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Lucia e Lucie a Pescarenico

Borgo di pescatori sul ramo di Como che volge a Mezzogiorno

Ci troviamo in un sobborgo a sud del centro di Lecco, lungo l’Adda, che ha mantenuto il tipico reticolo di viuzze delimitate da edifici bassi e tozzi che conservano le caratteristiche proprie dell’architettura del XVII-XVIII secolo. 

Sulla piazza principale si apre tuttora il Convento dei Cappuccini, con la chiesa dedicata ai SS Materno e Lucia,  nominato nelle pagine dei Promessi Sposi quale edificio in cui viveva Fra’ Cristoforo.

Fu proprio lui ad organizzare la fuga dei due fidanzati manzoniani grazie ad un barcaiolo che li raccolse nei pressi del torrente Bione che sbocca nel lago a pochi passi da qui, mentre è proprio di Pescarenico il pesciaiolo che farà da messaggero portando a Lucia ed Agnese, una volta rifugiatesi a Monza, le notizie dal paese.

È Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell'Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare.

(Alessandro Manzoni, I promessi sposi, cap. 4)

 

Vi sono altri borghi lecchesi legati ai luoghi presunti del celebre romanzo, ma vogliamo soffermarci qui, dove il tempo sembra essersi fermato a qualche secolo fa. La calma e il riverbero delle acque sulle sponde rendono il contesto piacevole ed ideale per una tranquilla passeggiata.

Ammirando angoli suggestivi, è possibile ripercorrere le origini di Pescarenico, minuscolo villaggio di pescatori, un tempo unito al borgo centrale fortificato. In passato fu abitata dalle famiglie che detenevano il diritto di esercitare la pesca nel tratto dell’Adda tra i due laghi di Lecco e Garlate. Tutta questa zona, infatti, era pescosissima e, nel Seicento, era disseminata di gueglie e legnai, trappole piantate nel fondo per facilitare proprio la pesca e dare rifugio ai pesci.

Percorrendo gli stretti vicoli si arriva in piazza Era, sulla riva del fiume, dove si affaccia "Casa Monti", contraddistinta da un elegante loggiato che ha valso all’edificio il soprannome di “conventino”. Questo è il luogo in cui i pescatori mettevano le reti ad asciugare. Proprio per questo motivo veniva chiamata “Piazza del pesce", per ricordare l’antica attività che in passato caratterizzava il villaggio. Ancora oggi, alcune famiglie continuano ad esercitare l’attività della pesca professionale e sono presenti inoltre trattorie e ristoranti tipici che propongono le tradizionali ricette lecchesi a base di pesce di lago.

Ripensando a Lucia ed all’attività ittica, Pescarenico risulta importante per un’altra tradizione lacustre: la regata dei “batei”, piccole e veloci imbarcazioni di legno, conosciute anche come Lucie, sempre in omaggio alla principale protagonista femminile del romanzo manzoniano. Su una barca simile, infatti, Alessandro Manzoni fece pronunciare alla giovane donna la celebre frase: "…Addio monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo cime ineguali".

Le origini del batèll vengono fatte risalire al XV secolo. Fu progettata come barca da pesca, a fondo piatto, caratterizzata da tre cerchi in legno, uniti da un travetto longitudinale (mantàula), con lo scopo di sostenere una tenda che proteggesse gli occupanti dagli agenti atmosferici durante le lunghe uscite di pesca che un tempo potevano protrarsi per più giorni.

Talvolta era attrezzata con un albero che sorreggeva una vela quadrata atta a sfruttare le correnti di vento alternate del Lago di Como. Sul Lario c’è un andamento regolare del vento che, specialmente d’estate, ha sempre favorito lo spostamento dei traffici grazie alla vela: la brezza che soffia da Nord – denominata tivàn o tivano – si alterna con la breva che viene da Sud. Infatti quest’ultima – brezza di pianura – giunge regolarissima da Sud a mezzogiorno, inizia dolcemente, arriva fino a venti nodi costanti e dura fino a dopo il tramonto. Di notte, invece, soffia la brezza di monte, che inizia a mezzanotte e dura fino alle otto di mattina. La presenza di questi due venti, uno da una direzione e l’altro da quella opposta, ha fatto in modo che, salvo rare eccezioni, i traffici potessero svolgersi regolarmente e non ci fosse necessità di sviluppare un altro tipo di vela che non fosse quella di forma rettangolare.

Originariamente il materiale con cui veniva costruita la Lucia era il legno di castagno, in tavole da quattro centimetri, data l’abbondanza di questo albero sui monti circostanti il lago; col passare del tempo e in seguito alle richieste di un allestimento sempre più pregiato di questa imbarcazione, i maestri d’ascia lariani passarono all’impiego del larice e del mogano.

Il patrimonio costituito dalla diverse costruzioni navali tradizionali del Lario risulta straordinariamente ricco e prezioso: è il frutto di esperienze successive in un ambiente rimasto pressoché inalterato per secoli e solo con l'avvento del motore gli abitanti locali, i "laghè", hanno abbandonato l'uso della barca preferendo l'impiego dei moderni camion. Accanto alle tante piccole barche da pesca navigavano grosse imbarcazioni a vela adibite a trasporto merci: le Gondole lariane e i Comballi.

Alla fine dell'Ottocento si svilupparono i collegamenti ferroviari, e nel Novecento iniziò l'epoca degli automezzi: le vie terrestri soppiantarono gradualmente le vie d'acqua. Gondole e comballi, oramai inutili, vennero sostituite da automobili e camion. Con le grandi barche scomparve anche l'abilità di costruirle e di saperle guidare seguendo i venti: un mondo esistito per secoli si è dissolto in pochi decenni. Via Battello ricorda questa barca dal fondo piatto e dai romantici archi.


Testo a cura di ELISA COLNAGHI, guida abilitata ConfGuide-GITEC 

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