisogna quindi spingerla con un po’ di forza. Varcata la porta solamente un’ultima salita molto ripida su fondo pietroso ci separa dall’eremo. Giunti finalmente alla nostra meta il sentiero si allarga, lasciando lo spazio a un piccolo praticello circondato da cipressi, dove sorge l’eremo di San Valentino. La struttura è molto modesta ed è costituita solamente da una cappella, una sacrestia, e altre tre stanze di cui una adibita a deposito. Ma è come sia stata eretta a ridosso di una grande parete rocciosa, in un posto così inaccessibile ed isolato, a lasciare veramente incantati.La storia narra che l’eremo fu costruito nel 1650 dagli abitanti di Gargnano che nel 1630 erano riusciti a fuggire dalla peste rifugiandosi su queste montagne. Da antichi documenti pare che, nel corso dei secoli, l'eremo fu abitato da almeno tre eremiti. Dopo una breve visita alla cappella e alle stanze ci si rimette in cammino. In questo punto si ha la possibilità di proseguire lungo il sentiero attrezzato che dall’eremo sale rapidamente verso un punto panoramico chiamato Pulpito, per poi ricongiungersi nuovamente con il sentiero 31. Questo tratto è classificato come EEA (escursionisti esperti con attrezzatura), c’è la possibilità di tornare sui propri passi per ricongiungersi al precedente bivio e proseguire sul 31 salendo in mezzo ai boschi.In entrambi i casi dopo 20/30 minuti ci si ritrova nella stessa posizione all’interno di un fitto bosco. Percorrere questa zona a inizio autunno è veramente emozionante per i molteplici colori degli alberi, per le foglie rosse cadute sul terreno e per i rari ricci di castagne che ogni tanto si possono trovare lungo il sentiero.Questa parte del tratto 31 si fa abbastanza ripida e il sentiero si restringe molto. Non si può dire che sia complicato, ma la salita costante potrebbe iniziare a far sentire la fatica. Giunti in un’area pianeggiante è ben evidente il secondo bivio di questa escursione. Girando a destra si prosegue lungo il 31, ora classificato come EE, proseguendo a sinistra si imbocca il 31a che, allargando la strada, permette di raggiungere il Rifugio Alpini di Gargnano. Entrambi i tratti portano in circa un’ora a Cima Comer.Bisogna quindi decidere se affrontare il sentiero più diretto e impegnativo di destra o quello più lungo e semplice sulla sinistra. Il consiglio è quello di scegliere un tratto per l’andata e poi percorrere l’altro durante la discesa.Si decide quindi di girare a sinistra e si prosegue per qualche minuto in mezzo al bosco con salita costante, per poi tornare in piano lungo un tratto molto più battuto e largo. Il sentiero si tramuta nuovamente in mulattiera e dopo pochi minuti esce dal bosco aprendo la vista a degli ampi prati verdi e ad una strada. Questa zona è infatti raggiungibile dalla stretta, ma comunque asfaltata, via Brano. La strada è il modo più rapido per raggiungere il Rifugio Alpini di Gargnano che sorge proprio a pochissimi metri dal parcheggio.Costeggiando la carreggiata e superando i parcheggi si giunge quindi alla struttura del rifugio. L’area è attrezzata con diversi tavoli, bagni, fornelli, ampi spazi per fare una grigliata e un vasto spiazzo. Il tutto è recintato e accessibile solamente se è presente un gestore. Non si tratta infatti di un rifugio nel senso classico del termine. Gli alpini di Gargnano tengono aperta la struttura, consentono a tutti di utilizzare la legna, i fornelli e l’area per grigliare, ma non mettono a disposizione bevande o cibo.È richiesta inoltre una piccola donazione sulla base degli strumenti utilizzati. Dopo una breve pausa si prosegue lungo il sentiero 32 che, appena dopo il rifugio, entra nuovamente nei boschi lungo il versante occidentale di Cima Comer.La salita non è ancora terminata, in quanto per arrivare alla cima mancano ancora circa 250 m di dislivello. Il sentiero 32 affronta questo tratto con un paio di tornanti molto ampi, ma la salita sarà sempre costante e lungo l’ultimo tratto anche abbastanza impegnativa. Dopo circa 40 minuti si esce finalmente dal bosco e ci si porta sulla cresta del monte.Proprio alla fine del sentiero si trova una panchina, una bacheca e un piccolo terrazzo in legno costruito su di una roccia e posto nel punto più panoramico della cima.Questa curiosa costruzione viene chiamata “Osservatorio di Cima Comer” proprio perché da questa zona sarà molto facile osservare il volo di svariati uccelli rapaci, in particolare di falchi.Ovviamente questo balcone panoramico è anche ideale per osservare il paesaggio. Da qui non esistono ostacoli e la vista spazia da Riva del Garda a Sirmione fino al massiccio del monte Bondone; sotto i colori intensi del lago che variano da stagione in stagione e da ora in ora. È veramente emozionante trovarsi in una posizione così privilegiata e poter ammirare l'immensità di questo lago. Non tutte le giornate saranno ugualmente adatte per poter osservare questo panorama a perdita d’occhio: la parte meridionale del lago di Garda nei periodi più caldi dell’anno è generalmente coperta da una fitta foschia. Se si ha modo di salire dopo un temporale o dopo una giornata particolarmente ventosa state però certi che non rimarrete delusi. L’osservatorio non è però il punto finale dell’escursione, bisogna percorrere ancora qualche decina di metri in salita per raggiungere la punta effettiva di Cima Comer, sulla sommità della quale è piazzata una piccola croce bianca.Lo spiazzo sulla cima non è molto ampio e i tratti pianeggianti sono limitati. È però presente una panchina e alcune rocce dove potersi sedere per mangiare qualcosa.Da qui la visuale sul lago viene parzialmente coperta da un gruppo di alberi, ma proprio di fronte alla panchina si estende lo scorcio migliore sul monte Baldo.Dopo una pausa, anche per poter immortalare il paesaggio da ogni angolazione possibile, si può iniziare ad affrontare la discesa. Nel percorso viene descritto il tratto EE (sentiero 31) evitato durante la salita.Si scende dalla cima portandosi nuovamente all’osservatorio, da qui si individua facilmente sulla destra un tratto che scende in maniera abbastanza decisa (segnavia numero 31).Si inizia a scendere quindi lungo un sentiero abbastanza stretto e con fondo roccioso. I numerosi tornanti di questo primo tratto rendono la discesa un po’ meno ripida ma permettono anche, dopo ogni curva a sinistra, di portarsi a filo della cresta sulla parete a strapiombo. Questi brevi tratti molto frequenti sono estremamente suggestivi in quanto consentono di sporgersi per ammirare le immense pareti di roccia verticali di Cima Comer, ma permettono anche di avere una vista sempre leggermente diversa sul lago.Si scende quindi intervallando sezioni in un rado bosco, con sezioni sulla roccia a ridosso del limite della cresta. Perdendo quota la traccia si fa poco chiara, anche per via delle numerose foglie che coprono il terreno, le indicazioni rosso bianche sono però abbastanza frequenti e consentono di non imboccare mai il sentiero sbagliato. Entrando nel bosco le vedute sul lago diventano sempre più rare, anche se in questa zona un piccolo sperone di roccia nascosto dai rami degli alberi crea quello che probabilmente è il miglior scorcio fotografico di tutta la salita: viva roccia a strapiombo, foglie colorate sugli alberi, i piccoli paesini sulla riva bresciana ed in secondo piano l’immensità del lago. Con un unico scatto si riesce a riassumere tutte le caratteristiche di questa uscita. Proseguendo in discesa ci si ritrova al bivio con il 31a. Da qui il percorso è identico a quello già fatto in salita. Come già detto il fondo è ricco di rocce e radici che, se non bagnate, non creano alcun problema. In caso di pioggia alcuni tratti potrebbero diventare però un po' problematici.Dopo 1’:40’ dalla partenza dalla cima si sta tornando a scorgere i tetti delle case del paese di Sasso e dopo pochi minuti si è nuovamente al parcheggio. - Ph: Stefano Poma
Cima Comer, dove migrano i rapaci

Ciaspolare in Valmalenco

Alpe Oro - Alpe Entova - Alpe Palù - Alpe Musella - Alpe Prabello - Lago di Chiesa
Ciaspolare presso l'Alpe Campagneda

Viaggio nel tempo nelle innevate Case di Viso

In alta val Camonica, poco oltre la rinomata località turistica di Ponte di Legno, sorge il piccolo borgo alpino di Case di Viso. Un luogo dalla bellezza antica, rimasta incontaminata, dove il tempo pare essersi fermato, fissando il calendario a qualche secolo fa. Il pittoresco raggruppamento di baite ha saputo mantenere fino ad oggi la sua tipica architettura di inizio XIV secolo, caratterizzata da spesse pareti in roccia, balconi in legno e tetti coperti da grandi lastre di ardesia.Camminare tra le piccole viuzze, osservando queste antiche costruzioni, soprattutto durante o dopo una bella nevicata, è un’esperienza unica, che vale la pena di essere vissuta anche da chi non è troppo abituato a camminare in montagna. Il sentiero per raggiungere Case di Viso è di facilissima percorrenza ed adatto a tutti. Il dislivello è di soli 200 m e la strada, molto larga e quasi sempre ben battuta, diviene ideale per una facile escursione con le ciaspole in caso di neve. L’escursione inizia dal piccolo comune di Pezzo. Per raggiungere l’abitato, da Ponte di Legno, bisogna imboccare la strada per il passo Gavia. Dopo circa 10 minuti di auto si inizieranno a scorgere le case del paese e dopo poche centinaia di metri un’uscita sulla destra. Durante il periodo invernale la strada per il passo viene chiusa appena dopo Pezzo, quindi è impossibile sbagliare l’uscita, proprio perché la strada non permette di proseguire oltre.I posti auto non sono moltissimi, ma è comunque presente un parcheggio gratuito ad inizio di via Viso, appena dopo il bar “De Pess”.Durante l’inverno non si trovano negozi e ristoranti aperti nel paesino di Pezzo, bisogna dunque fermarsi a pranzare o a far spesa lungo la strada, non si trova neppure acqua lungo il tragitto. Per il noleggio di attrezzatura invernale è necessario fermarsi a Ponte di Legno dove sono presenti svariati negozi. Il sentiero proposto si sviluppa interamente su via Viso, la strada che parte dal parcheggio e, dopo un ampio tornante sulla sinistra, supera il paese dall’alto fino a raggiungere località Case di Viso. In estate la via è liberamente percorribile in auto ed è possibile proseguire per circa 3 km fino a parcheggiare direttamente nell’ampio parcheggio posto all’inizio di Case di Viso. In inverno la strada ovviamente non viene spazzata e si trasforma in un comodo sentiero da percorrere con le ciaspole o con i ramponcini.Seppur con molta neve sia abbastanza difficile scorgere altri tratti al di fuori della via principale, osservando una mappa e controllando le indicazioni sui cartelli è possibile notare come l’intera escursione possa essere affrontata anche su due tratti paralleli alla via.A sinistra si estende il sentiero CAI 162, mentre sul versante opposto della piccola valle è presente un’altra traccia che conduce sempre alla stessa destinazione.Questi tratti alternativi sono generalmente percorsi in estate, per evitare di camminare sulla strada asfaltata, continuamente percorsa da automobili. In inverno diventano un’alternativa leggermente più impegnativa rispetto al percorso lungo la strada. Se si è alla prima esperienza con le ciaspole o si sta affrontando il trekking con dei bambini si consiglia di percorrere la via principale. Si incomincia a camminare attraverso il piccolo paesino e, una volta giunti al limitare delle case, si svolta a sinistra per raggiungere la sbarra che impedisce alle automobili di proseguire oltre. Superata quest’ultima, potrà essere fin da subito necessario indossare le ciaspole. La strada è abbastanza battuta e generalmente viene spianata da un gatto delle nevi, quindi alcuni tratti potrebbero essere facilmente percorribili anche con normali scarponi e magari con l’aggiunta dei ramponcini. Le racchette da neve, diventano però assolutamente necessarie, dopo un’abbondante nevicata o se voleste deviare leggermente dal sentiero principale.Indossate le ciaspole si incomincia a camminare lungo il versante sinistro della stretta valle di Viso. I primi metri non presentano scorci paesaggistici degni di nota, ma già dopo pochi minuti la strada si addentra in un suggestivo boschetto di abeti. Qui è possibile ripararsi un po’ dalla neve e iniziare a scattare qualche fotografia alle cime più alte di questa zona: il Corno Baitone e le Cime di Vallaro sono molto ben visibili girandosi verso il punto di partenza. La passeggiata prosegue quasi in piano e dopo circa 30 minuti di cammino su un sentiero sempre molto largo e con un dislivello minimo, l’area si allarga un po’, permettendo di contemplare il panorama sulle alte vette che chiudono la vallata: il Corno dei Tre Signori, punta Albiolo, Montozzo ed Ercavallo. Con un buon occhio e con un po’ di fortuna, da questa zona in estate è anche possibile avvistare animali selvatici quali cervi, stambecchi e camosci. In inverno ci si deve accontentare delle immense pareti bianche alle quali si aggrappano radi gruppi di alberi.La successiva parte della mulattiera è un continuo susseguirsi di ampie radure innevate e brevi tratti immersi in piccoli boschi, il tutto splendidamente incorniciato da immense creste rocciose, dipinte con ampie pennellate di bianco. Il contesto, già eccezionale, diviene semplicemente magico se accompagnato anche da una bella nevicata. Dopo un’ora di cammino, tempo che si riduce molto se si ha un buon passo e non si fanno pause, si giunge finalmente all’ampio parcheggio di Case di Viso e, gradualmente, da dietro delle collinette bianche iniziano a spuntare delle piccole baite scure, costruite in pietra. Le abitazioni in totale sono circa una ventina e sono quasi tutte raggruppate all’interno di una piccola conca, sulle sponde del torrente Arcanello.Anticamente questo era l’alpeggio di Pezzo, dove veniva portato il bestiame durante i mesi più caldi dell’anno. Oggi quasi tutte le baite sono di proprietà privata e vengono sfruttate come case vacanza. Ciò che più stupisce però è come i nuovi proprietari abbiano avuto una cura puntigliosa nella conservazione e nella ristrutturazione di queste antiche costruzioni, mantenendo quindi pressoché intatto il loro aspetto originale.Oltre al grande valore artistico Case di Viso racchiude dentro di sé anche molta storia: questo luogo fu infatti teatro di una rappresaglia nazista; la piccola chiesetta e le varie croci servono a ricordare i partigiani che qui hanno perso la vita. Ciò che rende particolarmente suggestiva questa escursione in inverno è l'assoluto silenzio della zona: non ci sono animali al pascolo, le case sono completamente chiuse e lo spesso strato di neve assorbe completamente i rumori dei passi degli escursionisti, lasciando udire solamente il flebile scorrere del torrente. È solo in estate che l’intero borgo prende vita, passeggiando tra le vie, nei mesi più caldi dell’anno, potrete trovare un mini caseificio dove acquistare formaggio (lo Silter è quello tipico di questa zona), burro e ricotta e sarà inoltre possibile fermarsi a mangiare in un bar-ristorante. Si tratta quindi di un luogo che cambia totalmente aspetto a seconda del periodo della visita e proprio per questa ragione il consiglio è quello di tornarci più di una volta, per poter cogliere al meglio tutto quello che questo fantastico borgo può offrire. L’escursione non può dirsi conclusa senza aver percorso, per tutta la sua lunghezza, la piana dove sorgono le case. La mulattiera prosegue al centro del borgo permettendo di passare accanto a tutte le abitazioni, per poi proseguire in leggera salita verso un’area pic-nic dalla quale è possibile osservare l’intero abitato dall'alto.Camminare lungo le sole due vie dell’alpeggio, osservando la bellezza di questo luogo è veramente un piacere. Inoltre, per i più piccoli, l’ampia zona pianeggiante diventa anche un fantastico spiazzo per divertirsi giocando con la neve. Rimanendo accanto alle case non ci sono aree pericolose, bisogna fare solamente attenzione alle varie diramazioni del torrente, le quali non sempre vengono recintate o segnalate da staccionate.Spingendosi oltre le case sono inoltre presenti anche alcune piccole collinette sfruttabili per fare qualche discesa con lo slittino. Ovviamente in estate da questa zona si articolano diverse escursioni più impegnative: da Case di Viso è possibile raggiungere il Rifugio Bozzi, il passo dei Contrabbandieri, i laghi di Ercavallo, il forcellino del Montozzo e svariate altre mete. Compiere queste escursioni in inverno è più impegnativo e la scelta deve essere ponderata sulla base della propria capacità fisica, della propria attrezzatura e soprattutto considerando lo stato del manto nevoso. Il ritorno avviene lungo lo stesso tragitto dell’andata, percorrendo a ritroso i circa 3 km di via Viso. La leggera pendenza del sentiero in questo caso può anche essere sfruttata per fare brevi discese con lo slittino.
Viaggio nel tempo nelle innevate Case di Viso

Un po’ di Islanda in Valmalenco

Questo itinerario è l’ideale per chi in estate vuole scappare dal caldo insopportabile della città e scoprire piccoli angoli freschi e isolati. Il sentiero permette anche di immergersi in un paesaggio unico in Lombardia, dai vivaci colori in autunno, che si raffreddano arrivando in una piccola laguna dall’aspetto islandese, punteggiata da tanti piccoli iceberg. In alta Valmalenco, c'è un luogo che richiama i lontani e freddi scenari nordici: un lago ghiacciato, una spiaggia di terra nera e un'immensa falesia congelata, è il ghiacciaio Fellaria che si estende fino a quota 3.500 m nell'omonimo altopiano. Si tratta di un paesaggio in continuo mutamento dove non sarà raro assistere a grossi stacchi del fronte basso o a spettacolari slavine e crolli, accompagnati da assordanti boati provenienti dal fronte superiore. Ad oggi il ghiacciaio, in seguito al suo progressivo scioglimento, è diviso in due colate distinte, separate tra loro dalla cima Sasso Rosso: il Fellaria Est (Vedretta Orientale) e il Fellaria Ovest (Vedretta Occidentale).L'escursione proposta consente di vedere distintamente la lingua Ovest e di raggiungere il laghetto sottostante alla lingua Est. Il sentiero, di tipo escursionistico, ha un dislivello di circa 600 m e una durata approssimativamente di 5/6 ore. Durante la sua percorrenza sarà possibile ammirare immensi bacini alpini, fitti boschi di larici, torrenti cristallini ed infine lo spettacolo del gigante di ghiaccio. Non si tratta di un trekking complesso e sono inoltre del tutto assenti punti tecnici o esposti, ma è comunque richiesta una certa dose di allenamento e un abbigliamento adeguato. Fortunatamente per i più piccoli e per chi non ha abbastanza fiato, c'è la possibilità di fermarsi esattamente a metà strada per sostare al Rifugio Bignami, un ottimo punto d'appoggio per la passeggiata e anche uno dei luoghi più panoramici dell'intera escursione. Il sentiero inizia alla base della diga di Alpe Gera; per raggiungere il parcheggio bisogna dirigersi in alta Valmalenco per poi seguire le indicazioni per Campo Moro. L'ultimo tratto di strada (dal paese di Lanzada in poi) è abbastanza stretto e con molti tornanti, ma le numerose piazzole permettono comunque il passaggio di due veicoli nei sensi opposti.Se si vuole salire in autunno, è bene informarsi sullo stato della strada telefonando al Rifugio Poschiavino, al Rifugio Zoia o direttamente all’ufficio turistico della valle. Una volta giunti in località Campo Moro, sulla sinistra sarà ben evidente la diga e un piccolo bacino artificiale, sulla destra si estende invece un ampio parcheggio a pagamento. Questo parcheggio dista circa 1 km dall'inizio effettivo dell'escursione, ma se arrivate in tarda mattinata è possibile che solamente quest'area abbia dei posti ancora liberi. Proseguendo sulla strada in auto, dopo avere attraversato un paio di gallerie, si giunge finalmente al parcheggio della diga di Alpe Gera. Il parcheggio è sterrato e leggermente più ampio del precedente. Il costo è di 6 € per l'intera giornata. Portatevi delle monete perché le macchinette non accettano carte o banconote. In autunno l'ultimo tratto di strada e l'area direttamente adiacente al secondo parcheggio sono veramente uno spettacolo meraviglioso, i larici dorati riempiono il paesaggio di colore e, lasciando cadere i loro aghi, coprono parte della carreggiata. Queste grandi fiamme arancioni e gialle sono ovunque, sia sulla piana che sui ripidi pendii delle montagne circostanti, il bellissimo contrasto creato tra i colori caldi del bosco e le rocce scure delle montagne fa innamorare di questo luogo. Ad impreziosire la tavolozza di colori ci pensa il sole che, colpendo il bacino di Campo Moro, lo accende di un turchese intenso tipico dei laghi di origine glaciale. Dopo essersi rifatti gli occhi, si inizia a camminare con l'obiettivo di raggiungere la sommità della diga. È possibile proseguire dritti lungo il sentiero, abbastanza ripido, che comincia alla fine del parcheggio, oppure imboccare la strada sterrata chiusa al traffico che conduce sotto il muro della diga. Il sentiero, dopo pochissimi metri in piano, devia subito sulla destra e prosegue con tornanti abbastanza ripidi fino al raggiungimento del piccolo edificio dell'Enel posto alla base della diga.Si prosegue sull'apposita passerella situata sul fianco del muro della diga, che in meno di 5 minuti consente di guadagnare i restanti metri di dislivello e di raggiungere finalmente la sommità della diga di Alpe Gera.L’enorme sbarramento artificiale sembra separare due mondi completamente opposti: sulla sinistra il bosco di larici intrappola il bellissimo specchio d'acqua di Campo Moro, sulla destra, invece, c'è un vasto bacino d'acqua dai riflessi verdi e blu smeraldo: il lago di Gera. Nonostante trovarsi sopra un lago alpino così grande sia uno spettacolo particolare (la diga ha una capacità di 68 milioni di metri cubi d’acqua), ciò che più attira l’occhio sono le montagne del gruppo del Bernina che si estendono tutt'intorno, dominate da Sasso Rosso, Cima Fontana e Sasso Moro.Aguzzando la vista è inoltre possibile scorgere in lontananza il Rifugio Bignami, la prima meta del nostro itinerario, e poco sopra, parzialmente coperto dalle nuvole, un immenso strato bianco di ghiaccio, si tratta della parte alta del Fellaria Est. Le possibilità per raggiungere il Rifugio Bignami sono due: proseguire lungo la diga e imboccare il sentiero che affronta la salita sulla sinistra del lago e che in 1h / 1h e 30’ conduce al rifugio, o passare sulla destra del lago, raggiungere l'Alpe Grembé e solo successivamente il rifugio (1h e 30’ / 2h).Con un po' di tempo a disposizione è possibile pensare di affrontare un tratto durante la salita e l'altro al ritorno, andando così a compiere il giro completo del lago. L’itinerario proposto però non presenta la variante di destra. Si prosegue quindi sulla sommità della diga fino ad imboccare nuovamente il sentiero, che si arrampica sulla parete laterale di Sasso Moro con un paio di tornanti molto ripidi, per poi perdere qualche metro di quota con una scalinata di pietra molto ben tenuta.La parte più faticosa è già alle spalle e i restanti 200 m di dislivello vengono raggiunti con grande facilità, proseguendo lungo un tratto su fondo terroso con una pendenza costante e mai eccessiva. Il tempo di percorrenza di questo ultimo tratto è di circa un'ora, ma ad ogni passo si aprono nuovi incredibili scorci sul bacino di Gera, che rendono difficile percorrere il sentiero con passo troppo spedito.A questa altitudine l'erba cresce ancora rigogliosa e numerosi alberi riescono ad aggrapparsi ostinati alle pendici rocciose della montagna. Il paesaggio ha colori mutevoli che continuano a variare per via del continuo inseguirsi e nascondersi delle nuvole che giocano con il sole e naturalmente cambiano di stagione in stagione. Dopo numerose pause fotografiche si giunge a quota 2.389 m su uno spiazzo roccioso dove sorge il Rifugio Bignami. La posizione è veramente splendida: un balcone naturale che garantisce una vista perfetta sul lago e sulla vedretta di Fellaria Orientale.Il punto panoramico più suggestivo dove poter ammirare il ghiacciaio è facilmente individuabile da un omino di pietra e alcune bandierine tibetane.Tutta quest'area è chiamata Alpe di Fellaria, uno degli alpeggi alpini più ad alta quota in Italia (2.400 m). Infatti poco oltre il rifugio, in una posizione particolarmente riparata, sorgono una serie di piccole baite in pietra. Per chi vuole raggiungere il ghiacciaio bisogna imboccare il sentiero Glaciologico Luigi Marson. Una bacheca situata a pochi metri dal rifugio e un grande poster messo sulla parete accanto alla porta di ingresso, indicano la struttura del sentiero successivo.Il sentiero Glaciologico è diviso in tre parti: A, B e C. Percorrere tutte e tre le varianti richiederebbe dalle 5 alle 6 ore, ma per raggiungere il ghiacciaio e il piccolo laghetto, basta solamente seguire il sentiero C (1h 30’ circa). Si svolta quindi a sinistra del rifugio e si inizia a seguire l’ampio sentiero che in pochi minuti conduce alle baite dell’alpe.Superato il piccolo gruppo di costruzioni si tiene la destra fino a raggiungere e percorrere un piccolo ponticello di legno. Da qui in avanti è bene fare attenzione ai segnali dipinti sulle rocce o tenere attentamente sotto mano una mappa: il sentiero è infatti indicato da segnavia di colore azzurro e non più dai classici segnali rosso/bianchi. Si cammina ora in mezzo ad una vasta area erbosa che consente di avvicinarsi sempre di più ad una maestosa parete di roccia. Il sentiero C svoltando a destra passa proprio alla base di questa parete, il tratto per raggiungere punta Marinelli invece ci sale sopra. Sbagliare strada in questo punto potrebbe allungare di molto l’escursione, è quindi necessario controllare con attenzione dove si trovano i segnavia del sentiero C.Lungo questo tratto c'è anche una breve parte attrezzata con una catena, posizionata lungo la parete per aiutare il superamento di una piccola salita. Vista la natura del sentiero comunque non si sente il bisogno di aggrapparsi a questo supporto.Superata la salita si giunge ad una grande piana detritica. Il paesaggio cambia nuovamente e l’erba ormai lascia completamente il passo ad enormi massi morenici e resti di antiche frane. La completa assenza di vegetazione, il vento freddo che proviene dal Fellaria Orientale e la leggera neve che sta iniziando a cadere catapultano l’escursionista in un paesaggio glaciale completamente diverso da quello osservato durante tutta la salita. Scendendo di qualche decina di metri si giunge al centro della piana, dove un piccolo ponticello permette di superare un torrente. Posti ad intervalli regolari iniziano ora a susseguirsi bacheche e piccole targhe che indicano le diverse fasi del ritiro del ghiacciaio.Superando un secondo ponte e girandosi verso ovest è possibile scorgere la grande parete di ghiaccio del Fellaria Occidentale (2.750 m), posta a sinistra della cima di Sasso Rosso. Dal suo progressivo scioglimento si è formato un laghetto di piccolissime dimensioni visibile proseguendo lungo il sentiero C. L’itinerario proposto non permette di avvicinarsi allo specchio d’acqua e consente di osservarlo solamente da lontano, sono però presenti delle deviazioni per poterlo raggiungere. Il tratto che segue è il più complicato di tutta l’escursione. Il sentiero infatti si inerpica su una lunga distesa di detriti fino a raggiungere quota 2.600 m. In questa sezione è assolutamente necessario seguire la traccia indicata dai numerosi segnavia, evitando di avventurarsi sulle rocce circostanti, che potrebbero essere poco stabili.In circa 20 minuti comunque si giunge al punto più alto e si può finalmente ammirare il lago del Fellaria Orientale, alimentato dalle acque di scioglimento della parte bassa del ghiacciaio e disseminato di tanti piccoli iceberg. Questa parte di ghiacciaio si è spezzata nel 2006, andando a creare una parte superiore alta ben 2.900 m e una inferiore, separate tra loro da un lungo costone di roccia.Nel corso del tempo la parte inferiore si è ritirata, andando a formare due piccoli laghetti che solamente di recente si sono uniti nel lago visibile oggi.Il ghiacciaio nel 1850 si estendeva per ben 23 chilometri quadrati, mentre oggi ha una superficie ridotta solamente a 9. Per tutte queste ragioni l’itinerario non può spingersi oltre questa posizione. Ogni ulteriore avvicinamento deve essere fatto valutando attentamente i rischi e la situazione del ghiacciaio e tenendo in considerazione che, in caso di pericolo, in tutta questa zona non c’è campo. Come sottolineano i cartelli inoltre è assolutamente vietato avvicinarsi troppo alla falesia bassa o provare ad arrampicarsi sul ghiaccio. Anche stando a debita distanza lo spettacolo è assicurato: il fronte alto si staglia contro l’orizzonte, sormontando una parete rocciosa verticale di quasi 250 m e i suoi frequenti crolli disegnano delle lingue di neve lungo le fessure tra le rocce, andando così a creare un bellissimo contrasto di colori. La parete di ghiaccio bassa è probabilmente ancora più incredibile, le sue forme frastagliate, le diverse grotte di ghiaccio scavate al suo interno e i bellissimi riflessi azzurri riportano la mente a paesaggi visti solamente in qualche paese distante. A completare il quadro ci pensa il lago, letteralmente riempito di grossi pezzi di ghiaccio continuamente mossi dal leggero vento e sospinti verso la riva dove vanno a depositarsi e a sciogliersi lentamente, come dei grossi diamanti incastonati nella sabbia scura della costa.Il luogo è generalmente molto frequentato, ma se verrete qui fuori dagli orari di punta sarà possibile godere pienamente del suono del ghiacciaio, costituito da lunghi silenzi e fragorosi boati. Inoltre potreste anche avere la fortuna di vedere i piccoli gruppi di stambecchi che generalmente si aggirano sulle sponde del lago. Dopo una lunga pausa per fare qualche foto si è pronti per tornare. Il sentiero del ritorno viene percorso lungo lo stesso tragitto dell’andata. Non si segnala nessuna particolare variazione percorrendo il sentiero al contrario: il tratto con la catena continua ad essere facilmente affrontabile e non ci sono punti esposti o pericolosi.Sulla via del ritorno, data la posizione particolarmente privilegiata e visti anche gli ottimi piatti che servono, vale la pena fare una sosta al Rifugio Bignami. In estate gli spazi esterni e la balconata sono un ottimo punto panoramico per ammirare il lago. In autunno, durante una leggera nevicata, apprezzerete invece molto di più il calore dell’interno accompagnato magari da una fetta di torta o dal “piatto tipico” costituito da una porzione veramente abbondante di polenta, salsiccia e formaggio fuso.Dopo la pausa si ricomincia la discesa, anche la restante parte di sentiero si percorre con relativa semplicità e in circa 1 ora si raggiunge nuovamente il parcheggio alla base della diga. - Ph: Stefano Poma
Un po’ di Islanda in Valmalenco

La glaciale Valle dei Forni

Il cammino ad anello qui proposto, permette di percorrere tutta la valle dei Forni, posta al centro del gruppo Ortles – Cevedale, una vallata di origine glaciale percorsa dall’impetuoso torrente Frodolfo alimentato dal ghiacciaio, le cui pendici sono tappezzate da radi boschetti di larici. Lo spettacolo di questo luogo è soprattutto dato dall’incredibile veduta sull’imponente ghiacciaio dei Forni, il più grande ghiacciaio vallivo italiano, che diviene ben visibile già a pochi minuti di camminata dal parcheggio e che rende questo luogo assolutamente unico in tutte le Alpi centrali. Il sentiero è ben segnalato con diverse indicazioni colorate sulle rocce e con moltissimi cartelli posti nei bivi principali. Nonostante sia classificato come escursionistico, i tratti complicati sono veramente pochissimi e, con un po’ di attenzione, può essere percorso da tutti. Anche se in autunno si potrebbero incontrare dei tratti completamente ghiacciati. Per questa ragione è assolutamente consigliato controllare l’eventuale presenza di neve e portare con sé dei ramponcini se si ha intenzione di affrontare il trekking da inizio ottobre in poi. Dopo la prima nevicata consistente comunque si consiglia di evitare questo itinerario, a favore di altre proposte più semplici che hanno come punto di partenza il parcheggio dei Forni o direttamente il paese di Santa Caterina. Dal paese di Santa Caterina in Valfurva, imboccando la strada comunale dei Forni, si ha accesso alle valle dei Forni. Il percorso affronta la salita lungo il versante destro, per poi raggiungere la base del ghiacciaio e i ponti tibetani posti proprio dove nasce il torrente. La discesa avviene invece lungo il versante opposto, con la possibilità di fare una sosta al Rifugio Branca. Il Sentiero Glaciologico è probabilmente il tracciato migliore per poter vivere pienamente l’esperienza di una camminata in un luogo così suggestivo. In primavera la valle è infatti famosa per le sue bellissime fioriture e le mandrie di animali al pascolo; non sarà inoltre raro vedere marmotte, camosci ed ermellini. In autunno l'esplosione dei colori è invece da ricercare sulle chiome dei numerosi larici sparsi all’inizio della vallata. Qualunque sia il periodo da voi scelto però la bellezza del ghiacciaio e la maestosità delle Tredici Cime che lo sovrastano rimarrà la stessa. Per arrivare al parcheggio bisogna raggiungere il paese di Santa Caterina, dove è necessario acquistare un ticket dal costo di 5 euro presso l’ufficio turistico. In bassa stagione e durante alcune giornate lavorative le regole però potrebbero cambiare, mentre in certi periodi la strada potrebbe venire chiusa; per questo è consigliato contattare anticipatamente l’ufficio turistico del paese. Da Santa Caterina si imbocca la strada comunale dei Forni lunga circa 4 km che, sebbene presenti alcuni tratti un po' stretti, è comunque sempre asfaltata e ben tenuta.Al termine della strada si giunge ad un ampissimo parcheggio sterrato. I posti auto sono moltissimi, ma in piena estate c'è sempre un alto afflusso di persone, con conseguente rischio di non trovare uno spazio libero. Appena usciti dall’auto si nota immediatamente il Rifugio Forni, posto in una posizione sopraelevata a pochi passi dall’area di parcheggio più alta. È incredibile pensare come un tempo in inverno il ghiacciaio si estendesse fino a qui, andando di fatto a coprire l’intera valle. Negli ultimi 150 anni il progressivo ritirarsi della massa di ghiaccio è stato costante e dagli inizi del 1900 la superficie si è ridotta del 36%. Proseguendo nella camminata saranno sempre più evidenti le tracce di questo triste fenomeno. Per imboccare il sentiero bisogna raggiungere una grande bacheca posta alla fine del parcheggio, si gira quindi a destra e si attraversa il torrente; qui un cartello segna l’inizio del sentiero Glaciologico Basso (524) e di quello Alto (520), che nella prima parte coincidono. Il tratto prosegue ora lungo una singolare scalinata fatta interamente di rocce e, dopo una breve salita, si addentra in un piccolo boschetto di larici.In autunno questa prima parte del sentiero è un vero spettacolo per via dei colori giallo e arancione dell’erba e delle chiome degli alberi. Sfortunatamente da qui non è ancora possibile ammirare il bianco intenso del ghiacciaio dei Forni, ma anche così vale sicuramente la pena fermarsi per qualche scatto. Il sentiero prosegue con una salita costante ma non troppo impegnativa fino alla deviazione con il sentiero Glaciologico Alto. Data la stagione autunnale, il tratto proposto è quello del sentiero Glaciologico Basso, sia per poter rimanere ad una quota inferiore sia per poter ammirare meglio i larici, i quali sono del tutto assenti nel tratto più alto. In estate invece la scelta dipende dal tempo a disposizione e dal dislivello che si ha intenzione di percorrere. Entrambi i sentieri comunque si ricongiungono dopo pochi chilometri, in corrispondenza dell’ultimo tratto prima dell’arrivo al ghiacciaio. Girando a sinistra si rimane quindi sul sentiero CAI 524, che prosegue a mezza quota con diversi saliscendi mai impegnativi. Per lunghi tratti il sentiero diviene quasi pianeggiante e permette di godersi appieno la camminata in mezzo al bosco. Giunti circa a quota 2.250 m gli alberi iniziano a lasciare spazio alla classica vegetazione di alta montagna ed è proprio in questa parte che finalmente la vista può aprirsi all’incredibile bellezza del ghiacciaio e alla cima innevata del monte di Peio. Tanti piccoli ruscelli cristallini, una spruzzata di neve sui pochi arbusti rimasti ed in lontananza un’enorme massa di ghiaccio bianco: sono questi gli scorci che regala la Valle dei Forni. Proseguendo il sentiero si sposta sempre di più verso il centro della valle fino al raggiungimento della deviazione per il Rifugio Branca (situato sul lato opposto del torrente). Per chi non ha più fiato c’è quindi la possibilità di concludere qui la salita verso il ghiacciaio e proseguire lungo un sentiero molto più dolce che in 30 minuti conduce al rifugio. Per tutti gli altri il mio consiglio è quello di ignorare il cartello con l’indicazione per il rifugio e proseguire andando dritti, senza però scordarsi di una piccola deviazione per visitare i due ponticelli in legno che, al centro della valle, consentono di superare il torrente e raggiungere il rifugio. Quello che inizia ora è probabilmente il tratto più complesso: da quota 2.300 m bisogna raggiungere i 2.500, lungo un sentiero che si fa sempre più stretto e con un fondo molto roccioso e sconnesso. In autunno diversi tratti purtroppo si coprono di ghiaccio per via dei numerosi ruscelli che li attraversano. Se le lastre di ghiaccio non sono troppo estese è possibile deviare brevemente fuori dal sentiero rimanendo su tratti più asciutti, in caso contrario è assolutamente necessario utilizzare dei ramponcini. Per informarsi riguardo lo stato del sentiero è possibile contattare l’ufficio turistico di Santa Caterina o di Bormio. In alternativa è possibile accedere al sito del rifugio Branca per visionare le immagini della webcam installata sul tetto, che inquadra proprio questa parte del sentiero. Si prosegue quindi su un tratto abbastanza ripido e dopo un paio di tornanti si scorge il segnale con l'indicazione del sentiero Glaciologico Alto.Appena dopo la ricongiunzione con il sentiero alto inizia quella che probabilmente è una delle aree paesaggisticamente più spettacolari dell'intera escursione. Le enormi cime rocciose coperte di neve sono ormai vicinissime e attorno al sentiero si estende un paesaggio ricco di detriti morenici depositati dalla lenta azione del ghiacciaio. Camminando su un fondo sassoso e superando una piccola frana, si giunge su un'enorme formazione rocciosa rossastra caratterizzata da una superficie levigata e ricca di piccole concavità dove si deposita l'acqua; una volta il fronte del ghiacciaio arrivava fino a qui e nel corso degli anni ha completamente lavorato la parete di roccia. Ancora un piccolo sforzo e finalmente si compie l'ultimo tratto di salita. La vista si apre ora alla vasta piana rocciosa posta alla base del ghiacciaio. Qui detriti, terra scura e enormi massi ferrosi si mescolano, dando vita ad un paesaggio disordinato, quasi malinconico, ma comunque molto affascinante. Scendendo tra piccoli omini di pietra, facendo sempre attenzione ai tratti ghiacciati, ci si può ora anche voltare verso il punto di partenza per osservare tutto il tratto percorso lungo la parte bassa della Valle dei Forni. Il paesaggio da qui è dominato dal massiccio del Gran Zebrù (3.856 m). Da questa posizione la valle risulta essere abbastanza anonima per via dei colori spenti dell'erba, ma guardando in lontananza si scorgono delle punte d'arancio: il piccolo bosco accanto al parcheggio. Proseguendo lungo il sentiero, in 5 minuti si raggiunge il primo ponte tibetano che permette di superare un piccolo fiumicello. Il primo ponte è lungo solamente pochi metri ed è ben saldo, il secondo invece è molto più alto e passa proprio sopra un tratto particolarmente impetuoso del torrente. Se non avete mai percorso un ponte tibetano camminarci sopra sarà sicuramente una bella esperienza. Il ponticello è interamente chiuso da corde metalliche, con le quali ci si può tenere, quindi non c'è assolutamente nessun pericolo. Appena prima del secondo ponte, ci si trova proprio al centro dell'enorme depressione del terreno creata dall’azione del ghiacciaio; questo è probabilmente il punto migliore per ammirarlo nella sua interezza. Dinanzi a questa bellezza è veramente impossibile rimanere indifferenti, anche se lo stupore non può che lasciare presto spazio ad un certo senso di amarezza: la massa di ghiaccio ha delle forme spezzate, in lontananza sono evidenti diversi crolli ed il fronte più vicino è sporco e ricoperto di detriti. Purtroppo il cambiamento climatico non sta lasciando scampo a questo spettacolo della natura ed oggi il ghiacciaio dei Forni non esiste più come massa unitaria, ma si è diviso in tre colate distinte (orientale, occidentale e centrale) ben visibili da questa posizione, Il sentiero prosegue dritto verso il Rifugio Branca, ma è comunque possibile provare ad avvicinarsi maggiormente alla lingua di ghiaccio più bassa. Svoltando a destra quindi è possibile incamminarsi lungo un sentiero pressoché in piano fino al raggiungimento di un piccolo laghetto generato dallo scioglimento del ghiaccio.Camminando lungo la costa del piccolo specchio d'acqua si ha la fortuna di ammirare il ghiacciaio dei Forni da una posizione veramente privilegiata, mentre aggirando il lago sulla destra è possibile avvicinarsi ulteriormente. Il progressivo scioglimento sta causando continue variazioni nella superficie del ghiacciaio: l'altezza della parete sta via via diminuendo e all'interno della stessa si formano e vengono distrutte costantemente delle piccole grotte.È quindi assolutamente sconsigliato provare a entrarci o provare a camminare sopra l'area del ghiacciaio se non si è esperti o accompagnati da una guida.In generale tutto questo tratto alternativo deve essere percorso con molta cautela valutando attentamente i pericoli. Se non ve la sentite non c'è nessun problema, perché la vista è comunque magnifica anche dal sentiero principale. Superato il secondo ponte si giunge all'ennesimo punto estremamente panoramico di questa escursione: un piccolo laghetto che riflette alla perfezione il monte Gran Zebrù.Dopo qualche scatto si riprende la discesa verso il Rifugio Branca, dove il sentiero 520, dopo un ampio tornante sinistrorso, affronta la discesa all'interno di un canalone. Questo brevissimo tratto è abbastanza ripido e parecchio scivoloso per via della presenza di un fiumicello che si riversa sulle rocce. Non ci sono cordini o catene con i quali tenersi, quindi bisogna procedere con passo fermo e facendo molta attenzione.Superato questo tratto un po' tecnico, il sentiero ricomincia a tagliare in mezzo ai prati della valle dei Forni e in pochissimi minuti ci conduce alla base del Rifugio Branca.Il rifugio è chiuso nel periodo autunnale, per conoscere i periodi di apertura è conveniente consultare il loro sito web.Nello spiazzo erboso sottostante al rifugio la veduta non è paragonabile a quella visibile dai ponti, ma è comunque difficile non fermarsi per ammirare il panorama. La traccia descritta prevede ora di scendere lungo il sentiero numero 524.Questo tratto è di fatto un'ampia strada sterrata che serve per raggiungere il Rifugio Branca in jeep direttamente dal parcheggio del Rifugio Forni. La discesa quindi prosegue molto spedita e senza particolari scorci differenti rispetto all'andata. Essendo così ampia e ben battuta, la strada può anche essere tranquillamente percorsa di notte con una torcia, magari dopo aver passato il tramonto proprio alla base del ghiacciaio. In poco più di mezz'ora così si raggiunge nuovamente il parcheggio. Nel periodo estivo è possibile spezzare in due l'escursione fermandosi per pranzo al Rifugio Branca. Da settembre/ottobre il rifugio è però chiuso, per questo sarà necessario portarsi il pranzo al sacco oppure decidere di mangiare alla fine dell'escursione proprio al Rifugio Forni o al Rifugio Stella Alpina, posto pochi chilometri più a valle lungo la strada che da Santa Caterina conduce al parcheggio. - Ph: Stefano Poma
La glaciale Valle dei Forni

Dove ciaspolare in Lombardia

Paesaggi innevati da percorrere con le racchette ai piedi. Anche al chiaro di luna. Consigli per scegliere dove ciaspolare in Lombardia
Ciaspolate in Lombardia

Passo Nota

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Cammino Tignale

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