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Villa Burba Medici Cornaggia
Una storia al femminile
La dama dal carattere intrattabile(..”la burbera) di cui qualcuno ha favoleggiato, che avrebbe lasciato così poco lusinghiera traccia della sua permanenza nella bella villa suburbana sulla strada per Gallarate, non è probabilmente mai esistita: il toponimo, di significato non chiaro, è però molto antico( compare già nell’atto del 1485 relativo all’ investitura dei Ghisolfi sulle terre di S. Maria di in Castello: “…ad vineam de la burbana”), e viene riprodotto puntualmente in tutti i documenti che riguardano la proprietà sia pure con molte varianti.
Nella storia della Burba le donne hanno tuttavia un insolito ruolo di preminenza, essendo loro, per lo più, le titolari della proprietà; confermando comunque la regola del primato maschile, quando si tratti di decidere gli interventi più significativi. E così, se le terre della Burba sono da tempo immemorabile proprietà Crivelli, ed è Maddalena Crivelli, figlia di Lazzaro, a portarle in dote al marito, conte Luigi Pecchio, nella seconda metà del ‘600, è con ogni probabilità lui, il conte, a far edificare il palazzo e a siglare con il suo monogramma il monumentale camino del salone a piano terra.
Camino sul quale compare anche una data, 1665, ripetuta identica su un ’architrave del tetto, verosimilmente indicante l’ultimazione della costruzione: dunque nel giro di un solo decennio, tra il 1665 e il 1975, Rho si trova adornata di tre preziose “gemme” d’architettura nobiliare: la Burba è la prima, seguita, non preceduta, da Palazzo Visconti (1669) e Palazzo Crivelli (1675).
Che la Burba sia proprietà Pecchio è attestato inequivocabilmente tanto dalla “Misura Generale” del 1681 quanto dai registri catastali redatti cinquant’anni dopo dai funzionari di Maria Teresa d’Austria.
Al primo conte Luigi dovettero seguire pertanto altri membri del casato, fino a un altro conte Luigi, che più o meno un secolo più tardi si trova citato come colui che per lascito testamentario ha legato la Burba a una nuova figura femminile, quella della principessa Teresa Renata Melzi, nata d’ Harrach, moglie morganatica del duca d’Este.
La gentildonna, che porta un vago profumo di aristocrazia mitteleuropea nella storia della Burba (d’altra parte il ritratto della Sovrana asburgica amata dai sudditi lombardi, per quanto defunta, campeggia in una delle sale della villa, come attestano uno dopo l’altro i minuziosi inventari del 1972, 1788, 1803) preferisce non gestire direttamente la proprietà, a partire dal 1788, e la cede in affitto a un’altra nobildonna, la contessa Teresa Felber della Scala per un quindicennio. Ne dispone infine con il testamento del 5 ottobre 1786 a favore della pronipote Anna Maria Serbelloni, terzogenita della prediletta nipote Rosina Sinzendorff, maritata al conte Alessandro Serbelloni.
Ma la contessina Anna Maria, già erede di un cognome del più esclusivo patriziato milanese, nonché sposa ad un altrettanto aristocratico Porro Lambertenghi( quel conto Luigi- Como 1780, Milano 1860- accesamente antiasburgico, finanziatore e collaboratore della più celebre testata patriottica milanese, “il Conciliatore”, che restò esule fino al 1840 per avere preso parte ai moti del 1820-21), muore nel 1813 senza testamento, per cui nella proprietà subentreranno i cinque figli; sarà conveniente per i Porro, entrati giuridicamente in possesso dei beni di Rho nel Novembre 1819, cederli immediatamente e vantaggiosamente: nel gennaio 1820 la Burba con tutte le sue adiacenze passa a Giovanni Battista Dell’Acqua, per £90.567 e 20 centesimi. Niente sconti.
Altri passaggi, sempre in mani borghesi, sono attestati dai registri catastali, finché la proprietà perviene nel 1873 al marchese Giovanna Cornaggia Medici, interessante figura d’aristocratico innovatore, appassionato d’agricoltura e di questioni economico- sociali: la Burba ebbe motivo di essergli cara, poiché gli offrì occasioni di sperimentazione di nuovi sistemi di gelsicoltura e di osservazioni sulle forme di contratto agricolo più diffuse nell’alto-milanese, con i loro vantaggi e i loro limiti; ma le proprietà in Rho furono anche teatro di una disgrazia che costò la vita al figlio Antonio, poco più che quindicenne, nel 1893.
Il figlio primogenito e il nipote del marchese Giovanni Cornaggia Medici, rispettivamente Paolo e Giancarlo furono gli ultimi privati proprietari.
La Villa, duramente provata durante il secondo conflitto mondiale dalla requisizione da parte degli Alleati e poi dalle occupazioni di truppe sudafricane e inglesi, che ebbero effetti devastanti su arredi, strutture, cortile e parco, sottoposti a spoliazioni e a manovre di automezzi pesanti, fu acquistata il 17 maggio 1966 dal Comune di Rho, che con una serie di interventi di restauro non ancora ultimati ne ha ricuperato la maggior parte, adattandola a prestigiosa sede della Biblioteca Cittadina (con annessa Sala Archeologica) e di numerose ricorrenti manifestazioni culturali.
Bella tutt’oggi in passato la tenuta della Burba doveva esserlo ancora di più, collocata ai margini del territorio comunale, ma affacciata su una via di grande comunicazione, in vista della rassicurante mole del Santuario dell’Addolorata: 34.000 metri quadrati, di cui quasi 13.000 di solo parco piantumato; la villa padronale con la corte-giardino coprono 6.000 mq; si aggiungono le case coloniche e i rustici annessi, l’Oratorio dedicato a S. Giuseppe, la tenuta circostante.
Vasta, eppure niente affatto fredda la “casa da nobile”, articolata secondo una struttura a U piuttosto comune nelle ville lombarde coeve: affida la sua grazia a un’ornamentazione tardo-barocca di gusto raffinato, che privilegia il corpo centrale, alleggerito dal portico costituito da tre archi ribassati sorretti da colonne binate; la ingentiliscono parecchi manufatti in ferro battuto, lavorati con grande maestria, come i balconcini, i cancelli e le ringhiere, lo stesso caratteristico orologio dell’ala est; le finestre scorniciate d’intonaco scandiscono il ritmo dei due piani della costruzione sia in facciata che sul retro, prospiciente il parco.
All’interno i locali risultano relativamente pochi, rispetto alla vastità dell’edificio: sei soltanto a pianterreno, dieci al piano superiore.
Ma la parte del leone, a pianterreno, spetta al salone centrale, aperto contemporaneamente sulla corte e sul parco, caratterizzato dal solenne camino in pietra.
A lato del salone, sotto il portico,l’ ampia scalinata di accesso al piano superiore, munita di cancello e ringhiera di pregevole fattura. Soffitti in legno a cassettoni con fasce decorative di bell’ effetto, e dipinte con motivi ornamentali e paesaggi a coronamento delle pareti fanno rimpiangere l’arredo antico citato negli inventari, disperso a più riprese, comprendente quadri, sculture( busti di imperatori romani), suppellettili e mobili di pregio, carte geografiche e ricche attrezzature da cucina.
Ma il fascino maggiore della Villa consiste senza dubbio nell’ambientazione: chi l’ha progettata l’ha sentita come un’isola dove l’armonia artificiale di una natura guidata dal disegno sapiente dell’ uomo volto alla contemplazione estetica la distinguesse- pur non separandola- dall’armonia pur sempre calcolata ma prosaica della campagna coltivata per l’utilità pratica.
Quinte murarie e arboree cingono infatti il parco retrostante la villa, così da schermare la vista delle coltivazioni (oggi degli edifici), pur percepibili al di là; e la ricchezza delle essenze, comprendenti faggi, tassi, querce, aceri, camelie, sempreverdi, araucarie, sequoie, è stupefacente: del resto, già gli antichi proprietari avevano avvertito il richiamo fascinoso del parco della Burba, quasi un misterioso filo verde che lega le generazioni che hanno sostato all’ombra delle sue piante, un tempo esclusivo rifugio di meditazioni aristocratiche, oggi accogliente spazio di relax per frequentatori di ogni età: “Pianta un albero, e se tu non puoi conoscere chi un giorno godrà della sua ombra, ricordati che i tuoi antenati hanno piantato per te senza conoscerti” ammonisce con amabile ecologismo ante-litteram una lapide in armonioso idioma francese, sotto il portico della villa.
Oggi difficilmente riconoscibile, pure l’ impianto originale del parco mantiene zone di notevole suggestione, come il gruppo di magnolie arricchito da arredi in pietra destinati alla conservazione sul viale inghiaiato che incornicia il retro della villa da est a ovest, o la collina protetta da cortine verdi nell’area verso il grande ingresso a sud del parco.
Ne va dimenticato il gusto seicentesco profuso nell’ ornamentazione sia del cortile antistante la villa, caratterizzato dalla grande vasca mistilinea con statue, e almeno in origine organizzato come giardino all’italiana con aiuole fiorite e siepi di bosso lungo il muro di cinta, sia un’alta muraglia movimentata da archi e portali, sormontati da gruppi statuari allegorici e in parte decorati a mosaico; talmente accurata, questa recinzione che quando il marchese Cornaggia ampliò il parco a ovest, rompendo la simmetria della cinta originaria che venne per lungo tratto abbattuta, per comprendervi una vasta area piantumata a gelsi, lasciò comunque in piedi, inclusi nel parco, due portali artistici tutt’oggi conservati in sito.
No, non era( e non è) davvero luogo dove qualsivoglia gentildonna, nemmeno la più incontentabile, potesse restar chiusa a lungo nella sua tetra acrimonia, la”Burbera”; e lo ribadisce un’altra massima di Confucio di soave sapore epicureo, murata sotto il portico a destra del grande salone che recita:”Per vivere a lungo è inutile imporsi un regime di vita piuttosto che un altro. Bisogna non lasciarsi sopraffare da preoccupazioni, accettare la giornata come viene, e non pigliarsi mai collera”.
Mai collera già: lo sanno bene il grande cedro dell’Himalaya la cui chioma scura, visibile a centinaia di metri di distanza, sovrasta dal parco il tetto della villa.
E' lì dal 1690 e mai una tempesta è riuscita a piegarlo; mai in trecento anni, il cedro della Burba.
Opening hours
Orario della Villa :
- Lunedì dalle ore 9.00 alle ore 14.00 (chiuso nella giornata di lunedì nei mesi di luglio e agosto)
- martedì dalle ore 9.00 alle 18.30
- mercoledì dalle ore 9.00 alle 14.00
- giovedì dalle ore 9.00 alle 18.30
- venerdì dalle ore 9.00 alle 13.00
- sabato dalle ore 9.00 alle ore 14.00
Orario del Parco:
da lunedì a domenica dalle 9.00 alle 19.00