- Itinerari
La Via dei Mestieri
Progetto di percorso storico-culturale-ambientale, che ha l'obiettivo di valorizzare e promuovere il patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale del nostro paese.
Questo progetto è stato concepito per offrire un'opportunità unica di esplorare e conoscere la nostra storia attraverso un percorso guidato tra le vie del paese.
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Tappe dell'itinerario
La stazione di Lambrugo
Nel 1879, il 22 maggio, venne inaugurato il tronco della ferrovia Nord che partiva dalla Bovisa e raggiungeva Erba; il tronco Erba-Canzo verrà eseguito in seguito. La designazione del tracciato deve essere stara un'operazione abbastanza difficoltosa.
Fino all’avvento della più moderna tecnologia, nel caseggiato della stazione ferroviaria
abitava il capostazione e svolgeva il suo lavoro quotidiano il casellante “Chinett” che
ha dato il nome ad un ponticello presente sotto il tracciato della ferrovia oggi inagibile.
Il casello di “Chinett” si trova attualmente in prossimità del ponte della ferrovia che
passa sopra la roggia Cavolto, si ribadisce l’inagibilità dello stesso.
Più avanti verso la Cascina Caregiola esiste un altro ponte “Punt de l’acqua fresca” dove i lambrughesi d’estate di ritrovavano a mangiare l’anguria. Lurago pretendeva che la linea, da Inverigo deviante verso la sua conca naturale seguendo all’incirca il tracciato della Valsassina per poi dirigersi a Merone, lasciando da parte Lambrugo. L'ipotesi, non sappiamo per quali motivi, fu poi scartata.
L'altra soluzione prevedeva che la ferrovia, giunta a Lambrugo, deviante verso Anzano
e poi, toccando Alserio, Cercano e Parravicino, giungesse ad Erba-Villincino. Anche questa soluzione, per difficoltà economiche e ambientali, fu messa da parte. Si decise alla fine di superare la discreta pendenza verso Merone (la zona denominata Molera) e di proseguire verso la malpensata di erba.
Questo tronco di ferrovia fu dato in concessione all'ingegnere Alberto Vaucamps di Bruxelles. L'opera fu di notevole vantaggio per il nostro paese: lo tolse da un isolamento in cui era vissuto per secoli e lo favorì come luogo di villeggiatura desiderato da molti e facilmente raggiungibile. Anche il modesto commercio di Lambrugo, e quello dei paesi vicini, ne fu agevolato. Il movimento dei carri trainati da cavalli e asini che andavano e venivano dalla locale stazione divenne intenso, soprattutto provenienti dalle vicine fornaci di Campania, trasportando mattoni. Il comune si trovò più volte nella necessità di allargare le strade interne. Molti comuni, per la costrizione del tronco ferroviario, offrirono somme di denaro a fondo perso.
Possiamo ricordare Colciago 3.600 lire, Villa Romanò 3.000 lire, Romanò 3.200 lire, Cremnago 4.200 lire, Brenna 2.000 lire, fabbrica durino 4.000 lire, Vill'Albese 7.300 lire, Moiana 2.400 lire, Alserio 2.500 lire, asso 7.000 lire, Anzano 5.000 lire, Monguzzo 5.000 lire, Rogeno 5.000 lire, costa Masnaga 6.000 lire.
Nell'elenco non appare il comune di Lambrugo ma solamente il nome di due signori residenti nel paese. Da un documento conservato nell'archivio comunale, venivamo a sapere che il nostro paese aveva versato la somma di 5.000 lire, quale suo contributo all'opera. Alcuni ricordano che il tracciato venne realizzazione con l’attuale struttura in quanto il marchese Crivelli o il conte Sormani cedettero gratuitamente il terreno per il passaggio della ferrovia a condizione che ci fosse una stazione ad Inverigo e Lambrugo.
Chiesa di San Carlo
La prima chiesa dedicata a San Carlo, che da arcivescovo di Milano visitò due volte a
Lambrugo, fu realizzata nel 1615 per volontà dei nobili Giussani. All’epoca Lambrugo
dipendeva dalla prepositura di Lurago d’Erba e una piccola chiesa era sufficiente per
l’uso che se ne faceva.
Quando fu creata la Parrocchia di Lambrugo, nel 1902, la vecchia chiesa (oggi è utilizzata come salone dell'oratorio) continuò ad essere utilizzata regolarmente sino al 1910 e anche dopo per particolari cerimonie, quando al suo posto fu edificata una maestosa parrocchiale in stile neoromanico, che coniuga riferimenti di sapore medioevale e bizantino a elementi di ispirazione modernista che venne consacrata il 17/09/1910 dal cardinal Ferrari. L'altare maggiore è impreziosito da una Deposizione in bassorilievo che proviene dal monastero di Santa Maria. La “nuova” San Carlo veglia sull’abitato da un rilievo collinoso e si vede da lontano, a segnalare Lambrugo.
La Filanda di Lambrugo
All’inizio del ‘900 nella zona indentificata attualmente come Via Filanda Gessner, sorgeva lo “Stabilimento Bacologico” di proprietà della famiglia Monti e la confinate “Filanda Monti”. Dove insisteva un’attività di filanda fin dalla seconda metà del XIX secolo.
Luogo di testimonianza della convivenza di due economie, quella storica contadina e la nuova emergente industriale, in particolare tessile, che in fase iniziale risultava complementare. Da una parte la “corte contadina” dall’altra parte attigua, il “filatoio”.
Difatti il fabbricato dove adesso sorge il centro anziani e pensionati è quanto rimasto della vecchia filanda. La data esatta della sua costruzione non ci è dato di conoscerla, senz'altro risale ad alcuni secoli orsono. Si è sempre parlato della filanda come proprietà Monti ma in precedenza era proprietà Isacco di Rogeno, famiglia che aveva altre filande a Rogeno, Moiana e Merone. Una figlia degli Isacco sposò il cavaliere Achille Monti e portò in dote la filanda.
Questa fabbrica diede lavoro per tanti anni a molte ragazze e donne non solo di Lambrugo ma anche nei paesi vicini. Doveroso ricordare il pesante contributo, quasi esclusivo, di lavoro delle donne, molte della quali provenienti dal bresciano e dalle campagne venete, che in condizioni particolarmente dure procedevano alla lavorazione del baco da seta, in condizioni di lavoro inimmaginabili ai nostri tempi.
Non va dimenticato il prezioso sostegno sociale presente in quest’area: a fianco dell’attuale centro anziani, l’asilo del paese che fu attivo fino agli anni 30. In seguito alla crisi finanziaria mondiale del 1929 anche la filanda cominciò ad avere difficoltà commerciali ed economiche. Intorno al 1932 dovette chiudere per un paio di mesi, riprese l'attività ancora per qualche anno poi il lavoro della filanda cessò.
Il sig. Monti diede inizio ad un'altra attività: l'incannatoio (opificio nel quale si avvolge il filo sopra rocchetto. L’incannatura può essere eseguita nella stessa filanda.) che consisteva nel preparare diversi tipi di filati da destinare alle tessiture. Il sig. Monti dal 1930 per far fronte alla crisi della filanda vendette i suoi tanti terreni dei quali era proprietario a Lambrugo. Ma non speculò, anzi vendette i terreni a prezzi molto favorevoli dando la precedenza a coloro che lavoravano la terra.
Diversi lambrughesi acquistarono questi terreni e alcuni costruirono la casa. La famiglia Riva fu una di queste. La famiglia Monti fece molto per Lambrugo. Oltre all'impegno che mise affinché tante persone potessero lavorare anche in momenti difficili, mise a disposizione gratuitamente i suoi locali per diversi decenni dove ospitò l'asilo dove attualmente si trova il comune, poi nella filanda provvedendo in parte anche alla sua
gestione. Infine la figlia, signorina Mary donò il terreno dove ora sorge l'asilo lasciando
anche dei lasciti per la sua costruzione.
Verso la fine degli anni ‘30 Monti vendette l'incannatoio al sig. Gessner che proseguì la stessa attività per alcuni anni, passando poi alla tintoria e stamperia. La famiglia Gessner, proveniente dalla Svizzera, come numerosissime altre, si era stabilita nella seconda metà del secolo XIX nelle nostre valli, fondendo le conoscenze tecnico tessili con la laboriosità ed economicità della nostra manodopera. Giulio Gessner, nel solco delle tradizioni di famiglia rilevò l'attività dei Monti nel 1938 per dar vita alla "Torcitura di Lambrugo". Non si hanno notizie certe ma pare che il sig. Gessner fosse stato sposato con la nipote del presidente della Repubblica Luigi Einaudi.
Questo legame è avvalorato tutt’oggi dal paese di Dogliani (Cuneo) noto per la produzione e vendita di un vino rosse chiamato Dolcetto. L'attività proseguì anche durante gli anni tristi della guerra. Lo stabilimento fu sempre operativo tranne alcune settimane in cui riferiscono testimonianze locali venne utilizzato dall'esercito. La tornitura della seta prosegui ancora nel dopo guerra.
L'abbandono della coltivazione del baco da seta unita alla presenza di un'economia mista rurale-industriale sempre più vantaggiosa per chi lavora nella terra avviano
grossi mutamenti nella società. La "Torcitura della seta" subisce una grossa involuzione e lo stabilimento di Lambrugo venne modificato progressivamente. È con il nome "Tintoria e stampa Gessner" nel 1957 iniziò l'attività di tintura e in particolare stamperia tessile. Nello stesso periodo si cominciarono a lavorare altri tipi di filati oltre la seta: il cotone, le fibre artificiali e sintetiche.
L'attività di stamperia iniziò il suo cammino per essere in questo luogo protagonista nel trentennio ‘60-‘90: la stamperia di tessuti si presentava (e si presenta ancora oggi) come un'attività certamente industriale (per l'utilizzo di macchinari sempre più all'avanguardia) ma sempre molto artigianale (per le numerose difficoltà delle stesse lavorazioni tessili, che richiedono addetto molto preparate e di eterogenee qualità).
Nel 1988 iniziò lo spostamento del processo produttivo in un'altra zona del comune di Lambrugo, un processo che venne a terminare agli inizi del nuovo secolo, quando il vecchio stabilimento rimase inoperoso: un processo dovuto alle nuove necessità civili e produttive del paese di Lambrugo, civili perché non era più sano avere una consistente attività produttiva giusto nel centro del paese; produttivi perché i vecchi locali mal si adattavano con le nuove necessità.
Gessner trasferì la fabbrica in via Cava Ghiaia a Lambrugo dove si trova attualmente la Tessitura Serica di Lambrugo. Ricordiamo con riconoscenza la professionalità di tutti quelli che nelle varie fasi di lavorazione, dalla "cucina colori" al "lavaggio finale", hanno giocato un ruolo decisivo nella buona riuscita delle lavorazioni. Ed è proprio per la grande qualità che molti manufatti qui prodotti venivano apprezzati e inviati in tutto il mondo.
Il 23 luglio 1910 un violento ciclone si abbattè su Lambrugo, dalla Brianza verso Como e sul varesotto. Scoperchiò quasi tutti i tetti delle case, distrusse tutto il raccolto e sradicò alberi secolari. Lambrugo fortunatamente non ebbe vittime ma diverse invece furono causate a Moiana e Cremano. La ciminiera della filanda fu troncata di oltre un terzo della sua altezza. Il suocero del sig. Riva che allora abitava in corte grande e all'epoca aveva 8 anni racconto che la violenza fu tale che la parte troncata non cadde ai piedi della ciminiera ma venne scagliata per qualche metro all'interno della corte.
Monastero Benedettino
Il monastero fu fondato nel XI secolo per volontà dei nobili Carcano, originari dell'omonima località in comune di Albavilla. Esso apparteneva alla Pieve di Incino e, da una testimonianza posteriore delle monache sappiamo che all'inizio il monastero non constava che in casamento da nobile di quattro stanze con sotto cucina e magazzino e sopra una sala adibita a refettorio.
A fianco sorgeva la chiesa che sarà consacrata nel 1518. Anche le monache erano poche e la clausura non era osservata; solo nel XVI secolo l'autorità ecclesiastica riuscirà ad imporla. Lungo i secoli, fu oggetto di varie incursioni e saccheggi.
Nel 1527 Gian Giacomo Medici, detto il Meneghino, fratello del futuro papa Pio IV e zio materno di San Carlo, si impadronisce del castello di Monguzzo e devasta il monastero distruggendone l'archivio.
Successivamente ripristinato, il monastero nel XVII raggiunse il suo massimo sviluppo nella struttura architettonica e nell'estensione delle proprietà terriere. Nel XVIII secolo, sotto la dominazione austrica, viene istituita una scuola gratuita per il popolo onde evitarne la soppressione.
Con l'avvento della Repubblica Cisalpina, nel 1798, il monastero viene definitivamente soppresso e tutte le sue proprietà, terreni, mulini, casali di massari, ecc., sono suddivise in più parti e messe in vendita. I diversi passaggi di proprietà e le varie destinazioni d'uso hanno portato continue modificazioni edilizie.
In uno scorcio del XX secolo, la parte meridionale del monastero ha rivisto la presenza di suore, anche se non più Benedettine. Dal 1904 infatti, vi tennero un collegio le Suore Giuseppine, mentre dal 1954 al 1967, il convento ha ospitato le Suore Figlie di Gesù di Verona.
Nel 1974 la parte meridionale fu comperata dall'Amministrazione Comunale, ristrutturata e adibita a sede del Municipio. Il resto del monastero è parzialmente di di proprietà privata, la chiesa e la torre sono di proprietà comunale.
Il Lavatoio di Momberto
Situato tra via Battisti e via San Francesco. Il lavatoio è stato costruito dalla famiglia Monti nel 1926. Il nome della signora Paola Monti è presente sulla sezione frontale. La Famiglia Monti si è spesa significativamente per il paese di Lambrugo sia tenendo in vita per molti anni la filanda sia donando un terreno e facendoci costruire sopra l’asilo.
Il lavatoio è alimentato dall’acqua che confluisce dalle sorgenti del “Ceppo” che nasce e si sviluppa nella zona della collina della stazione di Lambrugo. La struttura si presenta in un ottimo stato di conservazione. Composta da due vasche rettangolari di egual misura ed una vasca più piccola dal quale entra l’acqua che ha permesso negli anni la funzionalità.
La vasca più distante dalla strada veniva utilizzata dalle lavandaie per lavare i panni, la più vicina per sciacquarli. Le lavandaie utilizzavano le parti in pietra poste ai bordi delle vasche (c.d. prea) per le operazioni di sfregamento e di parziale asciugatura dei panni. La vasca più piccola viene definita dagli storici abitanti del paese come quella del “battezzo”, ossia i bambini, fino agli anni ’60, giocando nei pressi della stessa, spesso cadevano all’interno bagnandosi completamente.
L'Oasi di Baggero
È di inizio ’900, con l’avvento dell’era industriale, l’avvio di una fiorente attività estrattiva in Brianza, determinata dalla necessità di utilizzare le risorse naturali come prodotto principale nel settore edilizio per la realizzazione di nuove strade, ferrovie o opere pubbliche. Una volta cessata l’attività estrattiva, tali zone sono state spesso abbandonate e lasciate alla lenta evoluzione morfologica locale, con il conseguente determinarsi di dissesti e squilibri idrogeologici locali, oppure avviate ad un processo di riqualificazione che ne ha permesso il recupero.
L’Oasi di Baggero è il risultato del lavoro di riqualificazione di una vecchia cava e pertanto non si tratta di un’area veramente naturale. Non tutte le aree verdi che ci circondano sono naturali: infatti, anche se non si avverte, in alcuni di questi luoghi, come in giardini, parchi e vivai, è presente la mano dell’uomo, che ha piantato alberi e creato prati.
Nonostante questo, con la riqualificazione dell’area è stato restituito alla popolazione un luogo piacevole, di relax, in cui sentirsi a contatto con l’ambiente e la natura: non bisogna mai sottovalutare il valore intrinseco del verde, naturale o meno che sia.
L’Oasi di Baggero non è solo un esempio di riqualificazione di un’area degradata, ma ci mostra come conservazione della natura e fruibilità possano coesistere. L’Oasi è stata infatti concepita per essere liberamente accessibile alla cittadinanza.
Essendo un sito di interesse naturalistico vigono alcune regole e divieti, come quello di pesca e balneazione, finalizzati alla tutela della flora e della fauna selvatica presenti nell’area.
Perchè “Baggero”? Il baggero è il tipico bastone che si utilizzava una volta per trasportare sulle spalle i secchi pieni d’acqua dal fiume alle case, quando ancora non esistevano le tubature e i rubinetti.